Paul Kagame allo stadio di Byumba nel 2003 |
Fino a qualche tempo fa l’argomento era tabù; nessuno ne parlava apertamente, poi improvvisamente è diventato oggetto di
dibattito pubblico, esploso anche sui giornali, come il The New Times, dove quasi ogni giorno qualcuno scrive in proposito. Stiamo parlando di cosa succederà nel 2017 quando l’attuale
presidente rwandese, Paul Kagame, porterà a termine il suo secondo mandato presidenziale, l' ultimo secondo la vigente costituzionale ( art.101) : il
presidente uscente passerà il testimone a un nuovo eletto, oppure si farà in
modo di bypassare l’attuale previsione costituzionale, apportando le modifiche
atte a consentire un terzo mandato? Il primo segnale che l’argomento poteva
essere oggetto di discussione lo ha dato lo stesso Kagame quando in una recente
intervista alla CNN non si era sottratto a
una domanda, forse non imprevista, appunto sulle elezioni del 2017, a cui
aveva dato un risposta un po’ sibillina. Da lì l’argomento
è stato sdoganato. Fino a quando , un paio di settimana fa, in occasione degli
stati generali del Fronte Patriottico Rwandese, il partito al governo, il presidente Kagame ha rotto gli indugi e ha dato incarico
a tre esponenti di vertice del partito di procedere ai necessari
approfondimenti per trovare una soluzione prima del 2017. I tre saggi, Tito
Rutaremara, Joseph Karemera e Antoine Mugesera sono chiamati a trovare una
formula in grado di garantire "cambiamento, continuità e stabilità" nel
passaggio elettorale del 2017. La formula potrebbe essere sbrigativamente
liquidata come un escamotage cucito su misura per una riconferma del presidente
uscente. In realtà è difficile negare che
il popolo rwandese abbia bisogno proprio di un cambiamento che non intacchi la stabilità conquistata, semmai è da vedere come
declinare la continuità. Naturalmente tutti danno per scontato che la continuità si concretizzerà in una riconferma dell'attuale presidente, come già tante volte abbiamo visto succedere in diversi paesi africani, ma non solo, non escluso qualche paese europeo di recente democrazia ( vedi la staffetta Putin-Medvedev in Russia). Sarebbe però limitativo fermarsi qui e liquidare il tutto come l'ennesimo vulnus portato alla democrazia, come intesa da noi occidentali, storicamente consolidata attraverso secoli di dibattiti e confronti non sempre pacifici ( non scordiamoci le diverse guerre civili che hanno insanguinato, nella prima metà del secolo scorso, almeno tre paesi europei come Spagna, Italia e per certi versi la Francia con la succesiva esperienza di una personalità forte come De Gaulle). Allora, in attesa di vedere come andrà a finire, cominciamo a evidenziare almeno un aspetto positivo della questione. L'apertura di un dibattito di questa portata, in anticipo di quattro anni sulla prossima scadenza elettorale, potrebbe dare vita a una zona franca di confronto, estesa nel tempo, che potrebbe innescare favorevoli e imprevedibili dinamiche nel contesto rwandese. Tutto sta a saperla utilizzare con intelligenza e ponderazione da parte di chi ha idee e voce per farsi sentire.
C'è da sperare che Kagame abbia la forza e la saggezza di trovare un successore. Anche perchè significherebbe che il Rwanda sta facendo passi da gigante.
RispondiEliminaPeró ho anche dei dubbi e delle inquietudini. Aprà un successore essere alla sua altezza? Speriamo... E poi avrebbe sempre un ruolo guida nel FPR
Un auspicio condiviso da molti.
RispondiEliminaCondiviso da molti ma con fini diversi.
RispondiEliminaIo, per conservare e migliorare quello che ha fatto.
Molti per distruggere quello che ha fatto. Ad esempio tutti quelli che ambiscono al potere e non al bene della Nazione e della popolazione. E in Rwanda, come nel resto dell'Africa sono in molti.
Tranquilli, modificherà la legge ed andrà avanti lui od al massimo farà come Putin...ovviamente il mio è un commento sarcastico...
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