L'interno della chiesa |
In cima a una delle mille colline rwandesi, quella di Bugarama,
nel nord del Rwanda, troviamo un angolo di Grosotto (So): su un lato del largo spazio
su cui si affacciano le aule scolastiche del villaggio, dal 2008 fa bella
mostra di sé una chiesa dedicata alla Beata Vergine delle Grazie, la stessa
denominazione della Madonna del santuario di Grosotto.
Lo conferma la piccola stampa affissa sulla parete posta
alle spalle dell’altare, raffigurante appunto la Madonna delle Grazie, e una
targa posta, all’interno, al di sopra della porta d’entrata riportante la
scritta “In memoriam Bernardi Trinca Colonel”, lo storico sagrestano, per oltre sessanta anni, appunto del santuario grosottino.
Ma i richiami alla nostra provincia non finiscono qui.
Infatti, sul basamento del piccolo altare, una targa ricorda tre sacerdoti
della nostra terra: il tiranese don Norberto Damiani, il morbegnasco, ma per
molti anni vicario di Grosotto, don Giovanni Rapella, e il valchiavennasco,
mons Virgilio Levi, già vicedirettore de L’Osservatore romano.
Da quest’anno, è entrato a far parte di questa sorta di mausoleo valtellinese della memoria anche il grosino don Agostino Salandi, scomparso lo scorso
novembre. Infatti, alla fine della santa messa che, come tutti gli anni, quest’anno
l’Associazione Kwizera ha promosso nella chiesa della Beata Vergine delle
Grazie, che dll’Associazione è diventata
la chiesa di riferimento in terra rwandese, è stata apposta sul basamento del
piccolo tabernacolo, la cui realizzazione fu proprio promossa dallo stesso don Agostino, una piccola targa in ricordo appunto
di don Salandi.
L’appuntamento promosso dall’Associazione è una delle poche
occasioni che i cristiani della collina hanno per assistere alla santa messa
nel corso dell’anno, dovendosi accontentare, nelle rimanenti domeniche, della
cerimonia guidata dal catechista che guida la liturgia della parola, seguita
dalla distribuzione dell’eucarestia. Questo succede per la gran parte delle
succursali in cui si articolano le estese e popolose parrocchie rwandesi.
Ben si comprende, quindi, la calda accoglienza che i
cristiani ogni anno riservano ai volontari che si spingono fin sulla sommità
della collina dopo una ripida salita. Salita, quest’anno, resa più ardua dalla
strada, in terra rossa, resa particolarmente scivolosa dalle vere e proprie
rogge d’acqua alimentate da un classico
acquazzone da stagione delle piogge, che
si è abbattuto sulla collina proprio durante la nostra salita con la jeep di
don Paolo, che di queste strade conosce ogni segreto.
L’acquazzone ha parzialmente giustificato il nostro ritardo
di ben due ore sull’orario previsto per la celebrazione della messa; i fedeli
hanno atteso pazientemente perché qui il tempo ha scansioni ben diverse delle
nostre e poi sanno benissimo che, a prescindere da ogni orario ufficiale, come
ripete sempre don Paolo, per giustificare i cronici ritardi africani: la messa
inizia quando arriva il sacerdote!