La
situazione del Burundi, che si trova ormai “sull'orlo di una deriva della
violenza che potrebbe degenerare in crimini atroci" secondo quanto
sostenuto dal consigliere speciale del segretario generale delle Nazioni Unite
per la prevenzione dei genocidi, Adama Dieng, è stata portata davanti al Consiglio di sicurezza che si è
riunito ieri per discutere della crisi nel paese africano. Secondo quanto
riferisce l’emittente britannica “BBC”, i partecipanti alla riunione non hanno
per ora preso alcuna decisione vincolante, ma una bozza di risoluzione
presentata dalla Francia minaccia “sanzioni mirate” contro i leader del Burundi
che sono implicati nelle violenze in corso.
Il sottosegretario generale dell’Onu per
gli Affari politici, Jeffrey Feltman, intervenendo alla riunione di New York ha
avvertito il Consiglio che il Burundi sta vivendo un “momento critico”,
sperimentando una profonda crisi politica e una rapida escalation di violenza
che potrebbe avere “gravi conseguenze per la stabilità del paese e per
l'armonia inter-etnica”. Secondo quanto riferisce l’agenzia Nova, in diversi
quartieri della capitale Bujumbura, in particolare quelli in prevalenza abitati da esponenti
dell’opposizione, le sparatorie e l’esplosione di granate sono all’ordine del
giorno. "I residenti traumatizzati scoprono spesso corpi mutilati, vittime
di esecuzioni", ha affermato Feltman. La crisi in Burundi, ha aggiunto il
funzionario, “è politica e non può essere risolta con un giro di vite nel campo
della sicurezza". Secondo l’alto funzionario Onu, “non è credibile
affermare che un piccolo gruppo di criminali o traditori siano dietro le
violenze in corso. Il problema è molto più profondo e quindi più
preoccupante", ha spiegato. Come noto, le violenze nel paese sono esplose
nel mese di aprile a seguito della decisione del presidente uscente Pierre
Nkurunziza di candidarsi per un terzo mandato presidenziale, e hanno provocato
la morte di oltre 200 persone con centinaia di casi di arresti e detenzioni arbitrarie nei
confronti di esponenti dell'opposizione, di giornalisti e di attivisti per i
diritti umani. Nel tentativo di riprendere in mano la situazione,
lo stesso presidente Nkurunziza ha lanciato
la scorsa settimana un ultimatum ai suoi oppositori in cambio di un'amnistia.
La
situazione del Burundi è continuamente monitorata dal Rwanda che teme il
crearsi di un focolaio di violenza, difficilmente circoscrivibile, nel vicino paese gemello che riproduce nel suo
interno le dinamiche etniche che sono costate la tragedia del 1994. Anche per
questo, il presidente Paul Kagame ha stigmatizzato duramente, in un suo recente intervento, i comportamenti del suo omologo burundese, Pierre Nkurunziza,
accusato di massacrare il suo popolo.Per come si sono messe le cose, è difficile escludere che, in assenza di iniziative sul terreno dell'ONU o dell'Unione Africana, Kagame possa prendere l'iniziativa di un intervento unilaterale rwandese in Burundi.
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