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lunedì 19 gennaio 2009

"Storia è ciò che si ricorda"

Da “Ebano”, ( Feltrinelli, Milano 2001) dello scrittore e giornalista polacco, Ryszard Kapuściński, profondo conoscitore della realtà africana, riprendiamo questi passaggi relativi alla concezione della storia nella cultura africana 

Storia è ciò che si ricorda. Eccettuato il settentrione islamico, l’Africa non ha mai conosciuto la scrittura: qui la storia è sempre stata una tradizione orale, una leggenda tramandata di bocca in bocca, un mito collettivo creato inconsapevolmente ai piedi di un mango ,nelle tenebre della sera rotte solo dalle voci tremolanti  dei vecchi, mentre donne  e bambini pendevano muti dalle loro labbra (……)Non esiste storia all’infuori di quella che riescono a raccontare qui (…) Ogni generazione, udendo  la versione  che le veniva tramandata,l’ha modificata e continua a modificarla, trasformandola e abbellendola. Ma proprio per questo la storia  qui, libera dal peso degli archivi e dal rigore dei dati, raggiunge la sua forma più pura e cristallina: quella del mito. Un mito  dove invece dei dati e della misura meccanica del tempo -giorni, mesi, anni-  vigono espressioni quali: “tempo fa”, “molto tempo fa”,  “ tanto tempo fa che nessuno più se ne ricorda”, termini che consentono di collocare  e di sistemare tutto nella gerarchia del tempo. Un tempo che non si svilupperà in modo lineare, ma assumerà la forma del moto terrestre:una forma rotatoria, uniformemente circolare. In una simile visione del tempo il concetto di sviluppo non esiste, sostituito dal concetto di durata. L’Africa è l’eterna durata.”

Mentre sulla concezione del tempo di cui al post del 14 settembre ( Ci vediamo alle…ora Kigali) la nostra esperienza ci faceva condividere pienamente l’osservazione dell’autore di Ebano, queste relative alla storia ci suggeriscono più di una riflessione, a partire dalla fondatezza di tale analisi. Su questo ci piacerebbe conoscere l'opinione dei nostri amici rwandesi

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