I bambini rwandesi adottati da coppie estere e portati a vivere nei paesi dei nuovi genitori devono conservare i legami con il paese d'origine, con l'identità e il patrimonio culturale rwandese. Questo è l'auspicio espresso dalle autorità rwandesi che richiamano il ministero competente, il Ministero di genere e promozione della famiglia, a vigilare perchè sia fatto tutto il possibile perchè questi piccoli rwandesi, anche nelle nuove famiglie, possano crescere senza dimenticare la loro provenienza. I dati ufficiali indicano che in totale ci sono 361 bambini rwadesi adottati all'estero, suddivisi tra gli Stati Uniti, Francia, Belgio e Italia. Le autorità si interrogano sul modo in cui questi bambini sono cresciuti nei paesi stranieri, che tipo di educazione ottengono, ma soprattutto se sono in grado di crescere come dei veri rwandesi.Per questo si sta valutando di modificare la normativa vigente, che prevede periodici aggiornamenti, ogni sei mesi per i primi due anni dall'adozione e una volta l'anno successivamente fino ai 18 anni, su questioni quali la salute del bambino, l'istruzione e l'adattamento alla lingua e alla cultura del nuovo paese, prevedendo la possibilità che le ambasciate all'estero vigilino affinchè i nuovi genitori operino affinchè il piccolo adottato possa crescere nella cultura e nei valori rwandesi.
Un impegno fatto proprio dall'ambasciatore del Rwanda in Belgio, Robert Masozera, che rispondendo a una richiesta posta da The New Times ha detto "Questi bambini sono rwandesi di origine, e non belgi. Sono membri della comunità rwandese di qui ed è nostra responsabilità di garantire che siano parte integrante della nostra comunità ".
Anche a voler dare l'interpretazione più benevola a questi propositi delle autorità rwandesi, dovranno pur sempre misurarsi con il reale interesse del bambino e della sua nuova famiglia.
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