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lunedì 31 dicembre 2012

Domani il Rwanda entra nel Consiglio di sicurezza ONU

Domani il Rwanda fara' il proprio ingresso ufficiale, come membro non permanente, nel Consiglio di sicurezza dell'ONU; vi rimarra' per una mandato di due anni.Vi e' molta curiosita' per vedere come interpretera' questo ruolo una diplomazia che in questi anni piu' volte si e' trovata su posizioni configgenti con risoluzioni o dossier dell'ONU, in particolare per cio' che attiene la situazione della Repubblica democratica del Congo, che ha visto il Rwanda piu' volte stigmatizzato per le sue plurime invasioni di campo, a partire dal lontano 1996 fino ai giorni nostri. Passare dal ruolo del discolo esaminato a quello dell'equilibrato esaminatore sara'  un cambio di prospettiva non da poco :una vera e propria prova di maturita' per il giovane paese africano.

giovedì 27 dicembre 2012

Chi tira le fila dell'economia rwandese

Jeune Afrique ha dedicato nel suo ultimo numero un pezzo al 25 anniversario di fondazione del FPR il partito al potere in Rwanda, di cui nel paese si sono tenute numerose manifestazioni commemorative. La cosa più interessante del contributo è un piccolo box in cui, attingendo a un articolo apparso nel settembre scorso sul Financial Times, si fa una fotografia del Crystal Ventures Ltd, il braccio finanziario del FPR, che a partire dal 2009, anno di fondazione, ha ereditato precedenti investimenti fatti dal partito in diversi comparti dell'economia rwandese, all'indomani della conquista del potere per dare sostegno alla ripresa dopo la guerra. Gli investimenti sono poi  evoluti fino ai livelli attuali, in cui Crystal Ventures controlla attività diversificate in tutto il paese, che FT quantifica in  oltre 500 milioni di dollari.Si era partiti nel 1995, con la creazione di Inyange Industries, una società di trasformazione dei prodotti agricoli che si è sviluppata in una delle più grandi aziende produttrici di succhi di frutta in bottiglia, di acqua, latte e frutta. Nel 1998 con la  società telefonica sudafricana, MTN, è stata introdotta la telefonia mobile in Rwanda, in quello che sembrava allora come un mercato marginale. L'FPR ha fornito  la maggior parte del capitale necessario, salvo negli anni successivi diminuire la propria quota facendo una plusvalenza di  110 milioni di dollari.Il gruppo possiede inoltre una società di costruzioni edili e stradali, società di fornitura  di granito e piastrelle, una ditta di mobili, una catena di negozi di caffè esclusivi ( Bourbon coffee shops a Kigali, Boston, Londra, Washington e New York), una societa' attiva nell'immobiliare e pure una società, che ha sollevato  qualche critica, proprietaria di due jet executive che vengono affittati per i voli di stato e una società di sicurezza privata, l' Intersec, l'unica autorizzata a prestare il servizio armati nel paese.
Tutto questo fa di Crystal Ventures   il gruppo privato più importante del paese e, con 7.000 dipendenti, il secondo datore di lavoro dopo lo stato.Come  si vede una presenza diversificata in tutta l'economia rwandese che lascia le briciole agli altri imprenditori, non certo in grado di mettersi in competizione, soprattutto negli appalti pubblici, con un simile colosso diretta emanazione del potere.Anche se i responsabili del fondo si affrettano a smentire ogni velleità monopolistica, è indubbio che ci troviamo di fronte a una potente holding di partito più vicina ai modelli dell'est ante '89 che all'esperienza italiana dell'Iri.
Comunque la si voglia giudicare, va detto che siamo in presenza di un'esperienza che ha pochi eguali in Africa e che dà al modello rwandese un'ulteriore connotazione di una certa modernità, concorrendo a rafforzare ulteriormente il potere del presidente Kagame.Il quale, secondo quanto riferito al FT da Nshuti Manasse, presidente del consiglio di  Crystal Ventures, ha potuto beneficiare di un contributo dello stesso Manasse per la metà delle spese delle campagna presidenziale del 2010, costata complessivamente $ 2,4 milioni. Una informazione contenuta nell'articolo del FT dà un'ulteriore sottolineatura della novità di questo specifico modello rwandese. Secondo FT,  Crystal Ventures starebbe valutando la vendita di Inyange alla Kenya Brookside, una società  di proprietà della famiglia Kenyatta, l'ex presidente keniano. Un piccolo passo è stato fatto: dalla gestione familiare keniana si è passati alla gestione  partitica rwandese. Se in futuro ci sarà una holding  Crystal Venture Ltd  patrimonio dello stato il percorso sarebbe concluso. 

P.S. Sul sito dell'Agaciro Fund invano abbiamo cercato tra i donatori Crystal Ventures Ltd; speriamo che sia una mera dimenticanza, diversamente cosa dovrebbero pensare i tanti che si sono privati magari del necessario per contribuire al Fondo. 

domenica 23 dicembre 2012

Auguri




Noheli Nziza

Buon Natale

Le SIM telefoniche rwandesi diventano nominative

Dalla fine del prossimo luglio, in Rwanda non sarà più possibile disporre di Sim telefoniche anonime. Infatti, l'agenzia Rwanda Utilities Regulatory Agency (Rura) ha fissato al 31 Luglio 2013 il termine entro cui  tutti i possessori di una sim telefonica, finora del tutto anonima, dovranno registrare le proprie generalità. La registrazione comporta la raccolta di informazioni personali degli abbonati e consentirà alle agenzie nazionali di sicurezza di   individuare  crimini e illegalità perpetrate con l'uso di telefoni cellulari. Al di là dei consueti abusi che si possono commettere con l'uso del telefonino, bisogna ricordare che in Rwanda il telefonino è diventato uno strumento utilizzato per il trasferimento di denaro.  Si capisce quindi  come sia importante avere sotto controllo la situazione.Quando si sbarcherà a Kigali non sarà quindi più possibile acquistare la sim senza formalità, ma bisognerà declinare tutte le proprie generalità.

venerdì 21 dicembre 2012

Riflessione a margine di una serata dedicata al Rwanda che diventa pensiero natalizio

Riprendiamo dal Bollettino parrocchiale di Grosio appena uscito questa riflessione  in margine alla serata dedicata al Rwanda tenutasi a Grosio nell'ottobre scorso, di cui abbiamo dato notizia in un precedente post.
...Ecco, questa è la breve cronistoria della serata. Questi sono i fatti.
A margine di tutto questo mi sono posto alcune semplici domande.
Cos'è che porta una coppia cementata da anni di felice matrimonio, di fatto già realizzata, con figli e una posizione sociale, ad andare in un posto agli antipodi non solo spaziali della loro quotidianità?
Cos'è che porta un autoconcessionario toscano di successo a dedicare tutte le proprie ferie e anche di più, ad una missione nell'Africa Nera ?
Cos'è che porta un ex dirigente bancario in pensione a spendere buona parte del suo tempo a progettare a tavolino e poi realizzare sul campo opere per il bene comune degli abitanti di un paese chiamato Rwanda?
Cos'è che porta una giovane coppia a utilizzare i soldi destinati alle bomboniere delle proprie nozze per un'iniziativa umanitaria?
Cosa ha portato tutte queste persone e altre ancora a riunirsi un sabato sera per parlare di qualcosa che non è l'anticipo del campionato di calcio o la première dell'ultimo film di Checco Zalone?
Mi è venuta in mente solamente una possibile risposta.
E'il BENE, è l'abbacinante e travolgente forza del BENE, e della continua ricerca che ci porta ad esso.
Sì, perché spesso ci dicono che il male esercita uno strano fascino sulle persone.
Per un periodo ci ho pure creduto, ma da qualche tempo ho capito che non è così.
Il Male non esercita nessunissimo fascino.
Il Male non ha nessuna forza intrinseca.
Banalmente il male e la sua realizzazione richiedono meno impegno.

Il Male  è più semplice da conseguire rispetto al Bene.
Ma non è in grado in nessun modo e in nessun caso di produrre la stordente pienezza che sa dare il Bene.
Ecco, questa serata ha semplicemente chiarito una volta di più, come le nostre vite debbano per forza di cose tendere al bene, al bene comune, al bene condiviso, al bene immanente e imperituro per chiunque abiti questo pianeta.
Mi piace ricordare questa serata con la frase secondo me più bella in assoluto.
Ed è quella pronunciata da Angelo, il sopracitato concessionario toscano, nonché segretario dell'associazione.
Angelo dice che "...dopo anni passati a PREoccuparci per chi sta peggio di noi, finalmente un giorno abbiamo deciso di OCCUPARCI di loro..."
Ed è proprio da questo semplice gioco linguistico che ha preso vita l'associazione Kwizera.
Ed è proprio da questa frattura netta che intercorre tra il mero compatire e il fattivo intervento sul campo, che dovrebbe partire ogni reale tentativo di portare il bene nel mondo.
Bisogna creare un circolo virtuoso che coinvolga tutta la comunità, nei modi, nei tempi e nella disponibilità dei singoli.
Solo così da circolo nascerà circolo che porterà a nuovo circolo più ampio  per arrivare poi alla fine ad un immenso "vortice di bene" che abbracci l’umanità intera.
Saluti a tutti... e Buon Natale.

Michele Ghilotti

lunedì 17 dicembre 2012

Progetto Caritas Rwanda-USAID per l'assistenza alle donne e all'infanzia

« Usaid Gimbuka »: si intitola così il programma lanciato tre giorni fa dalla Caritas del Rwanda, insieme all’organizzazione statunitense Usaid. Il progetto ha una durata triennale (2013-2015) e mira a sostenere le popolazioni in difficoltà per la realizzazione di uno sviluppo autonomo e nutrizionale delle famiglie. L’iniziativa, informa il sito web della Conferenza episcopale del Rwanda, “si realizzerà in quattordici distretti del Paese”. Presentando ufficialmente il progetto, padre Oreste Incimata, segretario generale della Caritas ruandese, ha ricordato l’impegno portato avanti dall’organismo episcopale sin dal 1960, anno della sua creazione, e svolto in tre settori - salute, sviluppo e opere sociali – che coinvolgono oltre 26mila comunità ecclesiali di base. Evidenziando, poi, “la maturità raggiunta” dalla Caritas, che dal 2000 è completamente autosufficiente e non riceve più aiuti esterni, padre Incimata ha sottolineato che “questa maturità ha reso possibile il partenariato con Usaid”. Nello specifico, il programma triennale prevede di migliorare lo stato nutrizionale delle donne incinte o affette dal virus Hiv, così come di aiutare 36mila bambini minori di 5 anni e di assistere oltre 14mila orfani, fornendo ai più piccoli il materiale scolastico e agli adulti le competenze necessarie per raggiungere, in famiglia, l’autosufficienza economica ed alimentare. In quest’ottica, padre Incimata ha auspicato anche una maggiore diffusione del sistema “warrantage”, che consiste nell’erogazione di crediti ai contadini a fronte di stock di prodotti agricoli. Esso, infatti, “tutela gli agricoltori dalle speculazioni e garantisce i prezzi di mercato”. Infine, il delegato di Usaid, Silver Richard, ha messo in luce l’obiettivo primario dell’iniziativa, ovvero ridurre del 44% il tasso di ritardo nella crescita per i bambini rwandesi colpiti dalla malnutrizione. (da Radio Vaticana I.P.)
 

domenica 16 dicembre 2012

La giornata della pace 2013: Beati gli operatori di pace

Dal  messaggio di Benedetto XVI per la Giornata della pace 2013 riprendiamo questo passaggio particolarmente interessante per chi opera  sul campo.

Costruire il bene della pace mediante un nuovo modello di sviluppo e di economia
5. Da più parti viene riconosciuto che oggi è necessario un nuovo modello di sviluppo, come anche un nuovo sguardo sull’economia. Sia uno sviluppo integrale, solidale e sostenibile, sia il bene comune esigono una corretta scala di beni-valori, che è possibile strutturare avendo Dio come riferimento ultimo. Non è sufficiente avere a disposizione molti mezzi e molte opportunità di scelta, pur apprezzabili. Tanto i molteplici beni funzionali allo sviluppo, quanto le opportunità di scelta devono essere usati secondo la prospettiva di una vita buona, di una condotta retta che riconosca il primato della dimensione spirituale e l’appello alla realizzazione del bene comune. In caso contrario, essi perdono la loro giusta valenza, finendo per assurgere a nuovi idoli.
Per uscire dall’attuale crisi finanziaria ed economica – che ha per effetto una crescita delle disuguaglianze – sono necessarie persone, gruppi, istituzioni che promuovano la vita favorendo la creatività umana per trarre, perfino dalla crisi, un’occasione di discernimento e di un nuovo modello economico. Quello prevalso negli ultimi decenni postulava la ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo, in un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività. In un’altra prospettiva, invece, il vero e duraturo successo lo si ottiene con il dono di sé, delle proprie capacità intellettuali, della propria intraprendenza, poiché lo sviluppo economico vivibile, cioè autenticamente umano, ha bisogno del principio di gratuità come espressione di fraternità e della logica del dono [5]. Concretamente, nell’attività economica l’operatore di pace si configura come colui che instaura con i collaboratori e i colleghi, con i committenti e gli utenti, rapporti di lealtà e di reciprocità. Egli esercita l’attività economica per il bene comune, vive il suo impegno come qualcosa che va al di là del proprio interesse, a beneficio delle generazioni presenti e future. Si trova così a lavorare non solo per sé, ma anche per dare agli altri un futuro e un lavoro dignitoso.

giovedì 13 dicembre 2012

Se La Repubblica fa diventare cattolico il vescovo guerrigliero del Kivu

Indicazioni stradali a Bunagana ( foto Panoramio di )
Nel numero di martedì de La Repubblica, il noto inviato Daniele Mastrogiacomo firma un reportage dal Kivu dal titolo "Il vescovo guerrigliero". Non entriamo nel merito dell'articolo, forse un po' troppo di colore e  appiattito sulle ragioni  dei ribelli dell' M 23, ma desideriamo segnalare una grave inesattezza, non propriamente banale. Il vescovo del titolo, Jean Marie Runiga Rugerero, intervistato dall'inviato, non è l'ex vescovo cattolico di Goma, ma un pastore protestante,autoproclamatosi vescovo di una delle tante chiese protestanti esistenti in Congo. D'altrone da un inviato che attacca il proprio pezzo con un colorito "sette  ore di viaggio nelle più grande foresta equatoriale africana. Su una strada di terra rossa  avvolti dalla giungla......" per raggiungere Bunagana nel Rutshuru, roccaforte dell'M23, invece che sobbarcarsi  la comoda strada, asfaltata di recente dai cinesi, Kigali-Ruhengeri-Gisenji-Goma ( km 158 peVr 2ore e 13 minuti stante i limiti di velocità vigenti sulle strade rwandesi)  e da lì raggiungere Bunagana a 110 km di distanza (tempi di percorrenza di Google maps 1 ora e 46 minuti) su una strada altettanto comoda,  dobbiamo aspettarci anche che possa confondere un pastore protestante, " che si sente un po' italiano" perchè adottato da piccolo da una donna di Salerno che "sento spesso e so che mi ama", con l' ex vescovo  cattolico di Goma.
A proposito di viaggio, se a Ruhengeri il nostro esperto inviato  avesse deviato subito per Bunagana, se la sarebbe cavato con molto meno, visto che da Ruhengeri si arriva a Bunagana dopo 51 minuti di macchina per un totale di 53 km come indica la foto a parte tratta da Panoramio.Insomma dall'aeroporto di Kigali a Bunagana ci sono 124 km per 1 ora e 54 minuti. Altro che sette ore di viaggio......

Il taglio degli aiuti internazionali comincia a farsi sentire

Comincia a farsi sentire il taglio che molti paesi donatori hanno attuato sugli aiuti destinati al Rwanda, nella convizione che il governo di Kibali sia coinvolto nel sostegno dei ribelli congolesi dell’M23.Al poco più che simbolico taglio in aiuti militari di $ 200.000 degli USA, sempre molto comprensivi verso l’amico Kagame, hanno fatto seguito i tagli dei donatori europei tra cui i Paesi Bassi, Germania, Svezia, Gran Bretagna, oltre che l’UE. Il venir meno di tali aiuti , che il ministro delle Finanze, John Rwangombwa, quantifica in circa il 12% del bilancio nazionale, ( nell'anno fiscale 2012-2013, gli aiuti esteri hanno rappresentato complessivamente il 46% del bilancio dello Stato), potrebbe avere delle conseguenze significative oltre che sul trend di sviluppo del paese anche sull’ordinaria amministrazione, tanto che lo stesso ministro si è premurato di smentire la voce che potessero esserci problemi per il pagamento degli stipendi pubblici.Quotidianamente si leggono sulla stampa rwandese interventi per stigmatizzare il comportamento dei donatori esteri le cui decisioni si ripercuoterebbero in toto sulla incolpevole popolazione. In proposito, l’agenzia Syfia, in una recente inchiesta, riferisce che per molti rwandesi, il ritiro dei donatori è già evidente nella diminuzione degli acquisti, nell’aumento dei prezzi e nella stretta che le banche hanno applicato sui prestiti.  In una specie di spending review il governo ha invitato i funzionari statali a risparmiare dove è possibile: spendere meno in spese di rappresentanza durante le missioni, lavorare di più , fare un uso accorto delle auto di stato. Come riferisce Syfia , il Segretario di Stato per i Trasporti, Alexis Nzahabwanimana, ha richiamato tutti a evitare un uso privato delle auto blu, come portare a scuola i figli piuttosto che partecipare a matrimoni, pena severe sanzioni che possono arrivare fino al licenziamento.Le preoccupazioni sul futuro stanno comunque montando, nonostante i richiami del presidente rwandese all’orgoglio nazionale che ha portato anche alla costituzione del famoso Fondo Agaciro “dignità in lingua Kinyarwanda” in cui, un po’ spontaneamente e un po’ spintaneamente, tutti i rwandesi dell’interno e della diaspora hanno fatto confluire ad oggi circa 32 milioni di euro, pari all’1,8% del bilancio nazionale stimato in 1,722 miliardi di euro.
L'auspicio del ministro degli  esteri, Louise Mushikiwabo, è che la situazione attuale, che sconta anche la grave crisi economica dei paesi donatori, possa presto evolvere verso una soluzione  favorevole per il Rwanda perchè " il Rwanda non perde i suoi alleati. Siamo in presenza di una contingenza temporanea, perchè in politica non ci sono nè amici nè nemici per sempre".
 

martedì 11 dicembre 2012

Troppo amica del Rwanda: a rischio la nomina della Rice alla segreteria di stato USA

Un duro attacco del New York Times potrebbe minare la nomina a prossimo segretario di stato Usa, secondo le intenzioni di Obama, dell'attuale ambasciatrice statunitense  all'Onu, Susan Rice, grande sostenitrice del Rwanda e del suo presidente.I motivi delle dure critiche portate alla Rice, che troverete riassunti nell'articolo  di Glauco Maggi per Libero,   affondano le loro radici proprio nella sua politica africana, in particolare nella zona dei grandi laghi, e sulle sue amicizie con taluni uomini di governo africani non propriamente aperti ai principi democratici.Sull'argomento segnaliamo anche il pezzo comparso du America 24. La mancata nomina a segretario di stato della Rice priverebbe il governo di Kigali di un importante sostegno a livello diplomatico, su cui ha potuto contare in tutti questi anni.
 

domenica 9 dicembre 2012

Preoccupa la diffusione della droga tra i giovani rwandesi

Uno studio  condotto per conto del Ministero della gioventù nella primavera scorsa, in 20 distretti rwandesi, ha messo in evidenza un fenomeno piuttosto preoccupante circa la diffusione della droga fra la gioventù del paese:  il 52,5 per cento dei giovani in Rwanda ha fatto uso di  droghe almeno una volta nella vita e il 92,7 per cento di questo campione continua nell'uso. L'indagine denuncia, inoltre, che il primo incontro con la droga avviene già a partire da 11 anni di età. In un'intervista al The Sunday Times che riporta la notizia,  il segretario esecutivo della Commissione nazionale per l'infanzia, Zaina Nyiramatama, ha detto che l'abuso di droga, a cui si aggiunge anche l'abuso di alcolici, è una grande minaccia e un grave problema tra i giovani, anche quelli che per età sarebbe più corretto definire bambini. La tossicodipendenza e l'alcolismo tra i giovani e gli adolescenti innesca una serie di problemi  quali: difficoltà scolastiche, alterazione della salute mentale, disadattamento sociale con frequenti forme di violazione della legge, sin dalla prima adolescenza.   Secondo il capo dell'unità di polizia anti narcotici, il sovrintendente Emanuele Ngondo, il fenomeno della diffusione della droga si concentra nella fascia di età  tra i 18 e i 35 anni, interessando particolarmente gli studenti; infatti, su  3.384 persone arrestate lo scorso anno per spaccio e consumo di droga, ben 2.566 erano di età compresa tra i 18 ei 35 anni, pari al 76 per cento. Un altro dato che fa riflettere è  che il 22,6 per cento di tutti i pazienti che, lo scorso anno, hanno fatto ricorso alle cure dell'ospedale psichiatrico di Ndera, denunciavano problemi mentali causati dal consumo di droga. Come si vede siamo in presenza di uno scenario ad un tempo sorprendente e drammatico, a cui le autorità dovrebbero mettere mano prima che il contagio si diffonda.

venerdì 7 dicembre 2012

Terrazzamenti a Rushaki

 Sono stati  ultimati i lavori di terrazzamento di due ettari di collina nella parrocchia di Rushaki. I lavori, finanziati dall'ass. Kwizera, sono stati effettuati dalla popolazione locale sotto la guida di un tecnico. Sono ora disponibili terreni per le coltivazioni agricole; si pensa di seminare patate. Per iniziare le nuove coltivazioni, l'ass. Kwizera concederà un prestito,  rimborsabile senza interessi, che consenta l'acquisto delle patate da semina e dei fertilizzanti necessari per la messa a coltura dei terreni. Al primo raccolto il prestito potrà essere rimborsato e quindi nuovamente reinvestito in zona per finanziare nuove iniziative che la parrocchia intenderà programmare.
 

mercoledì 5 dicembre 2012

Motu proprio papale: focus sulle le attività caritative e di volontariato

E' stato pubblicato sabato scorso ed entrerà in vigore il prossimo 10 dicembre, il Motu proprio «De Caritate Ministranda”, in cui intervenendo sulle attività caritative delle organizzazioni cattoliche impegnate a vario titolo in campo sociale, Benedetto XVI detta alcune regole di comportamento per operatori e vescovi al fine di«impedire che attraverso le strutture parrocchiali o diocesane vengano pubblicizzate iniziative che, pur presentandosi con finalità di carità, proponessero scelte o metodi contrari all’insegnamento della Chiesa». Richiamandosi a quanto già sottolineato nell'enciclica Caritas in veritate, il Papa ribadisce che «il servizio della carità è una dimensione costitutiva della Chiesa ed è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza».Ma l’attività caritativa della Chiesa”, evidenzia il Pontefice, “deve evitare il rischio di dissolversi nella comune organizzazione assistenziale, divenendone una semplice variante”. “Pertanto, nell’attività caritativa, le tante organizzazioni cattoliche non devono limitarsi a una mera raccolta o distribuzione di fondi, ma devono sempre avere una speciale attenzione per la persona che è nel bisogno e svolgere, altresì, una preziosa funzione pedagogica nella comunità cristiana, favorendo l’educazione alla condivisione, al rispetto e all’amore secondo la logica del Vangelo di Cristo”.In particolare, per quanto riguarda l'attività delle tante organizzazioni cattoliche impegnate nei più svariati campi, compreso, per quel che ci riguarda, anche quanto fatto da tante Onlus a favore dei paesi in via di sviluppo, il documento formula una raccomandazione quanto mai opportuna, visti certi apparati faraonici e certi budget per la comunicazione di talune organizzazioni, ai vescovi di vigilare «affinchè stipendi e spese di gestione, pur rispondendo alle esigenze della giustizia e ai necessari profili professionali, siano debitamente proporzionate ad analoghe spese della propria curia diocesana».

martedì 4 dicembre 2012

Situazione di stallo a Goma

 Mentre un rapporto stilato da esperti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, reso noto dalla AFP e da Jeune Afrique, attribuisce al Rwanda e all'Uganda un ruolo attivo in affiancamento ai ribelli del Movimento M23 nella conquista della città di Goma, attraverso il sostegno militare diretto da parte dei rwandesi e logistico da parte degli ugandesi, gli stessi ribelli hanno deciso  autonomamente di lasciare la città.  In attesa che il  governo congolese faccia conoscere la propria disponibilità a riprendere i colloqui di pace, i combattenti  dell’M23 hanno ripiegato a soli  quattro kilometri da Goma,  lasciando la città in mano ai soldati dell'ONU ( Monusco) e ad alcuni reparti della polizia congolese affiancati da un contingente di settecento soldati governativi. Di fronte a un diniego delle autorità congolesi ad accogliere la loro richiesta, i ribelli hanno però fatto sapere che sono  pronti a riprendersi Goma. La partita  continua.
 

lunedì 3 dicembre 2012

Ma qual è il prezzo del coltan?

Con la crisi del Kivu sempre all'ordine del giorno, il  coltan è ritornato protagonista dei servizi giornalistici che raccontano l'evolversi della crisi. Coltan  (contrazione di columbo-tantalite) è il nome comune con cui   si designa un minerale composto da  columbite-tantalite, ad alto tenore di tantalio, di cui si trovano importanti giacimenti nell'est della Repubblica Democratica del Congo.
E' proprio il tantalio la componente che entra nella fabbricazione di condensatori e di alcune resistenze ad alta potenza utilizzati nella telefonia mobile, nei computer e nella componentistica automobilistica e, in campo medico, nella produzione di strumenti chirurgici e di protesi.
L'estrazione del coltan, che si trova in natura sotto forma di roccia, pietre e sassi che verranno poi ridotti a sabbia nera,  e il suo commercio, analogamente a quello di altri minerali preziosi, ha significative implicazioni etiche e politiche sulla vita sociale del territorio d'origine. Infatti, la sua estrazione avviene, per lo più illegalmente e  con lo sfruttamento di manodopera spesso minorile, mentre il suo commercio, tramite canali per la gran parte non ufficiali, è fonte primaria di autofinanziamento dei numerosi gruppi paramilitari e di guerriglia che operano nel Kivu, di arricchimento della burocrazia e dei politici congolesi e dei due paesi confinanti.
Nelle cronache giornalistiche si fa riferimento a un prezzo del coltan che potrebbe raggiungere anche i 500 dollari al kilogrammo, in tal senso avevamo anche risposto ad un commentatore in un recente post.Approfondendo l'argomento, emerge come il prezzo del coltan, in quanto  materiale di base da cui si ricava appunto la tantalite e da quest'ultima  il tantalio, fa riferimento al prezzo di questo minerale che ha un proprio prezzo nelle transazioni  internazionali.
Tabella 1
Il tantalio puro, come evidenziato dalla tabella 1, è scambiato attorno ai 500 dollari Usa al kilogrammo, mentre la tantalite  a 130 dollari la libbra, pari a 286 dollari al kilogrammo.Il valore del coltan è determinato dalla quantità di tantalite  contenuta nel minerale base, che mediamente si aggira attorno al 30 per cento, conseguentemente siamo a un prezzo di circa 90 dollari per kilogrammo.Secondo dati ufficiali della Banca nazionale rwandese, il Rwanda ha esportato il coltan, nel corso del primo semestre del  2012, a un prezzo medio di 43,55 dollari  il kilogrammo. Siamo in presenza di un prezzo all'ingrosso e di un prezzo riferito all'export, che  potrebbe scontare   qualche forma di pagamento collaterale, pratica commerciale abbastanza diffusa sul mercato delle materie prime, in particolare di quelle provenienti dal continente africano.Per finire, segnaliamo un nostro precedente post sull'argomento in cui si trovano i link a  tre interessanti reportages sul ciclo di vita del coltan.  
 

sabato 1 dicembre 2012

Attualita' di una spy story di Le Carré sul Kivu

“Un solo Kivu, Salvo figlio mio…In pace con se stesso, sotto la bandiera del Congo, con la benedizione del Signore…Libero dalla peste  dello sfruttamento straniero, ma disposto ad assorbire coloro che vogliono sinceramente condividere il dono divino delle sue risorse naturali e l’illuminazione della sua gente…Prego solo che tu viva abbastanza a lungo da vedere l’alba di quel giorno, Salvo, figlio mio.”Questo l’auspicio che Salvo, il “Figlio del peccato" di un missionario irlandese e di una ragazza congolese, porta con sé, dopo una sofferta infanzia trascorsa in un istituto religioso nella provincia del Kivu, e poi nella sua adolescenza in Inghilterra, dove ha perfezionato i suoi studi e si è  sposato con una giovane giornalista in carriera.Bruno Salvador,  detto Salvo,  è il protagonista di un romanzo, Il canto della missione, ed. Mondatori 2007, del noto scrittore di spy story, John Le Carré, dove il Kivu e il suo tragico destino fanno da sfondo all’intera storia. A ventotto anni, Salvo è uno stimato e richiestissimo interprete di lingue africane, delle quali conosce le più sottili sfumature, e sono in molti a richiedere i suoi servigi, compreso il governo britannico e le sue agenzie, sevizi segreti compresi. E' proprio per conto di  questi che viene coinvolto in un summit segreto, che si tiene in una sperduta isola del Mare del Nord, tra un leader africano che intende realizzare un colpo di stato nel Kivu e tre signori della guerra che dovrebbero supportare il colpo di stato: un esponente dei banyamulenge i tutsi congolesi, un altro dei  mai mai e il terzo un ricco signore, educato in Francia,  esponente degli imprenditori di Bukavu.Facendo da interprete,  durante gli incontri ufficiali,  ma soprattutto origliando anche le confidenze  che i protagonisti si scambiano, off the record, utilizzando di volta in volta le lingue locali - il kinyamulenge piuttosto che il kinyarwanda, lo shi o lo swahili- convinti che nessuno li possa capire, Salvo  apprenderà  i reali obiettivi del summit. La presa del potere da parte del nuovo  leader, oggetto ufficiale del summit, non  è altro che la copertura che serve ad un consorzio straniero per appropriarsi delle ricchezze della zona. Questa scoperta cambierà l’esistenza  di Salvo che, una volta rientrato  a Londra dal  summit,  in uno slancio idealistico, tenta il tutto per tutto per sventare le trame dei protagonisti del summit che getterebbero nella guerra civile la sua terra d’origine relegandola a un destino ben lontano dal sogno del vecchio padre.Pagherà di persona questo suo impegno civile, in compenso il colpo di stato programmato non avrà luogo.Al di là di un finale che lascia un po’ di amaro in bocca, il romanzo potrà essere gustato da chi conosce un po’ i luoghi e la storia di quella travagliata zona ai confini tra Rwanda e Congo.

venerdì 30 novembre 2012

Censimento 2012: i rwandesi sono 10.537.222

Da The New Times
 Secondo le prime elaborazione dei dati del quarto censimento della popolazione, tenutosi nell’agosto scorso, la popolazione del Rwanda è di 10.537.222 abitanti, rispetto agli 8.128.553 del 2002, con un tasso annuo di crescita della popolazione pari al 2,6 per cento, in calo dal 2,9 per cento di dieci anni fa. Le donne costituiscono 51,8 per cento della popolazione totale, in diminuzione rispetto a circa il 53 per cento dieci anni fa. Tuttavia, a Kigali, gli uomini superano le donne, con un rapporto di 104 uomini per 100 donne. Stando ai risultati provvisori, la Provincia orientale è la regione più popolosa, con oltre 2.600.814 persone, mentre la città di Kigali ha ormai 1.135.428 abitanti, con un tasso di crescita annua del 4,0 per cento. La Provincia orientale ha anche il più alto tasso di crescita della popolazione con il 4,3 per cento, mentre la Provincia del Nord ha registrato, con un tasso di crescita della popolazione del slo 1,0 per cento, una popolazione di 1.729.927 abitanti. La Provincia del Sud è la seconda regione più popolosa con 2.594.110 persone, con una crescita media annuale della popolazione del 2,3 per cento, mentre la Provincia occidentale ha registrato 2.476.943 persone e un tasso di crescita dell’1,9 per cento.La densità di popolazione è cresciuta da 321 persone per chilometro quadrato nel 2002 a 416 nel 2012, il più alto in Africa e il secondo al mondo dopo la Corea del Sud che ha circa 490 abitanti per chilometro quadrato. Secondo i dati del censimento, Kigali è la regione più densamente popolata con 1.556 persone per chilometro quadrato, mentre la Provincia orientale ha il minor numero di persone che vivono su un chilometro quadrato, con 275 persone. Il Censimento evidenzia altresì come la dimensione media delle famiglie sia di 4,37 membri, che riflette un diminuzione del tasso di fertilità, da 5,5 a 4,6 figli per donna.Secondo gli analisti questi risultati del censimento lasciano intravedere positive prospettive economiche per il paese, con le aspettative di un PIL pro capite in ulteriore crescita.

giovedì 29 novembre 2012

Kivu: l'inutile risoluzione dell'ONU

Il Consiglio  di sicurezza dell'ONU  ha approvato ieri una risoluzione sulla crisi del Kivu per chiedere ai ribelli dell'M23 di deporre le armi e denunciare ancora una volta l'"appoggio esterno" di cui beneficiano i miliziani, senza peraltro nominare il Rwanda. Naturalmente la risoluzione, che ha forse la finalità di ridare un minimo di immagine all'ONU dopo lo squallido spettacolo offerto dai suoi imbelli caschi blu che hanno assistito impassibili alla conquista di Goma da parte dei ribelli dell'M23,   non sortirà alcun effetto; i ribelli lasceranno Goma quando riterranno opportuno farlo, seguendo un calendario che molto probabilmente viene stilato a Kigali. E' inutile nascondersi dietro a un dito; l' agenda della crisi del Kivu è, nei fatti, dettata dal presidente rwandese, Paul Kagame, che deve solo decidere se  prendere tempo fino a gennaio, quando il Rwanda farà il suo ingresso nel Consiglio di sicurezza come membro non permanente o presentarsi a tale appuntamento con qualche novità  acquisita sul campo ( qualche scaramuccia di confine che offra il destro a una reazione non è poi così difficile da mettere in piedi). Di certo a questo punto, Kagame non rinuncerà tanto facilmente, anche grazie ai buoni uffici dei molti sostenitori internazionali su cui puo' contare, al suo disegno strategico di un grande Rwanda che recuperi una qualche forma di sovranità sull'area del Kivu, dove d'altronde  si trovano minoranze rwandesi bisognose di protezione ( giustificazione  che ha precedenti storici non propriamente positivi) e soprattutto ricchezze minerarie da sfruttare.
In caso di risoluzione per via diplomatica della crisi del Kivu una delle strade più facilmente percorribili, di fronte anche alla palese incapacità dle governo congolese di far valere la propria autorità sul territorio, potrebbe essere quella ipotizzata nella lettera aperta al prof. Prodi, oggetto di un nostro precedente post.

lunedì 26 novembre 2012

Lettera pastorale dei vescovi rwandesi per l'Anno della Fede

Dalla Radio Vaticana. Un’esortazione a vivere una vita cristiana basata sulla vera fede: è questo, in sintesi, il contenuto della Lettera pastorale che la Conferenza episcopale del Rwanda ha diffuso in occasione dell’Anno della fede. La missiva sarà letta ufficialmente in tutte le Chiese del Paese il prossimo 2 dicembre, prima domenica di Avvento e data scelta dalle Conferenze episcopali dell’Africa Centrale come Giornata di preghiera per la pace nella regione dei Grandi Laghi. Dopo un’introduzione che ricorda il perché dell’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI per celebrare i 50 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, la lettera pastorale esorta i cattolici a ravvivare la propria fede, a purificarla e proclamarla, affinché i prossimi mesi “diventino una bella occasione per confermarsi nella vita cristiana attraverso una vera conversione”. Dal punto di vista strutturale, il documento dei presuli è suddiviso in tre capitoli: il primo è dedicato al significato della fede cristiana, il secondo ai problemi che contrastano la fede stessa ed il terzo alle direttive specifiche che i vescovi offrono ai cattolici per l’Anno della fede. “Per i cristiani – si legge nella lettera – la fede è una virtù teologale che ci fa credere fermamente in Dio”. Di qui, l’invito dei presuli affinché i fedeli innanzitutto approfondiscano “i dogmi di fede contenuti nel Credo che sintetizza ciò che Gesù ha rivelato attraverso la sua Chiesa” e quindi “li credano e li vivano con convinzione, poiché essi costituiscono uno dei tratti caratteristici dei cristiani cattolici”. Riguardo ai problemi che contrastano la fede, inoltre, i vescovi ne rilevano numerosi, come “l’ateismo professato da alcune persone limitate dai progressi scientifici, tecnologici ed economici; le ideologie che combattono Cristo e la Chiesa con le armi e le idee distruttive o che si oppongono alla natura umana creata ad immagine e somiglianza di Dio, la quale deve, invece, essere rispettata dal concepimento fino alla morte naturale; o, ancora, le ideologie che vogliono distruggere la famiglia basata sull’unione tra uomo e donna o che vogliono condurre ad una vita senza Dio”. Quindi, la lettera pastorale offre alcune direttive per l’Anno della fede, tra cui l’invito ad accostarsi più frequentemente ai sacramenti, a studiare meglio i documenti del Concilio Vaticano II, a vivere maggiormente la fede all’interno del matrimonio e della famiglia, a promuovere la giustizia e la pace, eliminando tutte le cause dell’odio e della violenza legate alle etnie. Infine, la Chiesa del Rwanda esorta i fedeli a fare un pellegrinaggio a Kibeho, luogo delle apparizioni della Vergine Maria. 

domenica 25 novembre 2012

La crisi del Kivu vista dalla stampa italiana

I fatti del Kivu hanno avuto scarsa rilevanza sulla stampa italiana che ha dedicato alla grave crisi qualche breve nella pagina degli esteri.Encomiabile eccezione hanno fatto La Stampa e Avvenire che, nell'edizione di ieri, hanno dedicato  due pezzi che aiutano a districarsi nell'ingarbugliata e tragica vicenda  del Congo con i ben noti risvolti che coinvolgono anche il Rwanda. I due contributi possono essere letti cliccando qui sotto.
Congo, quella sporca guerra del coltan di Domenico Quirico
Oro, Cina e mire espansionistiche L'intricata e tragica matassa del Congo di Giulio Albanese

venerdì 23 novembre 2012

Distribuite 250 divise scolastiche nella scuola di Kintu nella parrocchia di Nyagahanga


Gli alunni e le alunne della scuola primaria di Kintu, nella parrocchia di Nyagahanga, posano dopo aver ricevuto le divise scolastiche realizzate dal laboratorio di cucito del Centro parrocchiale. Grazie al contributo dell'Associazione Kwizera sono state distribuite complessivamente 250 divise.
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martedì 20 novembre 2012

Goma è caduta in mano ai ribelli sotto gli occhi dei caschi blu dell'ONU

L'ANSA ha appena battuto la notizia che i ribelli del movimento congolese M23 sono entrati nella città di Goma e hanno preso il controllo di due posti di frontiera con il Rwanda all'altezza della città di Gisenyi. I guerriglieri sono stati visti marciare a piedi attraverso Goma dopo giorni di scontri con le truppe regolari congolesi.
L'ANSA riferisce altresì che i caschi blu dell'Onu hanno rinunciato a difendere la città.
Qualche fonte riferisce che un certo numero di questi caschi blu che secondo il segretario dell'Onu avrebbero dovuto difendere la popolazione si siano imbarcati su voli per Entebbe in Uganda.Speriamo che in città non si inneschino le vendette che solitamente fanno seguito a questi cambi di potere: sarebbe l'ennesima colpevole défaillance dell'ONU.
 

La crisi del Kivu al dunque, nel disinteresse generale

Osservatori ONU a Goma ( da Jeune Afrique)
Mentre  l'attenzione internazionale è concentrata sulla crisi israelo-palestinese, con un timing perfetto i protagonisti della crisi del Kivu stanno concretizzando le loro strategie. La città di Goma è ormai prossima a cadere nelle mani dei ribelli del gruppo M23, sostenuto dai paesi vicini, dopo essere stata abbandonata da gran parte dei responsabili civili e militari.Nel disinteresse generale, si sta consumando lentamente l'agonia di una popolazione allo stremo alla cui  tutela dovrebbero provvedere, secondo quanto assicurato dal segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, circa  6.700 caschi blu degli oltre 20.000 che formano la forza di pace dell'ONU  dislocata in Congo.Speriamo che non siano, come successo troppe volte, solo osservatori passivi di una tragedia dai contorni difficilmente ipotizzabili.

domenica 18 novembre 2012

Scatta il quarto tour del Rwanda

Oggi prende inizio con una cronoprologo a Kigali  il quarto tour ciclistico del Rwanda che durerà otto giorni, articolato su altrettante tappe per complessivi 890, 3 km e 16.218 metri di dislivello. Sono iscritte 12 squadre di sei corridori ciascuna  per un totale  66 concorrenti, fra cui anche un italiano.
La corsa sarà seguita da La Gazzetta dello sport con un proprio inviato, Marco Pastonesi, che alla corsa rwandese ha già dedicato due interessanti storie, tutte da leggere,  sul proprio blog, Pane e Gazzetta. Ve le proponiamo:
Walt Disney, 45 bici da corsa e il Ruanda
Kwizera, Ibrahim e il Tour of Rwanda
 

venerdì 16 novembre 2012

Smentita l'adesione della Chiesa cattolica rwandese alla lettera contro l'ONU

In merito alla notizia contenuta nel post Crisi del Kivu: diversi i giudizi dei leaders religiosi rwandesi e congolesi , il Segretario Generale della Conferenza Episcopale del Rwanda, Padre Célestin Hakizimana ha smentito, con una lettera al quotidiano cattolico francese La  Croix,   che la Chiesa Cattolica rwandese sia tra i sottoscrittori del messaggio inviato al segretario generale delle Nazioni Unite per contestare la credibilità di un rapporto dell'ONU sul coinvolgimento del Rwanda nella crisi del Kivu. 
Evidentemente eravamo in presenza di un classico caso di disinformazione.

Si riuniscono a Kigali i giovani del Pellegrinaggio di Taizè

Ha preso il via mercoledì a Kigali il “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra”. La capitale rwandese, fino al 18 novembre, ospiterà le diverse migliaia di partecipanti, soprattutto giovani, all’ennesima tappa di quello speciale itinerario di fede ideato da frère Roger, fondatore della Comunità di Taizé. Oltre che dallo stesso Rwanda, numerosissime adesioni sono giunte dagli altri Paesi dell’Africa orientale. Ma sono giunti anche giovani dal Sud Africa, dal Madagascar, dal Sudan, dallo Zambia, dal Malawi, dalla Repubblica Democratica del Congo e rappresentanze anche da Europa, America e Asia. Scopo dell’incontro — spiegano gli organizzatori — è quello «di celebrare Cristo, di andare tutti insieme alle sorgenti della fiducia e di rinnovare l’impegno nella Chiesa e nella società». Soprattutto, però, sarà «l’occasione per i giovani della regione dei Grandi Laghi, dell’Africa orientale e non solo, per vivere un’esperienza di comunione, di condivisione e di riflessione nella vita cristiana in un contesto internazionale e multiculturale, per mostrare il loro impegno per Cristo e nella Chiesa e la loro capacità di intraprendere iniziative concrete per costruire la fiducia e la pace nelle loro comunità e nella loro regione». Dopo il genocidio del 1994, in cui morirono non meno di ottocentomila persone, i rwandesi hanno compiuto sforzi enormi per la ricostruzione e lo sviluppo del loro Paese. Partecipare all’incontro di Kigali sarà dunque anche un segno di fiducia nella riscossa di un intera nazione. «Non andiamo in Rwanda per commentare o giudicare il passato, con discussioni senza fine — spiegano ancora i responsabili della Comunità di Taizé, citati dall’Osservatore Romano — ma per metterci all’ascolto di coloro che ci accolgono e per rafforzare la nostra determinazione e la nostra volontà a impegnarci nella nostra vita. Insieme potremo meditare sulla sorgente della nostra fede, il mistero della morte e risurrezione di Cristo, del suo amore che è più forte del male e della violenza. Incontrare chi ha vissuto il dramma del genocidio del 1994 e le sue conseguenze, coloro che hanno attraversato la sofferenza dura, quelli che hanno lottato per anni per trovare la pace e la libertà del cuore e possono ora affrontare la sfida della riconciliazione nelle loro comunità e partecipare alla costruzione del loro Paese, sarà un regalo unico e un’esperienza di Vangelo”. (Radio Vaticana)

giovedì 15 novembre 2012

Olio di jatropha: scoperta la sua efficacia quale repellente delle zanzare

I nostri quattro lettori si saranno accorti che da un po’ di tempo non parliamo della pianta della jatropha e della sua coltivazione in Rwanda con la finalità di ottenere dai suoi semi olio adatto a un utilizzo come biodisel (vedi post precedenti). Il motivo è molto semplic; da quando sta prendendo campo in Rwanda l’adozione di impianti di biogaz che producono, dalla fermentazione di materiale organico, gas metano per l’utilizzo domestico, come combustibile al posto della legna e come alimentatore di lampade a gas,  ma anche come carburante per elettrogeneratori, si è trovata un’ottima fonte alternativa Tuttavia, una notizia di questi giorni rilancia un possibile interesse ruandese all’jatropha. Infatti, un gruppo di ricercatori del Dipartimento dell’Agricoltura USA, prendendo spunto dall’uso indiano di accendere lanterne alimentate da olio di jatropha per allontanare le zanzare all’imbrunire, hanno  deciso di analizzare se effettivamente questo olio vegetale avesse una particolare efficacia nello scoraggiare gli insetti ad aggredire in prima battuta, le piante. Analizzando il contenuto dell’olio di jatropha i ricercatori sono giunti alla conclusione che i suoi  componenti,  acidi grassi liberi e i trigliceridi,  siano particolarmente efficaci nell’allontanare le zanzare. Da qui al creare un prodotto a base di olio di jatropha per creare un prodotto che respinga le zanzare il passo non dovrebbe essere lungo, pervenendo all’individuazione di uno strumento di prevenzione della malaria.

lunedì 12 novembre 2012

Crisi del Kivu: diversi i giudizi dei leaders religiosi rwandesi e congolesi

La crisi del Kivu, oltre ad aver prodotto migliaia di vittime civili a causa degli scontri fra gli opposti gruppi che si contendono il territorio e aver creato un clima di forte tensione tra i paesi confinanti, rischia ora di innescare un pericoloso focolaio di polemica e contrasto anche a livello religioso. E' di ieri la notizia, apparsa sulla stampa rwandese, che i responsabili religiosi delle varie confessioni presenti in Rwanda - cattolici, protestanti e mussulmani - hanno sottoscritto un documento indirizzato al segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, per rigettare le conclusioni del rapporto degli esperti onusiani che accusano il governo rwandese di sostenere i ribelli del M23 nel Kivu.Nel documento interconfessionale vengono messe in dubbio l'integrità degli esperti che hanno redatto il rapporto, la metodologia impiegata e le conclusioni che sarebbero basate su prove insufficienti, oltre a sottolineare il fatto che si sia proceduto alla stesura del rapporto senza ascoltare la difesa delle autorità rwandesi.Per questo, i responsabili religiosi chiedono che l'ONU abbia l'umiltà e il coraggio di ritirare il documento, prendendo le distanze da quanto scritto dagli esperti, fino a quando non sia stata accertata la verità. Una posizione, quella dei responsabili religiosi, che riprende pari pari la posizione ufficiale del governo rwandese, ma che li mette in chiara contrapposizione con i confratelli congolesi delle rispettive confessioni.Infatti, il 12 luglio scorso, anche i responsabili religiosi delle diverse coffessioni presenti in Congo avevano indirizzato un documento comune al segretario Ban Ki-moon e al Consiglio di sicurezza intitolato «Il popolo congolese esige la repressione dei crimini commessi dal Rwanda nella RDC". Nel documento,molto duro ed esplicito, i leader religiosi evidenziavano come, nel corso degli ultimi due decenni, vi siano state in Congo numerose violazioni dei diritti umani, migliaia di donne violentate e più di sei milioni di congolesi che hanno perso la vita. Questi crimini, si legge nella petizione, continuano ad essere perpetrati ancora oggi dai ribelli del gruppo M23 con la complicità del Rwanda. Il documento interconfessionale era stato preceduto da una presa di posizione dei vescovi cattolici congolesi così riassunta dall'Agenzia Fides del 10 luglio 2012 " i vescovi denunciano “l’occupazione irregolare del nostro territorio”, e riaffermano l’unità del Paese secondo le frontiere stabilite nel 1960, anno dell’indipendenza nazionale. “L’integrità del territorio nazionale non è negoziabile” affermano i presuli. I Vescovi invitano i responsabili politici e i cittadini congolesi ad un “sussulto patriottico per non essere complici di questo macabro piano di disintegrazione e di occupazione territoriale del nostro Paese”.La Conferenza Episcopale Congolese (CENCO) si rivolge a tutti i congolesi in patria e all’estero, perché si mobilitino per bloccare il piano di divisione del Paese. A questo fine la CENCO intende promuovere “azioni concomitanti in tutte le parrocchie della RDC e nelle cappellanie dei congolesi all’estero, per esprimere il nostro rifiuto categorico a questo piano e implorare la grazia della pace”. A questo documento facevano seguito altre prese di posizione molto esplicite dei vescovi cattolici congolesi, anche in mezzo alla gente del Kivu.
Speriamo che i vescovi congolesi e rwandesi che si ritroveranno all'incontro dei vescovi africani che si terrà a Kinshasa, capitale del Congo, dal 20 al 22 novembre p.v. per dibattere su "L'identità e la Missione di carità alla luce dell'enciclica Deus Caritas est", colgano l'occasione per sgomberare il campo da ogni possibile conflittualità, riprendendo le fila di un dialogo per il bene delle loro popolazioni, traendo ispirazione proprio dall'enciclica papale oggetto del loro incontro.

domenica 11 novembre 2012

Il piccolo Rwanda tra i grandi peacekeepers ONU

Il  Rwanda, dal prossimo gennaio uno dei componenti elettivi del Consiglio di sicurezza dell'ONU,  è un importante partner onusiano nelle operazioni di pace  in diverse zone del mondo. Tra i diversi paesi che forniscono proprio personale militare o di polizia a queste operazioni promosse dall'ONU, il Rwanda, con 4.505  uomini, quasi il 13 per cento delle proprie forze armate, si colloca al settimo posto al mondo dopo quattro paesi asiatici (Pakistan con 9.149 uomini, Bangladesh con 9.068, India con 7.889 e Nepal con 4.561 ) e due africani  (Nigeria  con 5.596 uomini ed Etiopia  con 5.882). Attualmente il personale rwandese è impegnato nel Darfour e Sud Sudan, in Somalia,  nella Repubblica Centrafricana e, con un contingente di polizia, ad Haiti. Che cosa spinge un piccolo paese come il Rwanda ad affrontare un simile impegno  - si pensi che l'Italia fornisce  1.172 uomini alle operazioni di peacekeeping dell'ONU anche se ne impegna altri 5.500 in altre operazioni dotto l'egida della Nato o dell'UE - che ha significativi impatti  sulle asfittiche casse governative, visto che gli oneri di tali campagne gravano anche sul singolo paese partecipante alla missione? Naturalmente partecipare alle operazioni di peacekeeping non è tanto un'operazione umanitaria di solidarietà internazionale,  bensì occasione per acquisire visibilità e titoli di credito a livello internazionale, spendibili alla prima favorevole occasione su più di un tavolo e nelle forme più varie. Si acquisiscono meriti presso la superpotenza USA che riesce a presidiare per interposta persona  i focolai di crisi  sul continente africano dove, dopo quanto successo nel  1993   in Somalia ai suoi piloti, sembra non voler più impegnarsi direttamente. Ma è sui tavoli dell'ONU che i crediti possono essere meglio valorizzati. Come sta succedendo proprio in questi giorni con l'Uganda che ha minacciato l'ONU di ritirare i propri contingenti, per la verità estremamente contenuti rispetto a quelli rwandesi, se non verranno ritirati i rapporti onusiani che accusano l'Uganda di essere coivolta nel sostegno al gruppo M23 nel Nord Kivu. Niente più che la riedizioni di quanto fatto dal Rwanda nel 2010, quando l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo rese pubblico il  "DRC: Mapping human rights violations 1993-2003" relativo alle più gravi violazioni dei diritti dell'uomo e del diritto umanitario internazionale commesse tra il marzo 1993 e il giugno 2003 nel territorio della Repubblica democratica del Congo. Un dossier di 574 pagine, redatto in due anni di lavoro, dal luglio 2008 ad agosto 2010, da un'equipe di specialisti. Di fronte all'accusa alle forze armate rwandesi di aver commesso  crimini contro l'umanità configurabili secondo gli esperti onusiani  come potenzialmente  genocididari, Kigali reagì sdegnata per l'accusa e  non esitò a fare ricorso alla minaccia di ritirare tutte le proprie forze  di peacekipping dislocate nei vari teatri di crisi se il rapporto non fosse stato adeguatamente purgato dai riferimenti più imbarazzanti.Sul rapporto fu messa la sordina e il tutto scivolò nell'oblio.

venerdì 9 novembre 2012

Prossima visita di Don Paolo in Italia

Don Paolo Gahutu sarà in Italia, su invito dell'Associazione Kwizera Onlus, dal prossimo 21 novembre. Trascorrerà un primo periodo presso la comunità di Barga e Gallicano, per trasferirsi successivamente in Valtellina per incontrare gli amici della comunità di Grosio. L'ultima parte del soggiorno vedrà Don Paolo in Sicilia in visita alle comunità della zona di Catania, prima di fare ritorno in Rwanda il 19 dicembre. Durante la sua permanenza Don Paolo avrà modo, oltre che incontrare i molti amici italiani, di confrontarsi con i responsabili dell'Associazione Kwizera per la messa a punto dei progetti associativi per l'anno 2013.
Ci piace sottolineare come il viaggio sia stato favorito dal sollecito espletamento della pratica di rilascio del visto di entrata da parte delle autorità diplomatiche italiane:il consolato onorario italiano a Kigali e l'ufficio consolare della nostra ambasciata di Kampala.
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Prestigioso riconoscimento per l'Ingoma Dance Troupe Nshya

La storia inizia a partire dal 2055 quando la drammaturga rwandese Odile "Kiki" Katese, nell'intento di avviare un percorso di riconciliazione dopo la tragedia del 1994, fonda un gruppo femminile, formato da donne di entrambi i gruppi coinvolti nella tragedia rwandese, da avviare all'arte della percussione dei tamburi. Prende corpo l'Ingoma Dance Troupe Nshya.Rompendo con la tradizione culturale rwandese, che storicamente considera preclusa alle donne la percussione dei tamburi, le donne del gruppo di Kiki apprendono l'arte della percussione diventandone, ben presto, delle provette artiste.Il gruppo si afferma in Rwanda e la sua fama va oltre i confini nazionali. Ora arriva un prestigioso riconoscimento americano il premio Common Ground, destinato a chi si è impegnato nella risoluzione dei conflitti, nella riconciliazione e nella costruzione della pace. Ma la storia non finisce qui. Nei suoi viaggi americani la fondatrice Odile Katese riporta in patria l'idea di creare in patria una gelateria sul modello di quella di un suo amico americano. Con il supporto finanziario e di conoscenze tecniche dello stesso amico americano le donne del gruppo danno vita a una cooperativa che, dopo un periodo di formazione per l'acquisizione delle tecniche di preparazione del gelato e il necessario rodaggio, arriva ad aprire a Butare, dove ha sede il gruppo, la gelateria Sweet Dreams, dove trovano lavoro le stesse donne del gruppo.Sweet Dreams è anche il titolo di un documentario che filmmaker americani hanno dedicato a questa esprienza e che è stato presentato presso le Nazioni Unite in occasione della consegna del premio. Il film segue la storia straordinaria di queste donne che emergono dalla devastazione del genocidio per creare un nuovo futuro per se stesse e per lanciare un messaggio di riconciliazione alla comunità rwandese, combinando la riscoperta della cultura nazionale con un'iniziativa di sviluppo.
I video delle esibizioni del gruppo si possono vedere cliccando qui.
Per cominciare.

 

martedì 6 novembre 2012

Non si trova un leader africano degno del Premio Ibrahim per la leadership

Non si trova un ex leader africano che risponda a questi requisiti: essere stato eletto democraticamente, aver trasferito il potere in modo democratico negli ultimi tre anni lasciando un paese  migliore in campo economico, sanitario, scolastico, nello stato di diritto e nel rispetto dei diritti umani. E' questa la morale che si deve trarre dalla mancata assegnazione, per  la terza volta in sei edizioni, del premio Premio Ibrahim per la leadership africana, da riconoscere a un ex leader rispondente ai requisiti sopra richiamati. Il premio, istituito nel 2006 dal miliardario sudanese Mo Ibrahim, creatore anche del noto  Indice Ibrahim che misura il progresso dei paesi africani, mette in palio non solo 5 milioni di dollari (più del triplo dei premi Nobel) da destinare a iniziative umanitarie, ma anche  un cospicuo vitalizio di 200mila dollari l'anno per il vincitore. Pur riconoscendo che “negli ultimi dieci anni, la tendenza generale in tutta la governance africana è positiva, con un netto calo nei conflitti, uno sviluppo economico sostenuto e guadagni significativi nello sviluppo umano", il patron Mo Ibrahim sottolinea altresì che " il nostro indice ha anche mostrato che i progressi economici compiuti arrivano in una situazione di  stagnazione democratica e addirittura di recessione. ..E come dimostra la mancata assegnazione del Premio, non stiamo vedendo il tipo di leadership visionaria che ci aiuti a diventare protagonisti sulla scena mondiale nel ventunesimo secolo".
Chissà se, fra cinque anni,  uno dei leader cui è riconosciuta da molti una leadership visionaria nel continente,  il presidente rwandese Paul Kagame, sarà in grado, alla fine del proprio ultimo mandato costituzionale, di smentire questa pessimistica previsione di mister Ibrahim presentandosi all'edizione 2017 del Premio, con tutte le credenziali richieste ?

domenica 4 novembre 2012

Rassegna stampa


Da La Provincia di Sondrio Settimanale
 
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Rwanda da Google earth:Kibali, il villaggio dei batwa

 
Veduta del villaggio della comunità batwa di Kibali ( al di sotto della strada),
 realizzato dall'Associazione Kwizera Onlus
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venerdì 2 novembre 2012

Le sorgenti del Nilo in Rwanda

Le sorgenti del Nilo (Foto di Y. Miyazaki)
L’individuazione della sorgente del Nilo è stato uno dei grandi tormentoni degli esploratori europei nel 19 ° secolo. Una delle sorgenti del grande fiume si trova nella foresta vergine del Parco Nazionale Nyungwe nel sud-ovest del Rwanda, come attesta il cartello apposto dal governo rwandesee. Come si vede dalla mappa ve ne sono altre. Quella situato in territorio rwandese, forse la più lontana delle sorgenti che alimentano il Nilo, come si può notare dalla mappa riportata qui accanto, si trova in Rwanda. All’inizio, come racconta il giornalista giapponese, Yusaku MIYAZAKI, nel reportage che ha firmato per  The Asahi Shimbun , uno dei più diffusi quotidiani al mondo con oltre 10 milioni di copie giornaliere, è poco più di un rigagnolo largo  solo 30 centimetri che sgorga da sotto uno strato di muschio. Da lì, a 2000 metri d’altitudine in mezzo a  una foresta pluviale sempreverde, ritenuta una della piu' grandi dell'Africa orientale  dove abitano diverse specie animali in particolare uccelli, quell’acqua zampillante percorrerà  6695 km per arrivare a gettarsi nel Mediterraneo, dopo essersi riversata nel lago Vittoria  dove,  nel 1858, l'esploratore britannico John Speke aveva collocato le sorgenti del Nilo. Nel 1898, il  tedesco Richard Kandt, risalendo a ritroso gli affluenti del lago Vittoria,  era arrivato ad individuare la sorgente nella Foresta di  Nyungwe. Secondo  il governo rwandese la conferma che si sia in presenza della sorgente più lontana è venuta da una spedizione internazionale nel 2006; così localmente si comincia a utilizzare commercialmente e turisticamente  il richiamo di paese che ospita le sorgenti del Nilo. Fin qui le notizie fornite dal giornalista giapponese, va tuttavia detto per completezza d’informazione che anche il Burundi avanza qualche titolo in merito, in forza del fatto di ospitare, nel nord del paese sul monte Gikizi, a Rutovu, nella provincia di Bururi, le sorgenti del Gasenyi che diventa poi Kigira, affluente del Ruvyironza che entra nel Ruvubu che unendosi con le acque del Nyabarongo diventa Kagera, nelle vicinanze del confine con il Rwanda, per poi affluire nel lago Vittoria.
 

mercoledì 31 ottobre 2012

Victoire Ingabire condannata a otto anni di prigione

Victoire Ingabire, leader dell'opposizione rwandese, è stata condannata a 8 anni di prigione con l'accusa di terrorismo e di negare il genocidio del 1994. La sentenza è stata pronunciata dal giudice Alice Rulisa, che invece l'ha assolta dall'accusa di "aver invocato un altro genocidio". Nel 2010, di fronte al monumento che commemora le 800.000 persone massacrate durante la guerra civile, Ingabire ha dichiarato che era giunto  il tempo  per ricordare anche le vittime hutu, essendo lei stessa un hutu. Il capo delle Forze democratiche unite non era presente all'udienza e  ha preferito restare nella sua cella, dove ha trascorso gli ultimi due anni della sua vita. I suoi avvocati hanno affermato la loro intenzione di ricorrere in appello. (AGI)
Sull'argomento leggi l'articolo di  Jeune Afrique.

lunedì 29 ottobre 2012

Sanità rwandese in chiaroscuro

Nell'edizione domenicale  de The New Times si leggono due notizie riguardanti la sanità rwandese agli antipodi l'una dall'altra. Da una parte l'editoriale celebra i progressi della sanità rwandese "tra i più spettacolari che il mondo abbia visto negli ultimi 50 anni", con il 91 per cento della popolazione rwandese coperta da un'assicurazione sanitaria obbligatoria, con tre tariffazioni differenti, rispettivamente per i dipendenti pubblici, per i militari e per la popolazione rimanente; "una percentuale maggiore di moltissimi paesi, compresi gli Stati Uniti", rileva compiaciuto l'editorialista. Dal momento in cui è stata introdotta l'assicurazione sanitaria  l'aspettativa di vita  alla nascita è passata da 48 a 58 anni negli ultimi 10 anni,  le morti di bambini sotto i 5 anni si sono dimezzate negli ultimi cinque anni, i morti per malaria sono  scesi di circa due terzi, mentre circa il 70 per cento delle donne rwandesi ora partoriscono in strutture sanitarie a fronte del 10 per cento dell'anno 2000. 
Fa da contraltare a tale celebrazione trionfalistica l'articolo che riporta la notizia che i componenti di una commissione parlamentare - Public Accounts Committee (PAC)-  hanno portato all'attenzione del ministro della sanità, dott. Agnes Binagwaho, la situazione  riscontrata presso il CHUK ( Centre Hospitalier Universitaire de Kigali) , non propriamente un centro di sanità di villaggio. Qui in piena Kigali, ai pazienti, anche quelli  coperti dall'assicurazione sanitaria, viene richiesto di provvedere  a portarsi al seguito parte dell'equipaggiamento sanitario richiesto per il ricovero, compreso il materiale chirurgico in caso di operazione.Secondo uno dei deputati della commissione che ha personalmente fatto un sopralluogo al CHUK non si tratta di casi isolati ma di una prassi diffusa.Unanime è stata quindi la richiesta al ministro di interventi perchè ci sia un miglioramento significativo dei servizi erogati ai pazienti coperti dall'assicurazione. I responsabili dell'ospedale sotto accusa  si sono negati al giornalista che chiedeva conferma di un simile stato di cose che ha creato non poco imbarazzo  al ministro.