Mentre
moltissimi monasteri di clausura italiani si devono misurare con il continuo calo
delle vocazioni, tanto che le comunità monastiche sono composte, in prevalenza,
da suore di età piuttosto avanzata, qui in Rwanda è un fiorire di vocazioni
monastiche tra le giovani rwandesi. Ne abbiamo avuto conferma visitando il Monastero
delle Clarisse di Kamonyi, a pochi kilometri da Kigali sulla strada per Butare,
dove ci siamo recati per ritirare un piviale confezionato nella sartoria
liturgica conventuale. Con grande sorpresa abbiamo saputo dalla suora rwandese
che ci ha fatto la consegna, che la loro madre badessa era italiana e ben
volentieri avrebbe scambiato qualche parole con noi.
Di li a poco si è
presentata dietro la grata, per la verità a riquadri molto ampi, una sorridente
suora dall’aspetto e dalle movenze che
ne denotavano una certa giovanile energia nonostante un’apparente età oltre la
cinquantina: è suor Chiara Giuseppina Garbugli, originaria di Urbino. Ci
racconta della sua esperienza rwandese non prima di essersi informata sulla
situazione delle aree terremotate; in convento le notizie che arrivano, non
essendoci né radio né televisione, sono
solo quelle portate dai fedeli o dal
sacerdote che quotidianamente celebra la santa messa. Suor Giuseppina è da
oltre trenta anni in Rwanda, da quando agli inizi degli anni ottanta fu inviata
qui dalla sua comunità di Assisi, unitamente a una consorella, suor Miriam, per dar vita a una comunità di clarisse, che a
partire dall’agosto 1985 prende possesso
del bel monastero di Kamonyi . Oltre trenta anni lontano dall’Italia, salvo un
unico ritorno nel 1994, all’indomani della guerra civile che la
costrinse ad una precipitosa fuga, salvo poi tornare, dopo un paio
d’anni, per riavviare il convento che, pur saccheggiato di tutto quanto
era asportabile, era stato risparmiato
almeno nelle sue strutture dalle distruzioni della guerra. Grazie all’aiuto di
tanti benefattori, primo fra tutti papà Lino, il
bresciano Lino Corti che per anni trascorse qui diversi mesi all’anno a
prestare la sua opera di manutentore universale, suor Giuseppina è riuscita a a riavviare il convento riunendo la comunità dispersa dalla guerra. Da lì si riaperta una nuova stagione di fruttuosa
semina se oggi sono ben 45 le suore presenti in
convento. Non sono le uniche vocazioni nate in questi anni, perché man mano che
la comunità cresceva, veniva data vita ad un’altra comunità dapprima in Rwanda
e poi una nel Burkina Faso, che con il tempo si sono date una articolazione
autonoma. Una nuova comunità sarà presto attiva a Nyinawimana, su una delle
colline rwandesi che i nostri lettori ben conoscono per gli interventi che lì
sono stati fatti dall’Ass. Kwizera.Ben 7 sorelle sono state invece inviate in
Italia, al seguito della consorella delle origini, suor Miriam, che presiede una comunità monastica con altrettante
consorelle italiane, a Matelica nelle Marche in un convento voluto a suo tempo
da un cittadino matelicano illustre, il
fondatore dell’ENI Enrico Mattei.
Suor Giuseppina a Nyinawimana |
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