Un sacerdote congolese che vive in Italia ha lasciato nei giorni scorsi questo commento a un vecchio post del 2008 che trattava di documentazione agricola per i paesi africani: " Avec les mamans d'un village du Nord-kivu, je voulais faire naitre l'elevage des chèvres de qualité. Où pouvons-nous envoyer une personne pour une formation véterinaire de 6 mois et où pouvons-nous les acheter ?" . Il sacerdote vorrebbe dar vita con le mamme di un villaggio del nord Kivu a un allevamento di capre di qualità e per questo ci chiede dove poter inviare una persona per una formazione veterinaria appropriata e dove acquistare le capre. Vorremmo essere utili e poter rispondere positivamente a questo religioso. Purtroppo, chi ci segue sa benissimo come il problema della formazione, in particolare in campo agricolo, sia oltre che uno di quelli più trattati nel nostro piccolo blog, anche quello con cui l'Associazione Kwizera ha dovuto misurarsi nel Progetto MIkAN. Non senza qualche difficoltà, alle famiglie partecipanti al Progetto si è riusciti a somministrare, durante appositi incontri, qualche nozione di base sull'allevamento per permettere loro di prendersi cura delle capre loro assegnate.Dopo aver atteso invano per mesi che docenti della scuola di agricoltura di Nyagahanga ci facessero una sintesi di una ventina di pagine di un manualetto esistente sull'allevamento delle capre, siamo finalmente riusciti con la collaborazone di un giovane veterinario a venire a capo del problema. Alcune schede operative contenenti le nozioni di base per avere cura di una capra sono state finalmente predisposte e sono ora in fase di traduzione in kinyarwanda. Vorremmo essere utili a questo sacerdote, purtroppo non possiamo offrirgli nulla più della piccola esperienza che stiamo vivendo con il progetto MIkAN che, grazie all'impegno di Don Paolo, del coordinatore Jean Damascene e del giovane veterinario Théogène, sta avendo un positivo riscontro nelle comunità locali coinvolte. Comprendiamo benissimo che il nostro sacerdote congolese si aspettasse risposte più esaustive del suo problema, per ora questo possiamo offrirgli: trasmettergli quel poco che abbiamo maturato sul campo in questo anno di esperienza con il Progetto MIkAN. Chissà che anche da un semplice scambio d'idee non possa nascere qualcosa di utile!
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lunedì 31 maggio 2010
mercoledì 26 maggio 2010
Sui progetti è tempo di cambiare registro
Spesso capita di essere destinatari di progetti predisposti da esponenti locali rwandesi (parrocchie, gruppi giovanili) che avanzano richieste di sostegno finanziario per iniziative le più varie. Si tratta spesso di progetti ben formulati, corredati di preventivi di spesa precisi e puntuali, nel senso che vengono dettagliate puntualmente le singole voci di spesa. Sulla base di tali preventivi viene quindi avanzata la richiesta del relativo contributo che dovrebbe essere erogato, quasi a scatola chiusa. E qui nascono i problemi. Infatti, quando si va a guardare nel dettaglio, spesso, anche se non sempre, i prezzi risentono di qualche gonfiatura di troppo e difficilmente si trova qualche apporto volontario da parte delle persone coinvolte direttamente nel progetto o di coloro a favore dei quali l'iniziativa viene proposta. Anche i giovani animatori di un campo giovanile vogliono essere pagati! Quando arriva il muzungu sembra quasi che tutti debbano avere il proprio tornaconto; i prezzi lievitano, le imprese guadagnano oltre il normale, il volontariato scompare. Forse è giunto il tempo in cui ogni progetto da realizzarsi in loco con il contributo di un'Associazione debba prevedere anche un apporto locale, nelle forme ritenute più consone, che copra una certa percentuale dell'investimento previsto. Si potrà provedere la fornitura di un certo numero di ore lavoro a titolo gratuito o a un prezzo "politico", piuttosto che la partecipazione con un apporto finanziario. Una simile impostazione servirebbe a fare una cernita preventiva dei progetti veramente necessari e giudicati tali dalla comunità locale che dovrebbe quindi sentirsi pienamente coinvolta nella sua realizzazione. Si dovrebbero inoltre privilegiare progetti che favoriscano una crescita reale della popolazione e lo sviluppo delle persone: Un corso di preparazione e formazione professionale, piuttosto che il sostegno di una micro iniziativa economica dovrebbero avere più impatto sul reale sviluppo della popolazione piuttosto che fare la supplenza in campi di diretta pertinenza dello stato, come per esempio la realizzazione di un edificio scolastico. Anche perchè , in presenza di una sempre più probabile contrazione dei fondi raccolti tra i vari benefattori, bisogna sempre ricercare un utilizzo il più proficuo possibile dei fondi disponibili. Si pensi a quanti micro progetti in campo formativo e di sviluppo di possono mettere in campo con le cifre importanti che si impiegano nel mattone. Un esempio: con il corrispettivo di un normale edificio scolastico si possono coinvolgere direttamente 1500 famiglie nel Progetto MIkAN, con ulteriori 1500 in attesa del primo capretto; in ultima analisi 6000 persone coinvolte e responsabilizzate in un percorso di crescita umano e sociale, con un effetto a macchia d'olio all'interno della comunità.Sono progetti come questi che richiedono il coinvolgimento delle persone che possono incidere veramente in un reale cambiamento di mentalità, dove l'aiuto non sia fine a se stesso ma reale molla per imparare a camminare con le proprie gambe. Perchè non ne parliamo?
lunedì 24 maggio 2010
L’Africa day
Il 25 maggio si celebra in tutto il mondo la Giornata dell’Africa, istituita su iniziativa dell’Unione africana.Il tema di quest'anno è " Il consolidamento e il mantenimento della pace attraverso lo sport", tema quanto mai attuale nel momento in cui stanno per iniziare i campionati mondiali di calcio in Sud Africa.Il continente africano sarà per tutta la durata del torneo mondiale sotto i riflettori del mondo: centinaia di milioni di spettatori, ma per le finali si supererà sicuramente il miliardo, seguiranno le partite mondiali da ogni parte del pianeta, dalle città del nord del mondo all'ultimo dei villaggi africani. Il tifo per il calcio, costa dirlo, è uno dei pochi collanti che accomuna i diversi popoli. Quando però si spegneranno i riflettori, l'Africa ripiomberà nei suoi problemi, primo fra tutti appunto la pace, visti i diversi focolai di guerra di cui è disseminato il continente, e la riconciliazione all'interno dei molti paesi che si sono lasciati alle spalle sanguinosi conflitti le cui ferite fisiche e morali non si sono ancora totalmente rimarginate.
Forse in questa occasione vale la pena ricordare come la prima Giornata per l'Africa sia stata istituita da Papa Leone XIII nel 1891 per la lotta contro la schiavitù; si celebra ogni anno all'inizio del mese di gennaio a sostegno dei tanti uomini di Chiesa che in Africa lavorano per la dignità dell'uomo, la libertà, la giustizia, la pace e l’annuncio del Vangelo da cui discende anche una reale promozione umana e un vero sviluppo.
Ancora oggi, pur tra le inevitabili contraddizioni, è ancora la Chiesa l’unica speranza che rimane a questi popoli.
sabato 22 maggio 2010
Il modello ivoriano per le mense scolastiche rwandesi
Una missione ufficiale rwandese ha intrapreso di recente un tour nei villaggi della sottoprefettura Bonoua in Costa d'Avorio per studiare il modello di gestione ivoriano delle mense scolastiche. Il proposito era quello di trovarvi ispirazione circa il tipo di organizzazione, il razionamento e la distribuzione dei pasti scolastici in queste mense. Il modello ivoriano è caratterizzato da un forte coinvolgimento nell'organizzazione delle mense delle donne della comunità rurale e la specifica destinazione di alcuni terreni agricoli a produrre derrate alimentari che serviranno alla preparazione dei pasti preparati per i bambini. Un'idea che la delegazione rwandese intende importare anche in Rwanda. A Nyagahanga, come noto, esiste una piccola mensa scolastica per una settantina di bambini bisognosi di cui abbiamo più volte riferito. Ecco, un'idea come questa potrebbe essere fatta propria: coinvolgere qualche mamma, trovare qualche terreno incolto da mettere in produzione e poi via al micro progetto di un allevamento di animali da cortile con il contributo dei ragazzi di Grosio.
venerdì 21 maggio 2010
Quando il volontario è africano
Un bella storia africana ci viene raccontata nell'ultimo numero del settimanale Vita. E' la storia di un gruppo keniano attivo a a Nyahururu,cittadina del Kenya sulla linea dell’equatore. Qui da 13 anni si sta sperimentando la via dello sviluppo che parte dal basso puntando su una risorsa ignorata: il volontariato africano. Stiamo parlando della comunità di base Saint Martin, dove 1.300 volontari locali sono impegnati
in sei programmi di intervento, dalla reintegrazione dei bambini di strada, alla cura delle persone disabili, alla prevenzione dell’Aids, al microcredito, ai diritti umani.
Il Saint Martin è operativo dal 97 su impulso di un sacerdote italiano della diocesi di Padova, don Gabriele Pipinato, e di un primo gruppo di 11 volontari kenyani. Negli anni l'iniziativa si è consolidata fino a diventare un’organizzazione non profit, formata da più di cento persone stipendiate e da una vasta rete di volontari, attiva non solo nella cittadina, ma anche nei villaggi circostanti. Nelle comunità i volontari vanno a visitare le
famiglie in difficoltà, segnalano i casi di persone ammalate o disabili, mossi dall'interesse per l’altro che alberga in ognuno.Ma sentiamo la testimonianza di alcuni dei protagonisti. La signora Madoia, casalinga, moglie di un contadino e madre di quattro figli, dice di essere scettica sul fatto che chi viene dalla città possa capire i problemi del suo villaggio, figurarsi chi proviene da un’altra nazione, e quindi afferma con convinzione «Per questo mi sento responsabile.......questa è la nostra gente, si tratta dei nostri figli e dei nostri amici». Nel suo villaggio Madoia è un riferimento e racconta così la sua esperienza: «Se una mamma è malata bisogna pensare anche ai suoi bambini, per esempio assicurarsi che vadano a scuola. Io ne parlo con gli operatori sociali del Saint Martin e cerchiamo una soluzione insieme alla comunità, partendo innanzitutto da quello che gli altri genitori o gli insegnanti possono fare».
Fra gli operatori del Saint Martin 38 sono “mobilitatori di comunità”. «Sono loro la chiave di questo modello di sviluppo», spiega Thomas Kihara, ex preside di scuola elementare e ora uno dei responsabili, «il loro obiettivo è creare una cultura della condivisione partendo dalla prospettiva che se, per esempio, un bambino è orfano e vive sulla strada, il problema è di tutta la comunità. I mobilitatori vanno a parlare con i responsabili della scuola, con i parenti del bambino e con altri genitori». Il successo del Saint Martin si regge su un delicato equilibrio fra donazioni provenienti dall’estero e protagonismo locale. «Le ong sottovalutano la capacità di donare degli africani, che ha alla base una profonda spiritualità. Fanno fatica a uscire dal binomio donatori- beneficiari», afferma Kihara, «alla base della nostra attività c’è tanto lavoro di formazione, ma la generosità di molte persone non finisce di sorprenderci».
Purtroppo,nella nostra esperienza in terra rwandese non abbiamo avuto, almeno fino ad oggi, la fortuna d'incontrare persone animate di un simile spirito. Forse tutto sta nel riuscire ad affrancarsi da quel particolare binomio "donatori-beneficiari", citato da uno dei protagonisti, che ingabbia tanti nostri comportamenti ma anche quello dei nostri amici rwandesi. L'esperienza keniana insegna tante cose, anche quella che dalla disponibilità gratuita dei primi volontari è nata un'occasione reale di sviluppo se è vero che oggi un centinaio di quei volontari sono diventati degli stipendi. Allora nasce una domanda: perchè è tanto difficile incontrare tra i giovani locali, ma anche tra i professori piuttosto che tra i tecnici, qualcuno che si impegni a fianco del muzungu con spirito volontaristico, perchè come dice mamma Madoia in fin dei conti «.....questa è la nostra gente, si tratta dei nostri figli e dei nostri amici», senza rincorrere il tornaconto immediato? Gli amici del Saint Martin hanno avuto la pazienza di seminare prima di raccogliere i frutti del loro impegno.
giovedì 20 maggio 2010
Moyo: soluzioni opinabili per mali certi
Molti gli spunti di riflessione che si possono trarre dal libro La carità che uccide (ed. Rizzoli € 18,50, pag. 260) di Dambisa Moyo, di cui abbiamo più volte parlato. La tesi dell’autrice, sintetizzata nel sottotilo dell'edizione italiana "Come gli aiuti dell'Occidente stanno devastando il Terzo mondo" è nota: la marea di aiuti economici che ha invaso l’Africa negli ultimi cinquanta anni, al di là di risollevarne le sorti, ne ha aggravata la situazione socio economica.A sostegno di questa sua tesi, che potrebbe scandalizzare i benpensanti convinti che per risolvere i problemi dell’Africa ci vogliano i concerti di Bono e company, l’autrice lascia parlare i numeri e gli indici di sviluppo. L’uso che i governanti dei paesi africani hanno fatto di questo flusso inarrestabile di denaro che la cattiva coscienza dell’Occidente convoglia su di loro, senza troppe verifiche sul corretto uso, non ha avuto alcun impatto positivo sui principali indici che misurano lo sviluppo socio-economico di un paese. All’inizio del nuovo millennio, molti paesi hanno livelli di vita inferiori a quelli di trentanni fa, con la sola eccezione di quei pochissimi paesi, come il Botswana, che hanno avuto il coraggio di affrancarsi dagli aiuti stranieri, intraprendendo un percorso virtuoso fatto di riforme economiche e sociali. Le conseguenze che gli aiuti comportano sulle fragili economie locali e sulla vita sociale degli africani sono evidenziate dall’autrice con chiaro realismo, trovando le spiegazioni nei ritardi della società africana, nei suoi inveterati vizi, primo fra tutti la corruzione diffusa a tutti i livelli dell’apparato statale dall’ultimo funzionario al primo ministro, e sulle consolidate leggi che regolano le dinamiche economico-finanziarie. Si calcola che ogni anno circa 10 miliardi di dollari, circa la metà degli aiuti esteri ricevuti dell’Africa nel 2003, riprendano la via dell’estero per approdare su conti segreti. Ci sono poi le guerre civili, la debolezza delle istituzioni, l’assenza di un ceto medio produttivo, l'incertezza del diritto, la mancanza di quello che la Moyo chiama "capitale sociale", inteso come l’invisibile collante che unisce affari, economia e vita politica, che fa da fulcro dello sviluppo di un paese. La parte più interessante del libro è proprio la parte di diagnosi del problema, anche perché essendone autrice una studiosa africana non si corre il rischio che venga sbrigativamente liquidata come la solita lettura dei fatti deformata dall’ottica occidentale.
Basti pensare al coraggio con cui la Moyo affronta il problema dei modelli democratici, arrivando a sostenere come “ ciò di cui hanno bisogno i paesi poveri, ai gradini più bassi dello sviluppo economico, non è una democrazia multipartitica, ma di un dittatore benevole e risoluto che introduca le riforme indispensabili a mettere in moto l’economia …” e che "non è la democrazia il prerequisito alla crescita economica ma, al contrario è la crescita economica a essere un prerequisito alla democrazia". L’autrice conclude affermando brutalmente che nelle prime fasi dello sviluppo a una famiglia africana affamata importa poco se può votare o no: prima di tutto dovrà avere del cibo che solo lo sviluppo le può assicurare. Fin qui la diagnosi, che non riesce a sorprendere chi abbia una seppur superficiale conoscenza dei fatti africani.
Quando si passa alla ricetta per curare la malattia, l’autrice attinge a modelli di finanza internazionale: ricorso al mercato obbligazionario internazionale per finanziarsi, investimenti diretti nelle infrastrutture, liberalizzazione del mercato dei prodotti agricoli e diffusione del microcredito. Una ricetta frutto dell’esperienza che la Moyo ha maturato alla Banca Mondiale e in una primaria banca d’affari, che risulta piuttosto riduttiva per affrontare i tanti problemi messi in rilievo dalla stessa autrice. Questi strumenti economici-finanziari , da soli, non ci pare possano portare molto lontano se non adeguatamente accompagnati da un reale salto culturale della società africana nelle sue diverse componenti. Sul libro della Moyo bisognerà ritornare perché offre diverse chiavi di lettura anche dell’attuale realtà rwandese.
martedì 18 maggio 2010
5 x 1000 all'Associazione Kwizera Onlus
Sono stati resi noti sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, www.agenziaentrate.gov.it, gli elenchi del 5 per mille 2010.Tra i soggetti ai quali i contribuenti potranno destinare una quota della propria Irpef è compresa anche l'Associazione Kwizera Onlus. Chi vorrà quindi destinare il proprio cinque per mille dell'IRPEF potrà far conoscere la propria scelta in sede di 730 o di modello Unico.
Per coloro che hanno ricevuto il CUD e non hanno riconsegnato, entro il 30 aprile, al sostituto d'imposta l'apposito modulo per la destinazione dell'8 per mille e del 5 per mille, sono ancora in tempo per segnalare la propria scelta.
Basterà compilare il modulo ricevuto con il CUD, sottoscrivendolo nell'apposito spazio, dopo aver indicato il Codice Fiscale dell'Associazione Kwizera n. 90006470463
e consegnarlo:
- entro il 31 luglio 2010 allo sportello di un ufficio postale che provvederà gratuitamente a trasmetterlo all’Amministrazione finanziaria;
- entro il 30 settembre 2010 ad un intermediario abilitato alla trasmissione telematica (professionista, CAF, ecc.).
lunedì 17 maggio 2010
Byumba, apertura dell'anno accademico dell'IPB
Con una cerimonia allo stadio di Byumba si è celebrato l'accreditamento, come università riconosciuta dallo Stato, dell'Institut Polytechnique de Byumba (IPB) e l'inizio dell'anno accademico 2010/2011 (vedi post del 30 marzo). Nell'occasione il Rettore dell'IPB, Prof. Faustin Nyombayire, dopo aver espresso soddisfazione per il riconoscimento conseguito anche grazie al sostegno continuativo da parte del governo, ha consigliato gli studenti a studiare con dedizione per poter aspirare a un futuro migliore, assicurando loro che l'IPB arricchirà i corsi di studio con altre specializzazioni, soprattutto in campo agricolo e gestionale. Nell'occasione è stato firmato anche un accordo di cooperazione didattica con l'organizzazione francese DJEECF, rappresentata dal proprio direttore generale dottor Jean Emmanuel Djomo ( a sinistra nella foto TNT con il Rettore Don Faustino all'atto della sottoscrizione del protocollo d'intesa).
Nel corso della cerimonia è stata anche preannunciata da parte dei finanziatori dell'IPB, raccolti nell'Economic and Social Development Association (ADEB), l'intenzione di promuovere una radio comunitaria locale il cui lancio e gestione sono stati affidati all'IPB.
Nel formulare ogni possibile successo a questa importante iniziativa e buon lavoro al corpo accademico e agli studenti dell'IPB, ricordiamo al Rettore che per gli insegnamenti pratici in materie agricole, la fattoria di Niynawimana con i suoi campi, la sua stalla e i suoi animali, sarebbe un ottimo campo scuola. Sarebbe una bella sinergia e un'ulteriore valorizzazione della realizzazione forse più importante dell'Associazione Kwizera in Rwanda.
Nel corso della cerimonia è stata anche preannunciata da parte dei finanziatori dell'IPB, raccolti nell'Economic and Social Development Association (ADEB), l'intenzione di promuovere una radio comunitaria locale il cui lancio e gestione sono stati affidati all'IPB.
Nel formulare ogni possibile successo a questa importante iniziativa e buon lavoro al corpo accademico e agli studenti dell'IPB, ricordiamo al Rettore che per gli insegnamenti pratici in materie agricole, la fattoria di Niynawimana con i suoi campi, la sua stalla e i suoi animali, sarebbe un ottimo campo scuola. Sarebbe una bella sinergia e un'ulteriore valorizzazione della realizzazione forse più importante dell'Associazione Kwizera in Rwanda.
sabato 15 maggio 2010
L'Unione europea dona 73,8 milioni di euro al Rwanda
L'Unione europea (UE) ha firmato un accordo con il governo di Kigali per l'erogazione di un contributo a fondo perso di 73,8 milioni di euro. I fondi saranno destinati in prevalenza al miglioramento della rete stradale e allo sviluppo del settore agricolo. Trentadue milioni saranno spesi per la sistemazione della strada che da Kigali porta al nord verso il posto di confine di Gatuna verso l'Uganda. Venti milioni di euro saranno invece destinati allo sviluppo dell'agricoltura, mentre 12 milioni serviranno per investimenti nel settore giudiziario. Il resto servirà per l'organizzazione delle prossime elezioni presidenziali di agosto e per la sicurezza alimentare. In occasione della firma dell'accordo, l'ambasciatore dell'Unione europea, Michel Arrion, ha espresso un giudizio positivo sulla gestione, da parte del Rwanda, degli aiuti fin qui ricevuti ricevuti.
giovedì 13 maggio 2010
Progetto MIkAN: il primo gruppo al traguardo
Il giorno 3 maggio si è tenuta a Nyagahanga una giornata speciale nell’ambito del Progetto MIkAN. Il primo gruppo, composto da 25 famiglie destinatarie ognuna mesi fa di una capretta, ha concluso con successo, seppure tra qualche difficoltà iniziale, la prima fase del Progetto. Infatti, questo primo gruppo ha onorato il proprio impegno: 25 capretti sono stati resi disponibili per essere assegnati ad altrettante famiglie, già in affiancamento con le prime famiglie dall'inizio del progetto. I responsabili locali del Progetto, a partire da Don Paolo, fino al coordinatore signor Jean Damascene e al giovane veterinario Théogène, hanno organizzato una giornata di convivialità in cui è stata messa a fuoco l’esperienza vissuta dal primo gruppo, sono state date le necessarie istruzioni operative al nuovo gruppo assegnatario dei capretti,, ma soprattutto è stato evidenziato lo spirito con cui il Progetto MIkAN s’inserisce nell’ambito della pastorale familiare, favorendo anche la responsabilizzazione di ogni singola famiglia nel processo di sviluppo economico e sociale nell’ambito della comunità parrocchiale. La giornata è stata scandita da momenti di festa, sottolineati dalle tradizionali danze, e da un momento di convivialità finale. Al gruppo che ha concluso con successo questa prima fase, seppur con qualche inconveniente, dovuto alla negligenza di qualcuno dei componenti, peraltro superato grazie alla solidarietà dei partecipanti, è stato riconosciuto, come a suo tempo concordato, un premio di 100 euro per il raggiungimento degli obiettivi. Dalla giornata sono emersi anche alcuni suggerimenti di cui i responsabili faranno tesoro per apportare eventuali miglioramenti a un Progetto che sembra marciare nel modo sperato.
martedì 11 maggio 2010
Ricetta rwandese per rivitalizzare la vecchia democrazia britannica!
Abbiamo più volte dato conto, con una certa ammirazione, dei molti e variegati progressi che il Rwanda ha compiuto in questi ultimi anni nell’organizzazione della pubblica amministrazione piuttosto che nell’economia e in tanti altri settori della vita sociale.Di tali progressi i rwandesi vanno giustamente fieri. Qualche volta però, eccedendo in questo loro compiacimento, salgono in cattedra a impartire lezioni. E’ il caso di un commento apparso oggi su The New Times sotto il titolo “ Il Rwanda può insegnare una o due cose alla Gran Bretagna”. Se abbiamo letto con simpatia l’ironico commento alla crisi greca con l’ipotesi di offrire consulenza alle autorità di Atene per rimettere in sesto il loro disastrato bilancio, lascia perplessi il tono con cui il commentatore prescrive la propria ricetta alla più antica democrazia del mondo, alle prese con una difficile trattativa per comporre il governo all’esito delle ultime elezioni in cui nessuno dei tre partiti in lizza ha conquistato la maggioranza dei seggi parlamentari.
Prendendo spunto da questa situazione di stallo, il commentatore si lancia dapprima in una critica del sistema elettorale britannico basato sul collegio uninominale, che a volte lascia un significativo numero di elettori privi di rappresentanza parlamentare e che, con questo esito elettorale, richiede la formazione di un governo di coalizione avente in sé il germe dell’instabilità. Fin qui l’analisi ci può stare.Poichè la materia dei sistemi elettorali è piuttosto complicata e senza regole certe valide ovunque, andrebbe maneggiata con prudenza e ricordandosi che solo alla prova del tempo si potrà giudicare la bontà di un dato sistema applicato in un determinato paese.
L’autore, preso dall’entusiasmo e messe da parte le richiamate cautele, sposa la tesi che sarebbe meglio un modello proporzionale per dare stabilità alla secolare democrazia britannica e offre, quindi, la propria ricetta: imitare il modello rwandese che permette “il più stabile, forte, efficiente ed efficace dei governi in Africa” basato su una dinamica dell’alternativa al potere, coinvolgente diversi partiti proporzionalmente rappresentati.
Chissà come prenderanno la lezione i sudditi di sua maestà britannica e se ci sarà una cattedra di "Sistemi politici comparati" a Cambridge nel futuro dell'ineffabile commentatore de The New Times?
P.S. Ancora oggi, il modello del collegio uninominale britannico annovera degli estimatori in diversi paesi europei che vorrebbero modificare i rispettivi sistemi elettorali ispirandosi proprio a quello britannico; d'altra parte i sistemi proporzionali puri, ove applicati, sono periodicamente sottoposti a profondi restyling.Tutto ciò conferma che non c'è una ricetta valida sempre e ovunque; i sistemi elettorali non si esportano, neppure se con il marchio "made in Rwanda".
L’autore, preso dall’entusiasmo e messe da parte le richiamate cautele, sposa la tesi che sarebbe meglio un modello proporzionale per dare stabilità alla secolare democrazia britannica e offre, quindi, la propria ricetta: imitare il modello rwandese che permette “il più stabile, forte, efficiente ed efficace dei governi in Africa” basato su una dinamica dell’alternativa al potere, coinvolgente diversi partiti proporzionalmente rappresentati.
Chissà come prenderanno la lezione i sudditi di sua maestà britannica e se ci sarà una cattedra di "Sistemi politici comparati" a Cambridge nel futuro dell'ineffabile commentatore de The New Times?
P.S. Ancora oggi, il modello del collegio uninominale britannico annovera degli estimatori in diversi paesi europei che vorrebbero modificare i rispettivi sistemi elettorali ispirandosi proprio a quello britannico; d'altra parte i sistemi proporzionali puri, ove applicati, sono periodicamente sottoposti a profondi restyling.Tutto ciò conferma che non c'è una ricetta valida sempre e ovunque; i sistemi elettorali non si esportano, neppure se con il marchio "made in Rwanda".
lunedì 10 maggio 2010
Il Presidente Kagame a Jeune Afrique
Per chi segue con interesse ciò che succede in Rwanda, segnaliamo l'intervista che il presidente rwandese Paul Kagame ha rilasciato all'ultimo numero del settimanale Jeune Afrique. Nella lunga e articolata intervista il presidente rwandese non si è sotratto ad alcuna domanda, anche le più scomode, da quelle di stretta attualità a quelle riguardanti il passato, con ampi squarci anche sulle prospettive future immediate e a più lunga gittata. Comunque la si pensi sul presidente rwandese, la lettura dell'intervista consente sicuramente di approfondirne la conoscenza, acquisendo anche utili elementi interpretativi per leggere l'odierna realtà rwandese. Leggi l'intervista cliccando qui.
domenica 9 maggio 2010
Il franco rwandese si rafforza sull'euro: cambio a 736 Frw per euro
Il buon andamento dell'economia rwandese è fotografato anche dall'andamento del cambio della moneta locale il Franco rwandese con l'euro. Dall'inizio del 2008 la valuta locale ha avuto un andamento come quello illustrato nel grafico qui riportato (fonte UIC) che evidenzia un valore medio di periodo che si attesta a 796,176 Frw per 1 Euro con una punta minima di 686,66 in data 27/10/2008 e una massima di 869,19 il 15/07/2008. Ieri il cambio era di 736,42 Frw per un euro. La rivalutazione sull'euro degli ultimi giorni risente delle turbolenze finanziarie che stanno penalizzando la valuta europea. Il rafforzamento del franco degli ultimi mesi ha avuto conseguenze non irrilevanti sugli aiuti che le diverse organizzazioni inviano in Rwanda. Un esempio: i 115 euro inviati a un bambino adottato corrispondevano mediamente a 91.500 franchi, ridottisi, al cambio attuale, a 84.700.Ne risentono anche i progetti in corso; i vari preventivi di spesa sui lavori ancora da ultimare richiedono revisioni al rialzo nell'ordine del 10% del valore preventivato .
sabato 8 maggio 2010
Dal Rwanda un'idea per Brunetta: dipendenti pubblici a portata di cellulare.
Il Rwanda non cessa mai di sorprendere quando si tratta di innovazioni per rendere efficiente la pubblica amministrazione. L’ultima ci viene segnalata dall’agenzia Syfia. In Rwanda, i dipendenti pubblici, insegnanti compresi, devono rendere pubblico il numero del proprio telefono cellulare in modo che gli utenti possano raggiungerli facilmente per poter conferire sullo stato di una pratica, piuttosto che sul comportamento del figlio a scuola. Si raccomanda a tutti i funzionari di esporre il numero del proprio cellulare sulla porta dell' ufficio. Il numero di cellulare del funzionario pubblico o del dirigente cessa così di essere un’esclusiva della ristretta cerchia degli amici e degli amici degli amici. Nella massima trasparenza, l’accesso è ora aperto a tutti, fino agli abitanti dei villaggi dove il cellulare è abbastanza diffuso. Gli utenti possono contattare il funzionario pubblico che loro interessa per soddisfare ogni loro richiesta, ma anche e, soprattutto, i loro superiori ai quali denunciare negligenze e lungaggini dei sottoposti. Il disbrigo delle pratiche burocratiche ne trae un’indubbia accelerazione. Ricordiamo che secondo il Rwanda Utilities (Rura), il numero di utenti di telefonia mobile ha raggiunto 2,4 milioni nel 2009, oltre il venti per cento della popolazione, con tre società di telefonia mobile, in attesa dell’assegnazione di una nuova licenza a un quarto operatore.
Questa notizia è stata ripresa da Riccardo Barlaam nel Blog Africa
Questa notizia è stata ripresa da Riccardo Barlaam nel Blog Africa
venerdì 7 maggio 2010
Lo sberleffo al muzungu: la crisi greca vista dal Rwanda
Fa indubbiamente un certo effetto leggere questa ironica e impietosa analisi di un commentatore, Rama Isibo, su The New Times di Kigali sull’attuale crisi che sta attanagliando diversi paesi europei.
“Noi africani, come nazioni, abbiamo a lungo invidiato l’Occidente. Abbiamo cambiato le nostre lingue, la cultura, i nomi, la storia e il futuro per essere come loro.Abbiamo sempre cercato di misurare il progresso in maniera inversamente proporzionale al nostro essere Africani, come se l'Africanità fosse l'ostacolo più grande al progresso, come se essere Africano fosse incopatibile con qualsivoglia tipo di crescita. Ora, il paradosso è che l'FMI non è preoccupato che qualche paese africano sia al fallimento, ma piuttosto si preoccupa dell'Europa. Vi è un paese con una storia devastato dalla guerra, con una storia di colpi di stato, l'ultimo negli anni '70. Un paese dove la corruzione è endemica, dove le persone non pagano le tasse, in cui un milionario paga 10 mila dollari in tasse, dopo aver chiesto una "nuova stima", e dove i dipendenti pubblici non sono mai in ufficio. Dove la gente ottiene un bonus solo per andare a lavorare e non per le prestazioni, dove la gente fa una pausa di tre ore per il pranzo e per il pisolino e ritorna al lavoro per un'ora prima di tornare a casa. No, questo non è una repubblica delle banane africana , questa è la Grecia, culla della civiltà occidentale. Abbiamo aspirato ad essere come i paesi europei e il loro modello sta ora fallendo. Il modello post-guerra fatto di welfare di massa, sussidi, crediti a buon mercato, grande apparato governativo, pensioni e uno stile di vita altamente dispendioso hanno lasciato un deficit enorme nelle economie dell'UE.”
Dopo questa analisi tutt’altro che arbitraria, il commentatore Rama Isibo continua sarcasticamente "ci è stato detto che se avessimo copiato il modello, riformato la nostra economia e tirato la cinghia, allora anche noi avremmo potuto avere questo stile di vita".
Tratteggia quindi il fosco scenario che si prospetta per l'Europa : mercato economico vicino al collasso, popolazione in declino, forza lavoro che sta invecchiando e schiera degli over-50 ormai maggioranza. Per non parlare del ciclo del debito a spirale le cui dinamiche sono state fin qui tenute nascoste per anni e ora sono venute drammaticamente alla luce. Ne conseguiranno tagli di bilancio e aumenti delle tasse che renderanno l'Europa meno appetibile per gli investimenti; la Cina ne sarà il principale beneficiario, così come l'India, ma questa congiuntura comporterà vantaggi anche per i paesi africani che ne dovranno approffittare con tempestività per incamminarsi sul cammino verso la maturità e lo sviluppo.
La conclusione del commentatore è un misto di orgoglio, ironia e amarezza " Forse presto il Rwanda invierà dei consulenti in Grecia per mostrare loro il modo di equilibrare un bilancio. La cosa ironica è che ora c'e' un'inversione di tendenza; il FMI sta lusingando i paesi africani e buttando fuori nazioni occidentali. La pillola amara di adeguamento strutturale sarà difficile da ingoiare per la Grecia, ma noi africani siamo così abituati alla medicina che ha un sapore dolce".
giovedì 6 maggio 2010
Grosio-Nyagahanga: un gesto di amicizia tra coetanei
Nel gennaio scorso, gli alunni di prima e seconda media di Grosio, frequentanti il catechismo parrocchiale con le insegnanti Marilena e Martina, avevano avuto modo di conoscere la realtà rwandese in un incontro con un volontario dell'Associazione Kwizera Onlus ( vedi post del 21 gennaio) . In quella occasione aveva destato un particolare interesse la situazione di quegli alunni della scuola di Nyagahanga, circa una settantina, ai quali la parrocchia offriva un pasto caldo ogni giorno, ben sapendo che a casa loro non avrebbero avuto modo di consumare un pasto degno di tal nome, stante l’estrema povertà delle rispettive famiglie. Dopo essersi interrogati sul modo migliore di aiutare questi loro coetanei rwandesi, i ragazzi grosini sono giunti alla conclusione di offrire loro la somma necessarie per acquistare un certo numero di animali da cortile, galline e/o conigli, magari un maialino, per dare vita a una specie di piccola fattoria dei ragazzi, i cui frutti possano integrare i loro pasti. L’idea è quella d’impegnare quei ragazzi di Nyagahanga nella cura di questi animali, sotto la guida del vicario Padre Jean Népomuscène, che con grande capacità ha già dato vita a una bella fattoria parrocchiale.Servirebbe a responsabilizzarli in un piccolo progetto. A regime ogni tanto nel piatto, oltre al solito riso e alle solite verdure e gli immancabili fagioli, potrebbe così finire un pezzo di frittata o, eccezionalmente, un pezzetto di carne.Giriamo l'idea a Don Paolo e al suo vicario, certi che sapranno trarne spunto per dar vita a un piccolo progetto dai risvolti interessanti, anche dal punto di vista educativo. Restiamo in attesa di conoscere le loro valutazioni e le loro proposte operative; siamo certi che sapranno interpretare appieno lo spirito con cui i ragazzi di Grosio hanno maturato questo loro gesto.
mercoledì 5 maggio 2010
Esce in Italia "Dead Aid..." di Dambisa Moyo
Esce finalmente in Italia il saggio della studiosa dello Zambia Dambisa Moyo"Dead aid: why aid is not working and how there is a better way for Africa" che, alla sua uscita, ha sollevato un forte dibattito a livello mondiale per la tesi provocatoria in esso contenuta, secondo cui gli aiuti occidentali danneggino il terzo mondo. Ne avevamo già parlato nel post 21 novembre 2009 a cui rimandiamo.Il saggio viene ora mandato in libreria da Rizzoli con il titolo "La carità che uccide. Come gli aiuti dell'Occidente stanno devastando il Terzo Mondo" ( 260 pagine, 18,50 euro). In attesa di proporre qualche riflessione personale all'esito della lettura, per ora segnaliamo la recensione apparsa oggi su Il Giornale a cura di Carlo Lottieri, consultabile cliccando qui.
martedì 4 maggio 2010
Il Centro d'accoglienza Domus Pacis di Kigali
E' il punto di riferimento per moltissimi volontari che giungono in Rwanda e devono trascorrere la notte a Kigali prima di partire per i villaggi della campagna. Stiamo parlando del centro Domus Pacis, un centro di Accoglienza e di Formazione dell'Arcidiocesi di Kigali nella zona di Kicukiro, a un km dalla strada asfaltata, a cinque km dall'Aeroporto di Kigali e a dodici km dalla capitale
Il Centro, promosso da don Tito Oggioni, sacerdote fidei donum della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca (Lecce) è operativo dal 1992. Sorto come centro di accoglienza per volontari e missionari, oggi associa all’accoglienza, attività di formazione curata con passione dalle suore missionarie dell’Opera Madonnina del Grappa di Sestri Levante (GE). Le missionarie sono arrivate in Rwanda nel 2001 con il compito di sostenere le vedove, qui particolarmente numerose e bisognose di aiuto materiale, operare interventi urgenti di tipo sanitario, sostegno a distanza, istruzione e formazione. L'impegno più articolato e organizzato, si potrebbe dire la mission, è però quello a favore della famiglia, in particolare quella monoparentale: le vedove così come le giovanissime ragazze madri, le donne unite senza diritti matrimoniali e poi abbandonate, le madri e mogli i cui mariti sono in carcere. Accanto a questa attività non ha mai cessato il servizio dell'accoglienza: qui si trovano delle linde e ospitali camerette e un'ottima colazione mattutina.
Centre d'Accueil et de Formation Domus PacisB. P. 1114 KICUKIRO-KIGALI
centredomuspacis@yahoo.fr
lunedì 3 maggio 2010
Campagna contro la droga nelle scuole rwandesi
La Polizia nazionale rwandese ha iniziato una campagna di sensibilizzazione, fra gli studenti delle scuole primarie e secondarie di tutto il paese, sulla lotta alla criminalità, con particolare riguardo all'uso di droga il cui consumo è stato riscontrato in alcune scuole. Le autorità hanno deciso d’intervenire prima che il fenomeno sfugga di mano. E’molto importante che le autorità rwandesi intervengano prontamente per stroncare sul nascere un fenomeno di cui noi occidentali ben conosciamo, purtroppo, le tragiche conseguenze.La campagna fa molto affidamento sul coinvolgimento di tutti gli attori del mondo della scuola: insegnanti, genitori e oltre che naturalmente gli stessi studenti. Senza troppe remore, si invitano gli insegnanti e gli amministratori delle scuole a farsi parte attiva nella ricerca della droga tra gli studenti. I genitori sono invece invitati a vigilare sui propri figli, in particolare nel tempo libero dalla scuola e nei periodi di vacanza, quando sembrerebbero più a rischio. Si fa molto affidamento all’occhio attento dei genitori per individuare per tempo le possibili inclinazioni dei figli a simili abusi. L’augurio è che un simile impegno di tutti gli attori in campo possa avere successo, perché la società rwandese di tutto ha bisogno fuorché imitare questo pessimo esempio dei bazungu.
domenica 2 maggio 2010
Inaugurata centrale eolica nei pressi di Kigali
Una centrale eolica e' stata inaugurata in Rwanda non lontano dalla capitale Kigali.
L'infrastruttura sorge sul Jali, un monte battuto dal vento che assicurera' una costante produzione di energia elettrica. Sulla stessa altura, inoltre, esiste dal 2007 la piu' grande centrale solare dell'Africa, costituita da 50 pannelli solari. L'attuale piano energetico ruandese punta a diversificare le fonti di approvvigionamento e di dipendere il meno possible dalle importazioni: per raggiungere gli obiettivi il governo locale prevede di aumentare la produzione energetica nazionale del 50 per cento entro il 2020.Fin qui la notizia riportata dall'agenzia AGIAFRO che però, purtroppo, non fornisce ulteriori dettagli circa la potenza della centrale; non sappiamo quindi il reale apporto al bisogno energetico del paese della nuova iniziativa così come della citata centrale solare di soli 50 pannelli.
sabato 1 maggio 2010
Il PAM dà una mano agli agricoltori di Gatsibo
Il Programma Alimentare Mondiale (PAM), in collaborazione con il governo giapponese, ha stanziato 1 milione di dollari per acquistare mais nel distretto di Gatsibo, che servirà per alimentare i profughi dentro e fuori del paese.In un primo momento il PAM ha acquistato 400 tonnellate di mais dalla Cooperativa Unione di Gatsibo (MAPROCUGA): solo una minima parte del raccolto complessivo effettuato in zona. Tutta la fase riguarderà i quartieri di Gatsibo, Bugesera, Kirehe e Nyagatare. La notizia attenua le preoccupazioni che si erano diffuse una quindicina di giorni fa circa le difficoltà incontrate dagli agricoltori a vendere la loro produzione di mais, come riferito diffusamente dall'agenzia di stampa rwandese RNA, che affronta il problema evidenziando anche talune criticità cui vanno incontro le famiglie degli agricoltori. Per leggere l'articolo della RNA clicca qui.Nell’ambito della pianificazione agricola che le autorità stanno perseguendo, una parte della provincia orientale in cui si trova Gatsibo è appunto destinata alla coltivazione intensiva del mais, così come altre zone del paese sono chiamate a curare altre coltivazioni, soppiantando le precedenti, effettuate in una logica di sostentamento a livello familiare, con tutti i pro e i contro del caso che simili scelte implicano. Tutti hanno tirato un sospiro di sollievo, a cominciare dalle autorità locali per finire agli agricoltori. In questo senso vanno interpretate le parole di soddisfazione espresse dal vice sindaco, incaricato degli affari economici, Nicolas Rwaka, che rappresentava il governo, che ha ringraziato il PAM e il governo giapponese per il sostegno offerto agli agricoltori locali per ottenere uno sbocco commerciale per i loro prodotti agricoli. Analogamente il signor, Alexandre Ndererimana, membro del MAPROCUGA, ha sottolineato la tempestività dell’intervento che ha consentito di trovare uno sbocco commerciale al loro mais, riuscendo a venderlo a 120 Rwf al kilo, a fronte di un prezzo iniziale di 100 Rwf.