Sono oltre trecento le cooperative, regolarmente costituite secondo la normativa vigente, attualmente operanti in Rwanda nei vari comparti dell’economia, formate da migliaia di soci. Tuttavia da ciò che scrive l’editoriale di ieri de The New Times, non tutte sembrerebbe funzionare con successo a causa soprattutto dell’evidenziata carenza di capacità gestionale dei responsabili e della frequente mancanza di principi di prudente gestione. Da qui, l’iniziativa del Ministero del Commercio e dell’Industria di dare avvio, nel prossimo anno, a un collegio avente l’obiettivo di colmare le carenze esistenti e curare la formazione di adeguate figure professionali idonee ad avviare e, soprattutto, gestire con profitto iniziative cooperativistiche. Un movimento, quello cooperativo, che le autorità governative vedono con favore, in quanto trovano più facile sostenere tali forme associative piuttosto che iniziative individuali. Lo strumento cooperativo ha avuto successo a tutte le latitudini, in quanto movimento che origina dal basso come strumento partecipativo delle forze più vive della comunità sociale, e conserva anche nel terzo millennio una sua particolare valenza, pur in un’economia globalizzata. Anche la Dottrina sociale della Chiesa vede nelle imprese cooperative uno degli strumenti che meglio interpreta la logica di un corretto operare in campo economico al servizio dell’uomo, in uno spirito di collaborazione tra le parti sociali.
Meraviglia quindi che allorquando ci si muova per dar vita nelle parrocchie a iniziative della specie si fatichi a trovare qualche formatore che trasmetta ai promotori e ai partecipanti le necessarie conoscenze di base per impiantare e gestire correttamente un’impresa cooperativa.
E’ il caso di alcuni interventi pianificati dall’Associazione Kwizera a sostegno di iniziative locali di carattere cooperativistico. Alla prova dei fatti non è ancora stato possibile trovare dei formatori che intrattenessero i partecipanti sullo spirito e sulle regole che dovrebbero animare iniziative della specie, troppo spesso avviate con eccessiva improvvisazione e senza ben conoscerne i meccanismi regolatori, con l’unica conseguenza che ben presto naufragano miseramente. E’ proprio necessario attendere l’iniziativa governativa in questo campo che dovrebbe essere terreno quasi esclusivo dell’iniziativa dei corpi intermedi della società? Non può un’istituzione come l’università di Byumba , l’Institut Polytecnique , farsi carico di creare un nucleo di formatori in campo cooperativistico, visto che gli insegnamenti in materia sono previsti nel corso di studi?
Chissà se, diversamente a quanto riscontrato in esperienze passate con altre realtà scolastiche, questa volta avremo un riscontro positivo?
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