Pagine

lunedì 4 giugno 2018

Nei tribunali ruandesi istituite sezioni speciali per processare casi di corruzione

Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della nuova legge n. 012/2018 del 04/04/2018, che determina l'organizzazione e il funzionamento del sistema giudiziario, è stata introdotta a livello di tribunale intermedio una camera specializzata che perseguirà i reati di corruzione e altri reati economici. Nei dodici tribunali intermedi del paese,  dove già esistevano  camere speciali in materia di diritto familiare, di amministrazione e di lavoro, prenderanno il via camere specializzate appunto nei casi di corruzione e di reati economici. Tali reati saranno considerati speciali e attireranno l'attenzione di giudici che riceveranno un addestramento di qualità e avranno più tempo per concentrarsi sulla loro area che comprenderà, oltre alla corruzione, anche  reati come l'appropriazione indebita e il riciclaggio di denaro sporco.La nuova iniziativa del governo ruandese si inquadra nella più ampia politica di "tolleranza zero alla corruzione", uno dei pilastri su cui la  nuova governance ruandese ha costruito la storia di successo del nuovo Rwanda, come descritta nel recente studio Aiutiamoli a casa loro Il modello Rwanda di cui riportiamo qui di seguito il relativo paragrafo.

La lotta alla corruzione
Tra i fattori determinanti della storia di successo del Rwanda, la lotta alla corruzione
è sicuramente tra i più qualificanti, grazie all’impegno delle autorità ruandesi che ne hanno fatto uno degli elementi caratterizzanti la propria azione di governo.
Proprio perché la corruzione è unanimemente ritenuta tra i maggiori ostacoli allo sviluppo per i paesi africani, e non solo. Come sostenuto dal suo presidente, Paul Kagame, il Rwanda, come qualsiasi altro Paese, non può permettersi il lusso di scendere nella palude della corruzione: "una deriva grave per qualsiasi Paese, ma ancora più devastante per l'economia di un Paese in via di sviluppo come il Rwanda". Per questo, anche per smentire troppi luoghi comuni secondo cui l'Africa è la patria della corruzione, anche se poi certe legislazioni occidentali consentono alle proprie società di appostare nei propri bilanci le tangenti pagate per fare affari in Africa, la lotta alla corruzione in Rwanda è particolarmente attiva ed efficace. Di recente sono state sottoposte ad indagine, da parte della procura generale, 30 istituzioni pubbliche per riscontrare se i sospetti di appropriazioni indebite e cattiva gestione dei fondi pubblici denunciate dall'ufficio del Revisori dei conti trovassero riscontro, così come certe inerzie dei responsabili apicali a denunciare eventuali casi sospetti. La lotta alla corruzione può anche contare in Rwanda sulla collaborazione dei cittadini che sempre più di frequente si rendono disponibili a segnalare casi corruttivi di cui vengono a conoscenza. In questo agevolati da una norma di legge che protegge tutti coloro che volontariamente forniscono informazioni su fatti criminosi della specie, garantendo agli stessi un livello di riservatezza, sia in sede di denuncia che di testimonianza in tribunale. Come dicono in Rwanda, chiunque può fare un fischio al numero verde, il 199, per segnalare fatti di corruzione. Dai dipendenti di una determinata istituzione ai consulenti, dagli appaltatori fino ai fornitori di servizi, chiunque sia in possesso di informazioni preziose, che possano condurre al perseguimento di coloro che abusano della fiducia pubblica nella gestione delle risorse pubbliche, non dovrebbe esitare a denunciare i fatti, consentendo alle autorità preposte di portare le prove in tribunale. L'Ufficio del Difensore civico è autorizzato a compilare regolarmente e rendere pubblico un elenco della vergogna senza attendere la pubblicazione di una relazione annuale, sperando che poi i media facciano la loro parte nel denunciare corrotti e corruttori. In effetti, non passa giorno che sul principale quotidiano del Paese, il filogovernativo The New Times, non si legga di qualche arresto di funzionario o amministratore pubblico per fatti di corruzione. Periodicamente compaiono editoriali in cui si proclama con enfasi che il Rwanda è un Paese che non solo ha predicato la tolleranza zero per uno dei vizi più antichi del mondo - la corruzione - ma ha messo in pratica ciò che predica. Dove non arriva la stampa ci pensano grandi manifesti pubblicitari, che s’incontrano nelle principali città del Paese, a richiamare la popolazione a un’azione vigile nella lotta alla corruzione. La lotta alla corruzione spazia dagli esponenti politici di livello, dove a volte una denuncia per corruzione diventa strumento di regolamento di conti all’interno della classe di governo, ai grandi burocrati e funzionari pubblici. A volte, come successo nel 2009, la repressione dei fenomeni corruttivi colpisce anche abusi diffusi ai livelli bassi dell’apparato amministrativo dello stato. Ne è un esempio quanto accaduto qualche anno fa all’interno del programma governativo “One Cow” che prevede l’assegnazione di una mucca per ogni famiglia bisognosa. Infatti, di fronte all’emergere che ben 17.000 mucche, sulle circa 70.000 distribuite, erano state assegnate a beneficiari che non rientravano tra quelli aventi i requisiti necessari per usufruire dell’aiuto governativo, le autorità sono prontamente intervenute.  Per stroncare il fenomeno che aveva coinvolto, tra gli altri, anche diversi dirigenti locali che avevano trattenuto per sé le mucche, magari con la scusa che la famiglia destinataria era troppo povera per essere in grado di prestare le necessarie cure alla mucca a cui aveva diritto, ai profittatori sono stati dati due giorni di tempo per riportare la situazione alla normalità, recuperando le mucche finite nelle mani di non aventi diritto per assegnarle ai reali beneficiari. Mentre alcuni amministratori, che avevano acquisito in modo fraudolento le mucche, sono stati immediatamente arrestati dalla polizia, altri hanno restituito la mucca che avevano ottenuto in maniera più o meno fraudolenta. La lotta alla corruzione passa anche attraverso un’attenta vigilanza sui patrimoni personali che i dipendenti pubblici devono annualmente segnalare alle autorità. I funzionari pubblici che non rispettano tale obbligo di legge, sono penalizzati con la detrazione di un quarto del loro stipendio. Nel 2016/17, sono stati 1.088 i funzionari pubblici che hanno dichiarato la loro ricchezza. Di questi, sei che non sono stati in grado di spiegare la fonte della loro ricchezza sono stati indagati con la conseguenza che tre casi sono stati consegnati all'azione penale. Altre 60 persone che non hanno dichiarato la loro ricchezza nel 2016 sono state censurate. La lotta alla corruzione in Rwanda ha trovato riscontro, col passare degli anni, anche nell'Indice di percezione della corruzione (CPI) di Transparency International che offre la misurazione della corruzione nel settore pubblico e politico di 180 Paesi nel Mondo: nel 2017 il Rwanda si colloca al 48° posto al mondo, terzo tra i paesi africani dietro il Botswana (classificato 34 ° a livello mondiale) e le Seychelles (36°), a confronto del 54° dell'Italia. In termini di percentuali, il Botswana ha segnato un punteggio di 61/100, le Seychelles di 60/100, mentre il Rwanda ha ottenuto 55/100, a fronte di una media dell’Africa subsahariana di 32/100. Il risultato del Rwanda assume ulteriore valore se lo si confronta con i paesi facenti parte dell’'Africa orientale: con il Burundi 157°, l’Uganda 151°, il Kenya 143° e la Tanzania 103°.

Nessun commento:

Posta un commento