Riprendiamo da Afriche, inferno e paradiso, un libro in cui
padre Giulio Albanese ha raccolto una serie di articoli apparsi su
L'Osservatore romano, un interessante
spunto circa lo stato delle relazioni tra la Chiesa cattolica e i governi
africani.Nel capitolo I Concordati con uno sguardo al futuro, l'autore
approfondisce lo stato della questione sulla base di un saggio sui concordati africani del professor
Antonello Blasi, docente di Diritto concordatario ed ecclesiastico presso
l’Università Lateranense. Quando si parla di Concordati ci si riferisce ad
"accordi internazionali giuridicamente vincolanti tra la Santa Sede e gli
Stati africani o gli organismi africani (come nel caso dell’Unione africana),
secondo lo spirito etimologico del «cum-cor-dare», su materie specifiche e
pertinenti, come lo statuto giuridico della Chiesa e delle istituzioni
ecclesiastiche, la libertà religiosa, la libertà di religione e di culto, la
collaborazione tra le istituzioni di insegnamento e sanitarie, la sovranità, i
vantaggi concessi alla Chiesa, l’indipendenza e l’autonomia, i problemi di
interpretazione assieme alle loro risoluzioni." Anche se negli ultimi anni
sono stati sottoscritti diversi Concordati con governi africani, rimane ancora
molto spazio perchè questi accordi
vengano implementati dalle Chiese locali per il tramite delle rispettive
Conferenze episcopali,perchè "la realtà sociopolitica, nella quale spesso
la Chiesa è chiamata ad operare, è a volte segnata da perniciose diseguaglianze
e limitazioni di vario genere." Negli ultimi anni, hanno sottoscritto un
Concordato questi Paesi africani:Angola, Benin, Burkina Faso, Burundi, Camerun,
Capo Verde, Ciad, Costa d’Avorio, Gabon, Guinea Equatoriale, Marocco,
Mozambico, Organizzazione dell’unità africana (Oua), Repubblica del Congo,
Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana e Tunisia. Manca il
Rwanda! Eppure non mancherebbe di certo materia da normare!
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