I funzionari pubblici rwandesi sono periodicamente
sottoposti a processi valutativi delle
loro performances lavorative da parte dei superiori, come avverrebbe in una
qualsiasi moderna azienda privata. Forse con la differenza che eventuali
giudizi negativi che possono precludere
a un avanzamento di carriera o a un miglioramento retributivo nel settore
privato, per i pubblici dipendenti rwandesi
che non raggiungono la sufficienza, cioè una valutazione di 60 su 100,
può anche comportare, ma non ditelo al nostro ministro Brunetta, il licenziamento.Secondo l’agenzia Syfia che cita i risultati di uno studio condotto di recente dalla Commissione per la funzione pubblica del governo del Rwanda,
è questo uno dei motivi principali, unitamente alla eccessiva disparità di trattamento economico, al cattivo clima
lavorativo e alla cattiva gestione, che portano circa il quaranta per cento dei
dipendenti pubblici a cambiare lavoro. Secondo i vigenti regolamenti ogni
dipendente pubblico deve sottoscrivere
un contratto di performance che
comporta: pianificazione del lavoro, identificazione degli obiettivi da
conseguire, con verifica e valutazione
dell’avanzamento del lavoro dopo sei mesi
e analisi e valutazione del rendimento annuale. Poiché non sempre i
criteri applicati nella valutazione sono oggettivi, o per scarsa professionalità
dei superiori gerarchici preposti alla valutazione o, molto più spesso, per palese casi di favoritismo, molti
dipendenti pubblici preferiscono cambiare aria. Diversi fra quelli che hanno subito il licenziamento a
seguito dei giudizi valutativi negativi sollevano invece un
contenzioso amministrativo con la pubblica amministrazione per vedersi
reintegrati nel loro posto, trovando qualche volta soddisfazione da parte
dell’Ufficio dell’Ombudsman. Dal 2008
al luglio scorso l’apposita commissione della Funzione pubblica ha
ricevuto più di 1500 ricorsi inerenti ingiustizie subite sul posto di lavoro,
riguardanti appunto le valutazione
delle prestazioni lavorative, con una certa percentuale di donne vittime di
discriminazione per aver resistito alle
avances sessuali dei colleghi di lavoro.
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