E’ stato firmato ad inizio mese tra l’Eni e il Governo del Rwanda un memorandum d’intesa (MoU) per identificare opportunità congiunte negli ambiti dell’economia circolare, dell’agricoltura e della forestry, dell’innovazione e delle digital information technology. Nei termini del memorandum, le parti valuteranno la fattibilità di progetti di economia circolare incentrati sulla raccolta dell'olio da cucina esausto e degli oli di scarto, oltre che sulla valorizzazione e il riciclo nella gestione dei rifiuti. Altro ambito di interesse è l’agricoltura, con riferimento alla produzione di bio-feedstock e alla loro trasformazione in prodotti decarbonizzati. Il memorandum include inoltre iniziative legate alla forestry, in particolar modo alla conservazione delle foreste e generazione di crediti di carbonio attraverso una serie di attività come la riduzione delle emissioni di CO2 dalla catena del valore legna-combustibile e altre attività. Tra gli ambiti di cooperazione infine rientrano l’innovazione e le digital information technology indirizzate all’economia circolare, all’agricoltura, alla forestry, all’energia off-grid e ad altre aree di business, come la sostenibilità, la salute, la sicurezza e l’ambiente. Il memorandum è in linea con l’obiettivo del Rwanda di favorire lo sviluppo economico consentendo la crescita del settore privato e con l’impegno di Eni per contribuire ad aumentare l’efficienza energetica nei Paesi africani, facendo leva su progetti agro-industriali in un contesto sostenibile. Visto che nello sfruttamento delle risorse fossili, principale area di business della compagnia italiana, e nel fotovoltaico l’Eni è stata preceduta da altri investitori, come evidenziato nello stralcio, riportato qui di seguito, del capitolo dedicato all'energia ne Il modello Rwanda, gli ambiti di intervento si riducono di molto. Probabilmente ci potranno essere opportunità nell’ambito delle digital information technology, stante la particolare attenzione del Rwanda a tutto quanto riguarda l’informatizzazione nei più svariati ambiti, sia pubblici che privati, e nell’ambito della più ampia gestione dei rifiuti, a cui si fa riferimento nel Mou, a partire dall'annunciata volontà da parte delle autorità ruandesi di realizzare un termovalorizzatore a Kigali, lanciando indirettamente una sfida a Roma su chi riuscirà a tagliare per prima il traguardo di trarre elettricità dai rifiuti.
“Il progetto energia elettrica trova ulteriore impulso nella realizzazione nel 2015 del più grande impianto di pannelli solari installati nel continente africano al di fuori del Sud Africa e Mauritius. Con una capacità di 8,5 megawatt, è la prima centrale in Africa orientale, estesa su un terreno di circa 20 ettari e composta da 28.360 pannelli fotovoltaici che sfrutteranno la luce del sole per 25 anni, in grado di soddisfare circa il 6% del fabbisogno energetico del Paese. L’impianto, realizzato su tecnologia israeliana, ha richiesto un investimento di circa 23,7 milioni di dollari, resi disponibili da Fondi d’investimento olandesi e inglesi, dal Fondo norvegese per i paesi in via di sviluppo (Norfund), da sovvenzioni degli Stati Uniti e dal programma finlandese di partenariato per l’energia e l’ambiente in Africa. Nel 2016 è stata poi inaugurata a Kibuye, sulla sponda orientale del lago Kivu, la centrale elettrica KivuWatt, alimentata a metano. Questa struttura, unica al mondo, è stata realizzata dalla società americana ContourGlobal a partire dal 2008, ed è in grado di fornire ulteriori 26 MW alla produzione già disponibili nel Paese. KivuWatt è una operazione che consente di estrarre e valorizzare il metano naturale presente in quantità consistenti, circa 60 miliardi di metri cubi di metano e 300 miliardi di metri cubi di anidride carbonica, nel lago Kivu. In particolare, un sistema di estrazione tramite una piattaforma di pompaggio, galleggiante a 13 chilometri dalla costa, consente di recuperare i gas a oltre 300 metri di profondità. Separato dall'acqua e dal CO2, il metano viene quindi instradato alla centrale attraverso una tubazione. Il CO2 viene a sua volta di nuovo rimesso nel sottofondo del lago per stabilizzarlo. Oltre a fornire un grande apporto economico ed energetico per il Rwanda, l'attività della centrale KivuWatt risolve anche un problema di sicurezza connesso all’emergere del gas mortali dal sottosuolo, come successo in analoghi ambienti lacustri in Camerun. L’operazione KivuWatt ha richiesto un investimento di 200 milioni di dollari, provenienti da istituzioni internazionali, tramite prestiti allo sviluppo, come la Banca Africana di Sviluppo e privati. La società ContourGlobal realizzatrice dell’impianto ha in progetto la realizzazione di altre tre piattaforme di pompaggio sul lago Kivu, con la possibilità di aumentare fino a 100 MW la capacità della centrale entro il 2019. Per l’immediato futuro, il Rwanda potrà contare anche su un finanziamento quinquennale di 177 milioni di euro concessi dall’Unione Europea a sostegno del settore energetico del Paese. Nell’aprile 2017, il Rwanda ha poi siglato due importanti accordi funzionali a garantire il soddisfacimento del fabbisogno energetico del Paese nell'immediato futuro. Il primo ha visto come controparte la Repubblica Democratica del Congo e come oggetto la prospezione dei fondali del lago Kivu che i due paesi condividono. In caso di prevedibili ritrovamenti, l'accordo norma lo sfruttamento in comune dei nuovi giacimenti individuati.” ( da: Aiutiamoli a casa loro Il modello Rwanda).
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