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mercoledì 25 dicembre 2019

mercoledì 18 dicembre 2019

Il primo anno della comunità delle clarisse di Nyinawimana

Le clarisse di Nyinawimana
Proprio un anno fa, di questi giorni, da  Kamonyi sette Clarisse del locale convento muovevano i loro passi verso Nyinawimana per prendere possesso del nuovo monastero, edificato a partire dal  settembre del 2018, raccogliendo l'invito del vescovo di Byumba, mons Servilien Nzakamwuita, desideroso di accogliere una nuova comunità monastica in diocesi. In realtà,l'idea era maturata già a metà del 2017, quando era stato lanciato il progetto Non di solo pane vive l'uomo, di cui si era fatta promotrice anche l'Ass. Kwizera (clicca qui).Dal giorno della presa di possesso, il 20 dicembre 2018, la piccola comunità, guidata da suor Marie Regine, ha iniziato la vita comunitaria sulla sommità della collina di Nyinawimana, affiancando alla preghiere tutte le attività per approntare il piccolo convento per la vera e propria inaugurazione, tenutasi il 16 febbraio, alla presenza del vescovo di Byumba, di numerosi sacerdoti e persone consacrate, con una cornice di una grande partecipazione popolare. In questo primo anno, la comunità ha dovuto   dedicare particolare impegno anche alla messa a coltura degli ampi terreni ricevuti dalla diocesi: alle varie coltivazioni - le brave clarisse hanno anche impiantato una piccola vigna- è stata aggiunta anche una stalla, realizzata con il contributo dell'Ass. Kwizera, dove trovano sistemazione due mucche ricevute dalla diocesi e 15 capre avute in dono dalla stessa ass. Kwizera.
Proprio in questi giorni, la piccola fattoria del monastero è stata allietata dalla nascita dei primi due capretti che, assieme agli altri che verranno, troveranno una destinazione particolare.Infatti, saranno assegnati alle ragazze madri inserite nel Progetto Mikan Baby dell'Ass. Kwwizera, come segno di attenzione e vicinanza alle situazioni di disagio presenti nelle diverse comunità parrocchiali della diocesi.Nel secondo anno di vita, la comunità è attesa a una nuova sfida: il completamento del monastero, a partire dalla realizzazione della cappella, che sostituisca l'attuale sistemazione provvisoria in una delle stanze del monastero. Per questi nuovi impegni, le clarisse si affidano alla generosità degli amici e dei benefattori che hanno già dimostrato il loro sostegno nella realizzazione della prima parte del monastero.  

giovedì 12 dicembre 2019

L'ultima (forse) lettera di fine anno dell'Associazione Kwizera

Riportiamo qui di seguito la lettera che tradizionalmente l'Associazione Kwizera invia ai propri soci e sostenitori ogni fine anno. Quest'anno la lettera riveste, purtroppo, un sapore particolare. Gli amici Angelo e Franco, fondatori ed animatori dell'Associazione hanno deciso di "gettare la spugna" per gravi motivi familiari, preannunciando la chiusura dell'Associazione entro fine 2020.Come scritto nelle stessa lettera vedremo se qualche volonteroso saprà raccogliere il testimone per continuare questa testimonianza i cui frutti, copiosi, sono sinteticamente qui descritti. 

Amici carissimi,
tutto ha fine, vi chiediamo ancora un momento di attenzione per leggere questa conclusiva ed importantissima ultima comunicazione. Dopo 19 anni di gloriosa attività umanitaria Kwizera Onlus chiude i battenti. Anni di malattia che hanno colpito le famiglie dei principali promotori dell’Associazione ci spingono e ci costringono a prendere questa dolorosa decisione.  Il 2020 sarà l’ultimo anno di attività che desideriamo chiudere con l’impegno e la dedizione che ha contraddistinto il nostro operato in tutti questi anni. Impossibile ricordare in queste poche righe quanto fatto in terra di missione in questo, quasi, quinto di secolo. Possiamo comunque ricordare alcune delle principali realizzazioni. Oltre 800 bambini hanno potuto studiare grazie al progetto di adozione a distanza; mentre nell’ambito del progetto Adotta una Scuola, sono state edificate 2 scuole, dotate di aula magna e servizi igienici dignitosi. Con il  progetto Amazi, (acqua in kinyarwanda) abbiamo distribuito oltre 240 cisterne, con una capacità di 10.000 litri cadauna, in tutto il territorio della Diocesi di Byumba, affiancandole con la realizzazione di 3 acquedotti. Abbiamo donato a giovani coppie ed a ragazze madri circa 7.000 (settemila) capre nell’ambito del progetto Mikan e Mikan Baby. Sono state realizzate 2 fattorie (una delle quali copre una superficie di 42 ettari, pari a 84 campi di calcio per intenderci), dove lavorano circa 400 persone raggruppate in cooperative. Abbiamo costruito una linea elettrica per portare energia ad un villaggio che ne era privo. Sono stati finanziati diversi corsi formativi a tema: informatica, cucito, taglio, allevamento, artigianato ecc.

mercoledì 11 dicembre 2019

L'Onu aprirà in Rwanda il Centro di formazione anticorruzione a livello mondiale

Statua anti-corruzione a Kigali

Il Rwanda  ha firmato un accordo con l'Istituto delle Nazioni Unite per la formazione e la ricerca (UNITAR) e lo stato del Qatar per dar vita a un centro di formazione anticorruzione per le persone provenienti dall'Africa e da altri paesi del mondo.
Il Rwanda  fornirà le struttura in cui saranno ospitati i corsi di formazione, UNITAR fornirà l'esperienza sotto forma di formatori e il governo del Qatar finanzierà l'intero progetto.Secondo Ali Bin Fetais, avvocato speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione della corruzione, nell'ambito dell'accordo, Kigali sarà un centro per la formazione di un massimo di 1.000 persone ogni anno.L'inizio dei corsi di formazione non è ancora stato stabilito, ma si spera che i primi possano iniziare entro il 2020.Nel quadro dell'accordo, le aree di collaborazione che dovrebbero essere realizzate, sulla base di  impostazioni tecniche e finanziarie specifiche per ogni settore, includono: rafforzamento delle capacità anticorruzione, formazione dei formatori, trasparenza, istituzioni responsabili e inclusive, diritto internazionale e sviluppo sostenibile nella lotta alla corruzione. Il Rwanda è stato scelto dall’Onu per ospitare il progetto come riconoscimento del ruolo assunto in ambito continentale, anche alla luce del percorso di ripresa all'indomani del 1994.Senza dimenticare del particolare impegno del Rwanda nella lotta alla corruzione che lo classifica, secondo il Transparency Internationa (TI) Corruption Perception Index, un indice globale che misura il livello di corruzione percepita in tutto il mondo, come quarto paese meno corrotto in Africa, alle spalle delle Seychelles, Botswana e Capo Verde, e 48° a livello globale, essendo l'Italia al 53°.

lunedì 9 dicembre 2019

Accordo Rwanda-Cina per mappare il potenziale minerario del Paese


Ha preso avvio  un progetto di cooperazione triennale Cina-Rwanda per condurre
un'indagine geochimica per determinare il pieno potenziale minerario in tutto il Paese utilizzando la tecnologia di telerilevamento satellitare.Il progetto, soprannominato "Geological Survey and Mineral Assessment in Rwanda" è il risultato di un accordo che è stato firmato da Rwanda e Cina durante la visita del presidente cinese Xi Jinping in Rwanda due anni fa.Attraverso una tecnologia di telerilevamento satellitare di cui dispongono i cinesi,  verrà effettuato una mappatura geologica dell’intero Paese. Gli oltre 100 tecnici cinesi saranno affiancati da un team ruandese. Al termine dei tre anni di durata del progetto, le autorità ruandesi 
Cercatori d'oro a Miyove, sulla strada Kiruri-Byumba
disporranno di una completa comprensione del pieno potenziale del comparto minerario ruandese che negli ultimi due anni è già stato oggetto  di significativi interventi  per implementare standard di sicurezza e minerari, proporre nuove leggi minerarie, introdurre politiche di supporto, incoraggiare ulteriori investimenti, promuovere l'efficienza della produzione e aumentare il valore aggiunto dei prodotti. Nel 2017/18, l'esportazione di minerali del Rwanda è diventata la seconda fonte di valuta estera con un ammontare di 399 milioni di dollari , superando il caffè e il tè, subito dopo il turismo. Anche alla luce di questa iniziativa, il  governo punta ad  aumentare i ricavi delle esportazioni di minerali a $ 800 milioni entro il 2020 e $ 1,5 miliardi all'anno entro il 2024.

mercoledì 4 dicembre 2019

Il Rwanda sottoscrive una partnership con il Paris Saint-Germain-PSG


Dopo i buoni ritorni avuti con la partnership con l'Arsenal, che vede il logo Visit Rwanda sulle maniche delle maglie della squadra inglese, il Rwanda ha firmato un accordo con la squadra di calcio francese, Paris Saint-Germain (PSG), per promuovere la visibilità dei marchi e del turismo ruandesi. L'accordo triennale vedrà la moda e il design locali, l'arte e la cultura ruandesi, il caffè e il tè e le attrazioni turistiche ottenere visibilità attraverso il club. Il tè e il caffè ruandesi saranno venduti esclusivamente al Parc des Princes, lo stadio di casa del PSG con una capacità di quasi 48.000 persone. Secondo il direttore generale del Rwanda Development Board, Clare Akamanzi, il nuovo accordo prevede l'esposizione del logo "Visit Rwanda" sui banner e sulla cartellonistica dello stadio, sulle maglie della squadra femminile, nonché i kit di allenamento per gli uomini. I contenuti economici dell’accordo sono riservati.

sabato 23 novembre 2019

Il Global Food Summit (GFIS) per l'Africa 2020 si terrà in Rwanda


Il Rwanda ospiterà, l'anno prossimo, il Global Food Summit (GFIS) per l'Africa, un evento che cerca di elaborare strategie per sradicare la fame e la malnutrizione.Dal 3 al 5 novembre 2020, oltre 3.000 partecipanti, provenienti da tutto il continente africano e dal mondo, si daranno appuntamento a Kigali. L'evento sarà organizzato in collaborazione con Seeds & Chips, una società fondata e presieduta da Marco Gualtieri, focalizzata sull'uso della tecnologia per migliorare il sistema di valore degli alimenti.Il vertice globale sull'innovazione alimentare si è tenuto a Milano, in Italia, ogni anno sin dalla sua istituzione nel 2015, dopo l’Expo. In occasione della presentazione dell’appuntamento del 2020, Marco Gualtieri, fondatore e presidente di Seeds & Chips, ha annunciato l'intenzione di istituire un hub per l'innovazione alimentare in Rwanda, primo di 10 da aprirsi in altrettanti  paesi dell'Africa: Ghana, Nigeria, Etiopia, Mozambico, Angola, Marocco, Sudafrica ed Egitto. “L'idea è che potremmo investire tra 50 milioni e 100 milioni di dollari in ogni paese perché pensiamo di poter creare molti posti di lavoro.L'obiettivo è creare migliaia di nuovi posti di lavoro - almeno 30.000 - in ciascun paese " anche tenuto conto che  secondo le informazioni della Banca mondiale, si prevede che il mercato alimentare africano raggiungerà 1 trilione di dollari all'anno entro il 2030 dai 313 miliardi di dollari nel 2013.Gli hub saranno coinvolti nelle tecnologie per la produzione alimentare, l'agricoltura di precisione - che secondo Gualtieri dovrebbe essere un'industria multi-miliardaria e la trasformazione dei prodotti alimentari. "Vogliamo che questi hub siano interconnessi in modo che le persone nei paesi beneficiari possano beneficiarne attraverso l'apprendimento di competenze diverse".La dott.ssa Gerardine Mukeshimana, ministro dell'agricoltura e delle risorse animali del Rwanda, in sede di presentazione del GFIS 2020 ha affermato che "dovremmo sfruttare lo sviluppo della tecnologia per ottenere risultati migliori nel settore alimentare", tenuto conto che l'Africa ha ancora la più alta prevalenza di fame e malnutrizione. Infatti, secondo un rapporto FAO sullo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo del 2019, risiedono in Africa quasi 260 milioni su 820 milioni di persone,ovvero circa l'11% della popolazione mondiale,  che soffrono la fame a livello mondiale. 

venerdì 22 novembre 2019

La Chiesa Cattolica inaugura un nuovo grande albergo a Kigali


La ricettività alberghiera di Kigali si è arricchita di un nuovo hotel a 4 stelle che andrà ad affiancarsi ai numerosi alberghi esistenti nella capitale ruandese, come il Kigali Marriot Hotel, il Kigali Serena Hotel o il Radisson Blu Hotel and Convention Center. E' stato inaugurato all'inizio del mese un nuovo hotel di lusso, il Saint Famille Hotel; un 4 stelle opera della Chiesa cattolica ruandese, realizzato, con un investimento di circa 6 milioni di euro, in prossimità della cattedrale della Sacra Famiglia, nel centro della  capitale.Per ora le notizie sono scarse; lo   stesso sito dell'albergo sembra in progress, basti dire che riporta ancora le foto dell'immobile in costruzione, il che francamente lascia perplessi avendo a che fare con un'attività in cui l'immagine riveste un'importanza decisiva. Speriamo di non rivivere l'esperienza  avuta qualche anno fa in un grande e moderno albergo di Ruhengeri, di proprietà della locale diocesi protestante, in cui a una struttura di livello faceva riscontro un'organizzazione e un servizio decisamente scadente( vedi post precedente).Speriamo che la diocesi di Kigali si sia affidata a professionisti del settore e non a qualche albergatore improvvisato.Vedremo se in occasione della prossima missione riusciremo a sapere qualcosa di più circa le caratteristiche complessive dell'Hotel e sperimentarne i servizi.

venerdì 8 novembre 2019

In ricordo di Maria Pia Fanfani attiva nel Rwanda del 1994

E' morta ieri a Roma all'età di 97 anni, Maria Pia Fanfani. La ricordiamo con questo lancio dell'agenzia Adnkronos del 6 giugno 1994, in cui si dà conto della sua missione in Rwanda, che faceva seguito a quella del 28 aprile in cui portò in Italia, fra gli altri, tre seminaristi della diocesi di Byumba, Paolo, Roberto e Cirillo.
RWANDA: LA MISSIONE DI MARIA PIA FANFANI
Maria Pia Fanfani 
Mariapia Fanfani e' rientrata in Uganda dopo aver trascorso quattro giorni in Rwanda per portare aiuti e raccogliere i feriti piu' gravi che hanno urgente bisogno di cure. In giornata il convoglio organizzato dall'Associazione ''Insieme per la Pace'' raggiungera' l'aeroporto di Entebbe dove sono pronti gli aerei dell'Aeronautica Militare Italiana che porteranno in Italia i feriti e i malati posti in salvo dalla Signora Fanfani. Si tratta di 70 bambini e di 15 adulti che arriveranno domani mattina all'aeroporto di Ciampino. Su uno degli aerei rientrera' in Italia anche il sottosegretario agli Esteri Rocchetta che ha tentato invano, nella giornata di ieri, di raggiungere Kigali.A Kigali, ultima tappa del giro di soccorso compiuto all'interno del territorio ruandese, e' stata invece Mariapia Fanfani: prima di raggiungere la capitale, e' stata a Nyanza (nell'orfanotrofio dei padri Borile e Misuraca), a Nyamata (nell'istituto di padre Minghetti), a Byumba, a Kibungo e Rwamagama per raccogliere altri bambini feriti e malati. Scortata dai militari del Fronte Patriottico e, personalmente dal generale Paul Kagame (che le ha consegnato un appello da trasmettere al Papa), Mariapia Fanfani, insieme con la sua collaboratrice Gabriella Caldelari, ha fatto visita al campo militare di gako e nella regione di Kabgayi, dove i miliziani governativi tengono in ostaggio ventimila civili che rischiano di essere sterminati. La situazione in tutto il Paese e' drammatica: la gente muore di fame ed e' ormai impossibile una stima, sia pure approssimativa, delle vittime. Le condizioni igieniche sono disastrose e le epidemie stanno provocando altri morti. Mariapia Fanfani ha raccolto i feriti e i malati lungo il percorso, in circostanze spesso terribili.Molti bambini sono stati raccolti ai bordi delle strade, feriti piu' o meno gravemente, erano accanto ai corpi senza vita dei loro genitori. Combattimenti sono in corso ancora in molte zone del Paese dove si sono formate sacche di resistenza dei governativi.

mercoledì 6 novembre 2019

Rwanda: donne in maggioranza nel nuovo governo

Dopo quella in Parlamento, le donne ruandesi conquistano anche la maggioranza nel governo. Infatti, lunedì il presidente Paul Kagame ha operato un rimpasto del governo dandogli un tocco decisamente rosa: 14 dei 27 ministri che compongono il nuovo gabinetto sono donne. L'ennesima dimostrazione del ruolo che le donne ricoprono nella politica ruandese, dove la costituzione  prevede che la rappresentanza femminile in qualsiasi organo decisionale dovrebbe essere almeno del 30%. Le donne già alle elezioni parlamentari  del 2018 avevano riconfermato la leadership mondiale del Rwanda come paese con la piu' alta rappresentanza femminile in parlamento, con 51 degli ottanta seggi della Camera dei deputati: oltre ai 24 seggi riservati costituzionalmente al gentil sesso, le donne si erano aggiudicate 26 dei 53 seggi in palio  e uno dei due seggi riservati ai giovani. La Camera dei deputati ha quindi una predominanza rosa al 63,75 per cento, migliorando anche il gia' elevato 56 per cento della precedente legislatura.Anche al Senato, composto da 25 membri non eletti direttamente ma scelti  con altri criteri le donne ora occupano 10 seggi. Complessivamente, su 105 parlamentari che compongono le due camere, le donne detengono quindi 61 seggi, pari al  58 per cento. Secondo i dati dell'Unione interparlamentare rilasciati nel luglio 2018, a livello mondiale, la rappresentanza media delle donne alla Camera si attesta al 21,3 per cento, 18,8 per cento al Senato, con una media del 20,9 in entrambe le Camere.
Per meglio conoscere il ruolo della donna nella società ruandese suggeriamo la lettura di questo estratto  dall'ebook Aiutiamoli a casa loro Il Modello Rwanda 

martedì 29 ottobre 2019

Il nuovo libro del card. Sarah: alla radice del collasso dell'Occidente


E’ arrivato nelle librerie italiane Si fa sera e il giorno ormai volge al declino del card Robert Sarah, (ed. Cantagalli, Siena 2019 € 24,90) ultimo libro di una trilogia iniziata con Dio o niente, una sorta di autobiografia  spirituale di un figlio d’Africa, cui ha fatto seguito La forza del silenzio, antidoto all’invasione del rumore di cui è vittima il mondo. Ecco ora questa nuova fatica che vuole essere, per espressa volontà dell’Autore, una risposta ai tanti cristiani che, disorientati dalla grande crisi che sta attraversando la Chiesa, “tremano, vacillano, dubitano”, in attesa di ascoltare  parole “di chiarezza e verità” dai propri pastori. E non si può dire che il card Sarah tradisca il proposito.Con un linguaggio fermo - “perdonatemi se alcune mie parole vi scandalizzeranno”- scandaglia con rigore sempre intinto nella grande fede che lo sorregge, la crisi della fede, del sacerdozio e della Chiesa, per pervenire alla crisi della società e del mondo contemporaneo, con particolare attenzione alla crisi dell’Occidente.Crisi che in un’intervista recente così sintetizzava.“Il declino della fede nella Presenza reale di Gesù nell’eucaristia è al centro dell’attuale crisi della Chiesa e del suo declino, specialmente in Occidente. Vescovi, sacerdoti e fedeli laici siamo tutti responsabili della crisi della fede, della crisi della Chiesa, della crisi sacerdotale e della scristianizzazione dell’Occidente”. “Oggi, posso dire senza timore che alcuni sacerdoti, alcuni vescovi e persino alcuni cardinali hanno paura di proclamare ciò che Dio insegna e di trasmettere la dottrina della Chiesa. Hanno paura di essere visti come reazionari. E così dicono cose confuse, vaghe, imprecise, per sfuggire a ogni critica, e sposano la stupida evoluzione del mondo…. cedendo alla morbosa, malvagia tentazione di allineare la Chiesa ai valori attuali delle società occidentali. Soprattutto vogliono che la gente dica che la Chiesa è aperta, accogliente, attenta, moderna. Ma la Chiesa non è fatta per ascoltare, è fatta per insegnare”.

giovedì 24 ottobre 2019

Accordo di collaborazione Rwanda-Russia nel settore minerario e degli idrocarburi

Francis Gatare e Sergey Gorkov
E' stato firmato ieri a  Sochi, in Russia, a margine del  vertice Russia-Africa, tra il Rwanda e la società russa, ROSGEO, la State Geological Holding Company, rappresentata dall'amministratore delegato, Sergey Gorkov, un accordo di cooperazione nel settore minerario e degli idrocarburi.  Nell'ambito dell'accordo, le due parti identificheranno congiuntamente le future opportunità di esplorazione di idrocarburi nel bacino del lago Kivu, collaboreranno per istituire un laboratorio di geochimica, petrologia e mineralogia certificato, forniranno formazione nello studio delle geoscienze e svilupperanno il potenziale geotermico del Rwanda. L'accordo prevede anche la fornitura di attrezzature e servizi per l'esplorazione geologica e l'estrazione mineraria, l'assistenza tecnica e il trasferimento di conoscenze e la formazione di software avanzati necessari per l'esplorazione di miniere e idrocarburi. "Questo accordo mira a favorire gli investimenti russi nel settore minerario, petrolifero e del gas del Rwanda. Con l'esperienza della Russia nel settore estrattivo, non vi è dubbio che l'accordo porterà frutti", ha affermato Francis Gatare, Amministratore delegato di Rwanda Mines, Petroleum and Gas Board (RMB). L'accordo arriva pochi giorni prima del  forum minerario dell'Africa orientale e centrale che si terrà alla  fine di questo mese, con una serie di imprese partecipanti che hanno espresso interesse a investire nell'ecosistema minerario locale. Il settore minerario ruandese è cresciuto costantemente negli ultimi anni a un ritmo medio del 20% annuo, anche attraverso una strategia di diversificazione per includere altri minerali, in particolare pietre preziose, oro e minerali industriali. Secondo i dati di RMB, le esportazioni di minerali del Rwanda hanno generato $ 399 milioni nell'esercizio finanziario 2017-2018, con l'obiettivo di pervenire a un raddoppio entro il 2020 e raggiungere $ 1,5 miliardi ogni anno entro il 2024.

sabato 19 ottobre 2019

Riconoscimento mondiale al Rwanda per i livelli di sicurezza sociale


Nella giornata conclusiva del World Social Security Forum (WSSF) tenutosi a Bryxelles, l'Associazione internazionale per la sicurezza sociale  (ISSA) ha assegnato  al governo del Rwanda il premio per i risultati eccezionali ottenuti nella sicurezza sociale.Il premio è il riconoscimento mondiale dell'impegno e dei risultati eccezionali di un Paese nel campo della protezione sociale, in linea con la visione dell'ISSA sulla sicurezza sociale dinamica. Il premio viene assegnato ogni tre anni al World Social Security Forum, che questa settimana ha riunito 1300 leader ed esperti di sicurezza sociale da tutto il mondo a Bruxelles, in Belgio.Il premio ISSA 2019 è stato assegnato al governo del Ruanda per aver raggiunto una copertura assicurativa sanitaria pressoché completa in meno di 20 anni e aver raggiunto i più alti tassi di copertura sanitaria nell'Africa subsahariana. "Il Rwanda ha realizzato qualcosa di veramente unico nel passaggio alla copertura sanitaria universale a tempo di record, e questo premio è un riconoscimento per l'impressionante lavoro svolto dalle autorità ruandesi negli ultimi due decenni", ha affermato il segretario generale dell'ISSA Marcelo Abi-Ramia Caetano.Il Rwanda, uscito da una tragica guerra civile nel 1994 e un successivo crollo del sistema sanitario, è riuscito, attraverso una buona governance accompagnata da  una pianificazione a lungo termine, a pervenire, partendo da un progetto pilota nel 1999, a raggiungere una copertura assicurativa sanitaria superiore al 90% nel 2018, attraverso la Mutuelle de Santé. Nel presentare il Premio al Rwanda, l'ISSA ha anche segnalato la convinzione che diversi aspetti di questo approccio possano servire da modello e ispirazione per altri paesi.Lo schema di copertura sanitaria universale del Rwanda ha contribuito in modo significativo al miglioramento di numerosi indicatori chiave di sviluppo sociale, tra cui la riduzione delle spese sanitarie di emergenza e quindi la povertà; riduzione dei tassi di mortalità infantile e materna di due terzi dal 2000, aumento dell'educazione sanitaria e della pianificazione familiare per le donne e aumento dell'uguaglianza sociale e dell'equità.

martedì 8 ottobre 2019

Inaugurato in Rwanda la prima fabbrica di smartphone dell'Africa

Il pres. Kagame all'inaugurazione (foto Villaggio Urugwiro)
Foto The New Times

E’ stata inaugurata ieri in Rwanda, alla presenza del presidente Paul Kagame, la prima fabbrica di smartphone in Africa. Si tratta di un’iniziativa del conglomerato panafricano Mara Group, attivo anche nel settore bancario, che ha investito nella nuova iniziativa circa 50 milioni di dollari. Lo stabilimento, situato nella Zona Economica Speciale  di Kigali, produrrà smartphone ad alta tecnologia per il mercato locale e per l’Africa orientale. Fino ad ora, circa 200 persone sono impiegate nell'azienda, il 90% delle quali ruandesi.
A piena capacità, l'impresa impiegherà fino a 650 persone e produrrà un milioni di pezzi all'anno.I due modelli Android prodotti, in vendita a $ 159 e $ 229, dovrebbero competere con produttori asiatici come Tecno e Samsung che attualmente dominano i mercati africani con modelli  venduti a prezzi decisamente più bassi,  rispettivamente a $ 40 e $ 70. I produttori sono confidenti di superare  questo svantaggio di prezzo, per cui  i critici sono scettici sul fatto che Mara Phone possa sfondare sul mercato locale, grazie alle partnership con banche locali e società di telecomunicazioni, che dovrebbe consentire agli utenti di pagare i loro telefoni in due anni. La penetrazione degli smartphone in Rwanda è attualmente pari a circa il 15% del mercato, mentre la telefonia mobile arrivava a coprire circa l’80% della popolazione ruandese. Attualmente i ruandesi attraverso la telefonia mobile possono accedere a diversi servizi di enquiry e di pagamento attraverso la piattaforma governativa Irembo, e utilizzare le piattaforme di mobile money attive nel Paese. Aprendo la cerimonia, il presidente ruandese Paul Kagame ha ricordato come di fronte ai grandi cambiamenti in atto sia necessario mantenere il passo attraverso una costante innovazione, invitando altresì gli attori del settore privato a cercare continuamente di essere competitivi a livello globale. “Questo è il percorso che il Rwanda ha scelto per il nostro sviluppo. L'investimento di Mara Phones Group è quindi in perfetta armonia con la nostra attenzione per la scienza e la tecnologia, in quanto fattori chiave della nostra trasformazione economica ".Ne sono conferma le  notevoli capacità e competenze tecniche richieste nella produzione di uno smartphone, ha affermato il Capo dello Stato, aggiungendo che "è un'altra pietra miliare nel nostro viaggio verso l'industria high-tech e il Made in Rwanda".

martedì 1 ottobre 2019

Come vigilare sul buon uso degli aiuti all'Africa

Riprendiamo dal libro Aiutiamoli a casa loro Il modello Rwanda questo contributo relativo a un argomento particolarmente dibattuto anche in Italia. 
Come vigilare sul buon uso degli aiuti all'Africa
Uno dei rischi che accompagnano la cooperazione internazionale è che gli aiuti che i paesi sostenitori indirizzano verso i paesi africani finiscano per la gran parte nelle tasche dei numerosi governanti corrotti, spesso pure incapaci, che allignano nel continente africano. Simili malversazioni non possono però mettere in discussione la politica degli aiuti, per due ordini di ragioni. La prima: se togliamo ai paesi africani la possibilità di contare sugli aiuti esteri, li priviamo dell’unica vera e reale occasione di crescita delle loro economia e dello sviluppo delle rispettive società che ne potrebbe conseguire, lasciando come unica alternativa quella di incentivare le migrazioni verso l’Europa alla ricerca di nuove prospettive di vita. A quel punto il problema graverebbe in toto sull’Europa, cui spetterebbe dare risposte al fenomeno migratorio, senza peraltro poter contare sulla leva dell’aiutiamoli a casa loro, intesa nella migliore delle sue accezioni, che, allo stato, rimane l’unica reale alternativa all’accoglienza incondizionata, con tutte le ricadute da tutti conosciute. La seconda: tagliare gli aiuti, perché non si è in grado di assicurare che gli stessi siano correttamente finalizzati, significa alzare bandiera bianca di fronte alla diffusa corruzione del ceto politico e burocratico dei paesi africani e, di nuovo, abbandonare quei paesi a se stessi e ai loro problemi. In realtà, i paesi donatori avrebbero gli strumenti per intervenire su entrambi i fronti, a patto che, superando ogni recondito falso senso di colpa circa il passato coloniale, siano disposti a interventi anche “invasivi” su quei paesi: nella gran parte dei casi non si tratta di violare una inesistente sovranità nazionale, ma molto più semplicemente la suscettibilità dell’autocrate locale. Gli aiuti erogati, preferibilmente ai bilanci dello stato, dovrebbero essere condizionati a standard comportamentali, possibilmente condivisi dalla comunità dei donatori, a cui i governanti africani dovrebbero sottostare e su cui dovrebbero vigilare, in primis, autorità internazionali indipendenti e su cui dovrebbe farsi sentire anche la società civile locale, il cui sviluppo dovrebbe trovare adeguato spazio nei programmi d’intervento dei paesi donatori. Senza dimenticare che quando si realizza un utilizzo corretto degli aiuti ricevuti, per capacità dei governanti e/o per la vigilanza dei donatori, si innesca un circolo virtuoso, in cui il buon uso fatto degli aiuti ricevuti ne richiama di nuovi: ne è una conferma il Rwanda, giudicato dal Forum economico di Davos uno dei migliori utilizzatori al mondo (7° nella classifica mondiale) dei fondi ricevuti dalla comunità internazionale. I paesi donatori possono dire la loro anche sul fronte del contrasto delle diffusa corruzione nella classe dirigente africana. Si prenda il caso, citato dall’africanista Anna Bono in un suo recente articolo, di quei due generali del Sud Sudan, avversari in patria nell’immancabile guerra civile africana, che si trovano quasi condomini a Nairobi, dove si sono acquistati un appartamento milionario che il loro stipendio, di qualche decina di migliaia di dollari annui, mai avrebbe permesso loro di acquistare, se non grazie alle integrazioni derivanti dalla corruzione. Ebbene, se le autorità keniane fossero state costrette a rispettare le normative internazionali antiriciclaggio che si applicano alle Persone esposte politicamente (PEP-Politically Exposed Person), emanate a livello internazionale dal GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale in inglese FATF -Financial Action Task Force), forse quella transazione immobiliare non sarebbe stata possibile. Infatti, l’adesione dello stesso Kenya all’ESAAMLG, il gruppo dei paesi dell’Africa orientale e meridionale che si sono impegnati a dare attuazione alle 40 raccomandazione dello stesso GAFI per il contrasto del riciclaggio del denaro di fondi illeciti o ad altri reati, quali la corruzione o concussione, avrebbe appunto richiesto il blocco della transazione.  E come quella transazione non sarebbero possibili le numerose altre transazioni finanziarie che avvengono a tutte le latitudini da parte di autocrati e loro parenti. Di per sé le normative a livello internazionale ci sarebbero, il problema è tutta nella volontà dei singoli paesi, occidentali ed africani, nell’applicarle e, soprattutto, con quale grado di incisività. Infatti, quanti governanti africani possiedono, direttamente o in maniera schermata, immobili a Parigi, Londra o New York?  Senza peraltro dimenticare che a fronte dei corrotti, esistono sempre i corruttori, che nel caso saremmo noi occidentali, sempre pronti ad allungare una mazzetta, più o meno grande, per accaparrarsi un buon affare. Purtroppo, qualche fascicolo aperto per corruzione internazionale è giacente anche presso i tribunali italiani.

lunedì 30 settembre 2019

Il Rwanda si candida ad ospitare i mondiali di ciclismo del 2025


Il Rwanda ha presentato ufficialmente la propria candidature ad ospitare i mondiali di cislismo per l'edizione del 2025.Alla candidatura ruandese si sta aggiungendo quella del Marocco, così che si fa concreta la possibilità  di vedere nel 2025  la prima storica rassegna ciclistica iridata in Africa. Secondo quanto riportato da L’Equipe, il presidente dell’UCI David Lappartient ha confermato che sono soltanto i due Paesi africani che hanno presentato la loro candidatura per la prova del 2025.
 “Ho già incontrato le autorità ruandesi, la federazione e il ministero dello sport” ha dichiarato Lappartient: “Prossimamente riceverò una delegazione del Marocco. Sono due candidature di grande qualità”.Scaduto il termine entro il quale presentare la propria proposta, l’Africa dovrebbe quindi vedere il proprio primo mondiale di ciclismo. Finora è l’unico continente a non aver mai ospitato una rassegna iridata.In Rwanda da anni si tiene il Tour du Rwanda:  dal  2009 la corsa è entrata a far parte dell'UCI Africa Tour come gara di classe 2.2, cominciando ad acquisire notorietà in ambito internazionale. Nel 2019 è salita al livello 2.1, aprendosi alle formazioni World Tour.

sabato 21 settembre 2019

A Nyagatare, una startup italo-svizzera sperimenta il processo che sterilizza l’acqua

E’ in corso a Nyagatare un progetto pilota in cui la startup Gratzup, con sede in Svizzera ma guidata dall’italiano Mauro Gazzelli con la moglie Shairin Sihabdeen, sta sperimentando un processo di sterilizzazione dell’acqua contenuta in una borraccia che autosterilizza l’acqua contaminata in una ventina di minuti, a contatto con qualsiasi fonte di calore.Calibrando pressione e temperatura, quindi senza filtri e sostanze chimiche, si arriva alla sterilizzazione completa di acqua e contenitore. Oltre alla borraccia esiste anche un contenitore da 10 litri e un impianto autonomo a energia solare, riciclabile in ogni sua parte e con un lungo ciclo di vita.Si monta come un enorme mobile Ikea e arriva a dare 1500 litri di acqua pulita al giorno. Nel 2018, GratzUp, il governo ruandese e la diocesi di Byumba hanno firmato un memorandum per l’installazione di due impianti, partendo da un progetto pilota.Grazie a questi sarà garantito un accesso all'acqua sicura agli alunni di una scuola e ai pazienti di un ospedale, con un migliaio di utenti in tutto. Il progetto pilota è monitorato dall’Università Cattolica e l’obiettivo è di allargarsi ad altri paesi che hanno questo problema.

giovedì 5 settembre 2019

Morto il card. Etchegaray inviato speciale del papa in Rwanda nel 1994


E' morto ieri pomeriggio, all'età di 96 anni, il Cardinale francese Roger Etchegaray. Nel 1994 il cardinale Roger Etchegaray, allora presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, effettuò, su mandato di Giovanni Paolo II, una visita in Rwanda per portare la solidarietà della Chiesa alla popolazione del posto e un messaggio di riconciliazione. Entrando in Rwanda da Goma fece tappa  in primo luogo, il 26 giugno, a Gisenyi sulla frontiera con l’allora Zaire, che era la sede provvisoria del governo del Rwanda, e dove fu ricevuto dal presidente ad interim; poi, il 28 giugno, nella città di Byumba,  alla presenza del presidente del Fronte patriottico del Rwanda. Crediamo che questa  visita sia raccontato in un capitolo del libro Orgoglio e pregiudizio in Vaticano, uscito nel 2007, come Anonimo  che raccoglie le confessioni di un cardinale sulla Chiesa di ieri e di oggi. Nel capitolo intitolato  Missione in Ruanda vengono raccontati quei giorni con tutti i particolari, coincidenti con la visita consacrata nei comunicati ufficiali, e le riflessioni che quei tragici momenti suscitarono nell'emissario del Papa.  Alla luce del dettagliato racconto dei fatti  e dei particolari raccontati nel libro, crediamo proprio che l'anonimo cardinale intervistato da Olivier Gendre non potesse che essere il card. Etchegaray.Il cardinale ritornò in Rwanda nel febbraio del 2001 come inviato di Giovanni Paolo II per celebrare la chiusura delle celebrazioni del centenario dell'evangelizzazione del  Paese come riferito qui .

lunedì 26 agosto 2019

Regole severe per gli stranieri che vogliono adottare un bambino ruandese


Nonostante la revoca nel settembre 2017 del divieto, introdotto nel 2010, di consentire a stranieri o persone fuori dal Rwanda di adottare bambini nel Paese, da allora sono stati adottati solo due bambini e altri otto potrebbero essere presto consegnati alle loro nuove famiglie.
La revoca era avvenuta dopo che il governo aveva introdotto una rigida normativa cui la famiglia adottiva doveva sottostare. I nuovi requisiti per le adozioni internazionali includevano, fra l'altro, la creazione di un'autorità centrale per l'adozione, processi di approvazione più rigorosi e la fornitura di servizi di adozione specifici come la formazione all'adozione per i genitori. Il tutto gestito dall'Unità per la protezione dell'infanzia, National Commission  for Children-NCC. Le domande delle famiglie richiedenti devono essere inoltrate in Rwanda per il tramite degli  organismi nazionali equivalenti alla NCC del Paese.Al ricevimento della domanda, la NCC si riserva sei mesi per cercare il bambino che soddisfi i criteri che il genitore adottivo sta cercando. Quando viene trovato il bambino, l'interessato viene quindi informato. Il potenziale genitore adottivo si reca quindi in Rwanda e inizia il processo sul campo, fino alla predisposizione della documentazione completa per l’espatrio del bambino. Tra le famiglie richiedenti si trovano ruandesi della diaspora, ma anche famiglie di Paesi come Stati Uniti, Belgio,Francia, Regno Unito e Italia.Resta comunque il fatto che l'adozione internazionale dovrebbe essere l'ultima risorsa; per questo diverse richieste non sono state accolte per proteggere gli interessi del bambino. Secondo il responsabile della NCC “gli interessi del bambino sono la nostra priorità. Ci sono regole rigorose alle quali bisogna attenersi e anche quando il file è completo, non si passa semplicemente il bambino. Ad esempio, devi dimostrare che non stai solo cercando di adottare perché non puoi avere figli naturalmente e stai solo cercando di colmare un vuoto. Dobbiamo essere sicuri che il bambino sarà amato e curato ”.Ha anche sottolineato che, a differenza di altri Paesi, le famiglie ruandesi sono intenzionate ad assumersi la responsabilità di crescere un bambino quando i genitori muoiono rendendo il compito dei bambini per l'adozione internazionale a volte sfidante.Al riguardo si leggano precedenti post sull’argomento.

sabato 17 agosto 2019

Reportage de Il Giornale sul nuovo Rwanda

Segnaliamo questo interessante reportage apparso su Il Giornale a firma Luigi Guelpa.


Charles Baudelaire in Rêve Parisien immagina una città fantastica di metallo, di marmo e d'acqua. Una città da sogno che anticipa soluzioni urbanistiche modernissime. Una città razionale da capo a fondo.Ci sono parecchi punti di convergenza tra il poema dello scrittore francese e la nuova Kigali, capitale di un Ruanda che proprio in questi giorni festeggia il 25° anniversario della fine del terribile massacro tra hutu e tutsi. Un Ruanda che all'apparenza non ti aspetti perché ha avuto la forza d'animo di scrollarsi di dosso le macerie non solo come metafora. Oggi è un Paese completamente diverso che ha saputo rinascere e ricostruirsi un'identità. Non ci sono più le divisioni etniche, all'epoca appuntate addirittura sui documenti di riconoscimento, ma una sola popolazione unita e con pari diritti. Questo piccolissimo paese, poco più grande del Veneto, dalle mille colline ricoperte di coltivazioni di tè e caffè, è tornato a essere quell'angolo di paradiso nel cuore dell'Africa narrato da scrittori ed esploratori fino agli anni Settanta.La capitale Kigali, con i suoi 1,2 milioni di abitanti, somiglia davvero ai guizzi onirici di Rêve Parisien. Non sembra una città africana, bensì un'ordinata città europea: grandi palazzi di vetro, strade ordinate, una pulizia sbalorditiva (per chi fuma è consigliato non gettare i mozziconi per terra). Ogni mese tutto il Paese, incluso il presidente, partecipa a una giornata di pulizia obbligatoria, chiamata Umuganda, a cui nessuno può esimersi dal partecipare. E poi ancora parcheggi a pagamento lungo le strade, uffici pubblici molto efficienti e tecnologici, plastic free. Insomma, tutto quello che ci si aspetta in una città europea, ma non di certo in una capitale africana. La sera si può girare in tutta tranquillità con il taxi o con le moto-taxi e non si ha mai la sensazione di disagio o pericolo. La gente è cordiale e sorridente, al punto che viene da domandarsi se davvero il massacro sia avvenuto da queste parti solo un quarto di secolo fa. L'hotel Milles Collines, simbolo di quei cento giorni di follia è una struttura moderna, luogo di ritrovo dei ricchi ruandesi per l'aperitivo e del gran numero di stranieri che soggiornano a Kigali per lavoro.

giovedì 8 agosto 2019

Il Rwanda pronto ad accogliere 500 migranti detenuti in Libia

Campo  profughi di Mahama  (foto The New Times) 
Il Rwanda e le autorità libiche  stanno elaborando un piano di evacuazione per alcune centinaia di migranti detenuti nei centri di detenzione nel paese nordafricano. Diyana Gitera, direttore generale per l'Africa del ministero degli Affari esteri e della cooperazione, ha dichiarato a The NewTimes che il Rwanda sta lavorando a una proposta con i partner per evacuare 500 rifugiati come parte dell'impegno assunto a suo tempo del presidente PaulKagame.Si prevede che gli immigrati saranno ricevuti nell'ambito di un piano di emergenza in discussione con le agenzie umanitarie internazionali e altri partner.L’intervento sarà supportato dall'Unione Africana (UA) con finanziamenti dell'Unione Europea (UE) e dell'Alta Commissione delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Secondo le stime delle Nazioni Unite, circa 5.000 migranti si trovano in centri di detenzione in Libia, circa il 70% dei quali rifugiati e richiedenti asilo, spesso sottoposti a diverse forme di abuso. Secondo recenti statistiche rilasciate dall'UNHCR, a fine  marzo 2018, in Rwanda c'erano 177.369 rifugiati e richiedenti asilo distribuiti sei campi di Gihembe, Kigeme, Kiziba, Mugombwa e Nyabiheke  e di Mahama. Di questi, 92.840 sono rifugiati burundesi, 75.162 rifugiati congolesi, 8.727 richiedenti asilo e 640 rifugiati provenienti da vari altri paesi.

venerdì 26 luglio 2019

Come il Rwanda affronta il rischio ebola


 Il Rwanda è alle prese con il serio rischio che l'epidemia di Ebola, che da 11 mesi infesta  la vicina Repubblica Democratica del Congo, dove  ha già fatto  oltre 1.600 vittime, possa sconfinare nel Paese dopo che si è già diffusa nella vicina Uganda
Controllo al confine con l'Uganda (foto The New Times)
dove si contano tre morti.Anche se ad oggi il Rwanda non ha mai registrato un caso dell'epidemia in corso, le autorità sono ben coscienti del grave rischio rappresentato dalle le decine di migliaia di persone che ogni giorno attraversano il confine da Goma in Congo alla città ruandese di Gisenyi, ivi comprese le persone che tornano a dormire in Rwanda.Per questo da tempo le persone che attraversano il confine sono sottoposte al controllo della temperatura, si lavano le mani e ascoltano i messaggi di sensibilizzazione sull'ebola.In generale, il Ministero della Salute ha stabilito una serie di misure per evitare che l'epidemia arrivi nel Paese: è stato attivato
 un dettagliato piano nazionale di formazione degli operatori sanitari preposti alla diagnosi precoce e nella risposta, educando le comunità sull'ebola, vaccinando gli operatori sanitari in aree ad alto rischio, attrezzando le strutture sanitarie e conducendo esercizi di simulazione per mantenere un alto livello di prontezza.Il Paese ha formato 23.657 persone, tra cui personale medico a vari livelli, agenti di polizia e volontari della Croce Rossa per affrontare possibili epidemie. Lo screening per i sintomi dell'Ebola nei punti di ingresso è in corso dall'inizio dello scoppio dell'epidemia nella Repubblica Democratica del Congo, ed è stato rafforzato dalla conferma di un caso nella città congolese di Goma.E’ stato istituito un centro di trattamento per l'ebola e 23 unità di isolamento sono in preparazione negli ospedali di 15 distretti. Sono state simulate esercitazioni in risposta all'ebola presso l'ospedale militare di Kanombe, l'ospedale distrettuale di Gihundwe, l'aeroporto internazionale di Kamembe e il centro di trattamento ebola di Rugerero per testare la preparazione del Ruanda in risposta a un caso, che includerà l'attivazione del centro operativo di emergenza, la sorveglianza attiva, la gestione dei casi e il laboratorio test. Circa 3000 operatori sanitari nelle aree ad alto rischio sono stati vaccinati come misura preventiva, di cui oltre 1100 a Gisenyi.
Il programma di contrasto dell'ebola ha raccolto l'apprezzamento del direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), Dr. Tedros Adhanom Ghebreyesus, che ha elogiato il Rwanda per i suoi continui sforzi di preparazione all'ebola e ha confermato che fino ad oggi non sono stati segnalati casi di ebola nel Paese.
Il governo ha consigliato al pubblico di essere più vigili osservando i seguenti suggerimenti:
• Evitare viaggi inutili verso le aree colpite da un'epidemia di Ebola.
• Riferire immediatamente alla stazione di screening più vicina se si proviene da un'area interessata da Ebola.
• Segnalare qualsiasi caso sospetto di Ebola tramite appositi numeri telefonici o direttamente alla struttura sanitaria più vicina.
• Segnalare qualcuno che provenga da un'area interessata dall'ebola
• Evitare il contatto con sangue e fluidi corporei, oggetti che potrebbero essere entrati in contatto con il sangue di una persona infetta o fluidi corporei.
• Evitare il contatto con il corpo di una vittima di Ebola e / o carne proveniente da una fonte sconosciuta.
• Avvisare ogni persona che è stata in contatto con un paziente con sintomi di Ebola o che ha partecipato a una cerimonia di sepoltura di un caso noto di Ebola per riferire immediatamente alla struttura sanitaria più vicina per cure mediche urgenti.
• Lavarsi sempre le mani con sapone e acqua pulita.

sabato 13 luglio 2019

Società ruandese produrrà il primo generico contro il cancro per il mercato africano


LEAF Rwanda, consociata della LEAF Pharmaceuticals LLC, una società farmaceutica globale con sede negli Stati Uniti,  fondata e presieduta dal ruandese Clet Niyikiza, già manager di importanti multinazionali farmaceutiche, ha annunciato di aver firmato un accordo che spiana la strada alla produzione del suo primo farmaco generico per il cancro, LEAF-1404, nell'ambito delle attuali Buone pratiche di fabbricazione (cGMP).L'accordo è stato raggiunto con la US Contract Manufacturing Organization (CMO), con sede negli Stati Uniti, che dispone di strutture di produzione all'avanguardia. La CMO sarà responsabile sia della produzione che della commercializzazione su larga scala, in Africa e in Europa, di LEAF-1404 in condizioni conformi a cGMP. Userà questa opportunità per addestrare, negli Stati Uniti, i produttori di farmaci ruandesi e africani, in preparazione del suo impianto di produzione di farmaci conformi alla cGMP, che sarà costruito a Kigali e dovrebbe iniziare a produrre  a metà del prossimo anno.L'accordo stipulato tra le due parti garantisce in genere servizi end-to-end, completamente integrati per la formulazione e il riempimento del contenitore primario dei prodotti farmaceutici in base agli standard cGMP. 
LEAF-1404 è una versione generica complessa di Caelyx / Doxil, un farmaco chemioterapico che è disponibile da oltre 20 anni nel mondo occidentale per il trattamento del carcinoma ovarico, del cancro al seno e del sarcoma di Kaposi. Il sarcoma di Kaposi è un tipo di cancro che provoca lesioni nei tessuti molli. Mentre la malattia è stata praticamente eliminata nei paesi occidentali, secondo le statistiche globali sul cancro indicano che il 90% dei casi di sarcoma di Kaposi nel mondo si verificano in Africa.
LEAF Rwanda sta prendendo questa iniziativa per aiutare a fornire medicinali di alta qualità per aiutare a curare il cancro nel continente africano, tenuto conto che secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità  un medicinale su 10  in Africa è al di sotto degli standard o è stato falsificato. Questi prodotti di scarsa qualità comportano annualmente decessi significativi in ​​Africa.

martedì 9 luglio 2019

Il grido dell’Africa che vuole farcela

"Il grido dell'Africa che vuole farcela" è il titolo del servizio in primo piano del mensile Il Timone.E come esempio di "un'altra Africa, capace di crescere attraendo investimenti, svincolata da certi aiuti umanitari-in senso lato- dell'Occidente", viene additato il modello Rwanda. Delle realizzazione ruandese si dà puntuale conto anche con un ricco supporto fotografico. Nell'articolo viene anche menzionato, come meritevole di una lettura e più di una riflessione, il nostro libro Aiutiamoli a casa loro Il modello Rwanda. Ma la parte più interessante, vista anche l'impostazione del mensile, è quella dedicata alla posizione dei vescovi africani circa il fenomeno migratorio, quando dicono ai loro giovani:«Non lasciatevi ingannare dalle false promesse che vi porteranno alla schiavitù e ad un futuro illusorio! Con il duro lavoro e la perseveranza ce la potete fare anche in Africa e, cosa più importante, potete rendere questo continente una terra prospera». Lo hanno scritto i vescovi dell’assemblea delle Conferenze episcopali dell’Africa occidentale, che si è tenuta in Burkina Faso dal 13 al 20 maggio scorsi. O come sottolineato dal cardinale John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja in Nigeria, in una lunga intervista in cui racconta un’Africa stretta nella morsa delle false illusioni dell’Occidente e delle difficoltà politiche interne, mentre molti giovani, vittime della  tratta degli esseri umani, « muoiono nel Mediterraneo e se arrivano a destinazione spesso vengono sfruttati». Completa il servizio un'interessante intervista a Ilaria Bifarini, autrice 
de I coloni dell'austerity in cui si 
ripercorre la storia economica postcoloniale dell'Africa, passando per la crisi del debito dei paesi del Terzo Mondo, l’omicidio di Thomas Sankara e l’applicazione di politiche di apertura al libero scambio, liberalizzazioni e tagli alla spesa pubblica.
A fronte di una incontrastata narrazione buonista, che attribuisce al passato coloniale la colpa
dell’attuale esplosione del fenomeno migratorio, non tutti sanno che la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale hanno fatto del Terzo Mondo il laboratorio di sperimentazione delle loro politiche economiche neoliberiste.  A permettere che delle istituzioni finanziarie internazionali esercitassero un potere coercitivo sulla politica e l’economia di Stati sovrani è stata la loro condizione di indebitamento. Attraverso lo strumento dei prestiti condizionati sono state concesse somme di denaro per aiutare i paesi indebitati attraverso accordi che prevedono “condizionalità”, ossia l’adesione da parte dei paesi in difficoltà a riforme economiche di aggiustamento strutturale, fatto di apertura commerciale, incentivo alle esportazioni e alle importazioni -piuttosto che alla produzione e alla nascita di un’industria locale-, liberalizzazioni, privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica.Paradossalmente, la soluzione della crisi del debito diventa la causa di un ulteriore indebitamento. I nuovi prestiti concessi per rimborsare il vecchio debito, provocano un ulteriore aumento dell’ammontare del debito.
Forse, anche perchè ha voluto sottrarsi a queste logiche, di cui era stato vittima sul finire degli anni ottanta, il Rwanda di oggi assurge a modello di sviluppo di un intero continente.

venerdì 5 luglio 2019

Aiutiamoli a casa loro : quei calcoli spannometrici del prof. della Bocconi

Segnaliamo quanto scritto da  un  economista della Bocconi, il prof. Roberto Perotti, a proposito  delle politiche riconducibili  al famoso «Aiutiamoli a casa loro». Quanto scritto  su Repubblica del 2 luglio, piu' che un'analisi ci sembra una caricatura di quello che riteniamo essere un possibile approccio per favorire lo sviluppo dei Paesi africani e, consuentemente, creare le condizioni perche' il fenomeno migratorio possa essere riportato a livelli fisiologicamente gestibili nell'interesse delle persone e dei Paesi coinvolti.Ecco quanto sostiene il prof. Perotti, parlando dell'«Aiutiamoli a casa loro», come possibile approccio per affrontare il fenomeno migratorio : 
"Basta un calcolo spannometrico senza pretese per mostrare quanto sia irrealistica questa soluzione.Il reddito medio annuo di un abitante dell'Africa sub-sahariana è di 1600 dollari, un dodicesimo del reddito medio di un europeo occidentale (espressa in dollari la differenza è molto maggiore, ma un dollaro in Africa acquista più beni e servizi di un dollaro in Europa). Attualmente l'Africa riceve 50 miliardi di dollari di aiuti ufficiali l' anno, circa 40 dollari pro capite (un dollaro vale circa quanto un euro).Per aumentare il reddito medio di un quarto, cioè di 400 dollari, il mondo dovrebbe dunque contribuire dieci volte l'ammontare attuale, oltre 500 miliardi ogni anno e un quarto del Pil africano. Per un confronto, tra il 1948 e il 1951 il piano Marshall contribuì circa il 3 per cento del Pil dei paesi Europei riceventi: ai prezzi attuali sarebbero al massimo 200 miliardi. L'Europa contribuisce circa i due terzi degli aiuti totali all'Africa; mantenendo le proporzioni attuali, diventerebbero 350 miliardi. In base al Pil, l'Italia dovrebbe contribuire 35 miliardi, cinque volte la cifra stanziata per il reddito di cittadinanza. Oggi contribuisce meno di un centesimo di questa cifra, 283 milioni.Ma se anche questo aumento pazzesco degli aiuti all'Africa dovesse accadere, ciò non fermerebbe i flussi migratori, ma li aumenterebbe: se si rischia la vita con un reddito medio di 1600 dollari per raggiungere un continente che ha un reddito medio dodici volte superiore, si rischia la vita anche con un reddito medio di 2000 dollari. I soldi ricevuti saranno usati per pagare più viaggi.Inoltre, un così enorme aumento delle risorse disponibili scatenerebbe la guerra civile in tutta l' Africa per accaparrarsi il tesoro, e migrazioni bibliche di conseguenza. È noto che molti paesi africani soffrono della "maledizione delle risorse naturali": la scoperta di giacimenti di petrolio o di minerali preziosi spesso scatena guerre civili, in alcuni casi decennali, che provocano migliaia di morti e di rifugiati, e una diminuzione del reddito medio. Si pensi al petrolio in Nigeria o in Sudan e Sud Sudan, o ai diamanti in Sierra Leone e tanti altri paesi africani”.
Qualcuno ha capito cosa intenda dimostrare l'illustre cattedratico? Noi abbiamo faticato a seguirne la logica, meramente assistenzialistica, che denota una scarsa conoscenza delle dinamiche che hanno interessato in questi decenni il continente africano. 
Comunque, visto che il Pil pro capite del Rwanda è allineato al livello medio africano, il modello Rwanda potrebbe essere un utile laboratorio dove il professore potrebbe applicarsi per meglio comprendere cosa veramente serve all'Africa. Come sostenuto ieri dal presidente Kagame, la ricetta per  il Rwanda, ma anche per l'intero continente è quella di "continuare sulla via dello sviluppo degli ultimi 25 anni, affrancandosi dagli aiuti internazionali per arrivare a poter camminare con le proprie gambe  ed essere artefice del proprio benessere, anche se c'e' molto altro da fare".

sabato 29 giugno 2019

I Vescovi dei Grandi Laghi per un rilancio della Dottrina Sociale della Chiesa


Edizione per il Rwanda
I Vescovi di Burundi, Repubblica Democratica del Congo (RDC) e Rwanda, riuniti nella 13esima Assemblea Plenaria dell’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Centrale (ACEAC), che si è tenuta dal 24 al 26 giugno a Kinshasa, hanno, tra l'altro, preso in esame la situazione socio politica dell'area dei Grandi Laghi. Al riguardo, hanno manifestato preoccupazione “Per l'attivismo dei gruppi armati e l'insicurezza nelle aree di confine tra i nostri tre Paesi, causa di numerose vittime e di migrazione di popolazioni” e vicinanza "a tutte le vittime della violenza, dell'ingiustizia e dell'ebola, che affidiamo a Dio nelle nostre preghiere". "Incoraggiamo i responsabili politici a sviluppare il dialogo come mezzo per la risoluzione dei conflitti” affermano i Vescovi dell’ACEAC, che ribadiscono il loro impegno su questioni quali: migrazioni, risorse naturali, ambiente, giustizia, pace, riconciliazione, sfruttamento delle risorse minerarie. “L'accompagnamento degli attori politici nella promozione dello Stato di diritto nella zona ACEAC ci sembra una dimensione intrinseca del Vangelo e della nostra missione” sottolineano i Vescovi.A questo proposito i membri dell’ACEAC hanno deciso di integrare l'Insegnamento sociale della Chiesa nella formazione dei futuri sacerdoti ed hanno raccomandato lo sviluppo di programmi strutturati e sistematici per la durata della formazione. “La loro preoccupazione è quella di ridurre il divario tra la formazione teorica ricevuta durante la formazione e le esigenze pratiche che i sacerdoti descrivono nell'adempimento della loro missione”.
Al riguardo, ricordiamo la disponibilità di un agile strumento didattico come la Sintesi del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa pubblicato dall'Ass. Kwizera.
Nel corso dell’Assemblea è stato eletto Presidente dell'ACEAC Sua Ecc. Mons. Marcel Madila, Arcivescovo di Kananga della Repubblica Democratica del Congo; mentre Sua Ecc. Mons. Vincent Harolimana, Vescovo di Ruhengeri in Rwanda è stato eletto Vicepresidente e Sua Ecc. Bonaventure Bizimana, Vescovo di Rutana in Burundi come secondo Vicepresidente.

venerdì 21 giugno 2019

Avviata la prima raffineria d'oro ruandese al servizio dell'intera Africa


Il Rwanda si è dotata della sua prima raffineria d'oro, operativa da marzo, frutto di una joint venture paritaria tra un’azienda americana-Hilly Metals Company, una locale, Aldabra. L'impianto da $ 5 milioni si trova nella zona economica speciale di Kigali, nel distretto di Gasabo. La nuova struttura ha una capacità di affinare 6 tonnellate di oro al mese, circa 220 chilogrammi al giorno.La compagnia acquisterà oro da tutta l'Africa e lo trasformerà in purezza del 99,99%.  In tal modo il Rwanda si accredita come operatore in grado di dare valore aggiunto ai minerali africani, per la gran parte venduti sui mercati internazionali allo stato grezzo, scontando quindi prezzi inferiori. Secondo i dati del Rwanda Mines, Petroleum & Gas Board (RMB), le esportazioni di minerali del Rwanda hanno generato $ 399 milioni nell'anno finanziario 2017-2018.Il Paese si prefigge di generare 600 milioni di dollari di proventi da esportazione di minerali nel 2018-2019.A gennaio di quest'anno erano già stati generati $ 373 milioni.Il settore minerario è cresciuto ad un tasso medio del 20% dal 2006 al 2007.Le attività minerarie e estrattive in Rwanda danno lavoro a più di 40.000 persone. Il Paese punta ad aumentare ulteriormente i proventi delle esportazioni di minerali a $ 800 milioni entro il 2020 e $ 1,5 miliardi all'anno entro il 2024.

venerdì 14 giugno 2019

Ecco il bilancio previsionale 2019/20 del Rwanda


Il  ministro delle finanze e della pianificazione economica del governo ruandese, Uzziel Ndagijimana, ha presentato ieri il budget  previsionale per l'anno fiscale 2019/2020, che prevede un totale di bilancio  di 2,876 miliardi di  Franchi ruandesi-Rwf, pari a euro 2,804 miliardi al cambio di 1 euro=1026Rwf. All'attività ordinaria e alle spese ricorrenti  sono destinati Rwf 1.424,5 miliardi, pari al 49,5% del budget, lasciando una quota destinata allo sviluppo pari a 1.396,2 miliardi di Rwf,  48,5% del budget totale.Il ministro  Ndagijimana ha detto che la quota del budget destinata alle spese ordinarie nel prossimo anno fiscale è ridotta dell'1% rispetto all'anno in corso, mentre la quota del budget per lo sviluppo è aumentata dell'1%, confermando così lo sforzo del governo di contenere le spese correnti per concentrarsi maggiormente sulla spesa per lo sviluppo.Per la parte ordinaria, all'istruzione è destinato il 10,74% del budget (7,9 % Italia, media UE 10,2 %) mentre alla sanità va l'8,15%. In linea con gli obiettivi chiave del National Strategy for Transformation (NST1), gli investimenti nel prossimo anno fiscale andranno a settori prioritari destinati a trasformare rapidamente l'economia del paese, come progetti e attività che contribuiranno alla creazione di 213.198 posti di lavoro dignitosi e produttivi.
Altre attività da finanziare comprendono la revisione dei piani generali delle città secondarie e il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi di trasporto nelle aree urbane e rurali, il miglioramento delle infrastrutture di trasporto aereo e la promozione di un'economia basata sulla conoscenza, rendendo operativo il Fondo per l'innovazione del Rwanda e altri centri di eccellenza.Finanziamenti significativi saranno destinati alla promozione dell’industria per aumentare le esportazioni, dell'agricoltura e ad aumentare l'accesso all'elettricità e all'acqua. Gli investimenti andranno anche a progetti per migliorare l'accesso all'istruzione e all'assistenza sanitaria di qualità, all'assistenza sociale alle famiglie bisognose e allo sradicamento della malnutrizione e dell'arresto della crescita.Saranno fatti anche sforzi per investire nel miglioramento della fornitura dei servizi attraverso il potenziamento dei servizi offerti online e il rafforzamento della giustizia, della legge e dell'ordine.Il governo prevede di finanziare il bilancio 2019-20 attraverso risorse nazionali per un valore di 1.963,8 miliardi di Rwf, pari al 68,3% dell'intero budget.Di queste risorse, le entrate del gettito fiscale sono stimate in 1.535,8 miliardi di Rwf, pari al 53,4% del budget totale, mentre le entrate non fiscali sono stimate in 190,4 miliardi di Rwf, pari al 6,6% del budget totale.Il resto del bilancio sarà finanziato da fonti esterne per un valore di Rwf 906,7 miliardi, che rappresentano il 31,5% del bilancio totale e comprendono sovvenzioni per un valore di Rwf 409,8 miliardi (14,2%) e prestiti per un valore di Rwf 497,0 miliardi (17,3 per cento).