Pagine

sabato 9 settembre 2023

Se l'emergenza sbarchi ci fa dimenticare l'Africa con i suoi 1.300 milioni di abitanti

Con il superamento della soglia, anche psicologica, dei centomila arrivi di migranti sulle nostre coste, il dibattito sul fenomeno migratorio ha trovato nuovo impulso, sia in ambito politico che ecclesiale. Un dibattito che negli anni si è sempre caratterizzato per un’analisi unilaterale del fenomeno, evidenziandone i riflessi sulla comunità nazionale, senza mai andare a fondo circa l’origine dei flussi migratori, spesso confondendo strumentalmente migranti economici e rifugiati, e conseguentemente cercare possibili soluzioni per disinnescarne le cause. In questi anni, anche in ambito cattolico, il dibattito non ha mai  superato il contingente. Ci si è limitati ai doverosi salvataggi nel Mediterraneo, alla conseguente accoglienza temporanea, senza  però che la stessa abbia poi portato significativi risultati nel perseguimento di un processo d’integrazione. Si sono sì accolti tanti migranti, ma quanti di loro sono stati accompagnati in un percorso d’inserimento nel mondo del lavoro? Ricordo al riguardo come ad una simile domanda, l’addetto di una Caritas diocesana rispose, quasi infastidito, che non erano un ufficio di collocamento. Anche nella gestione contingente dei flussi migratori non si può dire, quindi, che il modello di accoglienza in essere da noi sia in grado di dare risposte efficaci alle persone approdate in Italia alla ricerca di un avvenire migliore, almeno il 90% degli arrivati essendo il rimanente 10% formato da aventi diritto all’asilo, che avevano attraversato  deserti e Mediterraneo proprio per cercare uno sbocco lavorativo. Un simile approccio è figlio anche di un grave errore di prospettiva. Se ci si concentra sul bagnasciuga di Lampedusa senza mai alzare lo sguardo per guardare più lontano, all’Africa, i problemi dei 1.300 milioni di africani che vi vivono, di cui qualche centinaia di milioni sotto la soglia di povertà, mai potranno trovare una soluzione degna, neppure in una traversata del Mediterraneo. Quello che manca nel dibattito sul fenomeno migratorio è proprio una “proposta” che tenga conto della realtà, oscurata, che esiste al di là dell’orizzonte lampedusano: l’Africa ed i suoi abitanti.

 Eppure, almeno per il mondo cattolico dovrebbe esserci una fonte d’ispirazione utile per maturare un proprio approccio efficace e realistico a questi problemi. Basterebbe andare a leggere e fare proprio quanto dicono al riguardo i Vescovi africani ai loro giovani nei vari appelli ed interventi, raccolti nella rassegna consultabile qui , che si sono susseguiti negli anni. Ne è una sintesi significativa questo Messaggio finale approvato dai vescovi dei 16 Paesi rappresentati nelle Conferenze nazionali e interterritoriali dell'Africa occidentale-Recowa-Cerao (da cui provengono la gran parte dei migranti), nella loro Terza Assemblea Plenaria tenutasi a Ouagadougou, in Burkina Faso, dal 14 al 20 maggio 2019.

 "Voi rappresentate il presente e il futuro dell'Africa, che deve lottare con tutte le sue risorse per la dignità e la felicità dei suoi figli e figlie. In questo contesto, non possiamo tacere sul fenomeno delle vostre migrazioni, specialmente in Europa. I nostri cuori come pastori e padri soffrono nel vedere queste barche sovvracariche di giovani, donne e bambini in balia delle onde del Mediterraneo". "Certo, comprendiamo la vostra sete di felicità e di benessere che i vostri Paesi non vi offrono. Disoccupazione, miseria, povertà rimangono mali che umiliano. Tuttavia, non dovete sacrificare la vostra vita lungo strade pericolose e destinazioni incerte. Non lasciatevi ingannare dalle false promesse che vi porteranno alla schiavitù e ad un futuro illusorio! Con il duro lavoro e la perseveranza potrete avere successo in Africa e, cosa più importante, rendere questo continente una terra prospera".

 Questo appello non ha trovato alcuna eco, forse anche per un voluto atto censorio, sui media cattolici italiani, a partire dal quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, privando così i cattolici italiani della possibilità di fare la conoscenza diretta di ciò che pensano i vescovi africani, “pastori con l’odore delle pecore”, del complesso fenomeno migratorio e delle modalità che propongono per disinnescarne le conseguenze negative per i loro giovani.

 Credo che fino a quando il mondo cattolico italiano non si misurerà con queste prese di posizione dei Vescovi africani, rimarrà inesorabilmente prigioniero di una lettura riduttiva ed ideologica del fenomeno migratorio, ispirata dai tanti “profeti” locali, più o meno improvvisati, uno dei quali ce lo troveremo addirittura al prossimo Sinodo, abbandonando l'Africa, con i suoi 1.300 milioni di abitanti, al suo destino.

Nessun commento:

Posta un commento