Dal
Rwanda arrivavano notizie sempre più preoccupanti circa il continuo
deteriorarsi delle situazione presso la
comunità batwa di Kibali. Si parlava di case abbandonate e distrutte, di campi
incolti, prima ancora di partire giravano confuse notizie di fatti di sangue.
Purtroppo il sopralluogo effettuato unitamente al direttore della Caritas
diocesana,l’abbé Emmanuel, non ha fatto che confermare i resoconti che ci erano
stati fatti. I campi, coltivati fino alla scorsa stagione agricola, si
presentavano per la gran parte della superficie abbandonati e incolti. Molte delle piccole costruzioni destinate ai
servizi risultavano distrutte o gravemente degradate, cinque case sono state
letteralmente rase al suolo; si vede solo la sagoma delle fondamenta e la terra
battuta di quello che era il pavimento; il resto ha letteralmente preso il
volo, nel senso che è stato rubato e venduto: Una delle case era di una donna
anziana nel frattempo morta, mentre un’altra era di proprietà di un detenuto in
carcere che al momento della messa in
libertà ha abbandonato tutto per andare in un’altra comunità. Per la verità,
alcune case sono conservate con cura
dagli abitanti che le custodiscono con gelosia; alcuni sono arrivati a murare
alcune finestre per meglio difendersi dai ladri. E qui veniamo alle voci circa
i fatti di sangue. Un componente della comunità batwa sorpreso a rubare in casa
di uno degli abitanti del paese vicino è stato aggredito e finito a bastonate,
mentre un complice è stato gravemente ferito e, nel momento in cui scriviamo,
sembrerebbe che sia morto.Breve parentesi:si spera che il lettore italiano non
si lasci andare a facili giudizi, visto che fatti analoghi sono accaduti anche
da noi. Naturalmente le notizie dell’accaduto
non sono apparse sulla stampa locale,
troppo attenta a non incrinare la cartolina
di un Rwanda felix.Di fronte a un simile quadro si fronteggiano due
interpretazioni. Da una parte chi vede confermate le proprie certezze circa
l’impossibilità per i batwa di affrancarsi dai loro ancestrali stili di vita: “era solo questione di tempo” ma prima o poi sarebbero tornati alle antiche
abitudini.Dall’altra chi si chiede cosa sia successo per far precipitare nel
passato quegli stessi batwa che per cinque anni sembravano aver intrapreso un
percorso che a piccoli passi li sollevasse dalla loro situazione di estremo
degrado. Basta al riguardo ripercorrere le notizie che nel tempo sono state date nel blog. A questo punto chi ha ancora a cuore la sorte di questa comunità
deve necessariamente interrogarsi cos’altro si possa fare per questi ultimi. Al
momento il primo passo sembra essere appunto quello di mettere attorno a un
tavolo tutti i benefattori che negli anni si sono interessati, in vario modo,
della comunità batwa, per decidere se e come intervenire. Naturalmente anche le
autorità civili dovranno fare la loro parte, ben sapendo che fino a quando
sulla comunità vigilava un loro incaricato, le cose sono andate per il
meglio. A questo punto, far finta di niente sarebbe una sconfitta per tutti.
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