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sabato 23 maggio 2015

A proposito dei numeri delle vittime del genocidio

Dati ufficiali del Ministere de l'amministration locale
Nella pubblicazione Kwizera Rwanda a pagina 100, a proposito delle vittime del genocidio si dice " Secondo la risoluzione n. 96 del 1946 e la convenzione del 1948 dell’ONU i tutsi erano rimasti vittima di un genocidio che aveva visto massacrati circa i due terzi dei 600.000 tutsi che secondo i dati del censimento del 1991, risiedevano nel paese". Tali numeri  hanno formato oggetto di approfondimenti in questi ultimi anni da parte di diversi studiosi, a cui hanno fatto seguito immancabili polemiche, che hanno avuto il loro culmine in occasione della messa in onda del documentario della BBC, Rwanda's Untold Story, nell'ottobre scorso. Nel documentario trovano spazio le tesi di due accademici americani, Christian Davenport e Allan Stam, che sulla base di approfondite e articolate ricerche, ampiamente documentate sul loro sito GenoDynamics, una vera miniera di informazioni acquisite in anni di ricerche sul campo e di un ricco apparato documentale e bibliografico sulla materia, pervengono alla cifra di  200.000 Tutsi  uccisi durante il genocidio (una cifra  molto inferiore a quello delle stime tradizionali). Ricordando che il governo rwandese in uno studio del 2002 del Ministere de l'Amministration locale ha quantificato in  1.074.017  il numero delle vittime del genocidio con il solo riferimento ai tutsi o a chi fosse in qualche modo riconducibile per amicizia o legami vari  ai tutsi stessi o semplicemente si opponesse "all'ideologia divisionista del governo"di allora, sono facilmente immaginabili le   polemiche che sono seguite, con l'accusa di negazionismo del genocidio.Sono però  seguite anche puntualizzazioni da parte di altri ricercatori. Di particolare interesse ci sembra quella di una studiosa dell’università di Anversa, Marijke Verpoorten, che per stabilire un bilancio affidabile delle vittime tra i Tutsi, prende in esame il numero dei Tutsi che vivevano in Rwanda alla vigilia del genocidio e quello dei sopravvissuti.Davenport e Stam danno per scontato che nel 1993 in Rwanda ci fossero 506.000 Tutsi, e che furono 300.000 quelli sopravvissuti dopo il genocidio. Da qui  l'affermazione di  200.000 morti. Ma il dato di 506.000 sarebbe inattendibile, secondo la Verpoorten, perché ottenuto sulla base di un'estrapolazione dei dati del censimento della popolazione 1952, ipotizzando un trend di crescita del 2,5% annuo,  e tenuto conto dei fuoriusciti prima del 1994. La ricercatrice ricorda che  dati forniti dal censimento del 1991 evidenziano 596.000 Tutsi, pari all’8,4% della popolazione, che secondo il parametro di crescita del 2,5% porterebbe il numero di Tutsi a 642.000, alla vigilia del genocidio, molto più alto di quello che viene proposto da Davenport e Stam. Oltretutto tale dato dovrebbe però tenere conto che nel 1991 il numero dei Tutsi sarebbe stato volutamente sottostimato, come quello precedente del 1978, almeno secondo un rapporto di Human Rights Watch , perché il governo Habyarimana ha voluto minimizzare l'importanza dei Tutsi a livello di popolazione " anche se come affermato in una  successiva relazione del 1999  nessuna documentazione è stata presentata a sostegno di questa affermazione".
Con una propria ricerca sul campo, nel 2005, la Verpoorten ha cercato di portare le prove a sostegno di questa affermata sottostima(leggi qui ). Confrontando i dati sulla popolazione del 1990 forniti dall'amministrazione locale rwandese con i dati del censimento del 1991 nazionale ha potuto riscontrare una corrispondenza quasi perfetta per il numero di uomini e donne a livello locale ma con una quota di tutsi molto più alta nella popolazione locale che nei dati del censimento. “Questa discrepanza è la prova della sottostima del numero dei Tutsi nel censimento del 1991, poichè l'amministrazione locale non aveva motivo di diminuire il numero dei tutsi (la politica delle quote etniche dipendeva dai dati nazionali, non da quelli locali), e i Tutsi stessi, inoltre, non potevano facilmente nascondere la loro etnia verso gli amministratori locali in quanto nota  a livello locale”.I risultati emersi nella ricerca condotta inizialmente nella sola provincia di  Gikongoro furono successivamente applicati sui dati della popolazione locale di tutte le province rwandesi, riferiti all'anno 1987, da cui emergerebbe una presenza di Tutsi pari al 10,6%  invece del 8,4%, come riportato nel censimento del 1991. Applicando il 10,6% al dato della popolazione totale riferito nel censimento del 1991 (7.099.844 abitanti), si raggiunge un numero di 754.713 Tutsi nel 1991 che, ipotizzando nel 2,5% la crescita della popolazione, si può calcolare che, alla vigilia del genocidio, fossero 811.941 i Tutsi che vivevano in Rwanda. A seconda di ciò che si considera più affidabile per il numero di sopravvissuti (300.000 o 150.000), si raggiunge quindi  un numero di morti tra i 512.000 e  662.000. Circa il numero dei sopravvissuti, inizialmente la cifra era stata fissata in 150.000 che però, negli anni successivi, varie indagini da parte del governo ruandese , il sistema di giustizia dei  gacaca e di organizzazioni dei sopravvissuti hanno portato a essere stimato in circa 300.000.
La Verpoorten così conclude il proprio contributo” Anche 20 anni dopo il genocidio, c'è ancora bisogno di ricerche di fatto più indipendenti, come viene anche riconosciuto da Davenport in un pezzo recente . Sulla base della ricerca fin qui svolta, ritengo che quantificare   tra 512,000-662,000 il  numero dei morti Tutsi sia molto più plausibile di quello di 200.000”.
Alla luce di questi contributi, la quantificazione delle vittime del genocidio riportata in Kwizera Rwanda, da cui siamo partiti, non sembra così azzardata come al momento della pubblicazione poteva apparire alla luce di quella che è la vulgata comune sui numeri del genocidio. Semmai per il futuro bisognerà aggiustare il tiro alla luce della ricerca della Verpoorten circa la sottostima del numero di Tutsi in sede di censimento.
Per ulteriore approfondimenti sul genocidio, ricordiamo che esiste un documentato archivio ufficiale  (clicca qui).

3 commenti:

  1. Probabilmente nessun documento ufficiale, dalle anagrafi ai censimenti, dirà quanti tutsi avevano documenti falsi per poter studiare o lavorare.
    Persone che però erano conosciute nei luoghi di origine e non sono scampate alle segnalazioni dei vicini e quindi alla morte.

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  2. La ricerca della prof. Verpoorten sembrerebbe rispondere ai dubbi avanzati dal lettore. E' difficile pensare che localmente, dove tutti si conoscevano come giustamente sostiene Ivano, un Tutsi potesse mimetizzarsi per poter studiare o lavorare senza che chi magari si sentiva danneggiato se ne stesse in silenzio.

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  3. In quelle condizioni, i danneggiati erano i tutsi e per i casi di documenti falsificati, parlo con cognizione di causa. E' evidente che operazioni del genere venivano fatte con una certa discrezione, ma con l'inizio del genocidio, i casi sono stati ricercati, trovati e puniti con la morte.
    Non conosco i numeri, ma è bene ritenere che quando una norma è palesemente ingiusta e discriminatoria, le eccezioni vengono socialmente tollerate.
    Fintanto che si vive pacificamente.

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