In Rwanda, secondo il Ministero del
Genere e promozione per famiglie, ci sono 3.000 bambini che vivono in 33
orfanotrofi, in tutto il paese: un
numero tutto sommato abbastanza contenuto. Alcuni di questi bambini
hanno magari ancora un genitore, ma sono stati allontanati dalla famiglia
d’origine a causa di vari motivi, tra cui abbandono, maltrattamenti e altre
forme di abusi sui minori. La
diffusa solidarietà all’interno delle
comunità porta spesso ad accogliere nelle famiglie della cerchia parentale i
bambini rimasti orfani, oltre che le vedove, così che in Rwanda l’istituto
dell’orfanatrofio non risulta
particolarmente diffuso. Nonostante i numeri contenuti, o forse proprio per questo,
le autorità governative stanno cercando di promuovere una cultura dell’adozione in modo che i bambini
degli orfanotrofi possano essere accolti in un ambiente familiare e arrivare
così a superare l’istituzione dell’orfanatrofio. Naturalmente le autorità si
pongono il problema di vigilare sulle famiglie che prendono in adozione questi
orfani, per assicurare che siano protetti e ricevano
l'educazione necessaria per modellarli in cittadini responsabili. Un problema a
parte è quello dei bambini e ragazzi abbandonati a se stessi, i cosiddetti
ragazzi di strada. Mentre nei villaggi il fenomeno sopravvive ancora in maniera
evidente, nella capitale è stato risolto
radicalmente dalle autorità che hanno preso i ragazzi di strada e li
hanno mandati su un’isola del lago Kivu per essere “rieducati” ( una inchiesta giornalistica di qualche tempo comparsa sul New York Times fece scandalo parlando di lager tanto da meritare la replica del governo rwandese) e avviati a corsi professionali, prima di essere riammessi in società, si presume con un diverso approccio alla vita.
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