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domenica 2 novembre 2014

Il Burkina Faso visto da Kigali

I recenti avvenimenti che hanno interessato il Burkina Faso, di cui ha ripercorso le dinamiche l'africanista Anna Bono in un artitolo apparso su La Bussola quotidiana  che proponiamo ai nostri lettori ( clicca qui), all'apparenza non sembrano aver prodotto echi particolari in Rwanda.Probabilmente la ragione di un atteggiamento così distaccato da quanto sta succedendo in Burkina Faso è riassunto nell’intervento odierno dell’editorialista de The New Times,  Ken Agutamba, che a conclusione di una sua analisi sulla parabola che ha interessato il presidente dimissionario Blaise Compaore, vittima dei suoi errori e forse dell'abbandono delle potenze occidentali che lo avevano sostenuto in passato ora pronti a promuovere una nuova stagione politica, così conclude." Credo che il problema dell'Africa non sia il numero dei mandati di un  leader; il problema è ciò che  i leader fanno mentre sono al potere. Guardiamo ll voto dei cittadini come se avessimo a che fare con gli  azionisti di una società quotata in borsa e il  leader come il CEO dell'azienda. Gli azionisti non lascerebbero mai andare in pensione un eccellente amministratore delegato la cui leadership   ha fatto loro guadagnare enormi  dividendi; farebbero di tutto per farlo rimanere in modo da continuare a incassare i benefici.  In realtà, se le persone sono felici, economicamente progredite, sane e sicure e con cibo a sufficienza sulle loro tavole, la politica è sempre l'ultima delle loro preoccupazioni. La buona politica che si caratterizza per il buon governo è molto rara e nei paesi in cui le persone godono di buon capi supremi se li tengono stretti, anche se i dirigenti vorrebbero  lasciare il potere. Naturalmente è vero anche il contrario”.L'ostentato distacco con cui l'establishment rwandese vive la "primavera nera" del Burkina Faso sta tutto, quindi,  nella convinzione che il Rwanda Inc. e il suo Ceo, Paul Kagame,  abbiano finora presentato  bilanci in utile con il conseguente riconoscimento a tutti i propri "azionisti" dei relativi dividendi.Naturalmente il ragionamento regge fino a quando  sarà accettata l'equiparazione di una realtà statuale   a un'azienda, fino a quando cioè lo status di azionista con il relativo dividendo sarà preferito a quello di cittadino con i relativi diritti.

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