Più del doppio del denaro affluito, a partire dagli anni 70, in Africa sotto forma di aiuti - 300 miliardi di dollari secondo il noto libro "La carità che uccide" di Dambisa Moyo- ha lasciato illegalmente il continente per andare ad alimentare i conti esteri di governanti e alti burocrati dei paesi africani.
Secondo un nuovo rapporto dell'ong Global Financial Integrity (http://www.gfip.org/) predisposto per i ministri delle finanze africani, tra il 1970 e il 2008, si calcola prudenzialmente che abbiano lasciato illegalmente l'Africa circa 854 miliardi di dollari, con ipotesi che potrebbero portare tale cifra fino 1.800 miliardi di dollari. L'importo di 854 miliardi rappresenta il 56% del PIL dell'intera Africa nel 2008. I paesi più interessati al grave fenomeno sono concentrati nell'Africa occidentale e centrale, con il non invidiabile primato della Nigeria con 89,5 miliardi di dollari, seguita da Egitto (70,7 miliardi), Algeria (25,7 miliardi), Marocco (25 miliardi) e Sud Africa (24,9 miliardi). La Nigeria si trova al centro di tale fenomeno ormai da decenni. Negli anni ottanta era facile ricevere negli uffici bancari fax di sedicenti alti burocrati nigeriani che chiedevano, promettendo lauti compensi, riferimenti bancari per far transitare somme in uscita dal paese; si trattava di truffe, in quanto veniva chiesto un piccolo anticipo per dar corso all'operazione, ma che fondavano la loro credibilità sul diffuso andazzo che interessava quel paese. Il fenomeno della fuga di capitali si è andato via via accentuando negli anni, assumendo dimensioni particolarmente gravi a partire dal 2000: da allora fino al 2008 sono usciti 437 miliardi di dollari.Tale impennata è significativamente correlata all'andamento del costo del petrolio che ha fatto affluire importanti capitali in diversi paesi africani produttori come, appunto, la Nigeria. Con il solo importo di 854 miliardi di dollari, l'Africa avrebbe potuto non solo rimborsare il proprio debito estero (250 miliardi a fine 2008), ma anche spendere 600 miliardi di dollari per i programmi contro la povertà e per dare corso agli investimenti per lo sviluppo.
E' un quadro come quello sopra delineato che ha fatto dire all'ex Segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, in occasione di una riunione di leaders africani, tenutasi a settimana scorsa a Johannesburg, che basterebbe dimezzare questo deflusso di denaro per risolvere molti dei problemi finanziari che attanagliano lo sviluppo del continente africano.
Poichè il flusso di denaro in uscita sfrutta tutte le possibilità offerte dai sofisticati metodi di riciclaggio del denaro di cui dispone il sistema finanziario internazionale, in particolare per quanto attiene l'approdo finale presso le banche con sede in paesi, i cosidetti paradisi fiscali, che non aderiscono agli accordi internazionali miranti a frenare il fenomeno, prima o poi la comunità internazionale dovrà accentuare le misure ( alcune già esistenti) per limitare drasticamente questo fenomeno.Diversamente tanto vale che gli aiuti vengano direttamente accreditati sui conti esteri dei satrapi africani!
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