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lunedì 14 ottobre 2013

Ecco perché nel 2017 il Rwanda (probabilmente) non cambierà presidente

 Se non si vuole interrompere il trend di sviluppo che interessa il Rwanda da qualche anno, sarebbe auspicabile prendere atto delle attuali specifiche dinamiche di potere esistenti all’interno dell’élite che esprime la compagine di governo ed evitare la tentazione, da parte dei paesi donatori, di condizionare i propri aiuti all’ampliamento  dello “spazio politico” in essere nel paese, illudendosi di poter far leva su inesistenti fazioni “all'interno della struttura di potere del paese che siano più o meno 'progressiste' su temi quali la libertà di parola e di rapporti con la Repubblica democratica del Congo”. Questa, in estrema sintesi la conclusione a cui pervengono gli analisti del ODI (Overseas Development Institute) di Londra, un centro studi indipendente specializzato nei problemi dello sviluppo e nelle questioni umanitarie, incaricato dalla Ambasciata svedese a Kigali di fornire un contributo mirato a comprendere le dinamiche di potere in Rwanda,” in particolare, per valutare le ipotesi che circolano su vari media circa i modelli di accordo e di disaccordo tra i detentori del potere in Rwanda” al fine di pianificare  la strategia di cooperazione Svezia-Rwanda per i prossimi 5-7 anni. Il fatto che tale ricerca sia stata resa pubblica e non utilizzata, come di solito capita, dal solo committente che se ne è accollato l’onere, sembra evidenziare la volontà di mandare un messaggio alla più ampia comunità dei paesi e degli organismi donatori perché si continui a guardare al Rwanda e ai suoi governanti con una prospettiva che, svincolata da modelli che fanno riferimento a principi di una democrazia matura di tipo occidentale, faccia riferimento alle specificità della realtà rwandese.                                                                                 
Situazione che ricercatori descrivono nel Summary del Rapporto, in questi termini piuttosto generosi: “il modello multipartito di distribuzione del potere che il Rwanda ha adottato non è solo favorevole alla realizzazione e all'attuazione di politiche per il raggiungimento di risultati di sviluppo ( come di solito è riconosciuto ). E’ anche il risultato di uno sforzo cosciente per sposare aspirazioni democratiche con la dura realtà di una società divisa e strutturalmente sottosviluppata. Il modello è intrinsecamente interessante e implicante alcune sfide da affrontare, ma molti benefici immediati. Gli sforzi a supporto della democrazia potrebbero legittimamente cominciare a riconoscere quei benefici nella prospettiva di contribuire ad affrontare le prossime sfide. Questo sarebbe certamente più produttivo che partire dalla affermazione fondamentalmente fuorviante che il Rwanda soffra di una mancanza di ' spazio politico ' o che ci siano fazioni all'interno della struttura di potere del paese che sono più o meno 'progressiste' su temi quali la libertà di parola e di rapporti con DRC, e che questo fornisca un punto di ingresso per influenza esterna”. 
Un vero e proprio assist ai sostenitori di un futuro del Rwanda ( anche per quanto riguarda le elezioni presidenziali del 2017) che evolva nella stabilita' e nella continuita'.

I ricercatori pervengono a tali conclusioni dopo aver fatto un’ampia disamina degli attuali assetti di potere rwandese a partire dal 2000 quando si diede vita a “ un impegno di condivisione del potere tra ( ma solo tra i ) i soggetti che sono ben allineati contro un rilancio del settarismo etnico , il perseguimento dello sviluppo, non di negoziazione, come  percorso principale per la riconciliazione nazionale , e la ricerca di un'alternativa alla politica clientelare”. Il tutto in presenza di “un dibattito politico senza contraddittorio e l’assunzione di ogni decisione esecutiva col consenso, ed un approccio insolitamente severo nei confronti delle infrazioni disciplinari sia civili che militari.”
“La convergenza dell’élite attorno a questi impegni e regole è ampio e abbastanza robusto”. Le differenziazioni politiche su “diversi temi centrali nella politica economica e sociale, nonché le questioni costituzionali, come la successione presidenziale”, vengono “espresse a porte chiuse, dando un'impressione fuorviante …di un consenso forzato e di un dominio del RPF “.
Secondo i ricercatori, in questo contesto, non devono fuorviare le periodiche epurazioni, su basi disciplinari, che colpiscono dipendenti pubblici e militari; infatti, “poche o nessuna delle defezioni, rimpasti e ordini di arresto che hanno avuto luogo dagli inizi del 2000, quando è stato raggiunto l' accordo politico attuale, sono riconducibili a differenze politiche. Esse non indicano l'esistenza di significative divisioni tra fazioni o lotte di potere su questioni di principio, come alcuni osservatori hanno potuto pensare”.
Tutti questi fattori devono essere tenuti nella dovuta considerazione in sede di cooperazione bilaterale perché “fino a quando l'attuale composizione politica non evolve in  qualcosa di diverso” questa è la situazione con cui misurarsi perché non esistono alternative realistiche e profittevoli al di fuori dell’attuale accordo in essere tra l’élite rwandese che già svolge un certa attrazione come possibile struttura a supporto dello sviluppo della cooperazione e della democrazia.

1 commento:

  1. Ecco una analisi intelligente. Finalmente, aggiungo io.
    Troppe volte leggo critiche dettate unicamente dalla litigiosità politica di cui siamo permeati noi bazungu .
    Il Rwanda bisogna viverlo per capirlo ed apprezzarlo.
    Conoscere la gente, conquistarsi la loro fiducia, quindi raccogliere le loro confidenze.
    Capire come per loro sia ancora importante l'etica derivante dalla società tribale.
    Capire quanto sia bella e sincera la loro religiosità, nonostante i danni fatti da alcuni missionari nei tempi passati e da parecchi religiosi in tempi ancora recenti.
    E come la gente, questo anche per volontà del FPR , sia incline al perdono ed alla riabilitazione.
    Credo che chiunque abbia a cuore il futuro del Rwanda si auguri che l'attuale presidente venga rieletto, così come se lo augurano la maggiorparte dei Rwandesi.
    Urabeho

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