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mercoledì 2 agosto 2017

Il nuovo Nunzio: il Rwanda ha bisogno di sacerdoti santi

mons. Andrzej Józwowicz
In attesa di formalizzare la presentazione delle proprie credenziali alle autorità rwandesi, il nuovo Nunzio, mons. Andrzej Józwowicz, ha avuto occasione di presentarsi alla Chiesa rwandese in occasione della solenne cerimonia, tenutasi  a Kabgayi il 22 luglio scorso, in cui sono stati ordinati 63 novelli sacerdoti.  Si celebrava anche il centenario dell'ordinazione dei primi sacerdoti rwandesi, Padre Donat Reberaho e padre Balthazar Gafuku, avvenuta nel mese di ottobre 1917.
Nell'occasione, mons. Józwowicz ha rivolto ai numerosi presenti,  a partire "dall'impressionante numero dei candidati al sacerdozio... segno molto eloquente della benedizione di Dio per il popolo del Ruanda" un forte richiamo "a proclamare la Buona Novella a tutti, ma soprattutto agli emarginati, ai poveri e alla gente afflitta che vivono nella periferia della vita umana". Ricordando le parole del connazionale, san Giovanni Paolo II, ha poi sottolineato l'importanza del ministero della misericordia e della riconciliazione, richiamando gli stessi sacerdoti  a  ricorrere a loro volta regolarmente alla propria  confessione personale e a una direzione spirituale. 
Il Nunzio ha quindi evidenziato come ci sia bisogno di sacerdoti santi  perchè "solo un santo sacerdote può diventare, in un mondo sempre più secolarizzato, un testimone trasparente di Cristo e del suo Vangelo! E' solo in questo modo che il sacerdote può diventare una guida per gli uomini e un maestro di santità! La gente,  soprattutto i giovani, si aspetta una guida del genere! Il sacerdote può essere una guida e maestro solo nella misura in cui diventa esso stesso un testimone autentico! Per arrivarci, sono essenziali la formazione, lo studio e l'aggiornamento, anche per imparare a vivere in comunione e in buoni rapporti con il proprio Vescovo e con gli altri presbiteri e in armonia con gli orientamenti della Chiesa universale"."La gente oggi si aspetta che il sacerdote proclami la parola che vive personalmente in maniera autentica"; in caso contrario, come paventato da Papa Francesco " la parola senza l'esempio della vita è inutile: una doppia vita è una malattia terribile per la Chiesa ...  i sacerdori sono stati scelti dal Signore Gesù, non per una carriera, ma per svolgere il proprio servizio. "
 Mons  Józwowicz ha quindi concluso con un forte richiamo ad essere ogni giorno " testimoni autentici della Parola di Dio....anche dialogando fraternamente senza paura  con le altre confessioni cristiane, con le altre religioni e anche con il pensiero del mondo contemporaneo che non sempre condivide i nostri valori e convinzioni".
Un discorso, che pur nell'ufficialità della circostanza, ha evidenziato indirettamente alcune criticità presenti nel clero rwandese dove, purtroppo, non è difficile imbattersi in casi imbarazzanti di sacerdoti che tradiscono la propria missione o la vivono in maniera non propriamente edificante, creando spesso sconcerto e disorientamento nei fedeli, senza che i superiori prendano misure incisive per evitare il perpetuarsi di tali cattivi esempi. In passato anche la stampa rwandese stigmatizzò certi comportamenti da parte di certi sacerdoti. Un fenomeno che interessa anche i  giovani preti, segnale preoccupante di una selezione non sempre attenta dei candidati al sacerdozio, pur in presenza di un numero elevato di aspiranti, che  arrivano all'ultimo anno del  corso di studi nei Petits Seminaires, da cui scegliere la decina di candidati che ogni diocesi ha diritto di inviare ai corsi superiori di  preparazione al sacerdozio. 
Merita altresì di essere ricordata la raccomandazione, quanto mai opportuna, effettuata dal Nunzio, a fare ricorso al sacramento della penitenza da parte dei sacerdoti. Ci sovviene, al riguardo, quanto confidatoci da un  bravo sacerdote di  come  si confessasse solo un paio di volte all'anno o piuttosto quanto riferitoci a  proposito di un altro sacerdote che manifestava il proprio apprezzamento all'esito di un corso di esercizi spirituali che lo aveva riportato alla confessione dopo diversi anni.

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