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martedì 26 febbraio 2013

Ripensare le modalità di utilizzo delle scarse risorse disponibili

Due notizie apparse ieri, su un giornale italiano e su uno rwandese, invitano a una riflessione. Da una parte il quotidiano economico italiano Il Sole 24 Ore dà notizia di una ricerca da cui emerge che “siamo pur sempre un popolo di donatori, ma questa crisi non Scherza e, con minori risorse a disposizione, anche la generosità deve fare esercizio di prudenza. Così le "buone cause" non sono riuscite a guadagnare terreno a fine 2012. I benefattori sono rimasti, più o meno, quelli di un anno prima: uno ogni tre italiani."
Dall’altra l’intervento su The New Times  dell’Amministratore Delegato del  Rwanda Governance Board (RGB), lo sceicco Prof. Shyaka Anastase, molto critico delle modalità con cui le 165 ONG registrate in Rwanda intervengono nel paese, con grandi budget ma con un impatto delle loro attività sui beneficiari non evidente.
Secondo Habimana, "il bilancio di tutte le organizzazioni della società civile nel paese è il doppio di quella del governo, ma non vediamo l'impatto concreto di quel denaro sullo  sviluppo socio-economico dei rwandesi,''  aggiungendo che il governo richiederà  ora a tutte le ONG di destinare l'80 per cento del loro bilancio per attività a favore della società rwandese. Operando però entro un quadro programmatorio, pianificato d’intesa  con le autorità governative che rivendicano il diritto di poter monitorare gli interventi portati a termine sul territorio, evitando certe sovrapposizioni tra le stesse ONG che si trovano a volte a operare senza un pur minimo coordinamento ( nel piccolo è sintomatica l’esperienza della Comunità batwa di Kibali destinataria di interventi di più benefattori). 
Ecco, alla luce di questi due diversi interventi anche l’operatività delle piccole Onlus va forse ripensata in alcune sue forme d’intervento. I fondi affluiscono dai benefattori con sempre maggiore difficoltà, complice la grave crisi che attanaglia il nostro paese; si rende quindi necessario un uso delle risorse più attento, ripensando con intelligenza e inventiva le stesse modalità d’intervento.Per esempio sono ormai maturi i tempi di un maggior coinvolgimento dei destinatari degli aiuti, chiedendo loro una diversa assunzione di responsabilità personale. Per questo, l’Associazione Kwizera, a partire da quest’anno, comincerà a prenderà in cosiderazione  progetti presentati dalla società civile rwandese, parrocchie e comunità locali,  privilegiando quelli capaci di promuovere la creazione di posti di lavoro ed avere un proprio equilibrio economico. Per questo, a fianco dei contributi a fondo perduto si renderanno disponibili prestiti in denaro, senza interessi, che dovranno essere restituiti, attingendo alla redditività del progetto presentato. In questo modo si potrà impiegare efficacemente le scarse risorse disponibili, ampliandone l'impatto, favorendo altresì una crescita responsabile degli amici rwandesi.    

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