Pagine

domenica 29 dicembre 2013

Quei seicento soldati del 3° battaglione del RPA


L’odierno editoriale de The Sunday Times celebra i 600 membri del 3 ° Battaglione dell'esercito patriottico rwandese (RPA) che vent'anni fa, il 28 dicembre 1993,  entrarono a Kigali nell’ambito degli accordi, sottoscritti tra il FPR e il governo in carica, il 4 agosto 1993 nella città tanzaniana di di Arusha; accordi che avrebbero dovuto porre termine al conflitto in atto dall’ottobre 1990. I seicento uomini presero possesso degli edifici ove attualmente ha sede il parlamento, al tempo conosciuti  come CND, e lì rimasero fino alla primavera del 1994. L’editoriale sottolinea come a venti anni da quella data si assista al mancato riconoscimento "del coraggio e della determinazione" del 3 ° Battaglione la cui memoria rischia di andare smarrita, nel silenzio degli storici locali che non hanno prodotto alcuno studio su quanto fatto da questi combattenti. In effetti, il ruolo di questo consistente contingente militare del FPR è scarsamente conosciuto; anche le ricostruzioni storiche internazionali dell’eccidio del 1994 raramente ne fanno menzione. Lo stesso editoriale non va oltre un generico  riferimento al "ruolo decisivo che il battaglione gioca nella conclusione del genocidio, nonostante fosse colpito  da tutti i lati dall'esercito governativo (ex FAR)". Eppure sarebbe stato interessante conoscere quanti caduti avesse sofferto il contingente e, soprattutto, quante vite avesse messo in salvo.Infatti, seicento uomini, presumibilmente ben addestrati e sotto il comando di un ufficale capace come il col. Charles Kayonga, rappresentavano una variabile non certo insignificante nelle dinamiche dei fatti della primavera del 1994; quindi, come auspicato dall’editorialista,  sarebbe importante, per una completa ricostruzione storica, colmare questa lacuna. 

sabato 28 dicembre 2013

Gli auguri di buon anno dall'Associazione Kwizera

Care amiche, cari amici,
un altro anno volge ormai al termine e con esso si va concludendo la stagione associativa di cui volentieri rendiamo conto ai tanti amici che ci seguono con simpatia e ci sostengono con il loro aiuto. Pur in un contesto congiunturale non facile, che riverbera i propri effetti sulle finanze di ognuno di noi, obbligandoci a volte a rivedere  gli stili di  vita a cui eravamo abituati, non è venuto meno il sostegno generoso dei nostri benefattori che ci ha consentito di portare a termine diverse iniziative, magari singolarmente di non  particolare rilievo come a volte nel passato, ma che nel loro insieme testimoniano di un’attività associativa fruttuosa.
Sono proseguiti il Progetto adozioni, pur fra qualche criticità, così come il Progetto Mikan i cui sviluppi estremamente positivi, siamo ormai alle 2000 famiglie coinvolte, ne fanno un modello d’intervento particolarmente efficace e apprezzato. Nel corso dell’anno abbiamo finanziato la realizzazione di otto impianti di biogas in altrettante parrocchie della diocesi di Byumba. Non sono mancati interventi economicamente più contenuti, come il sostegno alla mensa per i bambini bisognosi della parrocchia di Nyagahanga e all’asilo Carlin  di Kagera, ma con importanti ricadute su un numero significativo di famiglie bisognose.
Per il nuovo anno intendiamo proseguire, sempre a piccoli passi, coltivando i progetti in essere e lanciandone di nuovi. Verrà promosso il Progetto JMV che prevede l’istituzione di Borse di studio per studenti bisognosi e meritevoli del Petit Seminaire di Rwesero e il Progetto Amazi, acqua in lingua locale, per finanziare la realizzazione di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana nelle comunità locali rwandesi. Siamo confidenti che chi ci ha seguito in questi anni continui a sostenerci e faccia conoscere l’attività associativa nella cerchia dei propri amici, ampliando il numero dei sostenitori che concorrono ad alimentare l’opera di solidarietà a favore degli amici rwandesi.
 Con questi auspici guardiamo al nuovo anno con fiducia, certi di poter contare sulla vostra amicizia e vicinanza per continuare,  insieme,  un nuovo  tratto di cammino sulla strada della solidarietà.
Grazie per quello che avete fatto e ancora farete.
A tutti giunga un cordiale augurio per un felice 2014. 

martedì 24 dicembre 2013

Auguri

 
Noheli Nziza

Buon Natale


sabato 21 dicembre 2013

I vescovi rwandesi in merito al programma Ndi umunyarwanda


Anche i vescovi cattolici rwandesi faranno conoscere la propria posizione in merito al  programma  “Ndi umunyarwanda” ( Sono rwandese). Il tema è stato affrontato, infatti, durante l’ultima seduta della Conferenza episcopale rwandese, tenutasi dal 10 al 13 dicembre, al cui esito un comunicato informa che “ l’aiuto che la Chiesa cattolica può donare al Governo rwandese e soprattutto alla Commissione nazionale per l’unità e la riconciliazione è di pubblicare le buone e utili conclusione del “Sinodo sulla questione etnica rwandese”.
Nello stesso comunicato si fa peraltro rilevare che “Nel programma  “Ndi umunyarwanda, parlando della storia della Chiesa in Rwanda, ci sono affermazioni negative e gratuite che arrecano pregiudizio alla Chiesa. Così, si è presa la decisione di pubblicare alcuni dei documenti sovente mal utilizzati per i non iniziati”.

martedì 17 dicembre 2013

Makuza dynasty: una storia rwandese

Anastase Makutza: chi era costui? Così era titolato un post it apparso  a pag 96 del libro Kwizera Rwanda, in cui si riportava questa breve storia: “Si tratta di un ex seminarista che si laureò nel 1955 in Congo, in scienze politiche e amministrative. Fu il primo rwandese a conseguire un titolo universitario. Forte di questa laurea si mise a cercare un posto di lavoro, possibilmente all’altezza dei suoi studi. Le sue domande di entrare nell’amministrazione statale o in altri posti pubblici non furono prese in considerazione. Dopo molto affannarsi, arrivando a cercare lavoro anche in Burundi, finalmente trovò un posto di …..dattilografo in un ufficio governativo di Kibuye e nel 1957 fu promosso assistente amministrativo e quindi trasferito a Kigali. Anastase Makutza era hutu”. La notizia ripresa da John Reader: Africa, ed Mondatori, si fermava qui, senza dare ulteriori informazioni su come fosse successivamente evoluta la storia di Anastase.La curiosità ci è tornata leggendo un recente notizia, di cui riferiremo più avanti. In realtà, da quei primi difficili passi nel mondo del lavoro Anastase Makuza, questo è il cognome corretto, ne ha fatta di strada. Dapprima lo troviamo, alla fine degli anni cinquanta, collaboratore  del rappresentante dell’amministrazione coloniale belga, Louis Jaspers,  che dimostra di apprezzarlo affidandogli  l’incarico di redigere uno  studio sulla storia del paese e sul regime della proprietà fondiaria. Nelle sue memorie, Jaspers parla di Anastase come  « uno degli hutu più illustri » che sarà protagonista, come militante prima del partito Rader e successivamente del partito Parmehutu, degli avvenimenti che porteranno alla nascita della repubblica nel 1959. Sara' ministro della giustizia nei governi del Presidente Grégoire Kayibanda e successivamente diventerà presidente dell’assemblea nazionale rwandese.Al riguardo, le cronache ricordano come non pochi parlamentari nei loro interventi in aula, non avendo molte capacità argomentative, spesso e volentieri,  si rifugiavano dietro la formula liberatoria " a quel che Makuza ha appena detto non ho niente da aggiungere ...", riconoscendo così la sua autorevolezza ed erudizione. Abbiamo trovato anche una nota a margine di uno studio francese, in cui si riferisce che Anastase Makuza, successivamente al colpo di stato del 1973, fu sottoposto a una multa salata “per cambiamento di etnia” e vi si disvelano legami familiari sorprendenti di cui già   il belga Jaspers, nelle sue memorie, aveva dato qualche anticipazione. Infatti, parlando di Anastase Makuza ci informa  del suo fidanzamento “con  una giovane tutsi di alto lignaggio del clan degli Abega da cui tradizionalmente veniva scelta la moglie del Mwami ( il re)”. In una nota, lo stesso Jaspers specifica che la moglie di Makuza era imparentata con la mamma dell’attuale presidente rwandese Paul Kagame. Questo fatto, secondo Jaspers “spiega senza dubbio perché Kagame nominerà il figlio di Anastase suo primo ministro". Il citato documento francese parla apertamente che la moglie di Anastase Makuza fosse sorella della mamma del presidente Kagame. Quando si dice le sorprese che riserva la vita! 

domenica 15 dicembre 2013

sabato 14 dicembre 2013

Progetto Mikan 2000

 
Ecco la documentazione fotografica dell'avvio del gruppo della Parrocchia di Kiziguro, partecipante al Progetto Mikan, che ha permesso di raggiungere l'importante traguardo delle duemila famiglie coinvolte e delle duemila capre distribuite. 
Leggi tutta la storia del Progetto Mikan (clicca qui).

venerdì 13 dicembre 2013

Victoire Ingabire condannata a quindici anni di prigione


L’Agence France-Presse (AFP)   riferisce che l’esponente dell’opposizione rwandese Victoire Ingabire, detenuta dall'ottobre 2010, è stata condannata oggi dalla Corte suprema del Rwanda a 15 anni in prigione, aggravando la condanna di otto anni in primo grado.
La Corte suprema del Rwanda ha confermato la sentenza di condanna del leader per "cospirazione contro le autorità con terrorismo e guerra" e "minimizzazione del genocidio" del 1994, dichiarandola inoltre colpevole di " diffusione  di notizie tendenti a incitare il pubblico alla violenza". La Corte ha assolto l’imputata dall’accusa di "diffondere l'ideologia del genocidio" e di "creazione di un gruppo armato", sostenendo che "le prove disponibili non erano sufficienti a condannare".

Giornata della pace 2014:Fraternità, fondamento e via per la pace

Fraternità, fondamento e via per la pace, questo è il tema della 47a Giornata Mondiale per la Pace, la prima di Papa Francesco.
Un messaggio rivolto a  tutto il mondo, con una validità universale, che assume però anche  valenze particolari all'interno delle singole comunità che compongono questa nostra umanità. Risuona, infatti, forte è il  richiamo ai popoli ricchi, prigionieri della  cultura del benessere, che fa perdere il senso della responsabilità e della relazione fraterna e  fa vedere gli altri come antagonisti o nemici, spesso «cosificati», e i poveri e i bisognosi  come un «fardello», un impedimento allo sviluppo, Alto risuona l'invito del Papa affinchè la globalizzazione dellindifferenza lasci finalmente il posto ad una globalizzazione della fraternità. Un messaggio di speranza viene indirizzato ai popoli che vivono in zone del mondo insanguinate da «conflitti che si consumano nell’indifferenza generale». Il Papa sottolinea che «gli accordi internazionali e le leggi nazionali, pur essendo necessari ed altamente auspicabili, non sono sufficienti da soli a porre l’umanità al riparo dal rischio dei conflitti armati. È necessaria una conversione dei cuori» che porti alla riconciliazione nella fratellanza. All'interno dei singoli stati poi,   deve instaurarsi un clima che consenta ai cittadini di "sentirsi rappresentati dai poteri pubblici nel rispetto della loro libertà", evitando che  tra cittadino e istituzioni, si incuneino "interessi di parte che deformano una tale relazione, propiziando la creazione di un clima perenne di conflitto».

giovedì 12 dicembre 2013

La starlette che passa il Natale in Rwanda per vedere.... tigri e orsi

Una certa (per il vostro blogger)  Mel B., ex cantante delle Spice Girls, starlette di qualche rinomanza visto lo spazio che si è conquistata sui media, ha deciso di passare le feste natalizie in Rwanda insieme ai figli Phoenix (14 anni) e Angel di 6 ed al marito. Nel paese delle mille colline,  dovrebbero essere ospiti  del presidente Paul Kagame dei cui figli la starlette dice di essere amica " perché vivono a New York e sono delle persone adorabili e ci hanno invitato”. La molla che ha convinto i figli della cantante a questo viaggio esotico è stata la promessa che in Rwanda avrebbero visto  "leoni, tigri ed orsi".I figli hanno accettato, sembra con entusiamo.Il problema ora  è fargli vedere tigri e orsi nel parco dell'Akagera!
Un bel problema anche per gli importanti ospiti rwandesi.

La notizia è apparsa sui media internazionali, ma anche su The New Times, dove qualche lettore non ha mancato di  sbertucciare la starlette per la sua pretesa di incontrare tigri e orsi in Rwanda.

lunedì 9 dicembre 2013

La comunità di Grosio rinnova il proprio sostegno all’asilo Carlin di Kagera

L'asilo Carlin
L’asilo di Kagera in Rwanda, intitolato a Carlin, il compianto Carlo Rodolfi, ha trovato nella comunità grosina uno sponsor   generoso che, dopo averne sostenuto, unitamente ad altri benefattori coordinati dall'Associazione Kwizera, la realizzazione, lo ha nei fatti adottato facendosi  carico degli oneri della sua gestione, che la parrocchia di Nyagahanga, a cui fa capo l’asilo, non sarebbe in grado di sostenere. Già dallo scorso anno, infatti, grazie alla generosità dei grosini, l’asilo ha potuto disporre dei fondi necessari per il suo funzionamento. In particolare, è stato garantito lo stipendio   delle tre maestre che hanno in carico i 109    bambini che frequentano l’asilo; si tratta di uno stipendio pro capite che ammonta a poco più di venti euro mensili, quanto guadagna un agricoltore. Anche per il nuovo anno scolastico che inizierà a gennaio, l’asilo Carlin potrà contare sul sostegno grosino. Infatti, con la bancarella organizzata dai ragazzi dell’Azione cattolica grosina, il giorno dell’Immacolata,   sono stati raccolti fondi sufficienti  a garantire lo stipendio alle brave maestre e di mettere in campo anche altre iniziative.  La risposta generosa dei grosini permette, infatti, di realizzare un auspicio espresso da don Paolo Gahutu, promotore di questa splendida iniziativa quando era parroco di Nyaghanga,  in occasione dell’ultima missione estiva dei volontari dell’associazione Kwizera, quando, aderendo alla sollecitazione dei genitori, aveva avanzato la proposta di fornire ai bambini un  pasto a  mezzogiorno. Usualmente nelle campagne si mangia qualcosa al mattino e un pranzo a base di riso, fagioli e verdure alla sera, quindi il pranzo di mezzogiorno non è previsto; il problema è che molti di quei bambini spesso non trovano una cena adeguata nelle rispettive famiglie. Kagera si trova, infatti, nel profondo della campagna del Rwanda, zone dove capita ancora di imbattersi in qualche caso di denutrizione, evidenziato dalle pance gonfie dei bambini. Per questo motivo, Don Paolo si propone di fornire una scodella di una specie di semolino, fatto di farina di soia, sorgo e mais, con un buon   valore nutrizionale, a ciascuno di questi bambini. Si rende quindi   necessario approntare anche un posto di cottura e acquistare il materiale necessario: pentolame e tazze. I fondi che avanzeranno potranno servire per  la realizzazione di qualche divisa scolastica per i bambini, piuttosto che per gli interventi di minuto mantenimento della struttura, affinchè  si mantenga nel tempo resistendo, non tanto alle intemperie, quanto piuttosto all’inevitabile usura prodotta dalle cento piccole pesti che la frequentano quotidianamente. 

Richiamo al ministro per la scarsa diffusione degli impianti di biogas

Un impianto in fase di realizzazione
Sembra che l’Associazione Kwizera, con dieci impianti di biogas realizzati nella diocesi di Byumba, sia tra i principali sostenitori del progetto governativo di diffondere l’utilizzo del biogas come energia alternativa al consumo della legna. Infatti, leggiamo che il Senato ha formalmente richiesto al Ministro competente di spiegare come mai il progetto proceda così a rilento, come evidenziato dall’inchiesta condotta da un’apposita commissione che ha altresì denunciato la mancata realizzazione degli impianti negli edifici pubblici, a partire dalle  scuole. Tra le motivazione che vengono addotte per giustificare la scarsa diffusione degli impianti, soprattutto tra le famiglie, la commissione ha segnalato l’alto prezzo di ogni impianto sottolineando come 810.000 Frw, pur scontando un contributo governativo di 310.000 Frw, sia troppo alto per una famiglia. In realtà dobbiamo segnalare che il costo medio di un impianto di dieci metri cubi, del tipo di quelli finanziati dall’associazione Kwizera, supera anche se di poco i 2 milioni di Frw. Quindi è probabile che il prezzo segnalato dalla commissione sia piuttosto sottostimato: 800.000 Frw era il prezzo preventivato nel 2010, all’avvio del progetto biogas. Si tratta comunque di un prezzo non certo alla portata di una singola famiglia. Quando  poi  il ministro dovrà difendersi dalle critiche senatoriali che impietosamente gli evidenzieranno questi dati - 5 impianti su oltre 7.000 famiglie, nei settori di Nyarugenge, di Kanyinya a Kigali, 8 impianti su  10.000 famiglie nei settori di Gahanga e Masaka nel quartiere di Kicukiro,  32 impianti nel distretto di Nyagatare, con una popolazione complessiva di 11.405 famiglie, per finire l’unico impianto nel distretto di Nyabihu settore Kabatwa, con 31.944 famiglie - potrà sempre citare le10 realizzazioni dell’associazione Kwizera.

domenica 8 dicembre 2013

Kigali sempre piu' hub congressuale continentale

Il progetto di fare di Kigali il polo congressuale se non dell'intero continente africano, almeno del centro Africa, si va via via concretizzando, alla luce dei numeri che il turismo congressuale evidenzia.Non passa settimana, infatti,  che la capitale rwandese non ospiti una riunione coinvolgente congressisti provenienti dall'intero continente per partecipare a symposium sulle piu' svariate materie, da quelle politiche istituzionali, a quelle economiche e scientifiche. Kigali beneficia della centralita' geografica, dei buoni collegamenti aerei, almeno 5 compagnie aeree extra africane che vi fanno scalo ( KLM, Qatar, Emirates, Turkish Airlines e Brussels Airlines) oltre a Kenya Airwais ed Ethiopian, dell'alto  livello di sicurezza che le autorita' locali sono in grado di garantire, ben al di sopra di qualsiasi altra citta' africana, ma soprattutto dalla ricettivita' alberghiera già di buon livello, con  2000 posti letto nella capitale che a breve dovrebbero raddoppiare. Sono, infatti, in  fase di realizzazione il Marriot Hotel con circa 250 camere, il Radisson Hotel con altre 290 camere, più altri hotel in fase di costruzione  per ulteriori 1.500 posti letto. Anche se attualmente la capitale dispone di sale in grado di ospitare anche 1500 ospiti, il vero salto di qualita' verso l'affermazione di  primario hub congressuale centro africano avverra' quando sara' ultimato il Kigali Convention Center, un complesso che comporta un investimento di 300 milioni di dollari. A regime il KC Center potra' contare su un hotel a cinque stelle con 292 camere, un centro congressi con una capienza di 2.600 posti, divisibile in sette sale conferenze, e 10 sale riunioni più piccole. A quel punto il turismo congressuale e fieristico potrebbe diventare una delle maggiori realta' economiche del paese.Il turismo nel suo complesso, con   664.729 visitatori da inizio anno, a fronte dei 583.096 dello stesso periodo dello scorso anno, e' la principale fonte di valuta estera del Rwanda  con $ 142.5milioni entrati nel primo semestre di quest'anno rispetto a $ 128.4milioni dello stesso periodo dello scorso anno. 


venerdì 6 dicembre 2013

La lezione di Mandela valida anche per il Rwanda

Si e' spento ieri, all'età di novantacinque anni, Nelson Mandela lo storico leader sud africano.La sua storia e' rivissuta in questo articolo di Anna Bono su La Nuova Bussola Quotidiana. Il lettore vi trovera' più di uno spunto di riflessione che puo' essere utilmente applicato anche alla realta' rwandese. Al di la' della comprensibile corsa a farne un'icona a propria immagine e somiglianza, come fa anche il presidente rwandese in un suo ricordo su The New Times  resta  la sua lezione di uomo politico, " con un'immagine discreta, misurata e integra", che ha agito per il bene del suo popolo,  perseguendo un reale percorso di pace e di riconciliazione, rifuggendo dalle vendette anche dopo 27 anni di carcere, mai abusando del proprio carisma, che ha conservato fino alla fine, trattando con il giusto distacco il potere, come dimostra la sua rinuncia a un secondo mandato presidenziale.
Evidentemente non gli serviva un mandato in più per passare alla storia.


martedì 3 dicembre 2013

Corruption Perceptions Index-CPI 2013: l'Italia venti posizioni dietro il Rwanda

Mappa CPI
Domani immancabilmente qualche giornale italiano titolerà che il grado di percezione della corruzione nel settore pubblico e politico colloca l’Italia ben venti posizioni dietro il Rwanda, solitamente preso come termine di confronto non propriamente esemplare. Infatti, il Corruption Perceptions Index-CPI 2013, l’indice di Transparency International, vede l’Italia al 69° posto nel mondo, con un punteggio di 43/100 e il Rwanda al 49° posto con un punteggio di 53/100, pari a quello dell'anno precedente quando occupava il cinquantesimo posto. Trattandosi di un indice sulla percezione, le interpretazioni devono tenere conto del fattore “soggettivo”, ma è possibile fare alcune considerazioni generali riguardo alle performance anticorruzione dei due paesi: l’Italia rimane ancora confinata agli ultimi posti in Europa, seguita solo da Bulgaria (77°) e Grecia (80°), ed allo stesso livello della Romania, mentre il Rwanda, un puntino giallo in mezzo a un continente dai colori più scuri, spicca tra i paesi più virtuosi dell’Africa, preceduto solo da Botswana (30°), Capo Verde (41°) e Seychelles (47°). Come d’abitudine, al vertice della classifica mondiale troviamo i paesi del Nord Europa - Danimarca (91/100), Finlandia, Svezia e Norvegia tutte con 89/100 –, oltre alla Nuova Zelanda (91/100), mentre l’ultima posizione è occupata da Afghanistan, Corea del Nord e Somalia (tutti con un misero voto di 8/100).

lunedì 2 dicembre 2013

Le potenzialità dell'acquacoltura nei laghi rwandesi

Impianto di acquacoltura a Muyanza
Attualmente in Rwanda si consumano circa 1,5 chilogrammi di pesce procapite su base annua,  il dato più basso tra i paesi dell’Africa orientale e molto al di sotto di quello dell'Africa subsahariana, che hanno medie stimate  di 6,7 kg e 16.6 kg, rispettivamente. Nonostante i bassi consumi, vengono però importate annualmente circa 10.000 tonnellate di pesce, a cui si aggiungono le circa 17.000 tonnellate di produzione ittica locale registrata  l'anno scorso.Completa il quadro il dato relativo al costo di un  chilogrammo di pesce, che  sul mercato locale ammonta a circa Rwf 4000, il doppio del prezzo della carne rossa.Di fronte a questi dati ben si comprende come cominci ad aumentare l’interesse per questa produzione, tenuto conto che a questi livelli di crescita della popolazione  la domanda di pesce dovrebbe crescere in maniera esponenziale, anche solo per allinearsi al consumo medio dell’area dell’est Africa, fino a raggiungere, nel 2020, un fabbisogno di oltre 100.000 tonnellate di pesce. Per questo, girando nelle campagne, sempre più di frequente ci si imbatte in impianti di acquacoltura, consistenti in grandi stagni artificiali, del tipo di quello rappresentato nella foto riportata qui  sopra che si riferisce a un impianto realizzato dalla parrocchia di Muyanza, in cui vengono allevate tilapie, il pesce maggiormente richiesto localmente. In realtà, i 24 laghi di cui è ricco il Rwanda, per una superficie di circa 1400 chilometri quadrati, con una temperatura dell’acqua ottimale per i pesci, offrono un potenziale spazio di sviluppo dell’acquacoltura che potrebbe essere sfruttato al meglio.Già da ora sono attive iniziative di acquacoltura basate sulla tecnica di allevare il pesce in grandi gabbie posate nell’acqua del lago, che gli acquacoltori locali hanno battezzato 'Kareremba'. La tecnica prevede gabbie galleggianti di varie dimensioni, all’interno delle quali i pesci  vengono nutriti artificialmente fino a quando raggiunta la dimensione desiderata, dopo circa sei mesi, vengono pescati per essere avviati alla commercializzazione. .Attualmente,  dopo il riscontro positivo venuto dalle sperimentazioni attuate sul lago Kivu, la piscicoltura con la tecnica delle gabbie  si sta diffondendo anche sugli altri laghi rwandesi, lago Muhazi compreso.

giovedì 28 novembre 2013

Complimenti USA, con due mesi di ritardo e con qualche riserva, per le elezioni rwandesi

L'antico feeling tra l'amministrazione americana e il presidente Paul Kagame sta vivendo in questo periodo forse i livelli più bassi, da quando nel 1990 gli Usa posero gli occhi su quel promettente ufficiale dell'esercito ugandese, impegnato nei corsi di addestramento a Fort Leavenworth in Kansas, che sarebbe divenuto poi il capo del FPR e quindi, successivamente,  presidente del Rwanda. Negli ultimi tempi, il sostegno, senza se e senza ma, che gli USA hanno garantito, sempre e comunque in questo ventennio, al fidato alleato rwandese ha mostrato qualche incrinatura. Infatti, in questi mesi l'amministrazione Usa ha fatto pervenire a Kigali più di un segnale di non piena condivisione del ruolo che il Rwanda recita nella crisi del Kivu. In quest'ottica, potrebbe essere letto un  fatto, all'apparenza secondario,  ma che nel  linguaggio della diplomazia potrebbe avere un certo significato.Ci riferiamo al comunicato rilasciato dall'ambasciata Usa a Kigali, il 14 novembre scorso. In esso ci si complimenta per il buon esito delle elezioni tenutesi il 16 settembre. Non contenti però di intervenire con due mesi di ritardo, nel comunicato si dice esplicitamente che gli osservatori Usa che hanno seguito le operazioni di voto, svoltesi in modo   pacifico e ordinato,  hanno evidenziato irregolarità potenzialmente in grado di minare l'integrità del voto.  In particolare, ci si riferisce "alla presenza di funzionari locali e della sicurezza in ambienti elettorali, a voti multipli e a schede compilate da  funzionari elettorali locali  in assenza degli elettori". Dopo aver evidenziato che gli osservatori americani non sono stati ammessi ai seggi elettorali nelle fasi di spoglio e di conteggio dei voti, rendendo così impossibile la verifica dell'esattezza del conteggio finale, il comunicato conclude sottolineando che "in elezioni libere, eque e trasparenti, i candidati, i partiti politici, le organizzazioni della società civile e gli  osservatori godono di pieno accesso al processo elettorale. Questo accesso è fondamentale anche per garantire che la volontà del popolo possa essere ascoltata".
 Non propriamente un complimento.

lunedì 25 novembre 2013

Rwanda: premiati i clienti che chiedono lo scontrino fiscale

Non si tratta certo del primo caso al mondo, va comunque segnalata l'iniziativa della  Revenue Authority Rwanda (RRA) , la locale agenzia delle entrate, che ha deciso di premiare  i consumatori che richiedono gli scontrini fiscali,  sorteggiando  25 premi settimanali, inclusi  premi in denaro di Rwf 100, 000, pari a circa 110 euro, tre mensilità di un operaio in campagna. L'iniziativa si propone di favorire l'utilizzo dei registratori di cassa, introdotti a partire dall'anno in corso, incentivando i consumatori a richiedere lo scontrino fiscale. L'amministrazione finanziaria punta in tal modo ad aumentare la base imponibile delle transazioni commerciali e conseguentemente  le entrate. Naturalmente, poiche' ogni mondo e' paese, sono gia' segnalati i casi di  commercianti furbi che emettono scontrini incompleti o con aliquote non corrette.

giovedì 21 novembre 2013

Le Chiese cristiane promuovono un anno per la pace nella regione dei Grandi Laghi

Durerà un anno, a partire dal prossimo 1 dicembre, la campagna di sensibilizzazione promossa dalla Chiesa cattolica e da quella anglicana del Rwanda, del Burundi e della Repubblica Democratica del Congo per la costruzione della pace e la promozione della  riconciliazione nella regione dei Grandi Laghi. L'iniziativa e' stata presentata nei giorni scorsi al Ministro degli enti locali, James Musoni, da una delegazione guidata dal vescovo di Byumba, mons. Servilien  Nzamakawita, di cui facevano parte anche l'arcivescovo  Onesphore  Rwaje  della Chiesa Anglicana del Rwanda, nonché altri esponenti delle Chiese della Repubblica Democratica del Congo e del Burundi. La campagna, denominata "La pace nella regione dei Grandi Laghi", che è sostenuta congiuntamente dalla Chiesa cattolica e dalle Chiese anglicane nei tre paesi, avrà ufficialmente inizio il primo dicembre 2013 a Goma e si chiuderà ufficialmente il  primo dicembre 2014. Non si conoscono ancora i particolari del programma, che il Ministro ha auspicato possa avere strategie definite  e pianificazioni concrete, su cui si articolerà l’impegno a livello di comunità cristiane in questo anno.E’ comunque già prevista  la pubblicazione  di una lettera pastorale congiunta fra le Chiese locali,  cattoliche e anglicane,  del Burundi, Rwanda e Repubblica Democratica del Congo, che verrà letta  in tutte le parrocchie e comunità religiose dei paesi dei Grandi Laghi. Si presume che tale lettera pastorale fornirà gli spunti necessari  perché nelle singole comunità si ricerchino i modi migliori per pervenire a un percorso di riconciliazione e di pace. L’iniziativa delle comunità cristiane si innesta in un momento particolare della pluriennale crisi del Kivu che sembra manifestare qualche timido segnale  che potrebbe evolvere verso più concreti passi sulla via della  pace.   

mercoledì 20 novembre 2013

Sabato il Progetto Mikan a quota 2000

Sabato nella parrocchia di Kiziguro, un gruppo di  venticinque famiglie entrerà a far parte del Progetto Mikan. L’avvenimento riveste un significato particolare in quanto, con il gruppo di Kiziguro, il Progetto Mikan tocca quota duemila. In attesa di documentare la cerimonia di sabato, riportiamo qui di seguito quanto ci scrive Michele, iniziatore con la moglie Anna di questa bella avventura, appena venuto a conoscenza di questo ulteriore sviluppo della sua idea  ( vedi tutta la storia) .

Qualche giorno mi è stato comunicato che siamo arrivati a duemila capre.
Davanti a certe notizie si possono avere diversi approcci e reazioni. Personalmente nella vita di tutti i giorni davanti alla realtà mi pongo sempre in “maniera trina”. Vi spiego :
Il mio primo approccio è sempre inizialmente “comico”, ad esso ne segue uno più prettamente “filosofico” ed infine arriva il terzo che è la perfetta sintesi dei precedenti e che a mio modo di vedere mi consente sempre un punto di vista abbastanza completo ed obiettivo sulla realtà.
Il tutto normalmente avviene nella mia testa nel rapido volgere di pochi secondi.
Alla notizia quindi ho rimuginato un attimo ed ecco cosa ho pensato… 
Duemila, 2000, duemila, DUEMILA, il doppio di mille, il terzo millennio, 1000+ 1000, il millenium bug, duemila, duemila,duemila!!!
Duemila capre sono un’enormità! Duemila capre sono un numero che nemmeno il professor Sgarbi ha mai raggiunto in carriera (le statistiche ufficiali parlano di 1947 “capra” rivolta al malcapitato di turno, dalla prima apparizione televisiva).
Poi ho pensato al progetto Mikan cercando di inquadrarlo in qualcosa di più strutturato.
E allora mi piace immaginarlo come il più grande rizoma vivente.

martedì 19 novembre 2013

I giovani cattolici rwandesi hanno celebrato il loro 12° Forum

I giovani cattolici rwandesi si sono ritrovati, a partire da giovedì 14 novembre, a Ruhengeri per il loro 12 Forum Nazionale, annualmente indetto dalla Conferenza episcopale rwandese.
 Le santa messa  di apertura, concelebrata da un centinaio di sacerdoti provenienti da tutte le diocesi del paese,  a cui hanno assistito  migliaia di giovani provenienti da tutte le diocesi del Rwanda e alcuni paesi vicini , tra cui il Burundi e la Repubblica Democratica del Congo, è stata presideduta dal Nunzio Apostolico in Rwanda, Mons. Luciano Russo e da Mons Servilien Nzakamwita, Vescovo della diocesi di Byumba e Presidente della Commissione Episcopale per la Pastorale Giovanile. Alla cerimonia di apertura erano altresì presenti numerose autorità civili, tra le quali anche il ministro della Gioventù, Jean Philibert Nsengimana che, nel suo indirizzo di saluto, non ha mancato di incoraggiare i giovani ad affrontare il loro futuro con decisisione ed impegno. Nel suo messaggio di sostegno e di incoraggiamento, il nunzio apostolico Mons. Luciano Russo, riferendosi alla Esortazione post- sinodale " Africae munus ha auspicato  un sempre maggior coinvolgimento dei giovani, tesoro e la speranza della Chiesa di domani,  nella vita della società e della Chiesa rwandese. Il programma delle giornate successive si è articolato su diversi interventi fatti di approfondimenti catechistici, tra cui quello del Vescovo Servilien Nzakamwita su " L'Anno della fede: Lumen fidei ", ma anche di testimonianze e dibattiti su argomenti importanti, attinenti la condizione e il ruolo dei giovani. Si è parlato quindi  di aborto e di Aids, ma anche di matrimonio e di impegno dei giovani intellettuali nella  vita pastorale, piuttosto che del ruolo dei giovani in generale sul  fronte del lavoro piuttosto che nella costruzione del Paese. Su quest’ultimo tema era prevista la testimonianza di un personaggio conosciuto della società rwandese, l’imprenditore Gerard Sina, del quale abbiamo in passato raccontato l’affascinante storia umana ed imprenditoriale (vedi post).
La prossima edizione del Forum dei giovani si terrà nella Diocesi di Byumba.

sabato 16 novembre 2013

Passa da un accordo sui minerali la possibile soluzione della crisi del Kivu


Mentre la crisi del Kivu sta evolvendo in un modo imprevisto, almeno  fino a poco tempo fa, con la resa dei ribelli dell’M23 di fronte al deciso intervento dell’esercito congolese, spalleggiato dalle truppe dell’ONU, senza dimenticare l'appoggio politico del Sud Africa e della Tanzania, e mentre molti di chiedono chi e, soprattutto, cosa abbia convinto il presidente rwandese a non intervenire militarmente, a Kigali più prosaicamente si sta discutendo di minerali, cioè dell’inconfessata materia del contendere che muove tutti i protagonisti interessati allo scacchiere congolese. Si direbbe che ci si stia preparando al dopo, quando i campi minerari del Kivu potrebbero essere oggetto di una spartizione di tipo balcanico, piuttosto che di una meno traumatica suddivisione dei diritti di sfruttamento con il coinvolgimento dei paesi confinanti con il Congo, cioè Uganda e Rwanda. Proprio in questi giorni è, infatti,  in corso a Kigali la sesta edizione del Responsible Mineral Supply Chains summit, in cui oltre trecento operatori del settore, provenienti da tutto il mondo, si sono interrogati sul modo migliore per arrivare a una regolamentazione del delicato settore, affrontando anche apertamente il problema del commercio illegale di minerali, con particolare riferimento a quelli provenienti dal vicino Congo, di cui spesso e da più parti il Rwanda è stato additato come uno dei protagonisti. Durante il Summit, il Rwanda, che fa gli onori di casa, ha colto l’occasione per ribattere alle accuse e per dimostrare il proprio impegno a contrastare il contrabbando in essere attraverso le frontiere congolesi, ma anche per riaffermare in maniera decisa il proprio buon diritto a potersi accreditare, oltre che come esportatore dei minerali estratti dal proprio sottosuolo, anche come trader dei minerali congolesi. Attualmente il settore minerario rwandese  impiega più di 35.000 persone e ha prodotto lo scorso anno 8.000 tonnellate di minerali - cassiterite, wolframite e il tantalio, minerale che concorre a costituire il famoso coltan (vedi post) - che hanno consentito ricavi per 136,6 milioni di dollari, dati che, secondo il governo, dovrebbero  aumentare fino  a 18.000 tonnellate e 400 milioni di dollari di ricavi entro il 2017.Per accreditarsi come operatore affidabile, il Rwanda non ha lesinato gli sforzi.E’ stato, infatti,  il primo paese della regione ad attuare la cosiddetta etichettatura dei minerali per consentirne la tracciabilità, altrimenti noto come ITSCi, così come previsto dalla normativa americana, Dodd Frank Act, emanata da Barack Obama, che proibisce l'acquisto da parte delle aziende americane di minerali non rintracciabili, in particolare, di quelli provenienti dalla Repubblica democratica del Congo (RDC). Dopo che, proprio in questo mese, il Rwanda è diventato anche il primo paese della regione a rilasciare un certificato per l'esportazione di minerali, una mossa che dovrebbe consentire la tracciabilità dei minerali per contrastare il commercio illegale di minerali provenienti da zone di conflitti,  si trova ad avere tutte le carte in regola per diventare protagonista nel trading di minerali. Soprattutto, una volta scrollatasi di dosso l’ingombrante etichetta di grande saccheggiatore delle ricchezze del grande vicino ( non per niente una delle vie di Kigali, dove risiedono molti dei nuovi ricchi che hanno fatto fortuna con i traffici transfrontalieri, viene comunemente chiamata Congo street), il Rwanda potrà aspirare di diventare, a pieno titolo, uno dei protagonisti nel commercio dei minerali congolesi, al pari di tutti gli altri operatori internazionali che da anni fanno affari, più o meno lecitamente, nella zona. Forse è questa la cambiale  che qualcuno ha firmato a Kagame per moderarne i propositi interventisti nella crisi del Kivu. Potrebbe essere una possibile e, forse, auspicabile soluzione dell’annosa crisi congolese.

giovedì 14 novembre 2013

Un possibile scoop -il Papa visiterà l’Uganda- offuscato da qualche pregiudizio


Ieri il sito di notizie L’Indro riportava, a firma del suo corrispondente da Kampala, Fulvio Beltrami, la notizia che dallo scorso settembre sono in atto intense attività diplomatiche tra Uganda e Vaticano per programmare un visita ufficiale di Papa Francesco nella Perla d’Africa nel 2014…. La visita sarebbe legata alla celebrazione dei Cinquantenario dei Martiri Ugandesi.” Peccato che la notizia, che se confermata sarebbe un piccolo scoop, venga svilita da una chiave di lettura un po’ troppo appiattita su logiche strettamente politiche, non propriamente nelle corde della Santa Sede, e da una serie di inesattezze che ne offuscano il valore. Partiamo da quei martiri ugandesi il cui cinquantenario della santificazione sarebbe alla base della visita. L’autore ne parla in questi termini  Nel 1886 22 preti cattolici tra cui il bisnonno dell’Arcivescovo Lwanga: Charles Lwanga furono uccisi per ordine del Re dei Buganda Kabaka Mwanga nella località di Namugongo divenuto ora un quartiere periferico di Kampala, la capitale. Il martirio fu causato dalla disobbedienza dei preti ugandesi di eseguire l’ordine del Re Mwanga di abbandonare la fede dei stranieri invasori. I 22 martiri furono uccisi tramite rito tradizionale e i loro corpi dati alle fiamme come segno di profondo disprezzo. Il massacro di Namugongo fu l’episodio più drammatico della resistenza del Regno Bukanda all’imposizione della nuova religione importata dal potere coloniale. Un opposizione inevitabile per il Re Kabaka Mwanga. Il messaggio evangelico minava direttamente la religione animista che autorizzava Mwanga a regnare sui sudditi. ” Per dare una lettura politica dell’uccisione, si trasformano in preti dei giovani e ragazzi cristiani al servizio presso la reggia che non vollero abiurare alla loro fede e soggiacere alle avances di carattere sessuale del re. (En passant non si capisce come, nel caso,  un prete potrebbe essere anche il bisnonno dell’attuale arcivescovo di Kampala). Con tale artifizio si fanno passare questi martiri ( leggi qui la loro storia) come degli strumenti  di “distruzione delle fedi locali e la sottomissione psicologica dei neri a favore delle potenze coloniale”, opera in cui primeggiò “la congregazione belga dei Padri Bianchi, che assunse col tempo elevato prestigio e potere.La congrezione, “ altamente razzista (basta comprendere il significato intrinseco del loro nome Padri e Bianchi)” come l’autore la definisce in un rimando a un suo vecchio pezzo,  non è belga, cioè contigua al paese colonizzatore della zona dei Grandi laghi, bensì fondata in Algeria dal francese mons. C.M.A. Lavigerie , arcivescovo di quella città,  e si chiama dei Padri Bianchi non perché muzungu, bensì per via della lunga tunica bianca  (gandura)  accompagnata dal mantello  bianco  (burnus), tipico elemento dell’abbigliamento maschile  dell’Africa del Nord. Dopo queste due macroscopiche inesattezze, strumentali a sostenere delle tesi preconcette, l’autore arricchisce il proprio pezzo di un’analisi storico-politica  della zona  dei Grandi Laghi, in cui sono frequenti le chiamate in causa della Chiesa, di cui ognuno, leggendo il pezzo, potrà farsi un'idea di come, a volte, si può offuscare uno scoop con qualche pregiudizio di troppo. 

domenica 10 novembre 2013

Mutamenti di un continente, nel bene e nel male:un'analisi di P. Giulio Albanese

Padre Giulio Albanese
Proponiamo l'interessante ed articolata analisi   che Padre Giulio Albanese ha condotto sul suo blog Africana della situazione del continente africano, nel piu' ampio contesto internazionale. Ne esce un quadro che aiuta a comprendere molte delle dinamiche, palesi e nascoste, che stanno animando le politiche delle grandi potenze nei confronti dei paesi africani. Un pezzo da leggere per meglio comprendere quello che sta succedendo in Africa; un'ottima chiave di lettura anche di molti avvenimenti che interessano specifici teatri di crisi.Leggi Mutamenti di un continente, nel bene e nel malecliccando qui

sabato 9 novembre 2013

Il rwandese Donald Kaberuka eletto africano dell'anno 2013

Il rwandese Donald Kaberuka, attuale Presidente dell'African Development Bank Group (ADB), e' stato nominato africano dell'anno 2013 dai media continentali. Il riconoscimento premia in particolare l'impegno profuso nel promuovere il  Fondo Africa 50, strumento per mobilitare il  finanziamento di progetti infrastrutturali nel continente.  
Ma chi è questo rwandese dal 2005 ai vertici dell’African Development Bank Group, dove permarrà fino al termine del secondo mandato nel 2015 ? 
Donald Kaberuka come appare sul suo blog
Attingiamo le notizie su questo figlio del Rwanda a un nostro precedente post dell’agosto  2012. Il signor Kaberuka,  nato il 5 ottobre 1951 a Rushaki nella provinciam di Byumba, ha avuto una brillante carriera nel settore bancario, del commercio internazionale e dello sviluppo. Dopo aver studiato presso l'Università di Dar es Salaam, in Tanzania , e aver conseguito un master e un dottorato in economia presso l'Università di Glasgow, ha lavorato come analista di materie prime a Londra presso Morgan, Grenfell & Co e Rayner internazionale, per poi trasferirsi in Costa d'Avorio , come capo economista per l'Inter-African Coffee Organisation. Una nomina a Segretario di Stato alle Finanze lo riportò in Rwanda e dove, nel 1997, è diventato ministro delle Finanze.  Come ministro  delle finanze e della pianificazione economica tra il 1997 e il 2005 è stato il principale artefice della ricostruzione economica del Rwanda dopo la fine della guerra civile. Ha avviato e attuato importanti riforme economiche e ha introdotto nuovi sistemi di governance strutturale, monetaria e fiscale, ponendo particolare attenzione all'indipendenza della banca centrale del Rwanda. Come si vede un curriculum di tutto rispetto, arricchito dal riconoscimento di africano dell'anno 2013, che potrebbe essere proficuamente messo a frutto per il suo paese di origine per il quale, in un'intervista del 2002, così si esprimeva. 

venerdì 8 novembre 2013

A difesa del Kinyarwanda, lingua nazionale rwandese


Perché dobbiamo difendere gelosamente il Kinyarwanda, è il titolo di un interessante intervento di David Nkusi, uno studioso di patrimonio culturale, comparso sull’odierna edizione de The New Times. Partendo dalla costatazione che “il linguaggio è probabilmente la componente più importante della cultura che normalmente è trasmessa per via orale, l’autore ricorda come “il Rwanda, a differenza di molti paesi in Africa, sia uno stato unito sin dal periodo pre-coloniale, popolato da "Banyarwanda" che condividono un’unica lingua e un unico patrimonio culturale”. Questi due fattori vitali sono essenziali  perché il Rwanda possa, attraverso una cultura condivisa, superare i traumi dei conflitti passati  e avviare un processo di ricostruzione e sviluppo della società rwandese, non solo su basi politiche ed economiche, ma  facendo riferimento anche ad elementi intellettuali, emotivi e morali. “ La salvaguardia di tutti gli aspetti del patrimonio culturale in questo paese, sia materiali che immateriali (musei, monumenti, siti archeologici, musica, arte, lingua e artigianato tradizionale), è di particolare importanza in termini di rafforzamento della identità culturale in un senso di integrità nazionale “.Infatti, per dare un senso di continuità storica all’indentità dei rwandesi, secondo l'autore andrà perseguito questo legame   tra lingua e cultura così da favorire, attraverso diverse dinamiche, “il dialogo e l'inclusione sociale, che ci rende quello che siamo, consapevolmente, di generazione in generazione”. Un intervento forse non totalmente in sintonia (chissà se il caporedattore che ha passato il pezzo se ne è reso conto)  con quello che sta accadendo in Rwanda, dove molte scelte della nuova dirigenza sembrano andare in senso opposto a quanto auspicato dall’articolista. Basti pensare al modo in cui è stata imposta l’adozione dell’inglese, che ha quasi ghettizzato chi sa parlare solo Kinyarwanda e, all’opposto, non ha stimolato molti dei fuoriusciti rientrati in Rwanda ad apprendere il Kinyarwanda che  molti non conoscono ( lo confessano spesso anche molti giornalisti de The New Times nei loro pezzi in inglese) o parlano a fatica, come nel caso, si dice, di qualche esponente ai vertici della politica rwandese. Sull’argomento, già trattato in passato, rinviamo in particolare  al post del 22 dicembre 2010 e del 2 gennaio 2011. Si pensi  anche al cambiamento dei vecchi nomi di molte città rwandesi, piuttosto che della toponomastica della capitale.D’altronde, a tutte le latitudini e in ogni tempo è sempre stata forte la tentazione per le nuove classi politiche assurte al potere di fare tabula rasa del passato, anche se va detto che  la storia non sempre ha premiato tale scelta.

giovedì 7 novembre 2013

Il Rwanda visto dalla Caritas svizzera


Non capita spesso di leggere articoli critici sul Rwanda, se si escludono quelli provenienti dai siti dell’opposizione  o da un’Ong come Human Rights Watch, che le autorità rwandesi ritengono pregiudizialmente avversa. Non passa quindi inosservata la recente presa di posizione della Caritas svizzera, una realtà da anni attiva in Rwanda, attualmente con una iniziativa rivolta ai ragazzi di strada a Kigali  e un’altra di promozione della pace e della riconciliazione  attraverso percorsi comunitari in diverse zone del paese. In un comunicato del 31 ottobre la  Caritas svizzera interviene, infatti, sul processo di riconciliazione in Rwanda a 20 anni del genocidio,  fornendo un’analisi della situazione del paese che si discosta di molto dai reportages, spesso compiacenti, che siamo abituati a leggere sulla grande stampa internazionale. Per rendere conto del comunicato, al momento non reperibile in rete ma reso disponibile dall’ufficio stampa della stessa Caritas in francese (clicca qui per la consultazione), ci affidiamo alla sintesi che ne ha fatto la Radio Vaticana in un servizio del 5 novembre a cura di Lisa Zengarini.  "A quasi 20 anni dal genocidio in Rwanda, il Paese africano non ha ancora compiuto il necessario lavoro sulla memoria e sull'elaborazione di quella immane tragedia, condizione indispensabile per un’autentica pacificazione nazionale. .....Secondo l’organizzazione caritativa cattolica, il bilancio del Governo di Kigali guidato dal Presidente Paul Kagame è ambivalente: se da un lato, è riuscito a rimettere in piedi le infrastrutture distrutte durante lo sterminio, dall’altro, esso continua ad imporre con la forza una versione unilaterale del passato, mettendo a tacere tutte le voci dissenzienti. In questa versione le milizie del Fronte Patriottico Ruandese (Fpr) oggi al governo, sono presentate come forze di liberazione che nel 1994 riuscirono a porre fine al genocidio dei tutsi e a liberare il Paese dal dominio degli hutu. Una verità messa in dubbio dagli oppositori di Kagame, che ricordano come anche il Fpr si fosse macchiato di massacri contro la popolazione civile hutu e che quindi il confine tra vittime e carnefici non è così netto come pretende la versione ufficiale. Ed è proprio a questa ricerca di una verità più equilibrata che si è strenuamente opposto sinora il Governo Kagame, ricorrendo anche all’intimidazione. Chiunque oggi osi rimettere in discussione la versione ufficiale sul genocidio del 1994 in Rwanda è punito anche con il carcere e anche l’ergastolo. Il tutto - denuncia la Caritas svizzera – con la complicità della comunità internazionale. In questo contesto – sottolinea il comunicato - è essenziale sostenere le organizzazioni della società civile ruandese impegnate nella promozione della pace e della riconciliazione.  “Un’interpretazione di parte del passato – sottolinea in conclusione il comunicato - rischia di ostacolare una riflessione critica su quanto accaduto soprattutto tra i giovani”...... "

martedì 5 novembre 2013

Quanto è facile pagare le tasse in Rwanda

Annualmente in Rwanda si celebra la Giornata del contribuente in cui vengono premiati, non tanto i maggiori contribuenti, quanto quelli che nelle diverse categoria hanno tenuto comportamenti compatibili  nel procedere tempestivamente ai versamenti fiscali e nell’aderire a tutte le procedure fiscali. Sabato scorso si è tenuta, alla presenza del  presidente Paul Kagame la tredicesima edizione della Giornata avente per tema: "Promuovere la conformità fiscale: una responsabilità collettiva". La giornata, oltre a premiare i vincitori nelle diverse categorie, la Banca di Kigali come maggior contribuente,  MTN Rwanda, I & M Bank, fra i grandi, poi c’erano i vinvitori dei medi  per finire con i piccoli contribuenti , è servita per un forte richiamo perché l’apporto delle entrate fiscali possa progressivamente rendere indipendente il Rwanda dagli aiuti stranieri, perché come sottolineato da Kagame "Non possiamo fare affidamento su aiuti stranieri per sempre. Siamo una popolazione di 11 milioni di persone e quelli che pagano le tasse stanno facendo una buona cosa, tuttavia, non vi è ancora un gran numero di coloro che non lo fanno ". La raccolta totale delle entrate ha avuto negli anni un trend decisamente positivo, con un  aumento di cinque volte dal 1998 al 2008, da Rwf 68,4 miliardi nel 1998, a Rwf 344 miliardi nel 2008, per arrivare Rwf 665,8 miliardi nello scorso anno fiscale tra luglio 2012 e giugno 2013, per finire  con una previsone per il nuovo  anno fiscale di raccogliere Rwf 795,7 miliardi, su un budget complessivo di  Rwf 1.500 miliardi. Il progressivo miglioramento del comparto fiscale ha avuto un significativo riconoscimento dalla Banca Mondiale che nel suo  Rapporto  Doing Business 2014, pubblicato la scorsa settimana, colloca il  Rwanda al 22esimo posto  su 189 paesi esaminati a livello globale, per quanto riguarda la tax compliance, un indice che sintetizza diversi parametri che vanno dalle aliquote applicate sui redditi al numero delle imposte, al numero e alla complessità degli adempimenti fiscali, al tempo richiesto per tali adempimenti ecc, in pratica di come il fisco ti agevoli nel pagare le tasse con riferimento  ai contribuenti imprese. Per apprezzare la performance del Rwanda segnaliamo che, nello stesso Rapporto, l’Italia è al 138esimo posto.