"Immigrazione,
l'Africa ha perso la sua anima?" E’ questo il grido d’allarme lanciato dal
settimanale economico finanziario panafricano Les Afriques, all’indomani
della tragedia di Lampedusa. “E’ il momento per
l'Africa di svegliarsi e di prendersi cura di questo problema, se non altro per
motivi umanitari o per ragioni di dignità per salvare i propri giovani da una
morte quasi certa”. Già in un apposito dossier intitolato “La strada della morte” il
settimanale aveva affrontato ampiamente il problema richiamando l'attenzione “dei responsabili politici africani
sulla gravità del flagello e la necessità di una risposta urgente per eliminare
questo problema che minaccia l'Africa e la sua giovinezza. Con questa ultima tragedia, i governi africani devono mostrarsi
degni e affrontare la questione dell'immigrazione come una vera priorità
africana”.
Indubbiamente un punto di vista spiazzante che sovverte molti dei
giudizi che frettolosamente vengono di soliti rilasciati all’indomani di
tragedie come quelle di Lampedusa.
Anche se il Rwanda non sembra grandemente
coinvolto nel fenomeno migratorio, almeno sull’asse Africa-Europa, ci sembrava
doveroso ricordare la tragedia di Lampedusa offrendo alcuni spunti di
riflessione. Per cominciare segnaliamo la realistica analisi che, sul sito La bussola quotidiana, Mons. Luigi Negri, Arvivescovo di
Ferrara e Comacchio, fa del fenomeno migratorio in tutti suoi diversi aspetti e implicazioni, senza risparmiare giudizi piuttosto critici ai diversi protagonisti; interessanti sono anche tre articoli dell’africanista Anna Bono che sullo stesso sito prende in
esame la situazione di Somalia ed Eritrea da dove
proviene la gran parte dei richiedenti asilo politico che bussano alle porte
dell’Europa e illustra le altre tratte che i profughi affrontano, in alternativa a
quella classica che li porta in Libia, attraverso il golfo di Aden e attraverso il Sinai. Da ultimo riproponiamo le
testimonianze di alcuni profughi che dai paesi dell’Africa occidentali
hanno tentato di entrare in Europa dalla Spagna. Pur essendo testimonianze
datate ( erano apparse sulla rivista dell’Associazione Kwizera nel
2009 clicca qui) conservano tutta la loro drammatica attualità.
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