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lunedì 29 ottobre 2012

Sanità rwandese in chiaroscuro

Nell'edizione domenicale  de The New Times si leggono due notizie riguardanti la sanità rwandese agli antipodi l'una dall'altra. Da una parte l'editoriale celebra i progressi della sanità rwandese "tra i più spettacolari che il mondo abbia visto negli ultimi 50 anni", con il 91 per cento della popolazione rwandese coperta da un'assicurazione sanitaria obbligatoria, con tre tariffazioni differenti, rispettivamente per i dipendenti pubblici, per i militari e per la popolazione rimanente; "una percentuale maggiore di moltissimi paesi, compresi gli Stati Uniti", rileva compiaciuto l'editorialista. Dal momento in cui è stata introdotta l'assicurazione sanitaria  l'aspettativa di vita  alla nascita è passata da 48 a 58 anni negli ultimi 10 anni,  le morti di bambini sotto i 5 anni si sono dimezzate negli ultimi cinque anni, i morti per malaria sono  scesi di circa due terzi, mentre circa il 70 per cento delle donne rwandesi ora partoriscono in strutture sanitarie a fronte del 10 per cento dell'anno 2000. 
Fa da contraltare a tale celebrazione trionfalistica l'articolo che riporta la notizia che i componenti di una commissione parlamentare - Public Accounts Committee (PAC)-  hanno portato all'attenzione del ministro della sanità, dott. Agnes Binagwaho, la situazione  riscontrata presso il CHUK ( Centre Hospitalier Universitaire de Kigali) , non propriamente un centro di sanità di villaggio. Qui in piena Kigali, ai pazienti, anche quelli  coperti dall'assicurazione sanitaria, viene richiesto di provvedere  a portarsi al seguito parte dell'equipaggiamento sanitario richiesto per il ricovero, compreso il materiale chirurgico in caso di operazione.Secondo uno dei deputati della commissione che ha personalmente fatto un sopralluogo al CHUK non si tratta di casi isolati ma di una prassi diffusa.Unanime è stata quindi la richiesta al ministro di interventi perchè ci sia un miglioramento significativo dei servizi erogati ai pazienti coperti dall'assicurazione. I responsabili dell'ospedale sotto accusa  si sono negati al giornalista che chiedeva conferma di un simile stato di cose che ha creato non poco imbarazzo  al ministro.

 

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