Come sottolineato in un precedente post,
anche in Africa si comincia ad interrogarsi se tragedie come quella di
Lampedusa, correlate al grande numero di profughi e migranti che abbandonano il
continente africano per cercare rifugio o lavoro in Europa, spesso a rischio
della vita, non implichino responsabilità anche dei governanti africani. E’ di
qualche giorno fa una presa di posizione dei vescovi africani che in una una
nota del Secam (Simposio conferenze episcopali Africa e Madagascar) fatta
pervenire all’agenzia Fides denunciano l’esistenza di precise responsabilità africane che stanno a monte di
tragedie come quelle a cui purtroppo assistiamo sempre più di frequente nel canale di Sicilia. Si legge, infatti, nella nota .“È sorprendente che così tanti rifugiati dall’Africa orientale
continuano ad intraprendere il pericoloso viaggio verso l’Europa alla ricerca
della “libertà” a causa delle gravi condizioni politiche ed economiche dei loro
Paesi di origine”. Dopo aver ricordato la situazione particolare
in cui versano Somalia ed Eritrea, i due
Paesi da dove proviene la maggior parte delle persone coinvolte nella
tragedia di Lampedusa, rifacendosi alla Lettera Pastorale dei Vescovi africani,
“Governance, bene comune e transizioni democratiche in Africa”, il comunicato
prosegue: “il dramma della migrazione, con un crescente numero di giovani che
rischiano la vita per abbandonare l’Africa, riflette la profondità del
malessere di un continente dove ancora sono forti le resistenze ad assicurare
alle proprie popolazioni lavoro, educazione e salute”.“Dopo oltre 50 anni di
indipendenza, l’Africa è ancora alla prese con violenze senza fine, gruppi
armati illegali che continuano a minacciare la sicurezza della popolazione e
dei loro beni che a loro volta provocano la fuga delle persone, come nel caso
dell’incidente di Lampedusa” sottolineano i Vescovi africani.
Il documento conclude, come riporta l’agenzia
Fides, facendo appello alla
responsabilità delle istituzioni africane perché operino per coordinare le
politiche di controllo dei flussi migratori e soprattutto inizino un processo
di miglioramento delle condizioni di vita dei loro Stati. Si fa altresì
richiesta all’Europa perché riveda la propria legislazione immigratoria e
tratti “questi migranti con maggiore compassione”.
Una sfida che, al di là di ogni facile demagogia, chiama in causa, indistintamente, europei e africani, ognuna per la propria parte.
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