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martedì 24 marzo 2009

La lotta all’Aids: oltre il preservativo

Non è parso vero alla  stragrande maggioranza dei media mondiali menare grande scandalo sulla frase pronunciata da Benedetto XVI, durante il viaggio aereo verso il Cameroun, secondo il quale l’epidemia dell’Aids "non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi aumentano i problemi". Immediatamente sono scese in campo diverse cancellerie occidentali per stigmatizzare l’irresponsabilità di tale affermazione e per assumere iniziative concrete che andassero nel senso opposto. Il più solerte, come sempre quando c’è da sottolineare il proprio anticlericalismo, è stato il premier spagnolo Zapatero che immediatamente ha disposto l'invio di un milione di preservativi per le popolazioni africane interessate dal flagello dell’Aids. Secondo il Rapporto 2008 dell’ONUSIDA, il programma delle Nazioni Unite contro l’Aids, il 67% dei circa 33 milioni di persone infette di Aids nel mondo vivono nell’Africa sub sahariana, dove vivono altresì 1,8 milioni di  ragazzi sotto i quindici anni infetti di Aids, il 90% sul totale mondiale, con 270.000 nuovi infetti ogni anno. Secondo il Rapporto, per affrontare l’epidemia  durevolmente, bisogna lavorare  sulla violazione dei diritti dell’uomo, sull’ineguaglianza tra i sessi, sulla discriminazione, sulla condanna della violenza sulle donne. Bisogna ridurre la prevalenza di rapporti  sessuali plurimi tra diversi partner. Bisogna favorire un miglioramento delle condizioni sociali complessive delle famiglie e l’accesso all’educazione scolastica  per i bambini. Poi naturalmente c’è anche la prevenzione con l’uso del preservativo. Anche se i servizi di prevenzione della trasmissione del virus tra madre e figlio hanno fatto progressi significativi il lavoro da fare è ancora molto  per intensificare  i trattamenti antivirali sui bambini e sulle mamme. Come si vede l’approccio dell’ONU , di cui è ben nota la spregiudicatezza con cui affronta certi problemi, è un po’ più complesso di come molti politici occidentali vorrebbero affrontare il problema dell'Aids  e, forse, non così lontano dai programmi che  esponenti della Chiesa stanno conducendo in tanti paesi africani e non solo. Allora è lecito porsi una domanda: che utilità avrà il milione di preservativi, che l’ineffabile Zapatero si è premurato ad inviare in Africa, per i quasi due milioni di bambini infetti e i milioni di madri che rischiano di trasmettere il virus ai figli perché non ci sono i fondi per le cure necessarie per evitare tale contagio? Certo è più facile e, soprattutto, molto meno costoso spedire un container pieno di preservativi che sostenere programmi di formazione e crescita sociale, finanziare centri di cura e forniture di medicinali, così come auspica l’ONU. Se poi il tutto consente anche qualche sberleffo al Papa,  per qualche anticlericale d’accatto la tentazione è veramente irresistibile. Comunque, tutta la polemica un effetto lo ha sortito: mettere la sordina sul viaggio papale e soprattutto su quanto detto da Benedetto XVI  in terra africana a quei popoli, ai loro governanti ma anche ai grandi del mondo, politici e operatori economici, che si avvicinano all'Africa non sempre con la necessaria apertura verso i suoi bisogni. 

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