Pagine

martedì 1 febbraio 2011

Su Avvenire il solito articolo sul Rwanda

Abbiamo già scritto in altra occasione che il Rwanda non è solo Kigali, sottolineando come troppo spesso i giornalisti che scrivono del paese delle mille colline scrivano il proprio pezzo comodamente seduti sul terrazzo di un grande albergo della capitale, senza spingere il proprio sguardo la di là dei confini metropolitani.E' il caso del pezzo di seguito riportato, comparso domenica  su Avvenire. Meraviglia che la giornalista del quotidiano della CEI abbia scritto il solito articolo già scritto da tanti suoi colleghi, e per questo piuttosto datato ( quasi tutti gli argomenti trattati hanno formato oggetto di  trattazione di questo modestissimo blog) e non abbia sentito l'esigenza di dare un quadro un po' più completo di un paese oggetto di grande sviluppo e di forte modernizzazione ma anche di qualche ritardo nel condividere tale sviluppo con l'intera popolazione; per non parlare del faticoso cammino per  pervenire a un'effetiva riconciliazione nazionale che possa  preludere a una forma  compiuta di democrazia condivisa da tutte le componenti della società rwandese. Perchè a fianco degli esponenti governativi non  sentire anche i tanti volontari del mondo cattolico impegnati in Rwanda o esponenti della chiesa locale? Forse ne sarebbe uscito un reportage più completo, dove a fianco dei tanti risultati positivi illustrati si sarebbe potuto rappresentare anche la situazione dei villaggi della campagne rwandesi e delle persone che vi abitano, il cui stile di vita non è propriamente quello della capitale.Peccato che Avvenire si sia fermato a Kigali, perdendo un'occasione per dar voce anche  all'altro Rwanda.

Ruanda, la rinascita corre sul web ( leggi l'intero articolo qui di seguito). 


Una recente statistica indica che il Ruanda, il Paese delle mille colline, ha appena superato l’Italia nella classifiche dei Paesi con le pubbliche amministrazioni più corrotte. Ora siamo al sessantasettesimo posto mentre il piccolo Paese africano è al sessantaseiesimo. Ancora peggio se si guardano i due Paesi dal punto di vista delle donne. Il Ruanda, oltre ad avere da qualche mese eletto il Parlamento con la più alta percentuale di gentil sesso nel mondo, ci supera nella classifica internazionale stilata dal Social Watch per quanto riguarda la condizione della donna. È forse questo il Paese che il presidente del Ruanda, Paul Kagame, ha concepito nel documento Vision 2020 : un progetto visionario, un libro dei sogni, che porterà il Paese nel XXI secolo. Al momento il progresso passa attraverso il lavoro di migliaia di persone che da oltre un anno scavano le trincee per depositarvi dentro i cavi della fibra ottica.
È questa una delle immagini più frequenti del Ruanda di oggi: precisa un funzionario che «i cavi sono tre, di tre di colori diversi, uno per il governo e le istituzioni e gli altri per la popolazione». «La fibra ottica – ricorda Abraham Atta Ogwu, direttore dell’Istituto di scienza e tecnologia di Kigali, raggiunge ormai l’ottanta per cento del territorio e in pochi mesi sarà ultimato». In Ruanda, prevede il programma governativo, dovrebbe già essere possibile collegarsi a internet e vedere la tv digitale gratis in quasi tutto il Paese, poco più grande del Piemonte.
Il divario digitale viene superato anche grazie all’'internet bus'. Due autobus, che presto diventeranno quattro, raggiungono i villaggi più remoti per far scoprire alla gente, che spesso non sa nemmeno leggere (quasi il cinquanta per cento della popolazione è analfabeta), il mondo del web. Yahya Hassani, il coordinatore del progetto, dice: «Gli autobus che arrivano nei villaggi sono aperti dalle otto del mattino alle sei di sera. Ci sono venti postazioni, stampante, connessione e schermo per proiezioni. Organizziamo corsi; gli studenti arrivano da tutta la zona e dopo due settimane rilasciamo un diploma. Non si paga nulla e abbiamo già visitato cinquanta villaggi e rilasciato millecinquecento certificati. Il sabato e la domenica il bus è a disposizione dei contadini e delle comunità locali. A loro facciamo vedere filmati su come si coltivano il mais e le banane, oppure corsi di igiene primaria per proteggersi dall’Aids e dalla malaria. Abbiamo un bilancio di millenovecento euro al mese per il carburante, il generatore, l’insegnante e l’autista. Al momento rimane il problema della connessione: qualche volta, nella stagione delle piogge, non c’è». È un Paese che sembra viaggiare a due velocità, come conferma Françoise Kankindi, presidente di Bene-Rwanda: un’onlus – il nome in lingua kinyarwanda significa 'figli del Rwanda' – fondata e diretta da ruandesi che risiedono e lavorano da anni in Italia, i cui principali obiettivi la conservazione e la valorizzazione della memoria del genocidio del 1994 e la promozione degli strumenti per riconoscere la 'cultura del genocidio' nella sua genesi.
Françoise, che vive in Italia dal 1992 e che qui ha studiato e si è laureata, racconta che quando tornava in Ruanda nei primi tempi subito dopo il genocidio la gente camminava più lenta di lei per strada: tutti le chiedevano dove andasse così di fretta. Solo dopo qualche tempo i ruandesi si sono resi conto che per ricostruire bisognava incominciare a correre. Ora quando torna a trovare sua sorella è lei quella che cammina più lenta, i ruandesi hanno tutti fretta, fretta di diventare un Paese che possa competere con le potenze occidentali. Altro punto di forza per avvicinare il Paese al suo futuro è il progetto 'Un computer per ogni bambino'. L’intenzione del governo è quella di distribuirne centomila, ma al momento di quei piccoli Pc 'gommati' con i bordi verdi e la grande X frontale pare ce ne siano pochi in giro. Ne abbiamo trovati solo in tre scuole della città, per un totale di circa cinquemila computer.
Ma il futuro del Ruanda è già presente. Da tre anni sono proibiti i sacchetti di plastica (in Italia solo dal 1 gennaio 2011). Multe e pene pesanti per chi butta oggetti o carta per terra: da un mese a un anno di prigione e fino a centomila franchi di ammenda. Da anni è vietato costruire case nel letto dei fiumi. Per contro, il nuovo piano regolatore presto stravolgerà il centro di Kigali, la capitale, conosciuta per le sue colline e gli edifici che superano di rado i dieci metri di altezza. Il piano prevede, per i proprietari di immobili di una determinata aerea centrale, l’innalzamento degli stessi dagli attuali uno o due piani fino a tredici. Ci si può opporre, ovviamente, ma allora il governo ti compra la palazzina sottocosto e costruisce lui. Tutto ciò avvicinerà inevitabilmente Kigali alle altre megalopoli africane. E ancora, il Ruanda è stato dichiarato nel 2009 il primo Paese al mondo 'liberao da mine' secondo la convenzione di Ottawa. Altro punto di forza di Vision 2020 è il piano energetico nazionale, che nel giro di pochi anni dovrebbe rendere indipendente il Ruanda. Il piano prevede tre punti: lo sfruttamento degli enormi giacimenti di gas metano presenti sotto il lago Kivu (una centrale è già in funzione); il solare, attraverso la più grande centrale dell’Africa che sarà costruita sulla collina di fronte a Kigali, quasi inaccessibile (devi consegnare il passaporto a due militari armati per accedervi); il biogas, con il progetto attuato nelle scuole che saranno autonome grazie all’utilizzo di scarichi fognari ed escrementi degli animali. Grandi ambizioni per un piccolo Paese, con la più alta densità di popolazione di tutta l’Africa, una crescita demografica in aumento e più della metà degli abitanti con meno di quindici anni. Il futuro è nelle loro mani, anche per scacciare i fantasmi del passato.
Alessandra Rocca

Nessun commento:

Posta un commento