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sabato 29 ottobre 2011

La grigliata di maiale insidia le brochettes

La consumazione della carne di maiale comincia a prendere piede in Rwanda. Nella capitale molti locali stanno costruendo il proprio successo sulle grigliate di porco, particolarmente gradite dalla clientela. Si direbbe che la grigliata di maiale cominci a far concorrenza alle tradizionali brochettes di capra, piatto nazionale rwandese. In città la carne di maiale è più conveniente rispetto a quella di  mucca (FRW 3000, $ 5 / kg alla griglia contro RWF 5000, più di $ 8) ed è anche apprezzata in quanto più gustosa. Una recente inchiesta dell’agenzia Syfia  rivela però come la catena di lavorazione della carne, dalla macellazione alla distribuzione e alla conservazione, non sia particolarmente presidiata dai servizi veterinari per cui è abbastanza normale che si macellino maiali malati e che sui tavoli dei ristoranti arrivi della carne a rischio, proveniente dalle campagne in forme non del tutto legittime e scarsamente rispettose delle condizioni igieniche.
Il  successo della carne di maiale in Rwanda è un fenomeno abbastanza recente; nel passato il maiale era scarsamente diffuso nelle campagne, dove si privilegiava e tuttora si privilegia l’allevamento delle capre. Ora anche nei villaggi si cominciano a incontrare, sempre più di frequente, famiglie che possiedono un proprio maiale e qua e là si incontrano dei piccoli allevamenti. Per quanto verificato in loco, bisogna però dire che le tecniche di allevamento sono ancora migliorabili sia per le modalità di ricovero degli animali e, soprattutto, per l’alimentazione. Ci è capitato di vedere maiali alimentati con  pastoni a base di farina, lasciando inutilizzati scarti di cucina come bucce di patate piuttosto che di banana o avocado lasciati marcire al suolo piuttosto che essere dati ai maiali. Ci rimane poi  la curiosità di conoscere  come avvenga la macellazione e la consumazione; tenuto conto che, stante il clima locale, sarà difficile che si possano produrre degli insaccati, vorremmo capire se anche in Rwanda del maiale non si butta niente.

martedì 25 ottobre 2011

Un nuovo romanzo sul Rwanda

I Cento giorni (Einaudi, pagg. 216, euro 15, traduzione di Daniela Idra) è il romanzo d’esordio che il drammaturgo elvetico Lukas Bärfuss ha ambientato in Rwanda nel periodo che va dall'aprile al luglio del 1994, quando il Paese, che veniva considerato «la Svizzera africana», si trasformò nel teatro di «uno dei crimini del secolo».Il libro viene così presentato dall'editore: David Hohl, uno svizzero tranquillo, nel 1990 parte per il Rwanda, per aggregarsi a un importante progetto di cooperazione. Nel panorama africano, il paese è una positiva anomalia con allevamenti di bestiame, con programmi di riforestazione, con una situazione politica tutto sommato stabile. La collaborazione funziona, i risultati non mancano. Ingenuo e idealista, Hohl stenta a comprendere una realtà radicalmente altra, un universo enigmatico, talvolta minaccioso e in ogni caso non valutabile in base ai parametri occidentali. Nel rapporto con l'affascinante Agathe, una donna dalla sensualità dirompente, intuisce forse di trovarsi di fronte a questo baratro di incomprensione. Ma non è sufficiente: nonostante tutte le avvisaglie, nei quattro anni che trascorre nel paese non si rende conto della tragedia che si sta preparando. E così scivola, quasi impercettibilmente, in un incubo: quando, nella primavera del 1994, ha inizio il massacro, cerca di tenere i contatti con la donna - che con gli anni ha maturato una sua coscienza politica e muore di colera in un campo profughi -,non parte con gli altri occidentali, per cento giorni rimane recluso nella sua abitazione e diventa così testimone e in qualche modo complice del genocidio che costò la vita a quasi un milione di persone.
«Negli anni seguenti ho cercato di tenere lontano dalla mia vita ogni turbamento e solo a volte, quando ascolto la tanta gente arguta e leggo i tanti libri intelligenti che da allora sono stati scritti su quel periodo, allora cerco il mio nome nell'indice analitico, e il nome del piccolo Paul, sotto Direzione della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario, e quando eccezionalmente li trovo, al massimo c'è scritto che eravamo lì e forse anche che abbiamo investito in quel paese più soldi di tutte le altre nazioni. La nostra fortuna è sempre stata che in ogni crimine in cui era coinvolto uno svizzero ci fosse sempre di mezzo qualche farabutto più grosso, che attirava su di sé l'attenzione e dietro il quale potevamo nasconderci. No, non appartenevamo a quelli che commettevano bagni di sangue. Erano altri a farlo. Noi ci sguazzavamo dentro. E sapevamo perfettamente come bisognava muoversi per restare a galla e non affondare in quella salsa rossa».

domenica 23 ottobre 2011

Il proverbio della domenica

Inkoni y'umukene ayigegena ayigeraho

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Il povero adatta il suo bastone alla sua misura

venerdì 21 ottobre 2011

Stop alle bici sulle strade asfaltate

Non si vedranno più biciclette sfrecciare sulle strade asfaltate rwandesi di maggior scorrimento e su  quelle cittadine.Secondo nuove disposizioni, queste strade sono precluse alle biciclette, rimanendo l’utilizzo riservato a pedoni, camion e macchine. La nuova normativa non è certo stata ben accolta dai numerosi utilizzatori occasionali della bicicletta, come mezzo di spostamento, costretti a ripiegare sui pulmini e sui taxi,  e, a maggior ragione, da tutti coloro per i quali la bicicletta è strumento di lavoro: bicitaxi e trasportatori di merci. Con la motivazione che le biciclette sono tra le maggiori cause di incidenti stradali sulle arterie di maggior traffico, le autorità rwandesi hanno preso la decisione, molto impopolare, di rendere queste strade off limits per le biciclette. Già si è assistito ai primi sequestri delle biciclette dei ciclisti colti a violare, per la seconda volta, questa disposizione. Alle molte lamentele che si sono sollevate da più parti, si è aggiunta la voce di chi non manca di sottolineare come tale scelta sia in controtendenza con quanto succede nel resto del mondo, dove la bicicletta è stata riscoperta come mezzo di trasporto ecologico, soprattutto nelle città. Forse quest’ultima è la critica che più darà fastidio alle autorità rwandesi, sempre così attente ad essere sempre à la page.

martedì 18 ottobre 2011

Una storia rwandese

“Troppo bella per essere vera” è la prima reazione che si ha leggendo la storia che l’agenzia Syfia riporta nel suo ultimo lancio via internet. Una storia che affonda le radici nei tragici eccidi del 1994, quando in un villaggio rwandese dalle parti di  Nzahaha, un settore del distretto di Rusizi nel sud ovest, Gratien Nyaminani uccise Védaste Kabera, il marito di Bernadette Mukakabera. Dopo il genocidio, Nyaminani è stato arrestato, condannato e imprigionato. Durante la prigionia, sua figlia Donata, quasi a voler riparare le gravi colpe del padre  aveva  con molto coraggio cominciato  ad aiutare la famiglia di Mukakabera in tutti i lavori domestici.Superando la comprensibile diffidenza iniziale della signora Bernardette, ma più in generale della comunità del villaggio, Donata ha fatto breccia nel cuore della vedova : "Il suo atteggiamento mi ha sconcertato – ricorda Bernardette- ... Lei piangeva e mi implorava il perdono per suo padre." Passando attraverso un percorso non facile che cancellasse tutti i sentimenti d’odio e di vendetta scatenati dalla perdita violenta del marito per mano del vicino di casa, il momento del perdono è arrivato   dopo che in un processo gacaca era stato concesso l'indulto a Nyaminani. Al rilascio dalla prigione ha fatto seguito una speciale cerimonia con la richiesta da parte di Nyaminani  del perdono alla famiglia della vittima. Famiglia del carnefice e famiglia della vittima si sono riconciliate. Donata è ormai accettata  nella famiglia di Bernardette quasi come una figlia.Ma la storia, che sarebbe sufficientemente edificante se finisse qui, ha sviluppi ancora più incredibili quando Bernardette si sente dire da suo figlio Alfred Uzabakiriho, al quale  evidentemente non sono sfuggite le grazie e le doti della sorellastra, : "Mamma, voglio sposarmi e non riesco a trovare una donna migliore di Donata ". Il matrimonio dei due giovani suggella la definitiva riconciliazione delle due famiglie. Una  storia troppo bella per essere vera?
Ai nostri amici rwandesi il compito di verificarne la fondatezza; ne hanno tutti gli elementi : nomi dei protagonisti e luoghi della vicenda.
Leggi  l'articolo in francese dell'agenzia Syfia.

sabato 15 ottobre 2011

Indice globale della fame:ancora "allarmante" la situazione del Rwanda

E’ stato presentato nei giorni scorsi, alla vigilia della giornata mondiale dell’alimentazione che si celebrerà domani 16 ottobre, il Rapporto predisposto dall'International Food Policy Research Institute (IFPRI) contenente il Global Hunger Index GHI- Indice globale della fame.Al fine di individuare i livelli di fame il Global Hunger Index prende in esame tre indicatori: la percentuale di persone che sono denutrite, la percentuale di bambini sotto i cinque anni che sono sottopeso e il tasso di mortalità infantile.L’indice classifica i paesi assegnando un valore da 0 a 100, dove 0 rappresenta il valore migliore (assenza di fame) e 100 il peggiore, per quanto nella pratica non venga mai raggiunto nessuno dei due estremi. La scala mostra la gravità della fame – da un livello "basso" a "estremamente allarmante" – associata con la gamma di possibili punteggi di GHI:> 30.0 Estremamente allarmante, 20.0–29.9 Allarmante,10.0–19.9 Grave, 5.0–9.9 Moderato, < 4.9 Basso.      Sulla base dei parametri presi in esame, che per il Rwanda evidenziano le seguenti dinamiche : Popolazione denutrita : 34% ( dato riferito al 2007 a fronte del 44% nel 1990 dopo una punta del 53% nel 95/97);   Bambini sottopeso sotto i 5 anni: 18% (24.3% 1990);  Tasso di mortalità sotto i cinque anni: 11,1% (17.1% 1990) ; il GHI attribuito al paese delle mille colline risulta di 21,0, in diminuzione dal 28,5 del 1990, passando dal 32,7 del 1996 e il 25,2 del 2001. Sui 122 paesi presi in esame nel Rapporto, il Rwanda si colloca al 60esimo posto, dietro a Togo e Tanzania e davanti a Liberia, Sudan, Madagascar, Mozambico, Niger, India, Zambia e Angola. La situazione rwandese, pur con i miglioramenti realizzati negli ultimi anni, rientra ancora, purtroppo, nella categoria “allarmante”.             

martedì 11 ottobre 2011

Una sfida per il nuovo ambasciatore belga a Kigali

Ieri ha presentato le proprie credenziali il nuovo ambasciatore belga, Marc de Pecsteen Buyrswerve, il quale si è affrettato ad assicurare che favorirà gli scambi e gli investimenti, portando gli investitori belgi in Rwanda. Ha quindi aggiunto:"Questa è la mia prima volta ad essere un ambasciatore e ciò che mi ha emozionato è quello di diventare un ambasciatore in un paese come il Rwanda che ha un lungo rapporto storico con il Belgio. Continuerò sulla base della cooperazione bilaterale già esistente. " Sarebbe importante se il nuovo ambasciatore affrontasse anche il problema da noi sollevato della gestione dei visti dei cittadini rwandesi che intendono visitare i paesi dell’Unione Europea. Come noto, si veda in proposito il nostro post del   24 agosto scorsoil Belgio si è riservato a livello europeo una specie di diritto di veto al rilascio di un visto d’ingresso a cittadini rwandesi da parte di ogni altro paese facente parte dell’Unione europea. Non si tratta di far valere motivi di sicurezza che potrebbero più opportunamente essere trattati avvalendosi dello strumento del SIS-Sistema Informatico Schengen, una specie di black list dove vengono inseriti tutti i soggetti da tenere sotto controllo per motivi di giustizia o di pericolo di terrorismo, ma di un vero e proprio diritto di veto di assoluta discrezionalità che può colpire indistintamente ogni cittadino rwandese intenzionato a venire in Europa. L’esercizio di questo diritto assume forme decisamente antipatiche, innanzitutto  perché spesso non se ne conosce la motivazione  o, peggio, quando l’ambasciata si degna di far conoscere le motivazioni si scopre, come ci è capitato di verificare di persona, che sono del tutto ridicole e offensive nei confronti del lavoro istruttorio delle cancellerie consolari degli altri paesi.Ecco, se il nuovo ambasciatore facesse in modo di rimuovere, o per lo meno allentare, questo strumento che abbiamo bollato come neocolonialismo di ritorno, forse l’auspicata cooperazione bilaterale verrebbe aggiornato a un rapporto tra stati sovrani, rimuovendo ogni ombra  di passate dipendenze coloniali.

domenica 9 ottobre 2011

Il proverbio della domenica

Umuhini mushya utera amabavu.


Il manico della zappa troppo nuovo
lascia le fiacche sulle mani.

sabato 8 ottobre 2011

Parte una nuova università nel distretto di Byumba

La Mount Kenya University, una istituzione privata keniota, è intenzionata ad  aprire un campus universitario nel distretto di Byumba. L'università, che ha già due campus a Kigali, ha chiesto al distretto  un appezzamento di terreno per costruire il campus. I corsi che dovrebbero essere attivati  riguarderanno la formazione di infermiere e farmacisti, oltre che programmi rivolti al miglioramento della formazione degli insegnanti delle scuole primarie e secondarie.Le iscrizioni sono già aperte; i promotori contano di poter avere anche studenti provenienti dal vicino Uganda.
Dopo i numerosi corsi di laurea generalisti, finalmente un corso che dovrebbe fornire figure con una specializzazione, come quella infermieristica, di cui si sente veramente l’esigenza.

domenica 2 ottobre 2011

Buon viaggio Sunny: raccontaci anche l'altro Rwanda

Il giornalista   Sunny Ntayombya, già citato su questo blog, nel suo commento  odierno su The Sunday Times, annuncia che farà un giro nei villaggi rwandesi per raccontare anche quella realtà.
Così motiva questa sua decisione: "Perché vado al villaggio?  Bene, ho vissuto in una grande città tutta la mia vita ed è stato fantastico. La possibilità di andare in un caffè e gustare una tazza di cappuccino, di visitare una libreria, di avere l'acqua corrente e l'elettricità regolarmente sono  cose che ho imparato ad amare. E con buona ragione, questi servizi sono cose che rendono la nostra vita quotidiana più facile e più divertente. Ma negli ultimi due mesi, standomene seduto in ufficio a guardare i vari rapporti, ho iniziato a sentirmi molto curioso di conoscere la grande incognita, almeno per me: il Rwanda rurale".
Noi, che abbiamo più volte criticato quei giornalisti occidentali che scrivono del Rwanda fermandosi a Kigali, siamo prima sorpresi nell'apprendere che un commentatore rwandese confessi la sua scarsa o nulla conoscenza del Rwanda che vive fuori di Kigali ( dopo aver confessato recentemente la sua scarsa dimistichezza con il Kinyarwanda)  e poi curiosi di conoscere quello che il simpatico Sunny scriverà di ciò che avrà visto con i suoi occhi nei villaggi che visiterà; speriamo non facendosi indirizzare dai solerti funzionari governativi sempre pronti a presentare  qualche iniziativa promozionale del governo.Vada nei villaggi dove non arriva la corrente elettrica, dove non c'è l'acqua fuori l'uscio di casa, ma a qualche kilometro di distanza, dove è difficile mettere insieme il pasto quotidiano e poi venga a raccontarci quello che ha visto. Quindi,  buon viaggio  Sunny, attendiamo i tuoi  reportage con molta curiosità!