Kizito Mihigo, il popolare cantante rwandese arrestato nel mese di aprile 2014 , è stato condannato ieri a 10 anni di carcere essendo stato riconosciuto colpevole di "complotto contro il governo" del presidente Kagame, di " aver formato un gruppo criminale" e di "cospirazione per commettere omicidio" in connessione con il partito di opposizione in esilio del RNC e il FDLR. L'accusa aveva richiesto la condanna all'ergastolo, ma la corte ha tenuto conto del fatto che Kizito Mihigo si è dichiarato colpevole e ha chiesto perdono.Due coimputati un soldato smobilitato accusato di acquistare granate da utilizzare in un attacco e un giornalista, Cassiano Ntamuhanga, sono stati condannati rispettivamente a 30 anni e a 25 anni di carcere.Un'altra coimputata una giovane donna, Agnes Niyibizi, accusata di essere il tesoriere del RNC è stata assolta.
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sabato 28 febbraio 2015
Il cantante Kizito Mihigo condannato a dieci anni di carcere
Kizito Mihigo, il popolare cantante rwandese arrestato nel mese di aprile 2014 , è stato condannato ieri a 10 anni di carcere essendo stato riconosciuto colpevole di "complotto contro il governo" del presidente Kagame, di " aver formato un gruppo criminale" e di "cospirazione per commettere omicidio" in connessione con il partito di opposizione in esilio del RNC e il FDLR. L'accusa aveva richiesto la condanna all'ergastolo, ma la corte ha tenuto conto del fatto che Kizito Mihigo si è dichiarato colpevole e ha chiesto perdono.Due coimputati un soldato smobilitato accusato di acquistare granate da utilizzare in un attacco e un giornalista, Cassiano Ntamuhanga, sono stati condannati rispettivamente a 30 anni e a 25 anni di carcere.Un'altra coimputata una giovane donna, Agnes Niyibizi, accusata di essere il tesoriere del RNC è stata assolta.
lunedì 23 febbraio 2015
I giochi sono fatti: si va verso il terzo mandato presidenziale
Con l’intervento
odierno su The New Times del prof. Manasse Nshuti, la seconda parte di un precedente
intervento, sembra arrivata la conferma definitiva, anche per l’autorevolezza
del personaggio che la sostiene, che si
marci speditamente verso una modifica della costituzione rwnadese per
consentire che nel 2017 l’attuale presidente, Paul Kagame, possa concorrere per un terzo mandato
presidenziale, che le vigenti norme costituzionali gli precluderebbero. Dopo
che per mesi il dibattito è stato sotto traccia e dopo la recente proposta di
tre partiti di indire un referendum popolare che porti a una modifica costituzionale
(
vedi precedente post), il prof Nshuti parla apertamente di mettere mano alla
costituzione, “così come avviene in tutte le parti del mondo”, per rimuovere quei
vincoli che a suo tempo il popolo rwandese si è dato e che ora, autonomamente e
senza dover attendere l’ok da nessun potere esterno, può tranquillamente
decidere non valgano più onde consentire alla “leadership esemplare di Paul
Kagame” di continuare nel lavoro che ha svolto in questo ventennio per la
costruzione del nuovo Rwanda. I rwandesi devono poter scegliere in autonomia: “tra
stabilità o distruzione, tra continuità o
regressione, tra ordine o caos, tra sviluppo o sottosviluppo, tra pace e sicurezza
o instabilità, tra unità o divisione. E soprattutto la scelta tra uno
Stato nazionale valido o uno Stato fallito.”Se vogliamo proseguire sulla
strada intrapresa è necessario, secondo l’autore, concedere un altro mandato a Kagame, come
peraltro suggeriscono le migliori prassi sperimentate in occidente e nei paesi
del sud est asiatico “dove i cicli virtuosi di sviluppo hanno potuto contare su
una forte leadership a cui è stato concesso
il tempo necessario (non meno di 30 anni in media) per realizzare il tutto”. Conclude
il prof Nshuti che, così come suggerisce la saggezza popolare secondo cui 'se
non è rotto non aggiustarlo” non è il caso “di cambiare per il gusto di
cambiare”. Bisogna invece guardare a quale sia il reale interesse di tutti i
rwandesi.Se si perseguono ”la crescita economica e le migliori condizioni di
vita per sé e per i propri figli, la sicurezza per la loro vita, la protezione
della proprietà, la coesione sociale, ecc e queste realtà hanno trovato
realizzazione oggi più che in ogni altro
momento della nostra storia come nazione, perché dovremmo cambiare l'architetto
di questa economia politica?”Quindi “il dibattito deve essere su quello che i
rwandesi desiderano per il loro paese, e non ciò che gli altri desiderano per
noi, anche se ben intenzionati,…e su ciò che costituisce il bene comune per
tutti i rwandesi di oggi e per le generazioni future, rispetto a soluzioni
obligate. Solo i rwandesi possono deceidere il loro destino e il futuro”.Riecheggiando il vecchio adagio Roma locuta, causa finita est si può dire che " ha parlato il prof. Nshuti, la questione è chiusa", si va verso la modifica costituzionale per il terzo mandato presidenziale.
lunedì 16 febbraio 2015
Bilancio Kwizera 2014: 107.000 euro inviati in Rwanda (il 93% dei fondi raccolti)
Con una raccolta
complessiva di 115 mila euro, il 2014 si è rivelato un anno particolarmente
fruttuoso per l'attività dell'Associazione Kwizera onlus. Grazie alla
generosità dei benefattori, singole persone e istituzioni, tra i principali
ricordiamo l'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane e la Fondazione
Carilucca, oltre a 7.000 euro revenienti dal 5 per mille dell'anno 2010 si è
potuto inviare in Rwanda ben 107mila euro, per finanziare i progetti condotti
in loco. Grazie a una attenta gestione delle spese di funzionamento, contenute
in soli 6.900 euro in cui spiccano le spese per la pubblicazione del calendario
(2.200 euro) e l'organizzazione di un pellegrinaggio a Medjugorje( 2.000 euro)
che insieme hanno comunque prodotto entrate per circa 6000 euro, ben il 93% di
quanto raccolto è finito in Rwanda a beneficio degli rwandesi bisognosi. In
particolare, circa trentamila euro sono confluiti nel Progetto Adozioni che
assiste oltre 300 bambini bisognosi, 45.000 euro sono andati al Progetto Amazi ( acqua in lingua locale) che ha visto la
distribuzione di una cinquantina di cisterne da 10000 litri cadauna per la
raccolta dell'acqua piovana dai tetti degli edifici comunitari, 8.000 euro
hanno finanziato la costruzione di un locale servizi nel campus scolastico di Kiruri, il residuo è stato
suddiviso tra diversi progetti: Progetto Mikan, Progetto JMV ( borse di studio
agli studenti del Petit Seminaire di Rwesero), la pubblicazione della Synthèse du Compendium de DSE, il sostegno all'Asilo Carlin.
mercoledì 11 febbraio 2015
A Matimba oltre 300 coppie in attesa di entrare nel Progetto Mikan
Un momento delle giornate di formazione |
lunedì 9 febbraio 2015
Swiss Leaks: tre conti “rwandesi” nella lista dei conti in nero in Svizzera
Compaiono anche due intestatari riconducibili al Rwanda tra le migliaia di titolari di conti accesi attraverso la filiale svizzera basata a Ginevra della banca britannica Hsbc, , la seconda banca del mondo. E' quanto emerge dall'inchiesta presentata sotto il nome di «SwissLeaks» e resa nota da Le Monde e circa 60 organi di stampa internazionali, con il coordinamento del consorzio di giornalismo investigativo «Icij» basato a Washington, da cui emerge che circa 180 miliardi di euro sarebbero passati a Ginevra tra il novembre 2006 e il marzo 2007, appartenenti a oltre 100 mila clienti (dei quali circa 7.000 italiani) di 200 diversi paesi: ci sono politici, personalità dello sport, dello spettacolo e dell'imprenditoria. Il tutto nasce dalla famosa 'lista Falciani', il database dei clienti dellaHsbc, sottratto illegalmente dall'informatico Hervé Falciani nel 2009.Tutta l'operazione si configura come una mega operazione di evasione fiscale su grandissima scala.I due intestatari riconducibili al Rwanda, anche se non di passaporto rwandese, di cui al momento non si conoscono i nomi, sono titolari di tre conti attivi ancora nel 2005, su cui c'è stato un saldo massimo di $ 2,1 million. (clicca qui). Di seguito riportiamo i numeri relativi ai paesi confinanti con il Rwanda.
TANZANIA Approx. $114M 286 bank accounts 99 clients
DR CONGO Approx. $179.8M 299 bank accounts 182 clients
UGANDA Approx. $89.3M 212 bank accounts 57 clients
KENYA Approx. $559.8M 1,093 bank accounts 742 clients.
sabato 7 febbraio 2015
Da chef dell'Hotel Rwanda a patron del Brachetto Restaurant
La saletta riservata alla degustazione di vini |
L’avevamo incontrato l’anno scorso a febbraio quando ancora era lo chef dell’Hotel des milles collines (leggi qui). Nell’occasione Alessandro Merlo ci aveva anticipato la sua intenzione di aprire un proprio locale in Kigali, dove, dopo qualche mese di ambientamento e ottenuto l’ok dalla figlia, aveva deciso che valesse la pena fermarsi. In occasione della Missione Kwizera 2015 abbiamo quindi voluto verificare di persona cosa mai avesse combinato questo piemontese giramondo. Andati in avanscoperta su internet, abbiamo trovato nome e indirizzo del nuovo locale: Brachetto restaurant Ristorante Mediterraneo · Tapas bar e ristorante-Wine bar - Kg 54 Street, 5033 Kigali, una strada laterale che si distacca dal grande viale dell’Umuganda, all’altezza dell’ambasciata americana.
La sala da pranzo |
La location è in una tranquilla palazzina, posta a fianco della residenza privata dell’ambasciatore britannico, con parcheggio interno. Il locale è raccolto e riservato; la sua sala da pranzo, aperta a veranda sulla città, ospita pochi tavoli, per una trentina di posti a sedere, per una clientela che ama la riservatezza e la calma, al di fuori del grande caos del centro cittadino. Non dimenticando di essere anche un grande sommelier, Alessandro ha allestito all’ingresso della sala un locale riservato alla degustazione dei vini, italiani (naturalmente piemontesi) e francesi, memore dei suoi trascorsi parigini. I piatti del menù fanno riferimento alla cucina italiana con qualche tocco d’internazionalità, frutto della storia professionale di Alessandro. Dopo un po’ di tempo trascorso in Rwanda, tra birra e brochettes, patate e fagioli, un ritorno ai cari autentici sapori italiani e a un bicchiere di buon vino è l'ideale anche per il più spartano dei volontari, soprattutto se a fare gli onori di casa ti trovi davanti il volto amico e sorridente di Alessandro.
giovedì 5 febbraio 2015
Intrighi dietro l'uccisione delle tre suore in Burundi
“Ci auguriamo che la verità emerga
e che il giornalista in questione venga rilasciato; dubbi, sì, li abbiamo sul
fatto che le sorelle fossero a conoscenza di questi traffici e stessero per
denunciarli”: così le saveriane, in una nota della congregazione pervenuta alla
MISNA relativa alle indagini sull’assassinio delle tre missionarie a
Bujumbura il 7 settembre e in particolare all’arresto di Bob Rugurika,
direttore dell’emittente Radio Publique Africaine. All’origine del fermo e
della successiva incriminazione per “complicità in omicidio” una ricostruzione
giornalistica che identifica come mandante degli assassinii il generale Adolphe
Nshimirimana, ex capo dei servizi segreti tuttora vicino al presidente Pierre
Nkurunziza. Stando a questa versione, suor Olga Raschietti, suor Lucia Pulici e
suor Bernardetta Boggian sarebbero venute a conoscenza di malversazioni
compiute da Nshimirimana, relative in particolare a traffici di medicinali e minerali
che avrebbero coinvolto la parrocchia Guido Maria Conforti di Kamenge alla
quale appartenevano le missionarie.Nella nota, firmata dalla superiora generale
Giordana Bertacchini, si sottolinea ora la volontà di “mantenere il riserbo”.
“Ci auguriamo – si legge nel comunicato – che la verità emerga e che il
giornalista in questione venga rilasciato. Dubbi, sì, li abbiamo sul fatto che
le sorelle fossero a conoscenza di questi traffici e stessero per denunciarli.
La cosa sembra assolutamente inverosimile. Per il resto aspettiamo e ci
auguriamo che la verità emerga e che giustizia sia fatta”.Al riguardo, risulta
particolarmente forte la denuncia dello stesso Bob Rugurika, conosciuto
difensore dei diritti umani, direttore della Radio Publique Africaine secondo il
quale, come riferisce Il Sole 24 Ore, «C'e'
un silenzio totale da parte della comunita' internazionale, inclusi Governo
italiano e Ue. Un caso sul quale, nonostante quello che vorrebbero farci
credere, la verita' non e' stata nemmeno sfiorata. Questo silenzio irrita la
comunita' locale e chi, in Burundi, lotta perche' sia fatta giustizia su questo
come su altri casi».Un atto d'accusa forte che però non sorprende visto come il governo italiano aveva
seguito la vicenda nelle sue fasi iniziali, quando non si era neppure sentita l’esigenza
di far rientrare in sede l'ambasciatore a Kampala, Stefano Dejak, (dato genericamente in Europa, forse al seguito della moglie stilista, impegnata proprio in quei giorni in un evento di moda a Londra), competente per il Burundi, e si era lasciata la gestione a una semplice incaricata d'affari che aveva rappresentato l'Italia ai funerali (vedi post).
martedì 3 febbraio 2015
La Missione Kwizera su Valtellinanews
Il governo britannico "copre" Blair per le sue attività in Rwanda
Sta creando qualche imbarazzo al proprio governo la
ben nota attività di sponsoring dell'ex premier Tony Blair a favore del governo
rwandese, come riferito in un
precedente post. Infatti, il governo britannico si è visto
costretto a opporre un poco elegante diniego alla richiesta di
fornire informazioni relative ai rapporti tra Tony Blair e le
autorità di Kigali. È quanto si legge sul Times che aveva chiesto al
Foreign Office di conoscere l'attività svolta dall'ex premier nel Paese
africano, alla luce dei rapporti di amicizia col presidente Paul
Kagame, accusato di violazione dei diritti umani da Amnesty
International. Il "no" del Foreign Office è stato spiegato col
rischio di pregiudicare le relazioni internazionali della Gran Bretagna.
Come noto Blair ha difeso ed esaltato più volte Kagame,
definendolo "leader visionario", e tramite la sua associazione
no profit, la Africa Governance Initiative, ha fatto da consulente
al governo dal Paese africano.L'Ufficio di Blair ha negato che l'ex premier
laburista abbia qualche interesse commerciale in Rwanda.