Riprendiamo da Afriche, inferno e paradiso, un libro in cui
padre Giulio Albanese ha raccolto una serie di articoli apparsi su
L'Osservatore romano, un interessante
spunto circa lo stato delle relazioni tra la Chiesa cattolica e i governi
africani.Nel capitolo I Concordati con uno sguardo al futuro, l'autore
approfondisce lo stato della questione sulla base di un saggio sui concordati africani del professor
Antonello Blasi, docente di Diritto concordatario ed ecclesiastico presso
l’Università Lateranense. Quando si parla di Concordati ci si riferisce ad
"accordi internazionali giuridicamente vincolanti tra la Santa Sede e gli
Stati africani o gli organismi africani (come nel caso dell’Unione africana),
secondo lo spirito etimologico del «cum-cor-dare», su materie specifiche e
pertinenti, come lo statuto giuridico della Chiesa e delle istituzioni
ecclesiastiche, la libertà religiosa, la libertà di religione e di culto, la
collaborazione tra le istituzioni di insegnamento e sanitarie, la sovranità, i
vantaggi concessi alla Chiesa, l’indipendenza e l’autonomia, i problemi di
interpretazione assieme alle loro risoluzioni." Anche se negli ultimi anni
sono stati sottoscritti diversi Concordati con governi africani, rimane ancora
molto spazio perchè questi accordi
vengano implementati dalle Chiese locali per il tramite delle rispettive
Conferenze episcopali,perchè "la realtà sociopolitica, nella quale spesso
la Chiesa è chiamata ad operare, è a volte segnata da perniciose diseguaglianze
e limitazioni di vario genere." Negli ultimi anni, hanno sottoscritto un
Concordato questi Paesi africani:Angola, Benin, Burkina Faso, Burundi, Camerun,
Capo Verde, Ciad, Costa d’Avorio, Gabon, Guinea Equatoriale, Marocco,
Mozambico, Organizzazione dell’unità africana (Oua), Repubblica del Congo,
Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana e Tunisia. Manca il
Rwanda! Eppure non mancherebbe di certo materia da normare!
"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI
martedì 16 settembre 2025
Concordati tra Stato e Chiesa in Africa: manca il Rwanda
lunedì 15 settembre 2025
Il nostro affidabile cambiavalute di strada a Kigali
venerdì 5 settembre 2025
Facciamo il punto sul Posto di sanità di Mubuga
Torniamo
sullo stato del Posto di sanità di Mubuga di cui avevamo riferito in un
nostro precedente post in occasione della Missione 2025, dando conto
dell'improvviso stop giuntoci dalla diocesi circa ogni nostro impegno ad un suo
rilancio. Nell'occasione, ci era stato contestato, con modi sgradevolmente
inquisitori, che l'opera a suo tempo era stata realizzata dalla vecchia Ass. Kwizera
Onlus in violazione delle norme civili ed ecclesiastiche in materia e senza coordinarsi con le autorità civili ed ecclesiatstiche competenti. Ora, in assenza
di successive informazioni ufficiali circa l'esito degli approfondimenti
condotti a livello diocesano circa la reale titolarità dell'immobile, abbiamo
trovato in rete la cronaca dell'inaugurazione apparsa
sul profilo facebook del Distretto di Rulindo.Nel resoconto si dà conto della
presenza alla cerimonia rispettivamente: del segretario esecutivo del distretto di
Rulindo, il signor BIZIMANA Al Bashir, del segretario esecutivo del settore
Kisaro, la signora MUTUYIMANA Jeannette, e del rappresentante del vescovo della
diocesi di Byumba, padre DUSHIMIYIMANA Jean Marie e della direttrice del Centro
sanitario di Kisaro, la signora UWERA Judith, oltre che del parroco di Kisaro, promotore dell'iniziativa, l'abbé Lucien Kakizimana. Tali presenze certificano come
l'opera sia stata portata a termine in coordinamento con le autorità civili e
religiose interessate. A questo punto, pur in assenza di qualsivoglia gesto
riparativo da parte di chi a suo tempo lanciò le pesanti accuse a carico
dell'Associazione, per noi la questione è chiusa, senza tuttavia nascondere gli spiacevoli strascichi che ha lasciato. Semmai rinnoviamo il nostro
impegno a sostenere, in coordinamento con chi ne ha la gestione, un rilancio del Posto di sanità che, allo stato, risulta da tempo inutillizato.