Uno sviluppo socio-economico durevole puo' prescindere da un quadro certo di libertà' democratiche? Seppur la ricerca di economisti e scienziati della politica non sia giunta a dare una risposta certa a questa domanda - ci sono, infatti, esempi a sostegno di una tesi ( la Cina continua a progredire pur in presenza di un quadro per niente democratico) o del suo opposto ( la Corea del Sud ha accentuato il suo sviluppo economico dopo aver abbandonato la dittatura per incamminarsi sulla strada la democrazia)- alcune riflessioni si possono fare sul futuro del Rwanda. La fotografia del paese recentemente rilasciata dalla Fondazione di Mo Ibrahim è solo l’ultima rappresentazione realistica
della situazione di un paese in cui l'irrisolto dilemma della
dinamica tra sviluppo economico e sviluppo democratico trova una sua esemplare manifestazione.
I riconosciuti progressi in campo economico, di cui il trend di sviluppo del
PIL è solo uno degli indicatori, e sociale (nella sanità, nell’istruzione e in
materia di ordine pubblico e sicurezza) non possono, infatti, far dimenticare il basso livello a cui si
collocano due aree che, in senso lato, connotano il livello di vita democratica
di un paese. La ricognizione condotta dai ricercatori della Fondazione ha, infatti, evidenziato gravi
carenze ( prontamente respinte dalle autorità di Kigali) a livello di libertà
individuali, di associazione e di espressione e, ancor più, nell’esercizio
dei diritti politici, nella partecipazione
alla vita politica e nel livello di libertà e di trasparenza del momento
elettorale. L'analisi, condivisa da molti osservatori della realta' rwandese, assume una particolare valenza nel momento in cui ci si appresta a modificare la
costituzione per consentire un terzo mandato al presidente uscente, Paul
Kagame. Modifiche costituzionali che trovano fondamento, secondo i sostenitori
di questo progetto, appunto in quelli che sono gli atout della governance
rwandese: i livelli di sicurezza, di sviluppo economico e sociale raggiunti dall’attuale
leadership. Riconfermare Kagame alla presidenza significherebbe, secondo i
paladini del terzo mandato, riproporre anche per il futuro il modello vincente
che ha fin qui assicurato gli attuali trend di sviluppo.Pur non scandalizzandoci che si possa porre mano alla costituzione, anche se non ci sfuggono i rischi che ne potrebbero conseguire, non siamo del tutto sicuri che l'equazione sia valida e che il futuro debba necessariamente riservare ulteriori trend di sviluppo, senza che intervenga, magari proprio in forza di una riconferma dell'attuale leadership, un parallelo processo di crescita democratica che favorisca una reale partecipazione, nella certezza del diritto, di tutti i rwandesi alla vita politica del paese e alla condivisione del potere, in un quadro di consolidato rispetto dei diritti individuali.
Infatti, anche l'economia, così come la società civile, necessita di un contesto dove vi sia libertà, certezza del diritto e rispetto delle regole.E' lecito chiedersi, quindi, quanto a lungo le autorità politiche sapranno preservare l'area economica da modelli "autoritari" applicati nella vita civile. Perchè dovrebbe essere rispettoso della libertà d'impresa e delle proprietà privata chi non applica tali principi quando si tratta della sfera delle libertà personali e della dialettica democratica ? Non si sono forse già visti casi di vero e proprio esproprio di fortune private, in violazione di qualsiasi norma? Non siamo forse in presenza di una riproposizione del modello politico vigente quando si assiste a un processo di formazione di veri e propri monopoli, riconducibili all'elite di potere, che frenano in diversi comparti economici una fisiologica concorrenza, e una libertà d'intraprendere? Siamo certi che gli investitori internazionali, attirati dall'attuale riconosciuta facilità di fare impresa, alla lunga non risentano di un simile contesto? Senza dimenticare da ultimo la forte correlazione degli aiuti internazionali, da cui ancora oggi il Rwanda dipende per il 34% del proprio bilancio, ai livelli di democrazia applicati nei paesi destinatari, che puo' portare, come successo di recente anche per il Rwanda, a tagli che sanzionano atti di governo giudicati non in linea con gli standard di governance internazionali. In tal senso, non fa certo testo il trattamento che la comunita' internazionale riserva alle violazioni dei diritti umani perpetrati dalla Cina: si può chiudere un occhio sulle malefatte di un paese con un mercato di oltre un miliardo di consumatori, non certo per uno con dodici milioni di abitanti come il Rwanda.
Forse lo sviluppo socio-economico non è così intrinsecamente correlato con un parallelo progresso democratico, ci sono però conferme che l'interrompersi di un ciclo economico favorevole non giova a chi detiene il potere; per questo, nel dubbio, tanto varrebbe non tralasciare l'opzione dell'apertura democratica.
Forse lo sviluppo socio-economico non è così intrinsecamente correlato con un parallelo progresso democratico, ci sono però conferme che l'interrompersi di un ciclo economico favorevole non giova a chi detiene il potere; per questo, nel dubbio, tanto varrebbe non tralasciare l'opzione dell'apertura democratica.
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