La domenica del villaggio
La domenica nei villaggi rwandesi è incentrata sulla Santa Messa, là dove un sacerdote è in grado di arrivare, o sulla celebrazione della parola dove le distanze non lo consentono. Non è diverso nella parrocchia di Nyagahanga estesa su un territorio dove esistono 8 Sottoparrocchie e altre 4 succursali, le più lontane a tre ore di jeep lungo strade sterrate. Ognuna di queste realtà periferiche ha la propria chiesetta, dove il sacerdote arriva una volta ogni 2 mesi, essendo sostituito alla domenica dai catechisti che nelle sottoparrocchie presiedono la celebrazione comunitaria della parola e provvedono alla distribuzione dell’eucarestia. Domenica nella grande chiesa di Nyaghanga che può contenere ben oltre 1000 persone si celebrava anche la prima comunione di 117 bambini. Il consueto multicolore sfoggio dei vestiti della festa, soprattutto da parte delle donne, era questa volta arricchito dalla nota di colore offerta dai bambini della prima comunione, tutti perfettamente abbigliati per la cerimonia.Pur nell’inevitabile differente livello di ricercatezza dei vestiti, specchio di una comunità dove tra tantissime famiglie sempre in lotta con il problema di procurarsi quotidianamente di che sfamare la numerosa prole, esiste anche qualche famiglia relativamente benestante, i maschietti sfoggiavano tanto di giacca e cravatta tutto rigorosamente nuovo, tanto che sulle maniche di qualche giacca si notava ancora l’etichetta, mentre le bambine non disdegnavano qualche tocco civettuolo come un cappellino bianco o qualche ornamento di pizzo e scarpe con un accenno di tacco. Sia per i maschietti che per le bambine le scarpe erano di una misura di almeno un numero superiore a quella richiesta dovendo calzare piedi non abituati, gli altri giorni, a tali costrizioni. La cerimonia, iniziata con il tradizionali ritardo di un’ora, è stata contenuta per la parte strettamente sacra in un’ora e mezza, per i tempi africani una messa che si potrebbe definire breve. Il problema è stato il momento che precede l’ite missa est. Fra rendicontazioni di vita parrocchiale, rigorosamente rese da laici facenti parte dei numerosissimi comitati su cui si regge la vita di una parrocchia rwandese, e i ringraziamenti alla corale di una parrocchia della capitale che aveva accompagnato, con bravura e con buoni effetti coreografici, l’intera cerimonia se ne è andata un’altra ora e mezza.
Non avevo mai notato quanto piaccia parlare in pubblico ai nostri amici rwandesi. Anche durante il pranzo successivo in onore della corale ci sono stati, in fasi successive, almeno dieci interventi, mentre sei sono stati quelli a cui ho avuto modo di assistere sul finire di una festa in cui si festeggiavano dei bambini della prima comunione e a cui ero stato invitato. Naturalmente in queste occasioni di festa a tante parole fanno da contorno fiumi di birra. Lo standard da queste parti è rappresentato dalla bottiglia di 65 cl; se ti azzardi a chiedere un formato più piccolo ti guardano in maniera strana. Naturalmente, di fronte alla birra esiste ampia parità e quindi anche le donne pretendono la loro bella bottiglia da 65 cl. Per ora qui non esistono problemi di etilometro.
La domenica nei villaggi rwandesi è incentrata sulla Santa Messa, là dove un sacerdote è in grado di arrivare, o sulla celebrazione della parola dove le distanze non lo consentono. Non è diverso nella parrocchia di Nyagahanga estesa su un territorio dove esistono 8 Sottoparrocchie e altre 4 succursali, le più lontane a tre ore di jeep lungo strade sterrate. Ognuna di queste realtà periferiche ha la propria chiesetta, dove il sacerdote arriva una volta ogni 2 mesi, essendo sostituito alla domenica dai catechisti che nelle sottoparrocchie presiedono la celebrazione comunitaria della parola e provvedono alla distribuzione dell’eucarestia. Domenica nella grande chiesa di Nyaghanga che può contenere ben oltre 1000 persone si celebrava anche la prima comunione di 117 bambini. Il consueto multicolore sfoggio dei vestiti della festa, soprattutto da parte delle donne, era questa volta arricchito dalla nota di colore offerta dai bambini della prima comunione, tutti perfettamente abbigliati per la cerimonia.Pur nell’inevitabile differente livello di ricercatezza dei vestiti, specchio di una comunità dove tra tantissime famiglie sempre in lotta con il problema di procurarsi quotidianamente di che sfamare la numerosa prole, esiste anche qualche famiglia relativamente benestante, i maschietti sfoggiavano tanto di giacca e cravatta tutto rigorosamente nuovo, tanto che sulle maniche di qualche giacca si notava ancora l’etichetta, mentre le bambine non disdegnavano qualche tocco civettuolo come un cappellino bianco o qualche ornamento di pizzo e scarpe con un accenno di tacco. Sia per i maschietti che per le bambine le scarpe erano di una misura di almeno un numero superiore a quella richiesta dovendo calzare piedi non abituati, gli altri giorni, a tali costrizioni. La cerimonia, iniziata con il tradizionali ritardo di un’ora, è stata contenuta per la parte strettamente sacra in un’ora e mezza, per i tempi africani una messa che si potrebbe definire breve. Il problema è stato il momento che precede l’ite missa est. Fra rendicontazioni di vita parrocchiale, rigorosamente rese da laici facenti parte dei numerosissimi comitati su cui si regge la vita di una parrocchia rwandese, e i ringraziamenti alla corale di una parrocchia della capitale che aveva accompagnato, con bravura e con buoni effetti coreografici, l’intera cerimonia se ne è andata un’altra ora e mezza.
Non avevo mai notato quanto piaccia parlare in pubblico ai nostri amici rwandesi. Anche durante il pranzo successivo in onore della corale ci sono stati, in fasi successive, almeno dieci interventi, mentre sei sono stati quelli a cui ho avuto modo di assistere sul finire di una festa in cui si festeggiavano dei bambini della prima comunione e a cui ero stato invitato. Naturalmente in queste occasioni di festa a tante parole fanno da contorno fiumi di birra. Lo standard da queste parti è rappresentato dalla bottiglia di 65 cl; se ti azzardi a chiedere un formato più piccolo ti guardano in maniera strana. Naturalmente, di fronte alla birra esiste ampia parità e quindi anche le donne pretendono la loro bella bottiglia da 65 cl. Per ora qui non esistono problemi di etilometro.
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