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giovedì 30 aprile 2015

Il Rwanda all'Expo Milano 2015

Il Rwanda sarà presente all'Expo Milano 2015, che si aprirà domani 1 maggio, all'interno del Cluster del caffè  dove sono presenti altri 9 paesi tra cui Burundi, Uganda, Kenya ed Etiopia, con il tema “Il viaggio del caffè nella prospera terra dalle mille colline”.  (clicca qui) Nel suo complesso il Cluster del Caffè offre un percorso espositivo che accompagna il visitatore “dalla terra alla tazzina” e che si compone di cinque stazioni: le serre, il trasporto, la tostatura, il bar, la zona incontro. L’itinerario inizia già fuori, nello spazio verde allestito con piante di caffè, teatro di una mostra fotografica di Sebastião Salgado. 
Una veduta dello stand del Rwanda

All'interno del Cluster, il Rwanda si presenta come  un Paese dalle condizioni particolarmente favorevoli per la crescita del caffè: altezza elevata, suolo vulcanico, clima soleggiato e nebbia equatoriale. Grazie alla notevole crescita della domanda di miscele speciali nei Paesi occidentali, il Rwanda ha fatto della coltivazione del caffè di qualità una priorità nazionale ed è riconosciuta a livello internazionale come il produttore di alcune delle migliori varietà al mondo. L'industria del caffè rwandese ha ancora molte potenzialità di crescita e il governo sta sostenendo questo settore. Il Paese vuole garantire prodotti alimentari sani, naturali e di elevata qualità grazie alla combinazione delle tradizioni agricole locali con un sistema di produzione ecologico attraverso l'implementazione delle ultime tecnologie.
Una rappresentazione del padiglione dove è allocato il Cluster del caffè 
Il design del Padiglione del Rwanda fa sentire ogni visitatore come a casa, divenendo un luogo per le attività commerciali ma anche per fornire informazioni sulle opportunità di investimento legate al caffè, al tè, all'energia, all'IT, al settore minerario e alle infrastrutture.

martedì 28 aprile 2015

Tensioni in Burundi e Nord Kivu con riflessi sul Rwanda

Sono ormai quasi 17.000, secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), i burundesi accolti in Rwanda. Fuggono dal loro paese per paura che la situazione precipiti, sull’onda delle violenze innescatesi alla vigilia delle elezioni presidenziali che vedono il presidente uscente, Pierre Nkurunziza, riproporre la propria candidatura  per un terzo mandato, che non sarebbe consentito dalle vigenti norme costituzionali. Alle violenze provocate dai   membri della Lega giovanile del partito di governo – Imbonerakure hanno fatto da contrappeso, negli ultimi giorni, manifestazioni popolari contro la candidatura presidenziale, contro la quale si  è espressa anche la Conferenza episcopale burundese. Nella giornata di domenica una manifestazione, tenutasi  nella capitale Bujumbura,  è stata duramente repressa da parte delle forze dell’ordine burundesi; secondo quanto riferito da un portavoce della locale Croce Rossa, ci sarebbero state almeno sei morti tra i manifestanti.
Altro fronte caldo è quello del Nord Kivu. Negli ultimi giorni le autorità congolesi hanno denunciato lo sconfinamento in territorio congolese di diversi soldati rwandesi, con un improvviso aumento della tensione nella delicatissima linea di confine dove focolai di guerra non sono mai stati veramente spenti, nonostante il dispiegamento del Monusco, il più grande contingente di forze dell’ONU, forte di circa 20.000 uomini. I rapporti tra il Congo e il  Rwanda sono tesi ormai da tempo. La RDC è stata invasa dalle truppe rwandesi nel corso delle due guerre del Congo (1996-1997 e 1998-2003), e, successivamente Kigali, appellandosi sempre alla presenza in loco delle milizie delle Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda- FDLR, i profughi hutu accusati d’essere gli autori degli eccidi del 1994,  ha sostenuto diverse milizie tutsi congolesi attive negli ultimi anni nel Nord Kivu, la cui manifestazione più recente è stato il Movimento 23 marzo (M23), sconfitto militarmente nel novembre 2013 dal Monusco e dall’esercito congolese, ma, secondo recenti rumors, in fase di ricostituzione in Uganda sotto altre sigle.Il Nord Kivu, con il suo enorme patrimonio di materie prime, non ha mai cessato di alimentare gli appetiti delle autorità rwandesi che sullo sfruttamento commerciale dei minerali congolesi hanno costruito parte dello sviluppo economico del paese.

lunedì 27 aprile 2015

Per il World Happiness Report 2015 il Rwanda è tra i paesi più infelici al mondo

I venti paesi più infelici al mondo
E’ la Svizzera il paese più felice al mondo, davanti a Islanda e Danimarca, mentre il Rwanda si trova in fondo alla classifica, in quintultima posizione, avendo alle sue spalle Benin, Siria, Burundi e Togo.E’ quanto emerge dalla nuova edizione del “World Happiness Report 2015” realizzato per Sustainable Development Solutions Network-SDSN,  il Programma di sviluppo sostenibile dell’Onu e pubblicato nei giorni scorsi, senza peraltro che i risultati riflettano il punto di vista delle stesse Nazion Unite. La misura della felicità si basa sull’analisi di sei fattori che includono il PIL reale pro capite, l'aspettativa di vita, la percezione di libertà nel compiere le proprie scelte di vita, l'assenza di corruzione e la rete personale di sostegno su cui contare, misurati sulla  base di una scala che va da 0 a 10.Il Rwanda ha conseguito un punteggio di 3,47/10, in diminuzione rispetto alle due precedenti rilevazioni che evidenziavano un punteggio rispettivamente di   3,715/10 e 0,50/10. Il World Happiness Report giunge poche settimane dopo un analogo sondaggio condotto dalla Gallup in cui, sulla base di diversi parametri di valutazione, si giungeva a definire i rwandesi gli africani più felici, come riferito in un nostro precedente post.Insomma la felicità è un elemento che difficilmente si presta a misurazioni affidabili.Per l cronaca l'Italia è al 50° posto con un punteggio di 5,958/10.

mercoledì 22 aprile 2015

Tra i giustiziati dell'ISIS un profugo espulso da Israele e transitato dal Rwanda

Secondo quanto riferisce l’agenzia AGC, sulla base di notizie riportate dal giornale israeliano Haaretz, tre dei cristiani giustiziati nel recente eccidio effettuato in Libia da ISIS, filmato e messo in linea domenica, sarebbero richiedenti asilo che hanno lasciato Israele per un paese terzo lo scorso anno.Secondo il rapporto, i tre richiedenti asilo, identificate dai familiari e amici,  erano eritrei e sono stati probabilmente rapiti insieme ad un gruppo di etiopi cristiani. Almeno uno dei tre richiedenti asilo, T., era nel centro di detenzione Holot nel Negev. Un parente di T., Mesi, ha detto alla testata Haaretz che la famiglia lo ha identificato nel video ISIS. «Egli appare nel video e nelle fotografie, è lui sicuramente» ha detto. «Era stato in Israele dalla fine del 2007». Secondo Mesi, T. «È tornato in Uganda o Rwanda - credo Rwanda -. Dove lui e gli atri richiedenti asilo non sono stati accettati e da lì l'uomo avrebbe continuato il suo percorso via Sudan, e dal Sudan alla Libia». Ha detto che non era in grado di rimanere in Libia, e ha cercato di raggiungere l'Europa via mare. Il familiare ha raccontato al giornalista di Haaretz che l'uomo si era imbarcato in Libia ma l'imbarcazione era rientrata e lui fu arrestato insieme agli altri imbarcati senza documenti. Secondo fonti non confermate l'uomo e gli altri giustiziati da ISIS sarebbero stati prelevati direttamente dalle carceri. Mesi ha detto «Ho cercato di dissuadere T. a imbarcarsi. Gli avevamo chiesto di prendere un aereo. Gli ho chiesto di non farlo. Egli non ci ha detto di aver firmato [documenti] per uscire dal carcere». Ha aggiunto che lei e altri amici di T. hanno cercato di dirgli che «le cose potevano cambiate in meglio, che [i richiedenti asilo] sarebbero stati liberati da Holot». Mesi ha aggiunto che non ha tenuto in contatto con T. dopo aver lasciato Israele, ma ha ricevuto aggiornamenti dal fratello, che risiede in Norvegia. «Mi ha detto che T. era arrivato in Sudan e Libia e che lui non aveva dato sue notizie per lungo tempo perché era in un carcere libico. Ha detto che il fratello di T. ha visto le immagini di esecuzione ISIS, ma non pensava che suo fratello era tra il gruppo di cristiani etiopi».
Come da noi riferito, l'Autorità del Ministero dell'Interno per la Popolazione e Immigrazione di Israele ha confermato l'intenzione dell'amministrazione di iniziare a deportare i richiedenti asilo provenienti dall'Eritrea e dal Sudan in paesi terzi in Africa, Rwanda compreso, anche senza il loro consenso.

giovedì 16 aprile 2015

Accordo tra il gruppo editoriale VITA e alcuni media dell'Africa dei Grandi Laghi

Il gruppo editoriale italiano VITA firma un accordo triennale con l’Institut Panos Grands Lacs (IPGL), un’associazione fondata nel 2014 per rafforzare il pluralismo massmediatico in Rwanda, Burundi e Repubblica Democratica del Congo, per la produzione di servizi di attualità e di approfondimento destinati ad un network di 16 media burundesi, rwandesi e congolesi.Dall’ufficio di corrispondenza di Bruxelles, Vita realizzerà per Infos Grands Lacs3, l’agenzia d’informazione di IPGL, servizi di attualità e di approfondimento, per la maggior parte interviste, integrando all’offerta di informazione locale uno sguardo esterno internazionale, europeo ed africano, sulla regione dei Grandi Laghi, attraverso le voci autorevoli di esponenti politici di rilievo, rappresentanti di organizzazione internazionali e della società civile, personalità del mondo della cultura, etc.
IGL3 raggruppa i più importanti media indipendenti in Burundi, RDC e Rwanda, tutti fortemente radicati nella regione. Si va da radio nazionali come Radio Publique Africaine (Burundi), Radio Télévision du Groupe L’Avenir (RDC), Radio Isango o TV10 (Rwanda) a media di dimensione provinciale come Radio Maendeleo nel Sud Kivu.
Grazie ai finanziamenti della Cooperazione svizzera, IGL3 intende rafforzare e consolidare il processo democratico in corso nella regione, valorizzando il lavoro dei media nei tre paesi e aprendo un nuovo spiraglio alla promozione della libertà di espressione. Sedici media tra i più influenti dei paesi coinvolti, sono pronti a raccogliere la sfida e a professionalizzarsi da un punto di vista giornalistico ed economico. Si impegnano, cosi, a fornire al loro pubblico, contenuti più professionali e più rispettosi degli standard deontologici internazionali su tematiche che vanno dai diritti umani alla good governance, passando per la sicurezza, lo sviluppo, l’ambiente, l’integrazione regionale o le migrazioni.

mercoledì 15 aprile 2015

Crystal Ventures offre sul mercato il 20% della compagnia telefonica MTN

Crystal Ventures Limited, la finanziaria di partecipazione del FPR il partito di governo rwandese, di cui abbiamo parlato diffusamente in un nostro precedente post del dicembre  2012, ha deciso di dismettere la partecipazione  del 20 per cento detenuta  dal 1998 nella compagnia telefonica MTN, attraverso un'offerta pubblica iniziale (IPO). Secondo quanto comunicato dalla società, l'IPO sarà lanciata attraverso il veicolo Crystal Telecom, una società controllata da Crystal Ventures, nei prossimi due mesi dopo che l'Autorità di Borsa- Capital Markets (CMA)- avrà accolto la richiesta di ammissione alla quotazione  delle azioni offerte. Secondo Jack Kayonga, il presidente esecutivo di Crystal Ventures, l’IPO dovrebbe permettere la diffusione delle azioni tra gli investitori istituzionali e privati  rwandesi consentendo agli stessi la possibilità di essere co-proprietari di Crystal Telecom e quindi indirettamente proprietari di MTN Rwanda, la più grande compagnia telefonica operante nel paese.L’operazione consentirà a Crystal Ventures di smobilizzare una importante partecipazione facendo cassa per eventuali altri investimenti e realizzando un cospicua plusvalenza, anche se l’impossibilità di reperire bilanci ufficiali sul sito della società, un fatto abbastanza anomalo per holding di questo tipo anche se comprensibile vista la particolare natura politica dei soci di controllo, non consente di quantificarne l’ammontare. 

domenica 12 aprile 2015

Nel centenario del genocidio armeno Papa Francesco ricorda lo sterminio del Rwanda

Nel giorno in cui in Vaticano è stato ricordato il centenario del genocidio degli armeni, papa Francesco ha ricordato anche gli stermini avvenuti in Rwanda. Infatti, dopo aver ricordato le altre due tragedie inaudite « quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo", papa Francesco ha ricordato " altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente. Sembra che l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori. Non abbiamo ancora imparato che la guerra è una follia, una inutile strage». La reazione delle autorita' turche, che hanno sempre negato il genocidio, non si sono fatte attendere con la convocazione del Nunzio della Santa Sede ( leggi qui)

Un papa dall'Africa nera

"Un papa dall'Africa nera", questo il titolo di un articolo del noto vaticanista Sandro Magister leggibile cliccando qui, in cui viene stilato un profilo del cardinale Robert Sarah, africano della Guinea Conakry, a suo tempo nominato vescovo di Conakry da Papa PaoloVI a  soli 33 anni, il più giovane vescovo della Chiesa cattolica, gia' presidente del Pontificio Consiglio "COR UNUM" per la promozione umana e cristiana e' attualmente Prefetto della Congragazione del Culto Divino.Nello stesso articolo vengono riportati alcuni passi di un suo recente libro "Dieu ou rien", un lavoro di quattrocento pagine  che il giornalista definisce "folgoranti per profondità e per nettezza" di cui qui di seguito riportiamo alcune pagine che ben riflettono, per esempio a proposito del Sinodo della Famiglia, molte delle posizioni della Chiesa africana di cui il card. Sarah si sente profondamente figlio e interprete come emerge anche da questa intervista rilasciata alla rivista francese L'Homme nouveau.

giovedì 9 aprile 2015

Presidenziali 2017: les jeux sont faits ...

I pochi  dubbi che ancora  permanevano sui possibili scenari in cui si terranno le elezioni presidenziali rwandesi del 2017 vengono spazzati via dall'intervista di Paul Kagame all'ultimo numero di  Jeune Afrique (leggi qui). Kagame è stato molto chiaro: sulle elezioni presidenziale del 2017 non saranno ammesse intromissioni da parte di nessuno e saranno i rwandesi a decidere se, eventualmente, modificare la costituzione onde permettere un terzo mandato presidenziale al presidente uscente. Neppure l'attrattiva di un premio di 5 milioni di dollari e un vitalizio di 200 mila dollari l'anno, quanto previsto dal "Premio per il successo nella leadership in Africa", assegnato dalla Fondazione Mo Ibrahim ai capi di Stato/di governo africani che hanno saputo guidare meglio lo sviluppo del proprio paese  e hanno lasciato il proprio posto al termine del mandato naturale, sembra interessare Paul Kagame, che, a specifica domanda, risponde "di non essere candidato a un premio che viene dato a degli Africani per il solo fatto di aver lasciato il potere, anche se non hanno fatto altro per il loro popolo".

mercoledì 8 aprile 2015

La Francia apre i propri archivi su quanto accaduto in Rwanda dal 1990 al 1995

Da oggi, il controverso ruolo recitato dalla Francia durante la guerra civile rwandese dal 1990 al 1994 potrà essere  meglio indagato dagli storici, potendo disporre anche di  documenti fino ad oggi innacessibili. E', infatti, di ieri la notizia che la presidenza francese ha declassificato i documenti presenti negli archivi presidenziali francesi, relativi ai rapporti Francia -Rwanda del periodo 1990-1995. L'estensione fino al 1995 consente di coprire anche  il periodo immediatamente successivo alla conquista del potere da parte del FPR, forse il più controverso, quando con l'operazione Tourquoise i francesi si impegnarono  a creare corridoi umanitari che avrebbero; secondo le accuse dell'attuale governo rwandese, favorito anche la fuga nel vicino Congo dei colpevoli dei fatti genocidari della primavera del 1994.

lunedì 6 aprile 2015

Nel 2050 l'Islam raggiungerà il Cristianesimo a livello mondiale, ma non in Rwanda

Nel corso dei prossimi quattro decenni, i cristiani continueranno a costituire il più grande gruppo religioso a livello mondiale, ma l'Islam crescerà più velocemente di qualsiasi altra grande religione. Se le attuali tendenze demografiche continueranno, entro il 2050 il numero dei musulmani di tutto il mondo (2,8 miliardi, ovvero il 30% della popolazione) sarà quasi uguale al numero di cristiani (2,9 miliardi, ovvero il 31%), forse per la prima volta nella storia. Nel 2050, quattro cristiani su 10 nel mondo vivranno nell’Africa sub-sahariana. Il Rwanda anche nel 2050 continuerà ad essere un paese a stragrande maggioranza cristiano, con una percentuale del 92,97% contro l’attuale 93,40%, mentre l’islam passerà dall’attuale 1,78% a un contenuto 3,21%.
Le proiezioni riferentisi al Rwanda sono riassunte nella seguente tabella.
Anno
Cristiani
Mussul
mani
Non affiliati
Indù
Rel. Folk
Altre
Totale
2010
9,920,000
190.000
380.000
<10,000
100.000
20.000
10,620,000
2020
13,230,000
310.000
430.000
<10,000
100.000
30.000
14,100,000
2030
16,600,000
440.000
540.000
<10,000
100.000
30.000
17,730,000
2040
20,420,000
630.000
690.000
10.000
110.000
40.000
21,910,000
2050
24,610,000
850.000
810.000
20.000
120.000
50.000
26,470,000

 Nel periodo esaminato, Buddisti ed Ebrei sono previsti in < 10.000





















Il  nuovo rapporto , basato su proiezioni demografiche utilizzando i dati su età, fertilità, mortalità, fenomeni migratori e cambiamento di religione, esplora i cambiamenti attesi 2010-2050 nelle dimensioni e distribuzione geografica degli otto principali gruppi religiosi: buddisti, cristiani, indù, ebrei, musulmani, seguaci di religioni popolari e di altre religioni e non affiliati. Le proiezioni prevedono, se le tendenze attuali continueranno, che entro il 2050:
  • In Europa, i musulmani costituiranno il 10% della popolazione complessiva.
  • L’India manterrà una maggioranza indù, ma  avrà anche la più grande popolazione musulmana di qualsiasi paese del mondo, superando l'Indonesia.
  • Negli Stati Uniti, i cristiani si ridurranno da più di tre quarti della popolazione nel 2010 a due terzi nel 2050, e il giudaismo cesserà di essere la più grande religione non cristiana. I musulmani saranno più numerosi negli Stati Uniti, rispetto alle persone che si identificano come ebrei sulla base della religione.
  • La popolazione buddista mondiale dovrebbe rimanere abbastanza stabile a causa dei bassi tassi di fertilità e l'invecchiamento della popolazione nei paesi come la Cina, Tailandia e Giappone.
  • Gli Ebrei, il più piccolo gruppo religioso per il quale sono state effettuate proiezioni separate, sono attesi in crescita del 16%, da poco meno di 14 milioni del i 2010 raggiungeranno 16.100.000 in tutto il mondo nel 2050.
Il rapporto completo, "Il futuro delle Religioni del Mondo: proiezioni di crescita della popolazione, 2010-2050," è disponibile sul sito web del progetto Religion & Public Life del Pew Research Center.

sabato 4 aprile 2015

Il Rwanda pronto ad accogliere, dietro compenso, migranti africani da Israele


Israele e  Rwanda sarebbero in procinto di perfezionare un accordo che prevede il trasferimento nel paese africano di migranti eritrei e sudanesi attualmente trattenuti in Israele e passibili di espulsione. La trattativa che è stata confermata sia dal presidente Paul Kagame che  dal ministro israeliano dell'Interno Gilad Erdan, prevede che in cambio dell’accoglienza di centinaia di migranti africani, il Rwanda riceva importanti aiuti finanziari, in forma di borse di studio e di forniture da Israele, il cui ammontare non è al momento conosciuto. Si conoscono al contrario i contributi che Israele è disponibile a fornire a ogni singolo migrante, come confermato dallo stesso ministro dell’Interno israeliano "Diamo loro un pacchetto che include un volo e $ 3,500 – una somma non piccola  per i paesi di destinazione- saranno inoltre forniti i visti e permessi di lavoro”. Il migrante africano disposto ad aderire al programma avrà 30 giorni di tempo per organizzare la sua partenza. Chi non sarà disposto a lasciare Israele dovrà sottostare alle stringenti normative israeliane in materia di immigrazione clandestina con seri rischi di espulsione.  Sarebbero circa 50.000 i migranti eritrei e sudanesi che potrebbero entrare nel programma di ‘rimpatri volontari"  voluto da Israele con destinazione paesi africani terzi diversi da quelli d'origine.Come facilmente prevedibile il progetto ha sollevato non poche critiche da diverse Ong, fino ad arrivare a avanzare il timore circa l’incolumità di chi arriverà in Rwanda sostenendo che il paese non sia sicuro.

Buona Pasqua

Nel formulare i nostri auguri di una felice Pasqua di Ressurezione, non possiamo dimenticare  i cristiani perseguitati e uccisi per la loro fede come nel recente eccidio di Garissa in Kenya. Per non  dimenticare questi nostri fratelli nella fede suggeriamo la lettura di questi due contributi apparsi sul numero odierno de La Bussola quotidiana.