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venerdì 28 luglio 2017

Intervista alla superiora delle clarisse di Kamonyi

L'agenzia AciStampa dedica un suo lancio alle clarisse di Kamonyi.Il pezzo, a firma Simone Baroncia, ripercorre la storia della presenza della clarisse in Rwanda così come da noi descritta in un precedente post ed e' arricchito da una interessante intervista alla responsabile della comunita' di Kamonyi che qui di seguito riportiamo.
"Alla madre superiora, suor Maria Letizia Mukampabuka, abbiamo chiesto di raccontarci il ruolo delle consacrate nella Chiesa africana: “Le persone consacrate hanno una forte attività nei Paesi africani, i quali sono ancora in via di sviluppo. Qui in Rwanda come altrove le persone consacrate si occupano di una grande parte dell’educazione nelle scuole a tutti i livelli a anche le Istituzioni di qualche Università Cattolica. Le Consacrate hanno anche un posto molto importante nei settori dalla salute (sanità): ospedali, ambulatori, pronto soccorso. Sia fisico, psichico, morale. In questi settori, le Consacrate trovano modo di Evangelizzare e promuovere azioni di Pace, di Giustizia e l’armonia tra i popoli”.
Come si vive la fede cattolica in Rwanda?
“La Vita Contemplativa è come il motore che attiva dal di dentro tutte queste attività, dandole un’immagine di vita eterna. Attraverso creature chiamate a una vita di preghiera, di lode e di adorazione. Così l’opera dell’uomo si trasfigura e va al di là del visibile e umano per rispondere ai desideri di Dio Creatore e Padre e soprattutto accogliere i suoi disegni d’Amore per l’Uomo, figlio prediletto e il creato in genere. Certo, tutto dipende della fede, comunque si potrebbe dire che il popolo Rwandese risponde abbastanza bene a questi valori, testimoniando nella vita, momenti di riconciliazione e azioni di unità. Tutto questo lo si può attingere da una vita di Preghiera, incoraggiata anche da modelli Evangelici”.

martedì 25 luglio 2017

Iniziati i lavori dell'acquedotto Rubaya-Kabugo

I primi lavori sulla sorgente
Sono iniziati la settimana scorsa i lavori per la realizzazione dell’acquedotto di Rubaya-Kabugo nella parrocchia di Bungwe. Si tratta di un acquedotto che porterà l’acqua potabile a due piccoli villaggi della campagna rwandese, Rubaya e Kabugo, dove spesso la normalità di poter disporre di un bicchiere d’acqua comporta lunghi e faticosi viaggi, anche di kilometri, per raggiungere le poche sorgenti disponibili. L’opera, finanziata all’associazione Kwizera e realizzata dall’impresa Falide di Byumba con l’apporto della popolazione locale, convoglierà l’acqua attinta a due sorgenti locali, attraverso circa 4.000 metri di tubazione e le cisterne necessarie, alle due comunità di Rubaya e di Kabugo. Rubaya  è un villaggio di circa 749 famiglie raccolte attorno alla Chiesa cattolica, alla scuola, al centro di sanità, agli uffici della comunità civile, al mercato e al macello. Kabugo è una comunità di 150 famiglie dotata di una scuola materna, di una chiesa cattolica e di una protestante. L’inizio dei lavori è stato salutato con favore dalle autorità civile del posto, a partire dal capo del distretto di Gicumbi, Juvenal Mudaheranwa.  La spesa complessiva è stata preventivata in 15,5 milioni di franchi rwandesi, corrispondenti  a circa  17.500 euro. L’intero importo è stato reso disponibile dalla munifica donazione di una benefattrice in memoria di Lia e Rita Accorsini.

venerdì 21 luglio 2017

Parte la telemedicina rwandese anche come strumento di formazione per i medici

Nel momento in cui il Progetto Africa-Italia-Africa, vedi nostro post del febbraio scorso, potrebbe approdare sui tavoli ministeriali per una valutazione circa la sua reale fattibilità, questa notizia conferma indirettamente la fondtezza della proposta di stage professionalizzanti per giovani medici rwandesi di cui il progetto si compone. Il Ministero della Salute rwandese ha lanciato un progetto di telemedicina all'ospedale di Shyira nel distretto di Nyabihu, che dovrebbe contribuire, attraverso l’utilizzo dell’ITC, a un contenimento complessivo dei costi della sanità rwandese a partire da quelli  di trasferimento dei pazienti ad altri ospedali e, soprattutto per quanto ci riguarda, di formazione dei medici.Pur tra inevitabili difficoltà nei collegamenti via internet, che non sempre garantiscono la continuità delle comunicazioni, il progetto dovrebbe consentire ai medici dell’ospedale di avere contatti  con 64 medici specialisti di tutto il mondo, dalla Nigeria agli Stati Uniti, dal Congo all’Uganda,  che trattano diverse malattie e da cui i medici rwandesi potranno avere  importanti supporti.
Parlando al lancio dell'iniziativa, il dottor Innocent Turate, responsabile del centro HIV e di altri reparti di controllo delle malattie infettive nel Centro Biomedico Rwanda, ha dichiarato: "La tecnologia permetterà ai medici di chiedere un secondo parere da esperti di altri ospedali come CHUK, King Faisal o all'estero oltre che beneficiare di formazione e tutoraggio che possono essere forniti da specialisti al di fuori del paese".
A sua volta, il dottor Theoneste Rubanzabigwi, direttore dell'ospedale, sottolineando la necessità di avere medici esperti in Rwanda, ha aggiunto che poichè  " i medici locali necessitano di più formazione e di apprendere di più da medici più anziani, questo progetto aiuterà a ottenere tale formazione senza necessariamente incontri  faccia a faccia ". In quest'ottica, il Progetto pilota per il Rwanda di Stage professionalizzante per giovani medici africani, che fa parte dl più ampio Progetto Africa-Italia-Africa, sembra pienamente rispondente alle necessità evidenziati dai responsabili della sanità rwandese.

lunedì 17 luglio 2017

Iniziata la campagna per le presidenziali 2017: si accendono i riflettori sul Rwanda






E’ iniziata la campagna elettorale delle presidenziali 2017 in previsioni delle elezioni che si terranno  il prossimo 4 agosto e che  decreteranno il prossimo presidente del Rwanda. Tre sono i candidati che concorrono: il presidente uscente Paul Kagame, esponente del Fronte patriottico rwandese (RPF), Frank Habineza del Partito  Verde del Rwanda e il candidato indipendente Philippe Mpayimana. Sul risultato, scontato come nessun altro mai essendo incerta solo la percentuale con cui Kagame si aggiudicherà la tornata, dovrebbero vigilare osservatori internazionali; almeno così recitava un articolo comparso sull’edizione on line
del quotidiano The New Times, ora stranamente non più raggiungibile, in cui si parlava di rappresentanti del The Carter Center, nella persona dell'ex segretario di stato americano John Kerry, e di esponenti dell'Unione Europea. Come naturale, in coincidenza del periodo elettorale si sono accesi anche i riflettori sul Rwanda da parte della stampa  internazionale e delle ong impegnate nella difesa dei diritti umani.  Così è uscito un rapporto dell'ong HumanRights Watch , sdegnosamente respinto dalle autorità governative, in cui si denunciano esecuzioni sommarie da parte della forze di sicurezza rwandesi di una quarantina di piccoli criminali nella parte occidentale del paese. A sua volta, l'autorevole settimanale britannico The Economist ha pubblicato un articolo dal titolo, Many Africans see Kagame’s Rwanda as a model. They are wrong, ( Molti africani vedono il Rwanda di Kagame come un modello. Si sbagliano), in cui, dopo aver riconosciuto gli indubbi meriti della governance rwandese  a partire dal 1994, conclude, dopo aver evidenziato le criticità in tema di diritti e libertà democratiche, con un brutale benservito a Paul Kagame: " Dopo le elezioni  l'uomo forte del Rwanda dovrebbe ritirarsi con grazia". Presumibilmente, questo è solo l'inizio; da qui  in avanti, per qualche tempo, il Rwanda sarà sotto i riflettori della comunità internazionale e con i riconoscimenti arriveranno, immancabili, anche le critiche. 

mercoledì 12 luglio 2017

Come rispondere ai bisogni economici della Chiesa rwandese: esperti a confronto

I rappresentanti delle diocesi rwandesi, esperti in affari economici, sono riuniti in questi giorni a Kigali, presso il centro  San Vincent Pallotti di Gikondo, per un workshop  sui bisogni finanziari e sulla gestione delle risorse economiche della Chiesa rwandese. Perché, come affermato nell’indirizzo di saluto di Mons Célestin Hakizimana, Vescovo di Gikongoro e Presidente della Commissione episcopale per gli affari economici,  è "il momento per la Chiesa cattolica di rivedere le proprie strategie nella mobilitazione dei fondi necessari per condurre correttamente il proprio apostolato, pervenendo, dopo tanto parlare, a proposte efficaci che rispondano alle pressanti sfide a cui sono chiamate le diverse diocesi. Nel seminario, i partecipanti si scambieranno le loro esperienze interrogandosi su come porre rimedio alla sempre più evidente carenza di fondi, di come reperire nuove risorse finanziarie e su come gestirle al meglio, così come dare attuazione con professionalità ai diversi  progetti in cui quasi tutte le diocesi sono impegnate. Nel dibattito dovrebbe avere spazio, in primis, la valorizzazione del consistente patrimonio di terreni agricoli di cui dispongono tutte le diocesi, non poche volte abbandonato a se stesso e comunque non valorizzato appieno, secondo i criteri di una moderna agricoltura che, in mano ai privati, in Rwanda comincia a dare risposte reddituali significative. Anche nel caso di loro affidamento a cooperative agricole, attenti criteri gestionali accompagnati all’introduzione di più moderne tecniche agricole  può portare a rese economiche importanti con beneficio di tutte le parti coinvolte, superando anche la mera logica della lotta alla fame. Senza dimenticare che terreni incolti richiamano l’attenzione delle autorità con il conseguente rischio di non improbabili misure di esproprio ( vedi al riguardo questo nostro vecchio post)Anche molti edifici costruiti nel passato richiederebbero opere di recupero e ripristino. Troppo spesso, infatti, vengono messi in campo nuovi investimenti immobiliari, lasciando inutilizzati e destinati a un inevitabile degrado immobili che potrebbero essere ancora utilizzati. Da ultimo un’attenzione dovrebbe essere riservata alla valorizzazione, nel lungo termine, di investimenti già in essere, come nel caso della banca RIM. In questo momento in Rwanda le attività finanziarie stanno attirando l’attenzione degli investitori esteri per le potenzialità che il mercato offre, le diocesi dovrebbero quindi vedere nella RIM non solo uno strumento per intervenire a sostegno dei risparmiatori e delle famiglie, ma anche un vero e proprio investimento che dovrebbe garantire un ritorno in termini di dividendi annui nel breve periodo e una sua crescita di valore nel tempo. Altrettanto va detto per iniziative in campo turistico ( alberghi e ristoranti). Fondamentale resta però la gestione professionale di tutte queste attività, che devono essere affidate primariamente a professionisti e tecnici affidabili e provati, qualità non necessariamente riscontrabili in un bravo sacerdote ( vedi questo post).Per quanto invece riguarda il reperimento di fondi da donatori esteri rimangono sempre valide queste nostre passate  riflessioni ( clicca qui).

sabato 8 luglio 2017

Benvenuti nel club ”Aiutiamoli a casa loro”

Sull’immigrazione si cambia verso.Improvvisamente, quasi come l’esplodere di un temporale estivo, irrompe nel dibattito politico un cambiamento nella politica italiana sull’immigrazione. Ne fanno testo le dichiarazioni di diversi esponenti politici, a partire dall’ineffabile Matteo Renzi.
Post pubblicato e prontamente rimosso
  sul sito del PD
«Dobbiamo avere uno sguardo d'insieme uscendo dalla logica buonista e terzomondista per cui noi abbiamo il dovere di accogliere tutti quelli che stanno peggio di noi - scrive il leader del Pd nel suo ultimo libro, Avanti -. Se qualcuno rischia di affogare in mare, è ovvio che noi abbiamo il dovere di salvarlo. Ma non possiamo accoglierli tutti noi». E ancora « è evidente che occorre stabilire un tetto massimo di migranti, un numero chiuso..... nel rispetto della sicurezza e della legalità». 
Di rincalzo il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, dopo aver affermato ieri come in Italia «non  ci sia una capacità di accoglienza illimitata», ha riaffermato oggi al G20  « la  differenza giuridica tra rifugiati e migranti economici. Ma questi sono oltre l'85% degli arrivi e quindi gestire e contenere i flussi è e sarà sempre più una sfida europea e globale - aggiungendo inoltre - occorre investire in Africa per lo sviluppo e contro le conseguenze del cambiamento climatico, stabilizzare la Libia, combattere i trafficanti di esseri umani». 
Lo stesso Enrico Letta, padre della missione Mare Nostrum, si adegua, dicendo sì a «una distinzione netta tra i richiedenti asilo per ragioni politiche, rifugiati che scappano e hanno diritto ad una tutela totale, e coloro che vengono per ragioni economiche rispetto ai quali è giusta una selettività, sono giuste delle quote». 
Come si vede cambia anche il linguaggio anche se, purtroppo, ancora oggi c'è chi non smette di giocare con le parole, come capita al sito della Caritas di una importante diocesi italiana in cui l'emergenza migrazione è trattata sotto l'insegna, leggermente mistificatoria, "Accoglienza profughi".Caso a parte è quello della presidente della Camera, Laura Boldrini, che dalla sua ha l'aggravante di essere una conoscitrice del fenomeno per i suoi trascorsi professionali di portavoce per l'Italia dell'agenzia ONU per i profughi UNHCR, che archivia tutte le sue passate crociate con questo tweet che le merita l'immediata ammissione al club "Aiutiamoli a casa loro":
Fuori tempo massimo, ma sono arrivati anche  loro, veri responsabili dell'attuale situazione, se risultano vere le recenti rivelazioni dell'ex ministro degli esteri del governo Letta, Emma Bonino, secondo il quale “Siamo stati noi tra 2014 e 2016 a chiedere che gli sbarchi avvenissero tutti in Italia”.
Da  qui in avanti scommettiamo che il dibattito, anche sui grandi media, cambierà e certi argomenti non saranno più tabù.
Adesso aspettiamo che anche da parte di certi esponenti della Chiesa italiana ci sia il recupero di quel sano realismo cristiano  che permetta un approccio del fenomeno migratorio meno sentimentale e contingente e  capace di andare alla radice del fenomeno di cui la pur drammatica vicenda dell'umanità dei barconi è solo una spia. Tanto per cominciare rivolgendo lo sguardo a quei  1216 milioni di africani che risiedono sul continente, di cui quasi 400 milioni vivono con meno di 1,25 dollari al giorno ( un 30° del costo quotidiano che  lo stato italiano si accolla per l'accoglienza di un migrante), per i quali l'accoglienza va declinata in loco, dopo aver percorso il ponte verso l'Africa. Perchè  l'accoglienza vera più che gestione remunerata dell'ospitalità è attenzione gratuita all'altro.

lunedì 3 luglio 2017

Inizia la missione del nuovo nunzio

L'accoglienza di mons. Józwowicz, da parte dei vescovi rwandesi
Mons. Andrzej Józwowicz, nominato nel marzo scorso da papa Francesco  nuovo nunzio in Rwanda, è arrivato a Kigali nella serata del 28 giugno, accolto all’aeroporto di Kanombe dal presidente della Conferenza episcopale rwandese, mons Philippe Rukamba, vescovo di Butare, accompagnato dai vescovi di Kabgayi, Kibungo e dall’arcivescovo di Kigali. Con l'arrivo di mons. Józwowicz ed espletati gli adempimenti formali di presentazione e a accettazione delle credenziali da parte delle autorità, la nunziatura in Rwanda torna ad avere un suo preposto, dopo che il precedente nunzio, mons. Luciano Russo, aveva lasciata vacante la sede nel luglio scorso, essendo stato chiamato a reggere le nunziature di Algeria e Tunisia, con sede ad Algeri. In questo periodo l’operatività della nunziatura è stata assicurata dal segretario,  il lettone don  Antons Prikulis.
Mons. Andrzej Józwowicz è nato a Boćki (Polonia) il 14 gennaio 1965.È stato ordinato sacerdote il 24 maggio 1990 e incardinato a Łowicz. È laureato in Utroque Iure. Entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 1° luglio 1997, ha prestato successivamente la propria opera presso le Rappresentanze Pontificie in Mozambico, Thailandia, Ungheria, Siria, Iran, Russia. Conosce l’italiano, l’inglese, il francese, il russo, il portoghese.
Ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 27  maggio scorso nella Cattedrale di Lowicz  in Polonia, in una cerimonia  presieduta dal segretario di stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin.