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mercoledì 29 dicembre 2010

Recrudescenza della malaria

Secondo quanto contenuto nell’ultimo 'World Malaria Report 2010', rilasciato a metà dicembre dall’Organizzazione mondiale della sanità, si segnala una recrudescenza della malaria in Rwanda, con un aumento nel 2009 di pazienti affetti da malaria e di  morti per la medesima causa, dopo che negli anni precedenti il fenomeno aveva evidenziato una significativa contrazione. Nel Rapporto non sono riportate le ragioni di questo fenomeno, in netta controtendenza rispetto al resto del mondo fatti salvi altri due paesi africani come lo Zambia e Sao Tomé. Sia l’ONU che il governo del Rwanda stanno ricercando i motivi per questo aumento dei casi di malaria, nonostante le massicce campagne condotte negli ultimi anni per frenare la malattia, nel 2006 per fornire LLIN-zanzariere trattate con insetticidi per bambini sotto i 5 anni di età, e nel periodo 2007-2009, con la consegna di 2.000.000  LLIN sufficienti a proteggere oltre il 36% della popolazione a rischio, concentrata soprattutto nelle zone orientali e sud-ovest del paese. Secondo il Rapporto dell’OMS la capacità diagnostica è progressivamente migliorata negli ultimi anni e il tasso di controllo annuale ha raggiunto il 14% nel 2009. Un aumento dei casi di malaria si è verificato sia durante le stagioni 2008-2009 che 2009-2010. La recrudescenza dei casi di malaria non complicata è stata maggiore rispetto a  quella dei casi gravi di malaria e di morte. I casi di malaria accertati ambulatoriamente sono raddoppiati nel 2009 rispetto al 2008. Anche se il dato sconta il contemporaneo incremento del 61% degli accertamenti effettuati nel 2009, il tasso di positività riscontrato tra i pazienti ambulatoriali è passato dal 14% del 2008 al 26% nel 2009. La malaria è stata nel 2009 causa per il 19,21% dei casi di morte in generale ( il 16,33% nel 2008) e il 22,7% dei casi di morte tra i bambini sotto i 5 anni ( 17,31% nel 2008).Per consultare la scheda del Rapporto relativa al Rwanda clicca qui.

lunedì 27 dicembre 2010

Dibattito aperto sulla crescita demografica

Secondo i  dati diffusi dal Ministero della Sanità, ogni anno ci sono circa  300.000  nuove nascite  in Rwanda. Un dato che suscita qualche preoccupazione nei pianificatori ma non nel Presidente rwandese Paul Kagame. Secondo le ultime stime la popolazione rwandese  ha ormai raggiunto  circa 10.200.000 persone, con alcune previsioni che ritengono possibile, in assenza d’interventi pianificatori, un suo raddoppio entro il  2050.Da una parte molti  auspicano un rispetto della pianificazione familiare in maniera di mantenere sotto controllo le nascite e il  conseguente aumento della popolazione in un paese che ha la più alta densità abitativa del continente africano ( 387  abitanti per kilometro quadrato). Per contenere questo flusso di nuovi nati, i sostenitori della pianificazione auspicano misure legali per chi non rispetti certi limiti  nei numeri dei figli e un forte contrasto della poligamia.  Dall’altra, secondo quanto riferisce la stampa locale, il presidente Kagame  è del parere che fermare le nascite non possa essere una buona decisione politica strategica: non si possono fermare le nascite, perché il paese ne ha  bisogno. Semmai c’è bisogno di adeguate politiche che, escludendo il freno alle nascite,   ricerchino i necessari equilibri, perché “fermare le nascite potrebbe anche portare altri problemi, come sta succedendo altrove". Il dibattito è aperto.

giovedì 23 dicembre 2010

Noheli nziza n’Umwaka mushya muhire 2011



Buon Natale e felice anno nuovo

mercoledì 22 dicembre 2010

Il vescovo di Byumba: reintrodurre il kinyarwanda nell'insegnamento

Il vescovo di Byumba, Mons. Servilien Nzakamwita, parlando a margine di una conferenza sul dialogo nazionale che mette insieme due giorni all'anno in Rwanda le più alte autorità amministrative del paese, opinion leader, rappresentanti della società civile e della diaspora ruandese, ha proposto una riforma per l'insegnamento delle lingue nel sistema di istruzione in Rwanda, suggerendo l'introduzione della lingua nazionale Kinyarwanda accanto all’inglese.
"E 'una vera sfida, se alcuni studenti che terminano la scuola superiore non riescono ad assimilare al meglio la materia, non riuscendo a padroneggiare la lingua di insegnamento", ha detto Mons Nzakamwita, aggiungendo che "è sorprendente che in un paese come il Rwanda, la lingua nazionale, che è comunque conosciuta dalla maggioranza degli studenti non sia praticata come lingua di insegnamento, per consentire loro di assimilare meglio la materia".
Come noto le autorità di Kigali hanno fatto la scelta, definita strategica, di adottare l’inglese come lingua di lavoro e nel sistema educativo, soppiantando la lingua francese. La questione sollevata dal Vescovo di Byumba è un problema di non poco conto che ha già formato oggetto di molte discussione nell’intera Africa da parte di intellettuali e governanti. Tra l’altro, se altrove, la lingua della potenza coloniale poteva servire a dare un’unica lingua a paesi in cui proliferavano decine e decine di dialetti, nessuno in grado di affermarsi come lingua nazionale in quanto espressione di singoli gruppi etnici spesso in contrasto fra loro, non sembra questo il caso del Rwanda in cui la maggioranza della popolazione parla un’unica lingua il kinyarwanda. Per chi volesse approfondire i molteplici risvolti, culturali, storici e non solo, che una scelta come quella adottata in Rwanda può comportare, segnaliamo la sintesi di un seminario tenutosi sull’argomento presso l’Università di Siena, dal titolo appunto “Lingue e sistemi educativi nell’Africa sub-sahariana” (clicca qui). Interessante anche un nostro vecchio post riportante una riflessione sull'argomento  dello storico africano Joseph Ki-Zerbo  ( clicca qui ).

martedì 21 dicembre 2010

Non c'è solo la Cina:anche l'India interessata al Rwanda

L’India è disposta a investire 250 milioni di dollari in Rwanda per sviluppare un "hub della conoscenza" in campo medicale, informatico, dell’istruzione e dell’agroalimentare. L’accordo sottoscritto ieri tra l’indiano Universal Empire Infrastructures Limited (UEIL) e il Rwanda Development Board (RDB) prevede, tra l’altro, la realizzazione di una università multidisciplinare, comprendente in particolare una facoltà di medicina.L'accordo siglato prevede inoltre centri di competenze in materia di  informatica, biotecnologie e della ricerca, oltre a un complesso sportivo e centro congressi, un centro medico con 300 camere, un centro benessere, naturopatia e sport acquatici per stimolare il turismo.La seconda parte del patto si concentra sulla creazione di un parco integrato di trasformazione dei prodotti alimentari per sviluppare agricoltura e zootecnia. L'investimento arriva dopo una serie di visite effettuate da delegazioni ufficiali  tra i due paesi e consacra il crescente status che  l'India si appresta a recitare per molti paesi in via di sviluppo, in particolare nel settore dell'informatica, della sanità e della farmaceutica. L'India è, infatti, un fornitore leader di prodotti farmaceutici a prezzi accessibili per gran parte del mondo in via di sviluppo; il paese sta inoltre cementando partenariati di ricerca e sviluppo con paesi come il Sud Africa per combattere l'HIV.

sabato 18 dicembre 2010

Bye bye Nyakatsi

Le abitazioni con tetti di paglia, ancora molto diffuse nei villaggi rwandesi    e localmente conosciute come Nyakatsi,   sono destinate presto a scomparire, o almeno a vedere il loro tetto sostituito da coperture in lamiera. Questo è quanto si propone una  campagna governativa che le autorità locali stanno attuando  con decisione su tutto il territorio. L’opera di sensibilizzazione incontra qualche resistenza anche perchè l’onere per sostituire i tetti non è certo indifferente, anche se  per i più bisognosi è prevista la fornitura da parte dello Stato delle lamiere necessarie. Il progetto, pur tra qualche inevitabile  mugugno da parte degli abitanti delle campagne, prosegue comunque e per i responsabili amministrativi locali sembra questo uno dei progetti su cui saranno misurati nella loro attività. Così,  un responsabile del  distretto di Bugesera, nella provincia orientale, annunciava con orgoglio che nella sua zona di competenza  già 7.363 su 13.000 case Nyakatsi sono state interessate a questa opera di “modernizzazione”. A sostegno del progetto si sta muovendo anche la Diaspora rwandese con una raccolta fondi denominata appunto  "by by Nyakatsi".

mercoledì 15 dicembre 2010

Un'etichetta per i prodotti della fattoria di Nyinawimana

Dobbiamo segnalare una piacevole sorpresa che ci viene fatta dal dinamico parroco di Nyinawimana, l'Abbè Jean Marie Vianney, che ha ideato un'etichetta, decisamente accattivante, con cui marchiare il miele che viene prodotto nell'azienda agricola realizzata nel corso degli anni sulla collina di Nyinawimana, con il decisivo sostegno dell'Associazione Kwizera. L'etichetta che ci viene proposta, nelle intenzioni dei conduttori dell'azienda agricola, dovrebbe identificare, in una moderna concezione di marketing, tutti i prodotti che, oltre al miele, escono dalla fattoria. L'idea ci sembra il giusto coronamento di un impegnativo lavoro di razionalizzazione che l'Abbè Jean Marie ha condotto in questi ultimi anni, portando la fattoria a un buon livello di redditività. In  questo momento, in cui si cominciano a raccogliere i frutti di questo intenso lavoro, non possiamo dimenticare tutto quanto fatto precedentemente a partire dall'opera di radicale terrazzamento dell'intera collina, effettuato dall'Ass. Kwizera nel 2005, e anche le difficoltà iniziali, non disgiunte da qualche inevitabile errore di cui si è tenuto il debito conto.

venerdì 10 dicembre 2010

Per uno sviluppo non solo materiale

Ci viene segnalato un contributo dal titolo "La nazione e lo sviluppo dei popoli" pubblicato dall'agenzia Zenit. Ne è autore Mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, Presidente della Commissione “Caritas in veritate” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) e Presidente dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuan” sulla Dottrina Sociale della Chiesa.
Riportiamo qui di seguito le conclusioni che interpellano da vicino tutti coloro che operano nel volontariato a favore delle popolazioni dei paesi, appunto detti in via di sviluppo :
"Non c’è dubbio che lo sviluppo è quindi un concetto qualitativo e non solo quantitativo. Non riguarda solo l’incremento della ricchezza, ma la qualità umana della vita personale e sociale. Potremmo anche dire che lo sviluppo riguarda prima di tutto le condizioni immateriali che non quelle materiali. Questo è un criterio di giudizio e di azione molto importante per il cattolico impegnato in politica. Gli permette di indirizzare lo sguardo non tanto e non solo sui dati economici e gli interventi tecnici, pur necessari come dirò tra breve, ma sui presupposti immateriali, ossia culturali e morali, dello sviluppo. Nei paesi poveri molti freni allo sviluppo derivano da ancestrali culture locali che disprezzano il lavoro, stabiliscono norme discriminanti, non valorizzano adeguatamente la donna, vedono il rapporto con la natura in modo magico. Tutti questi atteggiamenti mentali sprecano risorse, non permettono un pieno utilizzo delle risorse naturali, costituiscono caste inamovibili nella società che frenano la mobilità sociale e il progresso, bloccano le iniziative di intraprendenza. Favorire lo sviluppo di quei popoli vuol dire anche liberarli da quelle culture limitanti.
Viceversa, leggi sulla proprietà intellettuale vigenti nei paesi ricchi, impediscono di distribuire farmaci di prima necessità nei paesi poveri in modo da lottare contro malattie endemiche e pandemie. Anche in questo caso una cultura, di tipo produttivistico e individualistico, è elemento di freno allo sviluppo. Il trasferimento nei paesi poveri di stili di vita edonistici e individualistici propri dei paesi sviluppati può essere negativo per il loro sviluppo. La mancanza di istruzione o della capacità di collaborare, le carenze nella concezione del rispetto della legalità sono cause di sottosviluppo non meno importanti di altre di ordine materiale. È bene, quindi, mettere a fuoco prima di tutto questi problemi di tipo immateriale ed associare agli aiuti allo sviluppo sempre anche un accompagnamento formativo.
I trasferimenti non devono essere solo economici o di beni materiali ma anche di competenze, di professionalità, di istruzione e cultura e, come si dice, di know how. Una visione materialista dello sviluppo lo intende invece solo come trasferimento di risorse che però spesso cadono nelle mani di aguzzini che tengono quei popoli sotto il loro tallone, vengono dirottati verso l’acquisto di armi, distruggono i mercati locali impoverendo i produttori. Se invece si pone attenzione ai problemi qualitativi si metterà in primo piano forme di aiuto culturale, educativo, formativo, di educazione alla legalità e al buon funzionamento delle istituzioni democratiche. Anche lo stesso problema dell’alimentazione, che appare nella sua essenza come una mancanza di cibo, ossia di beni materiali, è in fondo dipendente da cause strutturali di tipo immateriale e culturale. Un aspetto molto importante di questa visione qualitativa dello sviluppo riguarda gli stretti collegamenti tra i grandi principi del rispetto della vita, della difesa della famiglia e della libertà di religione e lo sviluppo dei popoli, messi in evidenza soprattutto nella Caritas in veritate".
L'intero articolo è leggibile cliccando qui

giovedì 9 dicembre 2010

Ok il prezzo è ....pompato

Oggi il prezzo di una capra può essere indifferentemente 15.000, 20.000 o 25.000 Frw: dipende da chi ti presenta il preventivo.Questi sono, infatti, i prezzi esposti in tre diversi preventivi  a supporto di tre differenti  progetti presentati da altrettante parrocchie rwandesi per avere il sostegno di un'Associazione di volontariato. Per completezza il prezzo più basso di Frw 15.000 riguardava capre già ingravidate, quindi teoricamente più costose. Analogo discorso può riguardare l'acquisto di un kilo di banalissimi chiodi per fissare le lamiere, il cui prezzo in un preventivo è di 2000 e in un altro di 2500 Frw, piuttosto che 1200 o 1500 Frw per i chiodi per il legno. Come  si vede ci sono variazioni che vanno da un, quasi accettabile, 25% a un inaccettabile 66%. Sono due semplicissimi esempi che purtroppo fotografano una situazione di malcostume diffuso, con cui devono quotidinamente misurarsi gli operatori del volontariato che intendono promuovere progetti di sviluppo, anche di piccole dimensioni, a favore delle realtà locali. Domanda: ma perchè cercare di lucrare sugli aiuti, non sarebbe forse sufficiente accontentarsi dell'aiuto stesso? E ancora: se succede questo nel piccolo.........?
Amici, un po' più di misura!  

mercoledì 8 dicembre 2010

Tempi difficili per il microcredito, anche in Rwanda

Non è un bel momento per il microcredito. Nei giorni scorsi i giornali hanno portato alla ribalta alcune operazioni piuttosto spregiudicate condotte da Muhammad Yunus, fondatore della Grammen Bank e premio Nobel per la Pace nel 2006, con fondi donati a sostegno del microcredito dal goveno norvegese. L'immagine di Yunus ne è uscita piuttosto ammaccata, anche perchè dalle ricerche fatte nei paesi del sud est asiatico, dove più si è diffusa la pratica del microcredito, sono sorti dubbi sulla reale efficacia del modello, soprattutto con riferimento agli esorbitanti tassi che vengono applicati sui piccoli crediti concessi.
E' di oggi la notizia che ci viene da Byumba secondo cui la cooperativa Iriba Microfinance, che avevamo avuto modo di visitare per raccogliere informazioni sull'esperienza del microcredito in Rwanda, è stata  messa in liquidazione, sommersa da 170 milioni di Frw ( poco più di 200 mila euro) di crediti irrecuperabili, dopo che aveva sospeso le operazioni già dal maggio scorso, creando non poco disorientamento tra i numerosi clienti. In precdenza c'era stato il caso della Blue Financial Services Ltd, un'istituzione  sudafricana, cui era stata ritirata la licenza di esercizio in Rwanda, all'inizio di quest'anno, a causa di  pratiche scorrette e per il  livello del contenzioso. Altri casi si erano verificati nel passato. Il livello di contenzioso esistente sul mercato del credito rwandese è abbastanza elevato; basti pensare che la miglior banca del paese, secondo quanto emerge da una classifica del Financial Times di Londra (FT) Magazine, la Banca di Kigali (BK) nel 2008 
aveva  sofferenze pari al 15,4 per cento del volume totale del prestito, scese poi all'8 per cento nel 2009.
In simili condizioni diventa difficile operare sul mercato per le banche e per le società dedite al microcredito che reagiranno a simili contingenze rendendo più restittivi i criteri di erogazione di un prestito, con la conseguente penalizzazione per i più deboli.

sabato 4 dicembre 2010

Rwanda: piano per una circoncisione di massa contro la diffusione dell'AIDS

Per arginare la diffusione dell’HIV/AIDS, le autorità di Kigali stanno programmando un piano che prevede la circoncisione, entro il 2012 , di almeno 2 milioni di uomini.Il progetto trae spunto da una raccomandazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità secondo la quale, sulla base di ricerche effettuate, gli uomini circoncisi hanno un 60 per cento di probabilità di non acquisire il virus durante i rapporti sessuali.
Secondo quanto sostenuto dalla Dr. Anita Asiimwe, segretario esecutivo della CNLS- Commissione nazionale di contrllodell’Aids, il personale medico sul territorio è già stato preparato per condurre la circoncisione di massa che, da quanto si può ricavare da The New Times, dovrebbe avvenire su basi volontarie, anche sulla base di un’apposita campagna di sensibilizzazione.
Diverso potrebbe essere il discorso per quanto riguarda la circoncisione dei neonati; tenuto conto che l’intervento su un bambino tra un giorno e un mese di età è più semplice, in quanto la ferita guarisce entro 3-4 giorni, e che le nascite avvengono nella quasi totalità dei casi presso i centri di sanità, non è del tutto escluso che si possa arrivare alla circoncisione dei bambini nel primo mese di vita. Attualmente, secondo rilevazioni demografiche, solo il 15 per cento degli uomini intervistati ( di età compresa fra i 15-49 anni) sono stati circoncisi.

giovedì 2 dicembre 2010

In margine a un banale guasto di un elettrogeneratore

Nella primavera del 2009 viene inviato in Rwanda un elettrogeneratore nuovo di fabbrica, destinato a soddisfare i bisogni di una parrocchia dell'interno. Appena arrivata l'apparecchiatura viene messa in funzione; ma già dopo qualche mese vengono segnalati i primi inconvenienti, che via via si andranno aggravando, fino a quando il generatore cessa di funzionare. Intervengono i tecnici locali che cercano di rimediare ai presunti guasti con interventi che, pur non mancando di una certa inventiva tecnica, non riescono a risolvere il  problema. L'estate scorsa prendiamo visione del motore, ormai smontato, causa del blocco del generatore; facciamo qualche fotografia delle parti che i tecnici locali hanno individuato come accidentate per poter trovare gli eventuali pezzi di ricambio, una volta ritornati in Italia. Quando abbiamo sottoposto la relativa documentazione fotografica a un tecnico italiano la risposta è stata disarmante: " il motore si è rotto semplicemente perchè nessuno si è preoccupato di controllare il livello dell'olio che, una volta esaurito, ha portato alla rottura del motore stesso". Perchè raccontiamo un fatto del genere, apparentemente banale nella sua dinamica? Perchè ci pare rappresenti abbastanza bene un'insidia che spesso accompagna gli interventi sul terreno di molte associazione.
Due osservazioni.
La prima: la Onlus che ha inviato l'elettrogeneratore ha ritenuto esaurito il proprio compito con l'invio del macchinario, forse non preoccupandosi a sufficienza di mettere in grado gli utilizzatori finali di farne buon uso, con un minimo di formazione.
La seconda:  i destinatari dell'elettrogeneratore, visti gli esiti, forse non si sono preoccupati di aprire e scorrere il manuale di istruzione.
A ben pensarci, ci troviamo di fronte alle due facce di una stessa medaglia che evidenzia come, troppo spesso, gli interventi vengano gestiti e vissuti dai protagonisti secondo modelli sicuramente migliorabili.
Da una parte, l'Onlus preoccupata di dare concretezza ai fondi raccolti dai benefattori materiallizzandoli, a volte in maniera fin troppo sbrigativa,  in una costruzione, un'attrezzatura o un'iniziativa sociale di cui dare immediato conto ai propri sostenitori, spesso dimenticandosi però di seguirne gli sviluppi e gli utilizzi  futuri.
Dall'altra, per chi riceve, causa un malinteso senso di indipendenza e autonomia, non sempre c'è la necessaria disponibilità e apertura ad attrezzarsi  per far buon uso di quanto ricevuto, attraverso la formazione o il confronto.
Forse, un minimo di autocritica dall'una e dall'altra parte gioverà a renedere più afficace il nostro operare.

mercoledì 1 dicembre 2010

Rivelazioni di Wikileaks: agli USA interessa anche il DNA dei leaders rwandesi

 La divulgazione della prime  centinaia di migliaia di documenti della diplomazia americana da parte del notissimo sito  Wikileaks ha interessato anche il  Rwanda. In una direttiva firmata nel mese di aprile 2009 dal Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, si invitano i funzionari americani a ricercare dettagli su personaggi di tre paesi africani: Rwanda, Repubblica Democratica del Congo e Burundi. Oltre alle solite informazioni politiche, militari, commerciali, si richiede esplicitamente informazioni sulla " loro salute, il loro parere sugli Stati Uniti, la loro formazione, la loro etnia e la loro padronanza delle lingue straniere" e tanto per avere un quadro completo anche "le impronte digitali, la foto del viso, il DNA e le immagini scannerizzate  dell'iride".
Chissà cosa ne pensa Mister Obama della sottile venatura razzistica che traspare dalle richieste della signora Clinton.