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giovedì 5 maggio 2016

Petits Seminaires al bivio: seminari e/o scuole d'ispirazione cattolica?

Riproponiamo questo post dell'agosto 2013 che sembra conservare tutta la sua attualità, anche alla luce  del dibattito sui possibili  scenari futuri che attendono i Petits Seminaires per rispondere alle attese della Chiesa e della società rwandese.

A cento anni dalla fondazione a Kabgayi del primo degli attuali otto Petits Seminaires, uno per ognuna delle diocesi rwandesi con la sola esclusione della diocesi di Gikongoro, queste istituzioni si trovano a interrogarsi sul proprio futuro. Nati per avviare al sacerdozio giovani aspiranti, fin dall’origine hanno svolto la funzione di fornire un’istruzione superiore anche a un più largo strato della popolazione giovanile rwandese concorrendo in tal modo a formare  una buona parte del ceto dirigente del paese nei diversi campi della vita civile . Oggi queste istituzioni, uno dei  titoli di orgoglio della giovane Chiesa locale, devono scontare, per assurdo, il loro stesso successo. Infatti, le posizioni  di  vertice che annualmente i Petits Seminaires occupano nelle speciali classifiche che riconoscono la qualità didattica delle diverse scuole sulla base della preparazione dei rispettivi studenti, è un forte richiamo per nuovi studenti. Soprattutto le famiglie della nascente borghesia cittadina rwandese, fatta di commercianti, operatori economici, alta burocrazia statale e ceto politico, trovano particolarmente attrattive  queste scuole, dalla dichiarata ispirazione religiosa, che garantiscono un ottimo livello didattico,  in un contesto di vita comunitaria più affidabile di altre realtà scolastiche cittadine non esenti da quelle criticità che cominciano a  far capolino anche tra le giovani generazioni rwandesi, e, fattore non secondario, scontano rette scolastiche inferiori a quelle delle molte scuole private presenti soprattutto nella capitale. Tutti questi fattori hanno portato i vari Petits Seminaires, seppure in maniera differenziata, a veder lievitare i propri alunni,  frequentanti le tre classi dell’ultimo ciclo delle primarie e le  tre classi delle secondarie.
Questa dilatazione delle iscrizioni comporta inevitabilmente il formarsi di un universo molto variegato di alunni, dove a fianco del ragazzo che sceglie il Petit Seminaire, sempre che le capacità economiche della propria famiglia glielo consentano, perché intenzionato a seguire quella che ritiene essere una sua vocazione al sacerdozio, troviamo il ragazzo messo qui dalla propria famiglia, per le ragioni che abbiamo detto, senza peraltro avere  la più lontana intenzione di arrivare al sacerdozio, per tacere di coloro  per i quali ogni pratica religiosa risulta un peso. E’ abbastanza evidente come il dover tenere conto delle diverse esigenze di un universo così segmentato, con quei genitori che cercano semplicemente una buona scuola per i propri figli pronti a far sentire le proprie ragioni,  non sia facile per i rettori trovare il giusto mix per una proposta formativa e un modello di vita comunitaria che soddisfino le esigenze di tutti, ma soprattutto rispettino quella che dovrebbe essere la mission primaria di un seminario: formare futuri sacerdoti. E’ abbastanza evidente che nel Petit Seminaire di oggi questa finalità originaria conviva con quella che potrebbe definirsi la mission di una moderna scuola superiore di ispirazione cattolica: offrire un percorso formativo a giovani che entreranno a pieno titolo nella vita civile da laici portatori di principi e valori fondati sulla fede cristiana. All’interno di questo quadro, che risente forse di un’eccesiva schematizzazione, si snoda il dibattito sul futuro dei Petits Seminaires che comincia a far breccia tra i responsabili della Chiesa. Tra i possibili scenari, il primo potrebbe ridursi al mantenimento dello stato quo; una scelta che rinvierebbe semplicemente il problema a quando il Petit Seminaire diventerà, nei comportamenti negativi dei suoi studenti, come una qualsiasi altra scuola pubblica o privata, che ogni tanto assurge all’onore delle cronache, con grande danno sia per gli studenti sani, cui comunque non si confarebbero certi stili di vita di questi compagni discoli, che per l’immagine dell’istituzione. L’alternativa del cambiamento potrebbe portare a compiere un passo di estrema trasparenza proponendosi semplicemente come scuola superiore d’ispirazione cattolica  conservando tutti gli attuali criteri distintivi che hanno decretato il successo dei Petits Seminaires. Anche se  una scuola di questo tipo sarebbe sicuramente terreno fertile perché il seme di eventuali vocazioni possa germogliare, una  o più delle strutture esistenti potrebbe comunque essere destinata, in un’ottica sovra diocesana a seconda delle esigenze della Chiesa nazionale, alla funzione propria originaria di seminario a tutti gli effetti, magari beneficiando del sostegno economico degli altri istituti convertiti, anche in una logica economica, a scuole private  cattoliche  così che un ragazzo meritevole possa compiere i propri studi anche se privo dei mezzi economici necessari.

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