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giovedì 6 agosto 2009

Diario di viaggio 5

Gruppo MIkAN di Nyagahanga
Lunedì di primissima mattina incontriamo il gruppo di Nyagahanga partecipante al Progetto MIkAN. Come primo gruppo coinvolto nel progetto, sta facendo un po’ da cavia; lo si vede in alcune criticità che emergono da questi primi loro mesi di esperienza. Sono partiti a gennaio e hanno perso per strada quattro capre, morte per diverse cause; in compenso hanno già tre capretti. Dal resoconto che fornisce il portavoce del gruppo traiamo diversi spunti che serviranno per registrare meglio tutti i diversi momenti del progetto, così da poter rilasciare, prima del rientro in Italia, un primo vademecum regolante i vari aspetti organizzativi e gestionali del progetto stesso. In tal senso è già programmata una riunione per il 14 agosto fra i diversi protagonisti del Progetto MIkAN.

Ritorno a Bugarama

Tradizionale ritorno alla chiesa di Bugarama ( clicca qui). Avvisata la sera prima, la comunità si fa trovare puntuale e numerosa: in chiesa ci sono più di trecento persone. Dopo la santa messa portiamo a termine alcuni interventi sul tabernacolo in fase di realizzazione: dopo aver spruzzato sulla struttura metallica del tabernacolo una cromatura dorata con una bomboletta spray, che ha molto sorpreso gli astanti, mancano ora ancora alcune decorazioni sul basamento e poi il tabernacolo completerà la chiesa. Ogni volta che ci faccio ritorno apprezzo sempre di più la bellezza semplice e lineare di questa che mi pare essere una delle più belle chiese di villaggio della zona.


Arrivano i volontari
All’aeroporto di Kigali dove alla sera di martedì ci rechiamo per accogliere la delegazione dell’Ass. Kwizera, composta da Franco, Angelo e Alessandro dei Lake Angels accompagnato dalla moglie Nicoletta, incontriamo mezza diocesi di Byumba. Oltre agli incaricati della diocesi, incontriamo anche il parroco di Nyiawimana, don Jean Marie, familiarmente chiamato dagli amici l’Altissimo per la sua statura inversamente proporzionale all’impegnativo appellativo. E’ lì con una delegazione della sua parrocchia per ricevere un gruppo di benefattori statunitensi. Per l’occasione si è attrezzato di tutto punto con cappellini con il marchio parrocchiale e fascicoletto
esplicativo in inglese delle iniziative della sua parrocchia. Tutto intorno a noi è un pullulare di cartelli esibiti da delegazioni di istituti, parrocchie, gruppi che attendono l’arrivo di volontari. In effetti quando dopo un’ora di ritardo cominciano a defluire i passeggeri del volo Bruxelles-Kigali, la stragrande maggioranza è rappresentata da volontari in missione estiva. Lo si capisce dall’abbigliamento e dal numero e dalla dimensione delle valigie al seguito: troppe e troppo voluminose per il contenuto di una semplice vacanza. D’altra parte in Rwanda ci sono scarse occasioni di turismo, se si esclude il classico tour per visitare i gorilla di montagna dei monti Virunga. Nelle valigie, in aggiunta a quanto di stretta necessità personale, il bravo volontario c’inzeppa tutto ciò che può essere utile, una volta giunto a destinazione alle comunità in cui andrà ad operare: si va dalle attrezzature informatiche al materiale scolastico, da capi di vestiario a qualche medicinale, peraltro non nelle quantità che sarebbe necessaria, stante il divieto introdotto dal governo d’importare medicinali se non passando dai canali ufficiali.Nelle valigie spesso trovano posto anche attrezzi da lavoro che servono per gli interventi sul campo, stante la difficoltà, specie nei villaggi, di disporre del necessario: spesso, infatti, reperire un cacciavite o una pinza diventa un problema. Sul gran numero delle associazioni impegnate sul territorio rwandese magari torneremo in futuro.

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