L’odierno editoriale
de The Sunday Times celebra i 600 membri del 3 ° Battaglione dell'esercito
patriottico rwandese (RPA) che vent'anni fa, il 28 dicembre 1993, entrarono a Kigali nell’ambito degli accordi, sottoscritti tra il FPR e il governo in carica, il 4
agosto 1993 nella città tanzaniana di di Arusha; accordi che avrebbero dovuto
porre termine al conflitto in atto dall’ottobre 1990. I seicento uomini presero possesso
degli edifici ove attualmente ha sede il parlamento, al tempo conosciuti come CND, e lì rimasero fino alla primavera
del 1994. L’editoriale sottolinea come a venti anni da quella data si assista
al mancato riconoscimento "del coraggio e della determinazione" del 3 °
Battaglione la cui memoria rischia di andare smarrita, nel silenzio degli
storici locali che non hanno prodotto alcuno studio su quanto fatto da questi
combattenti. In effetti, il ruolo di questo consistente contingente militare
del FPR è scarsamente conosciuto; anche le ricostruzioni storiche
internazionali dell’eccidio del 1994 raramente ne fanno menzione. Lo stesso editoriale non va oltre un generico riferimento al "ruolo decisivo che il battaglione gioca nella conclusione del genocidio, nonostante fosse colpito da tutti i lati dall'esercito governativo (ex FAR)". Eppure sarebbe stato interessante conoscere quanti caduti avesse sofferto il contingente e, soprattutto, quante vite avesse messo in salvo.Infatti, seicento uomini, presumibilmente ben addestrati e sotto il comando di un ufficale capace come il col. Charles Kayonga, rappresentavano una variabile non certo insignificante nelle dinamiche dei fatti della primavera del 1994;
quindi, come auspicato dall’editorialista, sarebbe importante, per una completa ricostruzione storica, colmare questa
lacuna.
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domenica 29 dicembre 2013
sabato 28 dicembre 2013
Gli auguri di buon anno dall'Associazione Kwizera
Care amiche, cari amici,
un altro anno volge ormai
al termine e con esso si va concludendo la stagione associativa di cui
volentieri rendiamo conto ai tanti amici che ci seguono con simpatia e ci
sostengono con il loro aiuto. Pur in un contesto congiunturale non facile, che
riverbera i propri effetti sulle finanze di ognuno di noi, obbligandoci a volte
a rivedere gli stili di vita a cui eravamo abituati, non è venuto
meno il sostegno generoso dei nostri benefattori che ci ha consentito di
portare a termine diverse iniziative, magari singolarmente di non particolare rilievo come a volte nel
passato, ma che nel loro insieme testimoniano di un’attività associativa
fruttuosa.
Sono proseguiti il Progetto
adozioni, pur fra qualche criticità, così come il Progetto Mikan i cui sviluppi estremamente positivi, siamo ormai
alle 2000 famiglie coinvolte, ne fanno un modello d’intervento particolarmente
efficace e apprezzato. Nel corso dell’anno abbiamo finanziato la
realizzazione di otto impianti di biogas in altrettante parrocchie della
diocesi di Byumba. Non sono mancati interventi economicamente più contenuti,
come il sostegno alla mensa per i bambini bisognosi della parrocchia di
Nyagahanga e all’asilo Carlin di
Kagera, ma con importanti ricadute su un numero significativo di famiglie
bisognose.
Per il nuovo anno intendiamo proseguire, sempre a piccoli passi,
coltivando i progetti in essere e lanciandone di nuovi. Verrà promosso il Progetto JMV che prevede l’istituzione
di Borse di studio per studenti bisognosi e meritevoli del Petit Seminaire di
Rwesero e il Progetto Amazi, acqua
in lingua locale, per finanziare la realizzazione di cisterne per la raccolta
dell’acqua piovana nelle comunità locali rwandesi. Siamo confidenti che chi ci
ha seguito in questi anni continui a sostenerci e faccia conoscere l’attività
associativa nella cerchia dei propri amici, ampliando il numero dei sostenitori
che concorrono ad alimentare l’opera di solidarietà a favore degli amici
rwandesi.
Con questi auspici guardiamo
al nuovo anno con fiducia, certi di poter contare sulla vostra amicizia e
vicinanza per continuare, insieme, un nuovo
tratto di cammino sulla strada della solidarietà.
Grazie per quello che avete
fatto e ancora farete.
A tutti giunga un cordiale augurio per un felice 2014.
martedì 24 dicembre 2013
sabato 21 dicembre 2013
I vescovi rwandesi in merito al programma Ndi umunyarwanda
Anche i vescovi cattolici
rwandesi faranno conoscere la propria posizione in merito al programma “Ndi umunyarwanda” ( Sono rwandese). Il tema è stato affrontato, infatti, durante l’ultima seduta
della Conferenza episcopale rwandese, tenutasi dal 10 al 13 dicembre, al cui esito un comunicato informa che “ l’aiuto che la Chiesa
cattolica può donare al Governo rwandese e soprattutto alla Commissione nazionale
per l’unità e la riconciliazione è di pubblicare le buone e utili conclusione
del “Sinodo sulla questione etnica rwandese”.
Nello stesso comunicato si fa
peraltro rilevare che “Nel programma “Ndi
umunyarwanda, parlando della storia della Chiesa in Rwanda, ci sono
affermazioni negative e gratuite che arrecano pregiudizio alla Chiesa. Così, si
è presa la decisione di pubblicare alcuni dei documenti sovente mal utilizzati
per i non iniziati”.
martedì 17 dicembre 2013
Makuza dynasty: una storia rwandese
Anastase Makutza: chi era costui? Così era titolato un
post it apparso a pag 96 del libro Kwizera Rwanda, in cui si riportava
questa breve storia: “Si tratta di un ex seminarista che si laureò nel 1955 in
Congo, in scienze politiche e amministrative. Fu il primo rwandese a conseguire
un titolo universitario. Forte di questa laurea si mise a cercare un posto di
lavoro, possibilmente all’altezza dei suoi studi. Le sue domande di entrare
nell’amministrazione statale o in altri posti pubblici non furono prese in
considerazione. Dopo molto affannarsi, arrivando a cercare lavoro anche in
Burundi, finalmente trovò un posto di …..dattilografo in un ufficio governativo
di Kibuye e nel 1957 fu promosso assistente amministrativo e quindi trasferito
a Kigali. Anastase Makutza era hutu”. La notizia ripresa da John
Reader: Africa, ed Mondatori, si fermava qui, senza dare ulteriori informazioni
su come fosse successivamente evoluta la storia di Anastase.La curiosità ci è
tornata leggendo un recente notizia, di cui riferiremo più avanti. In realtà,
da quei primi difficili passi nel mondo del lavoro Anastase Makuza, questo
è il cognome corretto, ne ha fatta di strada. Dapprima lo troviamo, alla
fine degli anni cinquanta, collaboratore del rappresentante dell’amministrazione
coloniale belga, Louis Jaspers, che dimostra di apprezzarlo
affidandogli l’incarico di redigere uno studio sulla storia
del paese e sul regime della proprietà fondiaria. Nelle sue memorie,
Jaspers parla di Anastase come « uno degli hutu più
illustri » che sarà protagonista, come militante prima del partito
Rader e successivamente del partito Parmehutu, degli avvenimenti che porteranno
alla nascita della repubblica nel 1959. Sara' ministro della giustizia nei
governi del Presidente Grégoire Kayibanda e successivamente diventerà
presidente dell’assemblea nazionale rwandese.Al riguardo, le cronache ricordano
come non pochi parlamentari nei loro interventi in aula, non avendo molte
capacità argomentative, spesso e volentieri,
si rifugiavano dietro la formula liberatoria " a quel che Makuza ha
appena detto non ho niente da aggiungere ...", riconoscendo così la sua
autorevolezza ed erudizione. Abbiamo trovato anche una nota a margine di uno studio
francese, in cui si riferisce che Anastase Makuza, successivamente al colpo di
stato del 1973, fu sottoposto a una multa salata “per cambiamento di etnia” e vi si disvelano legami familiari sorprendenti di cui già il belga
Jaspers, nelle sue memorie, aveva dato qualche anticipazione. Infatti, parlando di
Anastase Makuza ci informa del suo
fidanzamento “con una giovane tutsi di
alto lignaggio del clan degli Abega da cui tradizionalmente veniva scelta la
moglie del Mwami ( il re)”. In una nota, lo stesso Jaspers specifica che la
moglie di Makuza era imparentata con la mamma dell’attuale presidente rwandese
Paul Kagame. Questo fatto, secondo Jaspers “spiega senza dubbio perché Kagame
nominerà il figlio di Anastase suo primo ministro". Il citato documento
francese parla apertamente che la moglie di Anastase Makuza fosse sorella della
mamma del presidente Kagame. Quando si dice le sorprese che riserva la vita!
domenica 15 dicembre 2013
sabato 14 dicembre 2013
Progetto Mikan 2000
Ecco la documentazione fotografica dell'avvio del gruppo della Parrocchia di Kiziguro, partecipante al Progetto Mikan, che ha permesso di raggiungere l'importante traguardo delle duemila famiglie coinvolte e delle duemila capre distribuite.
Leggi tutta la storia del Progetto Mikan (clicca qui).
Leggi tutta la storia del Progetto Mikan (clicca qui).
venerdì 13 dicembre 2013
Victoire Ingabire condannata a quindici anni di prigione
L’Agence France-Presse (AFP) riferisce che l’esponente dell’opposizione
rwandese Victoire Ingabire, detenuta dall'ottobre 2010, è stata condannata oggi
dalla Corte suprema del Rwanda a 15 anni in prigione, aggravando la condanna di otto anni in primo
grado.
La Corte suprema del Rwanda ha confermato
la sentenza di condanna del leader per "cospirazione contro le autorità con
terrorismo e guerra" e "minimizzazione del genocidio" del 1994,
dichiarandola inoltre colpevole di " diffusione di notizie tendenti a incitare il pubblico
alla violenza". La Corte ha assolto l’imputata dall’accusa di
"diffondere l'ideologia del genocidio" e di "creazione di un
gruppo armato", sostenendo che "le prove disponibili non erano
sufficienti a condannare".
Giornata della pace 2014:Fraternità, fondamento e via per la pace
Fraternità, fondamento e via per la pace, questo è il tema della 47a Giornata Mondiale per la Pace, la prima di Papa Francesco.
Un messaggio rivolto a
tutto il mondo, con una validità universale, che assume però anche
valenze particolari all'interno delle singole comunità che compongono
questa nostra umanità. Risuona, infatti, forte è il richiamo ai popoli
ricchi, prigionieri della cultura del benessere, che fa perdere il
senso della responsabilità e della relazione fraterna e fa vedere gli
altri come antagonisti o nemici, spesso «cosificati», e i poveri e i bisognosi
come un «fardello», un impedimento allo sviluppo, Alto risuona l'invito
del Papa affinchè la globalizzazione dell’indifferenza lasci finalmente il posto ad una globalizzazione
della fraternità. Un messaggio di speranza viene indirizzato ai popoli che
vivono in zone del mondo insanguinate da «conflitti che si consumano
nell’indifferenza generale». Il Papa sottolinea che «gli accordi internazionali
e le leggi nazionali, pur essendo necessari ed altamente auspicabili, non sono
sufficienti da soli a porre l’umanità al riparo dal rischio dei conflitti
armati. È necessaria una conversione dei cuori» che porti alla riconciliazione
nella fratellanza. All'interno dei singoli stati poi, deve instaurarsi
un clima che consenta ai cittadini di "sentirsi rappresentati dai poteri
pubblici nel rispetto della loro libertà", evitando che tra
cittadino e istituzioni, si incuneino "interessi di parte che deformano
una tale relazione, propiziando la creazione di un clima perenne di conflitto».
giovedì 12 dicembre 2013
La starlette che passa il Natale in Rwanda per vedere.... tigri e orsi
Una certa (per il vostro blogger) Mel B., ex cantante delle Spice Girls, starlette di qualche rinomanza visto lo spazio che si è conquistata sui media, ha deciso di passare le feste natalizie in Rwanda insieme ai figli Phoenix (14 anni) e Angel di 6 ed al marito. Nel paese delle mille colline, dovrebbero essere ospiti del presidente Paul Kagame dei cui figli la starlette dice di essere amica " perché vivono a New York e sono delle persone adorabili e ci hanno invitato”. La molla che ha convinto i figli della cantante a questo viaggio esotico è stata la promessa che in Rwanda avrebbero visto "leoni, tigri ed orsi".I figli hanno accettato, sembra con entusiamo.Il problema ora è fargli vedere tigri e orsi nel parco dell'Akagera!
Un bel problema anche per gli importanti ospiti rwandesi.
La notizia è apparsa sui media internazionali, ma anche su The New Times, dove qualche lettore non ha mancato di sbertucciare la starlette per la sua pretesa di incontrare tigri e orsi in Rwanda.
lunedì 9 dicembre 2013
La comunità di Grosio rinnova il proprio sostegno all’asilo Carlin di Kagera
L'asilo Carlin |
L’asilo di Kagera in Rwanda, intitolato a Carlin, il compianto Carlo Rodolfi, ha trovato nella comunità grosina uno sponsor generoso che, dopo averne sostenuto,
unitamente ad altri benefattori coordinati dall'Associazione Kwizera, la realizzazione, lo ha nei fatti adottato
facendosi carico degli oneri della sua
gestione, che la parrocchia di Nyagahanga, a cui fa capo l’asilo, non sarebbe
in grado di sostenere. Già dallo scorso anno, infatti, grazie alla generosità
dei grosini, l’asilo ha potuto disporre dei fondi necessari per il suo funzionamento.
In particolare, è stato garantito lo stipendio delle
tre maestre che hanno in carico i 109
bambini che frequentano l’asilo; si tratta di uno stipendio pro capite che ammonta a poco più di venti euro mensili, quanto guadagna un agricoltore. Anche per il nuovo anno scolastico che
inizierà a gennaio, l’asilo Carlin potrà contare sul sostegno grosino. Infatti,
con la bancarella organizzata dai ragazzi dell’Azione cattolica grosina, il giorno dell’Immacolata, sono stati raccolti fondi sufficienti a garantire lo stipendio alle brave maestre e di mettere in campo anche altre
iniziative. La risposta generosa dei
grosini permette, infatti, di realizzare un auspicio espresso da don
Paolo Gahutu, promotore di questa splendida iniziativa quando era parroco di
Nyaghanga, in occasione dell’ultima
missione estiva dei volontari dell’associazione Kwizera, quando, aderendo alla sollecitazione dei genitori, aveva avanzato la proposta di fornire ai bambini un pasto a mezzogiorno. Usualmente nelle campagne si mangia qualcosa al mattino e un pranzo a base di riso, fagioli e verdure alla sera, quindi il pranzo di mezzogiorno non è previsto; il problema è che molti di quei bambini spesso non trovano una cena adeguata nelle rispettive famiglie. Kagera si trova, infatti, nel profondo della campagna del Rwanda, zone dove capita ancora di imbattersi in qualche caso di denutrizione, evidenziato dalle pance gonfie dei bambini. Per questo motivo, Don Paolo si propone di fornire una scodella di una specie di semolino, fatto di farina di soia, sorgo e mais, con un buon valore nutrizionale, a ciascuno di questi bambini. Si rende quindi necessario approntare anche un posto di cottura e acquistare il materiale necessario: pentolame e tazze. I fondi che avanzeranno potranno servire per la realizzazione di qualche divisa scolastica per i bambini, piuttosto che per gli interventi di minuto mantenimento della struttura, affinchè si mantenga nel tempo resistendo, non tanto alle intemperie, quanto piuttosto all’inevitabile usura prodotta dalle cento piccole pesti che la frequentano quotidianamente.
Richiamo al ministro per la scarsa diffusione degli impianti di biogas
Un impianto in fase di realizzazione |
Sembra che l’Associazione
Kwizera, con dieci impianti di biogas realizzati nella diocesi di Byumba, sia
tra i principali sostenitori del progetto governativo di diffondere l’utilizzo
del biogas come energia alternativa al consumo della legna. Infatti, leggiamo
che il Senato ha formalmente richiesto al Ministro competente di spiegare come
mai il progetto proceda così a rilento, come evidenziato dall’inchiesta
condotta da un’apposita commissione che ha altresì denunciato la mancata
realizzazione degli impianti negli edifici pubblici, a partire dalle scuole. Tra
le motivazione che vengono addotte per giustificare la scarsa diffusione degli
impianti, soprattutto tra le famiglie, la commissione ha segnalato l’alto
prezzo di ogni impianto sottolineando come 810.000 Frw, pur scontando un
contributo governativo di 310.000 Frw, sia troppo alto per una famiglia. In
realtà dobbiamo segnalare che il costo medio di un impianto di dieci metri
cubi, del tipo di quelli finanziati dall’associazione Kwizera, supera anche se
di poco i 2 milioni di Frw. Quindi è probabile che il prezzo segnalato dalla
commissione sia piuttosto sottostimato: 800.000 Frw era il prezzo preventivato nel 2010, all’avvio del progetto biogas. Si tratta comunque di un prezzo non
certo alla portata di una singola famiglia. Quando poi il
ministro dovrà difendersi dalle critiche senatoriali che impietosamente gli
evidenzieranno questi dati - 5 impianti su oltre 7.000 famiglie, nei settori di
Nyarugenge, di Kanyinya a Kigali, 8 impianti su 10.000 famiglie nei settori di Gahanga e Masaka nel
quartiere di Kicukiro, 32 impianti nel distretto di Nyagatare, con una
popolazione complessiva di 11.405 famiglie, per finire l’unico impianto nel
distretto di Nyabihu settore Kabatwa, con 31.944 famiglie - potrà sempre citare
le10 realizzazioni dell’associazione Kwizera.
domenica 8 dicembre 2013
Kigali sempre piu' hub congressuale continentale
Il progetto di fare di Kigali il polo congressuale se non dell'intero continente africano, almeno del centro Africa, si va via via concretizzando, alla luce dei numeri che il turismo congressuale evidenzia.Non passa settimana, infatti, che la capitale rwandese non ospiti una riunione coinvolgente congressisti provenienti dall'intero continente per partecipare a symposium sulle piu' svariate materie, da quelle politiche istituzionali, a quelle economiche e scientifiche. Kigali beneficia della centralita' geografica, dei buoni collegamenti aerei, almeno 5 compagnie aeree extra africane che vi fanno scalo ( KLM, Qatar, Emirates, Turkish Airlines e Brussels Airlines) oltre a Kenya Airwais ed Ethiopian, dell'alto livello di sicurezza che le autorita' locali sono in grado di garantire, ben al di sopra di qualsiasi altra citta' africana, ma soprattutto dalla ricettivita' alberghiera già di buon livello, con 2000 posti letto nella capitale che a breve dovrebbero raddoppiare. Sono, infatti, in fase di realizzazione il Marriot Hotel con circa 250 camere, il Radisson Hotel con altre 290 camere, più altri hotel in fase di costruzione per ulteriori 1.500 posti letto. Anche se attualmente la capitale dispone di sale in grado di ospitare anche 1500 ospiti, il vero salto di qualita' verso l'affermazione di primario hub congressuale centro africano avverra' quando sara' ultimato il Kigali Convention Center, un complesso che comporta un investimento di 300 milioni di dollari. A regime il KC Center potra' contare su un hotel a cinque stelle con 292 camere, un centro congressi con una capienza di 2.600 posti, divisibile in sette sale conferenze, e 10 sale riunioni più piccole. A quel punto il turismo congressuale e fieristico potrebbe diventare una delle maggiori realta' economiche del paese.Il turismo nel suo complesso, con 664.729 visitatori da inizio anno, a fronte dei 583.096 dello stesso periodo dello scorso anno, e' la principale fonte di valuta estera del Rwanda con $ 142.5milioni entrati nel primo semestre di quest'anno rispetto a $ 128.4milioni dello stesso periodo dello scorso anno.
venerdì 6 dicembre 2013
La lezione di Mandela valida anche per il Rwanda
Si e' spento ieri, all'età di novantacinque anni, Nelson Mandela lo storico leader sud africano.La sua storia e' rivissuta in questo articolo di Anna Bono su La Nuova Bussola Quotidiana. Il lettore vi trovera' più di uno spunto di riflessione che puo' essere utilmente applicato anche alla realta' rwandese. Al di la' della comprensibile corsa a farne un'icona a propria immagine e somiglianza, come fa anche il presidente rwandese in un suo ricordo su The New Times, resta la sua lezione di uomo politico, " con un'immagine discreta, misurata e integra", che ha agito per il bene del suo popolo, perseguendo un reale percorso di pace e di riconciliazione, rifuggendo dalle vendette anche dopo 27 anni di carcere, mai abusando del proprio carisma, che ha conservato fino alla fine, trattando con il giusto distacco il potere, come dimostra la sua rinuncia a un secondo mandato presidenziale.
Evidentemente non gli serviva un mandato in più per passare alla storia.
martedì 3 dicembre 2013
Corruption Perceptions Index-CPI 2013: l'Italia venti posizioni dietro il Rwanda
Mappa CPI |
lunedì 2 dicembre 2013
Le potenzialità dell'acquacoltura nei laghi rwandesi
Impianto di acquacoltura a Muyanza |
Attualmente in
Rwanda si consumano circa 1,5 chilogrammi di pesce procapite su base annua,
il dato più basso tra i paesi dell’Africa orientale e molto al di sotto
di quello dell'Africa subsahariana, che hanno medie
stimate di 6,7 kg e 16.6 kg, rispettivamente. Nonostante i bassi consumi, vengono però
importate annualmente circa 10.000 tonnellate di pesce, a cui si aggiungono le
circa 17.000 tonnellate di produzione ittica locale registrata l'anno
scorso.Completa il quadro il dato relativo al costo di un chilogrammo di
pesce, che sul mercato locale ammonta a circa Rwf 4000, il doppio del
prezzo della carne rossa.Di fronte a questi dati ben si comprende come cominci
ad aumentare l’interesse per questa produzione, tenuto conto che a questi
livelli di crescita della popolazione la domanda di pesce dovrebbe
crescere in maniera esponenziale, anche solo per allinearsi al consumo medio
dell’area dell’est Africa, fino a raggiungere, nel 2020, un fabbisogno di oltre
100.000 tonnellate di pesce. Per questo, girando nelle campagne, sempre più di
frequente ci si imbatte in impianti di acquacoltura, consistenti in grandi stagni
artificiali, del tipo di quello rappresentato nella foto riportata qui
sopra che si riferisce a un impianto realizzato dalla parrocchia di
Muyanza, in cui vengono allevate tilapie, il pesce maggiormente richiesto
localmente. In realtà, i 24 laghi di cui è ricco il Rwanda, per una superficie
di circa 1400 chilometri quadrati, con una temperatura dell’acqua ottimale per
i pesci, offrono un potenziale spazio di sviluppo dell’acquacoltura che
potrebbe essere sfruttato al meglio.Già da ora sono attive iniziative di
acquacoltura basate sulla tecnica di allevare il pesce in grandi gabbie posate
nell’acqua del lago, che gli acquacoltori locali hanno battezzato 'Kareremba'.
La tecnica prevede gabbie galleggianti di varie dimensioni, all’interno delle
quali i pesci vengono nutriti artificialmente fino a quando raggiunta la
dimensione desiderata, dopo circa sei mesi, vengono pescati per essere avviati
alla commercializzazione. .Attualmente, dopo il riscontro positivo venuto
dalle sperimentazioni attuate sul lago Kivu, la piscicoltura con la tecnica
delle gabbie si sta diffondendo anche sugli altri laghi rwandesi, lago
Muhazi compreso.
giovedì 28 novembre 2013
Complimenti USA, con due mesi di ritardo e con qualche riserva, per le elezioni rwandesi
L'antico feeling tra l'amministrazione americana e il presidente Paul Kagame sta vivendo in questo periodo forse i livelli più bassi, da quando nel 1990 gli Usa posero gli occhi su quel promettente ufficiale dell'esercito ugandese, impegnato nei corsi di addestramento a Fort Leavenworth in Kansas, che sarebbe divenuto poi il capo del FPR e quindi, successivamente, presidente del Rwanda. Negli ultimi tempi, il sostegno, senza se e senza ma, che gli USA hanno garantito, sempre e comunque in questo ventennio, al fidato alleato rwandese ha mostrato qualche incrinatura. Infatti, in questi mesi l'amministrazione Usa ha fatto pervenire a Kigali più di un segnale di non piena condivisione del ruolo che il Rwanda recita nella crisi del Kivu. In quest'ottica, potrebbe essere letto un fatto, all'apparenza secondario, ma che nel linguaggio della diplomazia potrebbe avere un certo significato.Ci riferiamo al comunicato rilasciato dall'ambasciata Usa a Kigali, il 14 novembre scorso. In esso ci si complimenta per il buon esito delle elezioni tenutesi il 16 settembre. Non contenti però di intervenire con due mesi di ritardo, nel comunicato si dice esplicitamente che gli osservatori Usa che hanno seguito le operazioni di voto, svoltesi in modo pacifico e ordinato, hanno evidenziato irregolarità potenzialmente in grado di minare l'integrità del voto. In particolare, ci si riferisce "alla presenza di funzionari locali e della sicurezza in ambienti elettorali, a voti multipli e a schede compilate da funzionari elettorali locali in assenza degli elettori". Dopo aver evidenziato che gli osservatori americani non sono stati ammessi ai seggi elettorali nelle fasi di spoglio e di conteggio dei voti, rendendo così impossibile la verifica dell'esattezza del conteggio finale, il comunicato conclude sottolineando che "in elezioni libere, eque e trasparenti, i candidati, i partiti politici, le organizzazioni della società civile e gli osservatori godono di pieno accesso al processo elettorale. Questo accesso è fondamentale anche per garantire che la volontà del popolo possa essere ascoltata".
Non propriamente un complimento.
lunedì 25 novembre 2013
Rwanda: premiati i clienti che chiedono lo scontrino fiscale
Non si tratta certo del primo caso al mondo, va comunque segnalata l'iniziativa della Revenue Authority Rwanda (RRA) , la locale agenzia delle entrate, che ha deciso di premiare i consumatori che richiedono gli scontrini fiscali, sorteggiando 25 premi settimanali, inclusi premi in denaro di Rwf 100, 000, pari a circa 110 euro, tre mensilità di un operaio in campagna. L'iniziativa si propone di favorire l'utilizzo dei registratori di cassa, introdotti a partire dall'anno in corso, incentivando i consumatori a richiedere lo scontrino fiscale. L'amministrazione finanziaria punta in tal modo ad aumentare la base imponibile delle transazioni commerciali e conseguentemente le entrate. Naturalmente, poiche' ogni mondo e' paese, sono gia' segnalati i casi di commercianti furbi che emettono scontrini incompleti o con aliquote non corrette.
giovedì 21 novembre 2013
Le Chiese cristiane promuovono un anno per la pace nella regione dei Grandi Laghi
Durerà un anno, a partire dal prossimo 1 dicembre, la campagna di sensibilizzazione promossa dalla Chiesa cattolica e da quella anglicana del Rwanda, del Burundi e della Repubblica Democratica del Congo per la costruzione della pace e la promozione della riconciliazione nella regione dei Grandi Laghi. L'iniziativa e' stata presentata nei giorni scorsi al Ministro degli enti locali, James Musoni, da una delegazione guidata dal vescovo di Byumba, mons. Servilien Nzamakawita, di cui facevano parte anche l'arcivescovo Onesphore Rwaje della Chiesa Anglicana del Rwanda, nonché altri esponenti delle Chiese della Repubblica Democratica del Congo e del Burundi. La campagna, denominata "La pace nella regione dei Grandi Laghi", che è sostenuta congiuntamente dalla Chiesa cattolica e dalle Chiese anglicane nei tre paesi, avrà ufficialmente inizio il primo dicembre 2013 a Goma e si chiuderà ufficialmente il primo dicembre 2014. Non si conoscono ancora i particolari del programma, che il Ministro ha auspicato possa avere strategie definite e pianificazioni concrete, su cui si articolerà l’impegno a livello di comunità cristiane in questo anno.E’ comunque già prevista la pubblicazione di una lettera pastorale congiunta fra le Chiese locali, cattoliche e anglicane, del Burundi, Rwanda e Repubblica Democratica del Congo, che verrà letta in tutte le parrocchie e comunità religiose dei paesi dei Grandi Laghi. Si presume che tale lettera pastorale fornirà gli spunti necessari perché nelle singole comunità si ricerchino i modi migliori per pervenire a un percorso di riconciliazione e di pace. L’iniziativa delle comunità cristiane si innesta in un momento particolare della pluriennale crisi del Kivu che sembra manifestare qualche timido segnale che potrebbe evolvere verso più concreti passi sulla via della pace.
mercoledì 20 novembre 2013
Sabato il Progetto Mikan a quota 2000
Sabato nella parrocchia di Kiziguro, un gruppo di venticinque famiglie entrerà a far parte del Progetto Mikan. L’avvenimento
riveste un significato particolare in quanto, con il gruppo di Kiziguro, il
Progetto Mikan tocca quota duemila. In attesa di documentare la cerimonia di
sabato, riportiamo qui di seguito quanto ci scrive Michele, iniziatore con la moglie Anna di questa bella avventura, appena venuto a conoscenza di questo ulteriore sviluppo della sua idea ( vedi tutta la storia) .
Davanti a certe notizie si possono avere diversi
approcci e reazioni. Personalmente nella vita di tutti i giorni davanti alla
realtà mi pongo sempre in “maniera trina”. Vi spiego :
Il mio primo approccio è sempre inizialmente “comico”,
ad esso ne segue uno più prettamente “filosofico” ed infine arriva il terzo che
è la perfetta sintesi dei precedenti e che a mio modo di vedere mi consente
sempre un punto di vista abbastanza completo ed obiettivo sulla realtà.
Il tutto normalmente avviene nella mia testa nel
rapido volgere di pochi secondi.
Alla notizia quindi ho rimuginato un
attimo ed ecco cosa ho pensato…
Duemila, 2000, duemila, DUEMILA, il doppio di
mille, il terzo millennio, 1000+ 1000, il millenium bug, duemila, duemila,duemila!!!
Duemila capre sono un’enormità! Duemila capre sono un
numero che nemmeno il professor Sgarbi ha mai raggiunto in carriera (le
statistiche ufficiali parlano di 1947 “capra” rivolta al malcapitato di turno, dalla
prima apparizione televisiva).
Poi ho pensato al progetto Mikan cercando di inquadrarlo
in qualcosa di più strutturato.
E allora mi piace immaginarlo come il più grande
rizoma vivente.
martedì 19 novembre 2013
I giovani cattolici rwandesi hanno celebrato il loro 12° Forum
I giovani cattolici rwandesi si sono ritrovati, a partire
da giovedì 14 novembre, a Ruhengeri per il loro 12 Forum Nazionale, annualmente
indetto dalla Conferenza episcopale rwandese.
Le santa messa di
apertura, concelebrata da un centinaio di sacerdoti provenienti da tutte le
diocesi del paese, a cui hanno
assistito migliaia di giovani
provenienti da tutte le diocesi del Rwanda e alcuni paesi vicini , tra cui il
Burundi e la Repubblica Democratica del Congo, è stata presideduta dal Nunzio
Apostolico in Rwanda, Mons. Luciano Russo e da Mons Servilien Nzakamwita,
Vescovo della diocesi di Byumba e Presidente della Commissione Episcopale per
la Pastorale Giovanile. Alla cerimonia di apertura erano altresì presenti numerose autorità civili, tra le
quali anche il ministro della Gioventù, Jean Philibert Nsengimana che, nel suo indirizzo di saluto, non ha
mancato di incoraggiare i giovani ad affrontare il loro futuro con decisisione
ed impegno. Nel suo messaggio di sostegno e di incoraggiamento, il nunzio apostolico
Mons. Luciano Russo, riferendosi alla Esortazione post- sinodale " Africae
munus ha auspicato un sempre maggior
coinvolgimento dei giovani, tesoro e la speranza della Chiesa di domani, nella vita della società e della Chiesa rwandese. Il
programma delle giornate successive si è articolato su diversi interventi fatti
di approfondimenti catechistici, tra cui quello del Vescovo Servilien
Nzakamwita su " L'Anno della fede: Lumen fidei ", ma anche di
testimonianze e dibattiti su argomenti importanti, attinenti la condizione e il
ruolo dei giovani. Si è parlato quindi di
aborto e di Aids, ma anche di matrimonio e di impegno dei giovani intellettuali
nella vita pastorale, piuttosto che del ruolo dei
giovani in generale sul fronte del lavoro piuttosto che nella
costruzione del Paese. Su quest’ultimo tema era prevista la testimonianza di un
personaggio conosciuto della società rwandese, l’imprenditore Gerard Sina, del
quale abbiamo in passato raccontato l’affascinante storia umana ed imprenditoriale (vedi post).
La prossima edizione del Forum dei giovani si terrà nella Diocesi di Byumba.
La prossima edizione del Forum dei giovani si terrà nella Diocesi di Byumba.
sabato 16 novembre 2013
Passa da un accordo sui minerali la possibile soluzione della crisi del Kivu
Mentre la crisi del Kivu sta evolvendo in un modo imprevisto,
almeno fino a poco tempo fa, con la
resa dei ribelli dell’M23 di fronte al deciso intervento dell’esercito
congolese, spalleggiato dalle truppe dell’ONU, senza dimenticare l'appoggio politico del Sud Africa e della Tanzania, e mentre molti di chiedono chi
e, soprattutto, cosa abbia convinto il presidente rwandese a non intervenire
militarmente, a Kigali più prosaicamente si sta discutendo di minerali, cioè
dell’inconfessata materia del contendere che muove tutti i protagonisti
interessati allo scacchiere congolese. Si direbbe che ci si stia preparando al
dopo, quando i campi minerari del Kivu potrebbero essere oggetto di una
spartizione di tipo balcanico, piuttosto che di una meno traumatica
suddivisione dei diritti di sfruttamento con il coinvolgimento dei paesi
confinanti con il Congo, cioè Uganda e Rwanda. Proprio in questi giorni è,
infatti, in corso a Kigali la sesta
edizione del Responsible Mineral Supply Chains
summit, in cui oltre trecento operatori del settore, provenienti da
tutto il mondo, si sono interrogati sul modo migliore per arrivare a una
regolamentazione del delicato settore, affrontando anche apertamente il
problema del commercio illegale di minerali, con particolare riferimento a
quelli provenienti dal vicino Congo, di cui spesso e da più parti il Rwanda è
stato additato come uno dei protagonisti. Durante il Summit, il Rwanda, che fa
gli onori di casa, ha colto l’occasione per ribattere alle accuse e per
dimostrare il proprio impegno a contrastare il contrabbando in essere attraverso
le frontiere congolesi, ma anche per riaffermare in maniera decisa il proprio
buon diritto a potersi accreditare, oltre che come esportatore dei minerali
estratti dal proprio sottosuolo, anche come trader dei minerali congolesi. Attualmente
il settore minerario rwandese impiega
più di 35.000 persone e ha prodotto lo scorso anno 8.000 tonnellate di minerali
- cassiterite, wolframite e il tantalio, minerale che concorre a costituire
il famoso coltan (vedi post) - che hanno consentito ricavi per 136,6
milioni di dollari, dati che, secondo il governo, dovrebbero aumentare fino a 18.000 tonnellate e 400 milioni di dollari di ricavi entro il
2017.Per
accreditarsi come operatore affidabile, il Rwanda non ha lesinato gli sforzi.E’
stato, infatti, il primo paese della
regione ad attuare la cosiddetta etichettatura dei minerali per consentirne la
tracciabilità, altrimenti noto come ITSCi, così come previsto dalla normativa
americana, Dodd Frank Act, emanata da Barack Obama, che proibisce l'acquisto da
parte delle aziende americane di minerali non rintracciabili, in particolare,
di quelli provenienti dalla Repubblica democratica del Congo (RDC). Dopo che,
proprio in questo mese, il Rwanda è diventato anche il primo paese della
regione a rilasciare un certificato per l'esportazione di minerali, una mossa
che dovrebbe consentire la tracciabilità dei minerali per contrastare il
commercio illegale di minerali provenienti da zone di conflitti, si trova ad avere tutte le carte in regola
per diventare protagonista nel trading di minerali. Soprattutto, una volta
scrollatasi di dosso l’ingombrante etichetta di grande saccheggiatore delle
ricchezze del grande vicino ( non per niente una delle vie di Kigali, dove
risiedono molti dei nuovi ricchi che hanno fatto fortuna con i traffici
transfrontalieri, viene comunemente chiamata Congo street), il Rwanda potrà
aspirare di diventare, a pieno titolo, uno dei protagonisti nel commercio dei
minerali congolesi, al pari di tutti gli altri operatori internazionali che da
anni fanno affari, più o meno lecitamente, nella zona. Forse è questa la
cambiale che qualcuno ha firmato a
Kagame per moderarne i propositi interventisti nella crisi del Kivu. Potrebbe
essere una possibile e, forse, auspicabile soluzione dell’annosa crisi
congolese.
giovedì 14 novembre 2013
Un possibile scoop -il Papa visiterà l’Uganda- offuscato da qualche pregiudizio
Ieri il sito di
notizie L’Indro riportava, a firma del suo corrispondente da Kampala, Fulvio
Beltrami, la notizia che “dallo scorso
settembre sono in atto intense attività diplomatiche tra Uganda e Vaticano per
programmare un visita ufficiale di Papa Francesco nella Perla d’Africa nel
2014…. La visita sarebbe legata alla celebrazione dei Cinquantenario dei Martiri Ugandesi.” Peccato che la notizia, che se confermata
sarebbe un piccolo scoop, venga svilita da una chiave di lettura un po’ troppo
appiattita su logiche strettamente politiche, non propriamente nelle corde
della Santa Sede, e da una serie di inesattezze che ne offuscano il valore.
Partiamo da quei martiri ugandesi il cui cinquantenario della santificazione
sarebbe alla base della visita. L’autore ne parla in questi termini “Nel 1886 22 preti cattolici tra
cui il bisnonno dell’Arcivescovo Lwanga: Charles Lwanga furono uccisi per ordine del Re dei
Buganda Kabaka Mwanga nella
località di Namugongo divenuto ora un quartiere periferico di Kampala, la
capitale. Il martirio fu causato dalla disobbedienza dei preti ugandesi di
eseguire l’ordine del Re Mwanga di abbandonare la fede dei stranieri invasori.
I 22 martiri furono uccisi tramite rito tradizionale e i loro corpi dati alle
fiamme come segno di profondo disprezzo. Il massacro di Namugongo fu l’episodio più
drammatico della resistenza del Regno Bukanda all’imposizione della nuova
religione importata dal potere coloniale. Un opposizione inevitabile per il Re
Kabaka Mwanga. Il messaggio evangelico minava direttamente la religione
animista che autorizzava Mwanga a regnare sui sudditi. ” Per dare una lettura politica
dell’uccisione, si trasformano in preti dei giovani e ragazzi cristiani al
servizio presso la reggia che non vollero abiurare alla loro fede e soggiacere
alle avances di carattere sessuale del re. (En passant non si capisce come, nel caso, un
prete potrebbe essere anche il bisnonno dell’attuale arcivescovo di Kampala). Con tale
artifizio si fanno passare questi martiri ( leggi qui la loro storia) come degli strumenti di “distruzione delle fedi locali e la
sottomissione psicologica dei neri a favore delle potenze coloniale”, opera in cui
primeggiò “la congregazione belga dei Padri Bianchi, che assunse col tempo
elevato prestigio e potere”.La
congrezione, “
altamente razzista (basta comprendere il significato intrinseco del loro nome
Padri e Bianchi)” come l’autore la definisce in un rimando a un suo vecchio
pezzo, non è belga, cioè contigua al
paese colonizzatore della zona dei Grandi laghi, bensì fondata in Algeria dal
francese mons. C.M.A. Lavigerie , arcivescovo di quella città, e si chiama dei Padri Bianchi non perché
muzungu, bensì per via della lunga tunica bianca (gandura) accompagnata
dal mantello bianco (burnus), tipico elemento dell’abbigliamento
maschile dell’Africa del Nord. Dopo
queste due macroscopiche inesattezze, strumentali a sostenere delle tesi
preconcette, l’autore arricchisce il proprio pezzo di un’analisi
storico-politica della zona dei Grandi Laghi, in cui sono frequenti le
chiamate in causa della Chiesa, di cui ognuno, leggendo il pezzo, potrà farsi un'idea di come, a volte, si può offuscare uno scoop con qualche pregiudizio di troppo.
domenica 10 novembre 2013
Mutamenti di un continente, nel bene e nel male:un'analisi di P. Giulio Albanese
Padre Giulio Albanese |
Proponiamo l'interessante ed articolata analisi che Padre Giulio Albanese ha condotto sul suo blog Africana della situazione del continente africano, nel piu' ampio contesto internazionale. Ne esce un quadro che aiuta a comprendere molte delle dinamiche, palesi e nascoste, che stanno animando le politiche delle grandi potenze nei confronti dei paesi africani. Un pezzo da leggere per meglio comprendere quello che sta succedendo in Africa; un'ottima chiave di lettura anche di molti avvenimenti che interessano specifici teatri di crisi.Leggi Mutamenti di un continente, nel bene e nel male, cliccando qui.
sabato 9 novembre 2013
Il rwandese Donald Kaberuka eletto africano dell'anno 2013
Il rwandese Donald
Kaberuka, attuale Presidente dell'African Development Bank Group (ADB), e' stato
nominato africano dell'anno 2013 dai media continentali. Il riconoscimento premia in particolare l'impegno profuso nel promuovere il Fondo Africa 50,
strumento per mobilitare il finanziamento di progetti
infrastrutturali nel continente.
Ma chi è questo rwandese dal 2005 ai
vertici dell’African Development Bank Group, dove permarrà fino al termine del
secondo mandato nel 2015 ?
Donald Kaberuka come appare sul suo blog |
Attingiamo le notizie su questo figlio del Rwanda a
un nostro precedente post dell’agosto 2012. Il signor Kaberuka, nato il 5 ottobre 1951 a Rushaki nella provinciam di Byumba, ha avuto una brillante carriera nel settore bancario, del commercio internazionale e dello sviluppo. Dopo aver studiato presso l'Università di Dar es Salaam, in Tanzania , e aver conseguito un master e un dottorato in economia presso l'Università di Glasgow, ha lavorato come analista di materie prime a Londra presso Morgan, Grenfell & Co e Rayner internazionale, per poi trasferirsi in Costa d'Avorio , come capo economista per l'Inter-African Coffee Organisation. Una nomina a Segretario di Stato alle Finanze lo riportò in Rwanda e dove, nel 1997, è diventato ministro delle Finanze. Come ministro delle finanze e della pianificazione economica tra il 1997 e il 2005 è stato il principale artefice della ricostruzione economica del Rwanda dopo la fine della guerra civile. Ha avviato e attuato importanti riforme economiche e ha introdotto nuovi sistemi di governance strutturale, monetaria e fiscale, ponendo particolare attenzione all'indipendenza della banca centrale del Rwanda. Come si vede un curriculum di tutto rispetto, arricchito dal riconoscimento di africano dell'anno 2013, che potrebbe essere proficuamente messo a frutto per il suo paese di origine per il quale, in un'intervista del 2002, così si esprimeva.
venerdì 8 novembre 2013
A difesa del Kinyarwanda, lingua nazionale rwandese
Perché dobbiamo
difendere gelosamente il Kinyarwanda, è il titolo di un interessante
intervento di David Nkusi, uno studioso di patrimonio culturale, comparso sull’odierna
edizione de The New Times. Partendo dalla costatazione che “il linguaggio è probabilmente la
componente più importante della cultura che normalmente è trasmessa per via
orale, l’autore ricorda come “il Rwanda, a differenza di molti paesi in Africa,
sia uno stato unito sin dal periodo pre-coloniale, popolato da
"Banyarwanda" che condividono un’unica lingua e un unico patrimonio
culturale”. Questi due fattori vitali sono essenziali perché il Rwanda possa, attraverso una
cultura condivisa, superare i traumi dei conflitti passati e avviare un processo di ricostruzione e sviluppo
della società rwandese, non solo su basi politiche ed economiche, ma facendo riferimento anche ad elementi
intellettuali, emotivi e morali. “ La salvaguardia di tutti gli aspetti del patrimonio
culturale in questo paese, sia materiali che immateriali (musei, monumenti,
siti archeologici, musica, arte, lingua e artigianato tradizionale), è di
particolare importanza in termini di rafforzamento della identità culturale in
un senso di integrità nazionale “.Infatti, per dare un senso di continuità
storica all’indentità dei rwandesi, secondo l'autore andrà perseguito questo legame tra
lingua e cultura così da favorire, attraverso diverse dinamiche, “il dialogo e
l'inclusione sociale, che ci rende quello che siamo, consapevolmente, di
generazione in generazione”. Un intervento forse non totalmente in sintonia (chissà se il
caporedattore che ha passato il pezzo se ne è reso conto) con quello che sta accadendo in Rwanda, dove
molte scelte della nuova dirigenza sembrano andare in senso opposto a quanto
auspicato dall’articolista. Basti pensare al modo in cui è stata imposta l’adozione
dell’inglese, che ha quasi ghettizzato chi sa parlare solo Kinyarwanda e, all’opposto,
non ha stimolato molti dei fuoriusciti rientrati in Rwanda ad apprendere il
Kinyarwanda che molti non conoscono ( lo
confessano spesso anche molti giornalisti de The New Times nei loro pezzi in
inglese) o parlano a fatica, come nel caso, si dice, di qualche esponente ai
vertici della politica rwandese. Sull’argomento, già trattato in
passato, rinviamo in particolare al post del 22 dicembre
2010 e del 2 gennaio 2011.
Si pensi anche al cambiamento dei vecchi
nomi di molte città rwandesi, piuttosto che della toponomastica della
capitale.D’altronde, a tutte le latitudini e in ogni tempo è sempre
stata forte la tentazione per le nuove classi politiche assurte al potere di fare
tabula rasa del passato, anche se va detto che la storia non sempre ha premiato tale scelta.
giovedì 7 novembre 2013
Il Rwanda visto dalla Caritas svizzera
Non capita spesso di leggere articoli critici sul Rwanda, se si escludono quelli provenienti dai siti dell’opposizione o
da un’Ong come Human Rights Watch, che le autorità rwandesi ritengono pregiudizialmente
avversa. Non passa quindi inosservata la recente presa di posizione della Caritas svizzera, una realtà da
anni attiva in Rwanda, attualmente con una
iniziativa rivolta ai ragazzi di strada a Kigali e un’altra di
promozione della pace e della riconciliazione attraverso percorsi comunitari in diverse zone del paese. In un
comunicato del 31 ottobre la Caritas
svizzera interviene, infatti, sul processo di riconciliazione in Rwanda a 20 anni del
genocidio, fornendo un’analisi della
situazione del paese che si discosta di molto dai reportages, spesso
compiacenti, che siamo abituati a leggere sulla grande stampa internazionale.
Per rendere conto del comunicato, al momento non reperibile in rete ma reso disponibile dall’ufficio stampa della stessa Caritas in francese
(clicca qui per la
consultazione), ci affidiamo alla sintesi che ne ha fatto la Radio Vaticana
in un
servizio del 5 novembre a cura di Lisa Zengarini. "A quasi 20 anni
dal genocidio in Rwanda, il Paese africano non ha ancora compiuto il necessario
lavoro sulla memoria e sull'elaborazione di quella immane tragedia, condizione
indispensabile per un’autentica pacificazione nazionale. .....Secondo
l’organizzazione caritativa cattolica, il bilancio del Governo di Kigali
guidato dal Presidente Paul Kagame è ambivalente: se da un lato, è riuscito a
rimettere in piedi le infrastrutture distrutte durante lo sterminio,
dall’altro, esso continua ad imporre con la forza una versione unilaterale del
passato, mettendo a tacere tutte le voci dissenzienti. In questa versione le
milizie del Fronte Patriottico Ruandese (Fpr) oggi al governo, sono presentate
come forze di liberazione che nel 1994 riuscirono a porre fine al genocidio dei
tutsi e a liberare il Paese dal dominio degli hutu. Una verità messa in dubbio
dagli oppositori di Kagame, che ricordano come anche il Fpr si fosse macchiato
di massacri contro la popolazione civile hutu e che quindi il confine tra
vittime e carnefici non è così netto come pretende la versione ufficiale. Ed è
proprio a questa ricerca di una verità più equilibrata che si è strenuamente
opposto sinora il Governo Kagame, ricorrendo anche all’intimidazione. Chiunque
oggi osi rimettere in discussione la versione ufficiale sul genocidio del 1994
in Rwanda è punito anche con il carcere e anche l’ergastolo. Il tutto -
denuncia la Caritas svizzera – con la complicità della comunità internazionale.
In questo contesto – sottolinea il comunicato - è essenziale sostenere le
organizzazioni della società civile ruandese impegnate nella promozione della
pace e della riconciliazione.
“Un’interpretazione di parte del passato – sottolinea in conclusione il
comunicato - rischia di ostacolare una riflessione critica su quanto accaduto
soprattutto tra i giovani”...... "
martedì 5 novembre 2013
Quanto è facile pagare le tasse in Rwanda
Annualmente in Rwanda si celebra la
Giornata del contribuente in cui vengono premiati, non tanto i maggiori
contribuenti, quanto quelli che nelle diverse categoria hanno tenuto
comportamenti compatibili nel procedere
tempestivamente ai versamenti fiscali e nell’aderire a tutte le procedure
fiscali. Sabato scorso si è tenuta, alla presenza del presidente Paul Kagame la tredicesima
edizione della Giornata avente per tema: "Promuovere la conformità
fiscale: una responsabilità collettiva". La giornata, oltre a premiare i
vincitori nelle diverse categorie, la Banca di Kigali come maggior contribuente, MTN Rwanda, I & M Bank, fra i grandi, poi
c’erano i vinvitori dei medi per finire
con i piccoli contribuenti , è servita per un forte richiamo perché l’apporto
delle entrate fiscali possa progressivamente rendere indipendente il Rwanda
dagli aiuti stranieri, perché come sottolineato da Kagame "Non possiamo
fare affidamento su aiuti stranieri per sempre. Siamo una popolazione di 11
milioni di persone e quelli che pagano le tasse stanno facendo una buona cosa,
tuttavia, non vi è ancora un gran numero di coloro che non lo fanno ". La raccolta
totale delle entrate ha avuto negli anni un trend decisamente positivo, con un aumento di cinque volte dal 1998 al 2008, da
Rwf 68,4 miliardi nel 1998, a Rwf 344 miliardi nel 2008, per arrivare Rwf 665,8
miliardi nello scorso anno fiscale tra luglio 2012 e giugno 2013, per finire con una previsone per il nuovo anno fiscale di raccogliere Rwf 795,7 miliardi,
su un budget complessivo di Rwf 1.500
miliardi. Il progressivo miglioramento del comparto fiscale ha avuto un
significativo riconoscimento dalla Banca Mondiale che nel suo Rapporto Doing Business 2014, pubblicato la scorsa
settimana, colloca il Rwanda al 22esimo
posto su 189 paesi esaminati a livello
globale, per quanto riguarda la tax compliance, un
indice che sintetizza diversi parametri che vanno dalle aliquote applicate sui
redditi al numero delle imposte, al numero e alla complessità degli adempimenti
fiscali, al tempo richiesto per tali adempimenti ecc, in pratica di come il
fisco ti agevoli nel pagare le tasse con riferimento ai contribuenti imprese. Per apprezzare la performance del Rwanda segnaliamo che, nello stesso
Rapporto, l’Italia è al 138esimo posto.