Riprendiamo dal sito di Vita questa iniziativa dell'associazione Ai.Bi. volta a vietare gli investimenti pubblicitari per il sostegno a distanza.
Nel momento in cui il sostegno a distanza risente di una forte diminuzione dei sostenitori a causa della crisi economica del paese che porta al taglio delle spese di solidarietà, l'Aibi sottolinea «la corsa, scatenata negli ultimi tempi, per rastrellare sostenitori, facendo leva su investimenti pubblicitari sempre più ingenti: spot, réclame e messaggi promozionali in onda sugli spazi acquistati da radio e televisioni, inserzioni e acquisto di pagine sulla stampa, testimonial pagati dalle organizzazioni», dice AiBi.
Ed ecco la proposta: «Se vogliamo salvare il vero sostegno a distanza, quello promosso da organizzazioni non governative ben radicate nel tessuto locale, che si assumano la responsabilità in prima persona delle attività di sostegno a distanza, occorre vietare la possibilità di fare pubblicità su questa forma di aiuto. Il sostegno a distanza non può essere solo una raccolta fondi. Chi raccoglie, deve anche gestire in prima persona. Occorre istituire il divieto di pagare la pubblicità utilizzando i fondi raccolti con i sostenitori a distanza: il sostegno a distanza non è un prodotto né un detersivo con cui lavarsi la coscienza».
Ed ecco la proposta: «Se vogliamo salvare il vero sostegno a distanza, quello promosso da organizzazioni non governative ben radicate nel tessuto locale, che si assumano la responsabilità in prima persona delle attività di sostegno a distanza, occorre vietare la possibilità di fare pubblicità su questa forma di aiuto. Il sostegno a distanza non può essere solo una raccolta fondi. Chi raccoglie, deve anche gestire in prima persona. Occorre istituire il divieto di pagare la pubblicità utilizzando i fondi raccolti con i sostenitori a distanza: il sostegno a distanza non è un prodotto né un detersivo con cui lavarsi la coscienza».
Come non condividere lo spirito di questa proposta!