Rwanda 1994: Campo profughi (foto Salgado) |
"Dire “aiutiamoli a casa loro significa solo scaricare il problema”. Occorre
invece dare a tutti la possibilità di decidere". Così si legge nell’homepage del sito della Campagna della Cei
“Liberi di partire, liberi di restare”, attivato nei giorni scorsi. Fatichiamo
a condividere la sicurezza di don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio
degli interventi caritativi della CEI a favore dei Paesi del Terzo Mondo, propugnatore di
tale slogan che, a nostro avviso, è un vero e proprio vulnus a una iniziativa meritoria della Chiesa italiana, di cui fanno parte anche tanti cattolici che in Africa ci vanno di persona ad aiutarli a casa loro. Perché partire costretti “a
lasciare la propria terra, per le ragioni più diverse: mancanza di cibo, di
acqua, di lavoro, della povertà estrema, delle guerre, dei disastri naturali,
delle conseguenze dei cambiamenti climatici o del degrado ambientale” non è una
scelta libera, ma appunto una costrizione. Perché lasciare che tutte le cause
richiamate scatenino i loro effetti senza che chi può intervenga, appunto
aiutandoli a casa loro, significa proprio “scaricare il problema” sulle spalle
di quei disgraziati ai quali diciamo: se avete mezzi e possibilità di sfuggire
alle vostre tragiche condizioni, noi siamo qui in attesa di accogliervi a casa nostra. Poichè anche il migliore degli slogan ha bisogno di un riscontro fattuale per dimostrare la propria efficacia, proviamo a dare applicazione a quell'improvvido "Dire “aiutiamoli a casa loro significa solo scaricare il problema” in un preciso contesto storico. Rwanda 1994: dopo una guerra civile che si consuma con la tragedia finale del genocidio, con
centinaia di migliaia di morti, tutto doveva essere ricostruito, dalla convivenza civile lacerata all'apparato statuale, dalle infrastrutture, uscite seriamente danneggiate dal conflitto, all'economia, tutto in una situazione di instabilità
interna e regionale. Secondo
la logica sottostante all’infelice slogan “Dire “aiutiamoli a casa loro
significa solo scaricare il problema”, la comunità internazionale avrebbe
dovuto accontentarsi di essere pronta ad accogliere quelli che erano “ liberi
di partire”. Ma ammettiamo per un attimo che si fosse agevolata quella libertà
di partire creando qualche ponte aereo, come quelli attuati al tempo da Maria
Pia Fanfani, esauriti i primi sgomberi, la comunità internazionale avrebbe
dovuto chiudere la pratica Rwanda ed abbandonare quelli che erano rimasti al
loro destino. Perchè don Leonardo non rinfacciasse che il loro impegno ad andare in Rwanda ad “aiutarli
a casa loro” e ridare una ragione di
vita a milioni di rwandesi “significava solo scaricare il problema”. Su chi?
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