Due notizie apparse ieri, su un giornale italiano e su uno rwandese, invitano a una riflessione. Da una parte
il quotidiano economico italiano Il Sole 24 Ore dà notizia di una ricerca da
cui emerge che “siamo pur sempre un popolo di donatori,
ma questa crisi non Scherza e, con minori risorse a disposizione, anche la
generosità deve fare esercizio di prudenza. Così le "buone cause" non
sono riuscite a guadagnare terreno a fine 2012. I benefattori sono rimasti, più
o meno, quelli di un anno prima: uno ogni tre italiani."
Dall’altra
l’intervento su The New Times dell’Amministratore Delegato del Rwanda Governance
Board (RGB), lo sceicco Prof. Shyaka Anastase, molto critico delle modalità con
cui le 165 ONG registrate in Rwanda intervengono
nel paese, con grandi budget ma con un impatto delle loro attività sui beneficiari
non evidente.
Secondo Habimana, "il bilancio di
tutte le organizzazioni della società civile nel paese è il doppio di quella
del governo, ma non vediamo l'impatto concreto di quel denaro sullo sviluppo socio-economico dei rwandesi,'' aggiungendo che il governo richiederà ora a tutte le ONG di destinare l'80 per cento
del loro bilancio per attività a favore della società rwandese. Operando però entro un quadro programmatorio, pianificato d’intesa con le autorità governative che rivendicano il
diritto di poter monitorare gli interventi portati a termine sul territorio, evitando certe sovrapposizioni tra le stesse ONG che si trovano a
volte a operare senza un pur minimo coordinamento ( nel piccolo è sintomatica l’esperienza
della Comunità batwa di Kibali destinataria di interventi di più benefattori).
Ecco, alla luce di questi due diversi
interventi anche l’operatività delle piccole Onlus va forse ripensata in alcune
sue forme d’intervento. I fondi affluiscono dai benefattori con sempre maggiore
difficoltà, complice la grave crisi che attanaglia il nostro paese; si rende
quindi necessario un uso delle risorse più attento, ripensando con intelligenza
e inventiva le stesse modalità d’intervento.Per esempio sono ormai maturi i
tempi di un maggior coinvolgimento dei destinatari degli aiuti, chiedendo loro
una diversa assunzione di responsabilità personale. Per questo, l’Associazione
Kwizera, a partire da quest’anno, comincerà a prenderà in cosiderazione progetti presentati dalla società civile
rwandese, parrocchie e comunità locali, privilegiando
quelli capaci di promuovere la creazione di posti di lavoro ed avere un proprio
equilibrio economico. Per questo, a fianco dei contributi a fondo perduto si
renderanno disponibili prestiti in denaro, senza interessi, che dovranno essere
restituiti, attingendo alla redditività del progetto presentato. In questo modo
si potrà impiegare efficacemente le scarse risorse disponibili, ampliandone l'impatto, favorendo altresì una
crescita responsabile degli amici rwandesi.
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