"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


venerdì 28 novembre 2025

Oggi la Chiesa ricorda le apparizioni della Vergine a Kibeho

 Oggi la Chiesa ricorda le apparizioni della Vergine a Kibeho (28 novembre 1981 – 28 novembre 1989) le prime, verificatesi in terra d’Africa, su cui la Chiesa ha espresso il suo riconoscimento, giudicandole autentiche, al termine di una lunga inchiesta e di un rigoroso processo canonico. Tratta dal libro "Dentro il Rwanda", proponiamo, qui di seguito, la storia delle apparizioni di Kibeho. 

La Madonna di Kibeho

Pochi sanno che il piccolo e tragico Rwanda, purtroppo assurto a esempio di quali livelli possa raggiungere la barbarie umana, può fregiarsi del privilegio di essere stato teatro dell’unica apparizione mariana riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa in Africa. Titolo di cui neppure le ben più famose apparizioni di Medjugorie si possono ancora fregiare. Allo scettico che si accosta all’argomento con indifferenza e distacco proponiamo di soffermarsi per un attimo su questa frase “un fiume di sangue, persone che si uccidevano a vicenda, cadaveri abbandonati senza che nessuno si curasse di seppellirli, un abisso spalancato, un mostro spaventoso, teste mozzate” e poi tornare con la memoria alle immagini trasmesse dai network internazionali in quel tragico 1994.Gli sembrerà la didascalia di quanto scorreva sul teleschermo di casa. Si tratta invece di quanto riferito da tre giovani studentesse del collegio di Kibeho dopo un’apparizione della Madonna del 15 agosto del 1982, ben dodici anni prima che quelle visioni trovassero la loro tragica concretizzazione. Era solo una delle numerose apparizioni della Madonna a Kibeho, un piccolo villaggio del Sud del Rwanda, avvenute tra il Novembre 1981 e il Dicembre 1983. E proprio a Kibeho quella profezia ebbe una tragica appendice nell'aprile dell'anno successivo, nel 1995, quando un sanguinoso intervento di repressione dell'esercito ruandese in un campo profughi procurò più di 4.000 morti.Tutto è iniziato il 28 Novembre 1981 quando una giovane studentessa del collegio di Kibeho, Alphonsine Mumureke, afferma di aver visto una signora di incomparabile bellezza che si presenta con il titolo di " Nyina wa Jambo " vale a dire, " Madre del Verbo ". Nel corso dei mesi successivi la Madonna apparve anche ad altre due ragazze Nathalie Mukamazjmpaka e Marie Claire Mukangango. Le apparizioni furono ufficialmente riconosciute tali dalla Chiesa il 29 giugno 2001 al termine di una lunga inchiesta e un rigoroso processo grazie alla preziosa e appassionata opera del compianto vescovo di Gikongoro, mons Augustin Misago.Delle tre veggenti Alphonsine Mumureke si è fatta suora e vive nel monastero delle clarisse cappuccine di Cotonou in Benin, Marie Claire Mukangango è stata uccisa con il marito durante il genocidio del 1994, mentre Nathalie Mukamazjmpaka vive a Kibeho come testimone di questi avvenimenti miracolosi. Proprio a Kibeho, sul piazzale retrostante la basilica, il 7 Agosto 2012 in occasione della Missione Kwizera, abbiamo avuto il privilegio di avere un commovente incontro con una delle testimoni di quelle apparizioni, Nathalie Mukamazimpaka, e incrociare quegli occhi che hanno visto la Vergine. Esperienza rivissuta, con altrettanta commozione, nel febbraio del 2017.Ad oggi il santuario di Kibeho costruito sui luoghi delle apparizioni, raggiungibile scendendo da Kigali fino a Butare e poi percorrendo un’ampia strada sterrata per una trentina di kilometri, non è particolarmente frequentato. Chi vi arriva per la prima volta, in un giorno feriale, rimane sorpreso di trovare il più famoso santuario africano pressoché deserto. Quando ci siamo stati, abbiamo incontrato qualche ragazzo sull’ampio sagrato, un paio di gruppetti di pellegrini bianchi e tutto intorno un silenzio surreale e un panorama in cui colline appena accennate, ben diverse da quelle che caratterizzano il Nord Rwanda, si stendono a perdita d’occhio soprattutto nelle parte sud che degrada verso il Burundi. Il governo ruandese, sempre attento ad ogni possibile fonte di entrate, intende però farne un possibile polo per lo sviluppo di un turismo religioso sensibile al richiamo di un luogo testimone dell'apparizione della Madonna, analogamente a quanto avviene in numerosi santuari mariani del vecchio continente. Per gli operatori turistici Kibeho potrebbe diventare un ulteriore polo di richiamo da affiancare alle destinazioni ormai affermate a livello mondiale come i gorilla del parco dei Virunga, piuttosto che la foresta di Nyunge o il parco savana dell’Akagera, peraltro piuttosto modesto rispetto agli altri parchi africani. Dopo il lancio ufficiale, ai turisti che arriveranno in Rwanda per visitare le richiamate attrazioni turistiche verrà offerta la possibilità anche di questo nuovo itinerario religioso, fornendo loro informazioni sugli eventi degli anni ottanta, sul successivo processo di riconoscimento formale delle apparizioni, consentendo soprattutto una pausa religiosa nell’accogliente santuario mariano, con le annesse prime strutture ricettive, che non attende altro che ospitare un numero sempre maggiore di pellegrini alla ricerca di una pausa di spiritualità nella casa della Nostra Signora dei dolori, come è conosciuta la Madonna di Kibeho.

Qui ulteriori informazioni.

venerdì 21 novembre 2025

Progetti di sviluppo: non sempre raggiungono il loro pieno potenziale

Riproponiamo l’analisi comparsa nell’edizione odierna de The New Times, a firma del consulente aziendale John R. Butera Mugabe, riguardante le molte criticità che emergono nel progetti di sviluppo condotti da diverse Organizzazioni nei Paesi africani. L’analisi è estremamente interessante e condivisibile proprio alla luce della nostra, quasi ventennale,  esperienza ruandese.

Nei villaggi del Rwanda, molti progetti di sviluppo, dai rubinetti dell'acqua ai centri per la prima infanzia e ai gruppi di risparmio, riflettono gli sforzi continui del Paese per migliorare la vita quotidiana. Tuttavia, come in molti contesti di sviluppo in tutto il mondo, alcune iniziative incontrano difficoltà nel raggiungere il loro pieno potenziale.Le organizzazioni che le sostengono spesso producono report raffinati, valutazioni entusiastiche e ambiziosi piani quinquennali. Organizzano eventi di lancio, inaugurazioni e sessioni fotografiche per celebrare l'arrivo di una nuova strategia. Eppure, pochi celebrano i risultati, perché troppo spesso i risultati significativi non arrivano mai. I bambini che dovrebbero imparare, le famiglie che dovrebbero avere acqua pulita e le donne che speravano di costruirsi un sostentamento attraverso gruppi di risparmio vedono pochi cambiamenti concreti. I piani sembrano perfetti ovunque, tranne dove contano di più: nella vita delle persone per cui sono stati creati.Al 18° Unity Club Forum, il presidente Paul Kagame ha posto una domanda che aleggia con inquietudine nel mondo dello sviluppo: "C'è qualcuno qui che può indicare un paese realmente trasformato da una ONG?"Non si trattava di un'accusa, ma di una sfida: affrontare il divario tra strategia e impatto e riconoscere come una pianificazione che ignora il contesto si avvicini pericolosamente al colonialismo moderno.Ho visto questo schema ripetutamente. Le strategie vengono elaborate in uffici lontani dalle realtà rurali, proiettando aspirazioni per il 2030 basate su strumenti, personale e sistemi che ricordano quelli del 2010. I conti non tornano mai. I pianificatori immaginano la trasformazione affidandosi alle stesse capacità obsolete che hanno fallito per anni.E quando si tengono "consultazioni comunitarie", spesso coinvolgono le persone sbagliate. Assenti sono coloro che vivono realmente i problemi: madri che gestiscono la scarsità d'acqua, ragazze che perdono la scuola, giovani che lottano contro la disoccupazione, insegnanti sopraffatti dalla scarsità di risorse e leader locali che si destreggiano tra compromessi impossibili. La loro esclusione non è una nota a piè di pagina; è la ragione per cui così tante strategie falliscono prima ancora di iniziare.Il problema è amplificato dai consulenti assunti per guidare questi processi. Molti arrivano con credenziali accademiche impeccabili ma con un'esperienza sul campo limitata. Possono redigere documenti tecnicamente impeccabili, ricchi di quadri di riferimento e indicatori. Ciò che spesso trascurano sono le domande più basilari: la ONG ha il personale per realizzare tutto questo? I finanziamenti? Le competenze? Il tempo? Senza queste realtà, una strategia diventa una lista di desideri, che impressiona i donatori ma fa poco per le persone.

mercoledì 12 novembre 2025

New entry nella cucina italiana in Rwanda: chef Matteo

Chef Matteo

La cucina italiana in Rwanda si arricchisce di un nuovo protagonista.Dopo Dionigi, patron del ristorante Sole e Luna, e Alessandro Merlo, patron del Brachetto, l’edizione odierna de The New Times ci presenta lo chef italiano Matteo Bissanti. Arrivato in Rwanda, all’età di 65 anni, dopo aver lavorato in Europa e Medio Oriente, dalla Sicilia a Strasburgo, in Germania e a Dubai, è ora lo chef del ristorante italiano Casa Mia dove è approdato dopo aver inviato il proprio cv a diversi hotel e ristoranti.Nato in Italia, Matteo perse il padre da bambino e crebbe in un convento cattolico, dove studiò e visse per molti anni.Sognava di andare all'università, ma era impossibile perché la sua famiglia non poteva permettersi di pagare gli studi."Diventare uno chef non è mai stato qualcosa che avevo pianificato, è stata la vita a condurmi lì", racconta lo chef Matteo, riflettendo su un viaggio iniziato con umili origini.Dopo aver terminato la scuola, un'opportunità inaspettata cambiò tutto. La Chiesa gli propose di iscriversi a una scuola di cucina. Lui accettò e fu lì che iniziò il suo viaggio. Ora, a 65 anni, dopo una lunga carriera approda in Rwanda dove Matteo afferma di aver trovato nuova energia ed uno scopo. "Voglio restare qui, continuare a cucinare, condividere ciò che so e crescere con le persone che mi circondano. Questo è il mio sogno: costruire qualcosa di duraturo, qualcosa fatto con amore, dove la passione italiana incontra l'anima ruandese". Speriamo, in occasione di una prossima missione in Rwanda, di avere l'opportunità di fare la sua conoscenza e quella della sua cucina.