Il forte richiamo che
Kigali, città moderna con uno standard di servizi e di stili di vita
decisamente sopra la media africana,
esercita sul resto del paese comincia a suscitare qualche preoccupazione
nelle stesse autorità che assistono a un flusso di persone che dalla periferia
e dalle campagne converge sulla
capitale alla ricerca di una vita migliore. Il successo della capitale, passata
da poche migliaia di abitanti degli anni cinquanta agli 850.000 del 2005 per attestarsi a 1.135.428 abitanti rilevati
nel censimento del 2012, oltre ad accentuare il solco tra il Rwanda urbano e
quello rurale, una vera e propria faglia tettonica che potrebbe avere
sommovimenti nel tempo, crea non pochi problemi di gestione per una realtà
metropolitana di tutto rispetto Il
problema è stato affrontato in occasione della seconda Conferenza tripartita Internazionale degli
Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) sull'urbanizzazione
sostenibile tenutasi di recente a Kigali. In quella sede il primo ministro Pierre Damien Habumuremyi ha
detto che il governo, nel tentativo di
ridurre il tasso di urbanizzazione che ha come sua manifestazione più immediata
la crescita delle baraccopoli intorno alla città di Kigali, intende favorire la crescita delle città intermedie, come
Huye, Rubavu, Nyagatare, Rwamagana, Rusizi e Musanze. L’intenzione del governo è quella di stimolare ulteriormente le attività economiche per creare in periferia quelle opportunità di lavoro, soprattutto per i giovani, al fine di arginare la migrazione rurale-urbana e interrompere così la crescita delle baraccopoli, primo punto d’ingresso in città di chi vi arriva senza riferimenti precisi. Attualmente, il Rwanda sconta un tasso di migrazione urbana del 4,8 per cento, superiore a quello della migrazione rurale-urbana del mondo, che si attesta al 1,9 per cento. Alle iniziative volte a creare condizioni favorevoli nella creazione di occupazione anche nelle città di provincia, si affianca un programma di costruzioni di nuove abitazioni il cui bisogno era stato quantificato nel 2008 in 350.000 case per il successivo decennio e che il governo vorrebbe cominciare ad affrontare con un piano annuale per la costruzione di 35.000 nuove costruzioni con nuovi tecniche edificatorie, compatibilmente con la disponibilità dei mezzi finanziari necessari. Per questo si punta molto alla responsabilizzazione dei privati perché comincino ad operare senza attendere la parte pubblica. Parallelamente le autorità cercano di di recuperare gli spazi attualmente occupati dalle baraccopoli ancora presenti nella capitale, procedendo, spesso con metodi piuttosto sbrigativi, ad espropri e alla destinazione delle nuove aree a programmi di edilizia commerciale.
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