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mercoledì 15 luglio 2015

Il Parlamento rwandese dà il via libera al Kagame III

Il Parlamento rwandese ha ufficialmente dato il via ieri all’iter legislativo che porterà alla modifica dell’art. 101 della costituzione, con il conseguente cassamento del vigente limite di due mandati presidenziali. La modifica  andrà sottoposta a un referendum confermativo popolare; una mera formalità, visto che in alcune settimane più di 3,7 milioni di rwandesi, su un elettorato di circa 6 milioni, hanno firmato, più o meno spontaneamente, una petizioni che chiedeva appunto  al Parlamento di modificare l'articolo 101 della Costituzione. Unica voce ufficiale contraria alla modifica è quella del piccolo partito di opposizione, il Partito Democratico Verde, che ha anche fatto ricorso alla Corte Suprema in opposizione alla revisione costituzionale, senza peraltro trovare un solo avvocato in tutto il Rwanda che si facesse carico di sostenere tale ricorso. All’esito dello scontatissimo iter di revisione costituzionale Paul Kagame potrà tranquillamente candidarsi, nel 2017, per essere “incoronato” presidente per la terza volta. A quel punto si potrebbe dischiudere in Rwanda lo stesso iter percorso da  Singapore, modello spesso citato dall’attuale leadership rwandese, in cui  il padre della patria Lee Kuan Yew, dopo aver governato per trentanni e aver portato il paese ad un alto livello di sviluppo economico a cui non ha corrisposto un analogo trend delle libertà democratiche, i detrattori lo hanno infatti dipinto come una personalità autoritaria, ha passato il testimone al figlio Lee Hsien Loong, attuale primo ministro. Per la simpatia che ci lega al Rwanda  non osiamo pensare ad altro scenario che ci viene sempre dall’Asia, specificatamente dalla Corea del Nord. Lì furono più sbrigativi, per il padre della patria Kim Il-sung fu introdotta direttamente in costituzione la figura del "presidente eterno”: fu l’inizio di una nuova dinastia che vede attualmente regnante su un paese in piena miseria l’ineffabile nipote Kim Jong-un.

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