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venerdì 25 agosto 2023

Il mondo moderno ha le radici in Africa

Cos'ha portato alla nascita del mondo moderno? A scuola ci è stato insegnato che l'origine della modernità affonda le proprie radici nelle grandi scoperte geografiche del XV secolo; nello sviluppo del metodo scientifico e delle innovazioni industriali; nel diffondersi di nuove abitudini alimentari e di consumo; nel ruolo giocato dalle società del Vecchio Continente, con la loro ingegnosità e inventiva, e nel fermento dei grandi ideali civili... Il libro L'Africa e la nascita del mondo moderno ( ed. Rizzoli, euro 25) del giornalista e scrittore americano, Howard W. French, in cui si  racconta la storia dell'Africa dal 1400 al 1900, ci presenta una storia diversa ,evidenziando  il ruolo che il continente africano, attraverso le sue società ed i suoi abitanti, ha giocato nello sviluppo del mondo moderno.  In un'ampia narrazione che abbraccia oltre sei secoli, dalle prime relazioni commerciali tra Portogallo e Africa all'abolizione delle leggi segregazioniste negli Stati Uniti, l'autore ricostruisce come il destino dell'Occidente sia stato forgiato sfruttando risorse e manodopera africane. French inizia il suo libro con una descrizione della ricchezza e della complessità delle società africane prima dell'arrivo degli europei. Mostra come l'Africa fosse sede di grandi imperi e come fosse un importante centro di commercio e di scambio culturale. Proprio le coste di questi imperi furono le prime mete ad attirare i navigatori europei, attratti dalle ricchezze ivi presenti, a partire dall'oro. Subito dopo l'oro, l'attenzione degli europei si riversò sulle braccia dei tanti schiavi che i regnanti africani del luogo erano in grado di mettere a disposizione dei mercanti. Sulla forza lavoro di oltre dodici milioni di schiavi deportati dall'Africa verso le Americhe come manodopera a bassissimo costo sorsero le piantagioni, prima della canna da zucchero e poi del cotone, le materie prime che crearono ricchezza a partire dall'Atlantico per i Paesi europei ed alimentarono le rispettive economie fino ad innescare i processi che portarono alla rivoluzione industriale dell'Occidente, Stati Uniti compresi, dove l'importanza della schiavitù è così riassunta nell'Introduzione,  "Il valore creato dal commercio e dalla proprietà di schiavi negli Stati Uniti – distinto da quello del cotone e di altri prodotti coltivati dagli schiavi – era superiore a quello di tutte le fabbriche, le ferrovie e i canali del paese messi insieme."  L'introduzione del libro è leggibile cliccando qui. 

venerdì 18 agosto 2023

Giovanni Davite è il nuovo Console onorario italiano a Kigali

Giovanni Davite
Dal giugno 2023, il nuovo Console onorario d’Italia in Rwanda è Giovanni Davite, che subentra al Sig. Bruno Puggia, che ha prestato servizio come Console Onorario per quasi 20 anni. Il nuovo console onorario è comproprietario della catena di farmacie Kipharma e Agrotech in Ruanda è anche presidente della European Business Chamber of Rwanda e membro del consiglio di amministrazione di AIG Pharm, l'Associazione degli importatori farmaceutici in Rwanda.In occasione della nomina sono stati anche inaugurati i nuovi uffici del Consolato che sono situati nel centro di Kigali (KG 639 Street, Tel. +252 575238 . Serviranno la comunità italiana residente a Kigali, fornendo assistenza e servizi consolari, nonche’ facilitando i contatti con l'Ambasciata d'Italia in Uganda. Il Consolato Onorario rappresenta inoltre un punto di riferimento per promuovere il rafforzamento della cooperazione tra i due Paesi.

giovedì 17 agosto 2023

Come l'Africa può diventare destinataria degli insediamenti industriali ad alta intensità tecnologica

 Con le sue abbondanti risorse e un mercato dei consumi in crescita, l'Africa può diventare una delle principali destinazioni manifatturiere per le industrie ad alta intensità tecnologica e un anello vitale nelle catene di approvvigionamento globali. Lo sostiene la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD) nel suo Rapporto 2023  sullo Sviluppo economico in Africa  rilasciato nei giorni scorsi a Nairobi. Le catene di approvvigionamento comprendono i sistemi e le risorse necessarie per sviluppare, produrre e trasportare beni e servizi dai fornitori ai consumatori. L'abbondanza di minerali e metalli essenziali in Africa, come alluminio, cobalto, rame, litio e manganese, componenti vitali per le industrie ad alta intensità tecnologica, rende il continente una destinazione attraente per i settori manifatturieri, in particolare quelli dell'automobile, dell'elettronica, delle energie rinnovabili, dei prodotti farmaceutici e dei dispositivi medici. L'Africa offre anche vantaggi come un accesso più breve e più facile agli input primari, una forza lavoro più giovane, esperta di tecnologia e adattabile e una fiorente classe media, nota per la sua crescente domanda di beni e servizi più sofisticati. Il Rapporto sottolinea che la creazione di un ambiente favorevole per le industrie ad alta intensità tecnologica consentirebbe un aumento dei salari nel continente, attualmente fissato a un minimo di $ 220 al mese, rispetto a una media di $ 668 nelle Americhe. Un'ulteriore integrazione nelle catene di approvvigionamento globali diversificherebbe anche le economie africane e rafforzerebbe la loro resilienza agli shock futuri. L'espansione delle catene di approvvigionamento energetico in Africa è anche un'opportunità per accelerare l'azione per il clima.

lunedì 7 agosto 2023

Come finalizzare al meglio i fondi inviati in Africa: il modello Kwizera

Qualche anno fa, navigando su internet, ci imbattemmo nel sito di un'importante Ong svizzera in cui veniva illustrato un progetto che la stessa Ong diceva di aver realizzato in Rwanda. Quel progetto ci era particolarmente familiare. Si trattava infatti del terrazzamento di una  collina nel villaggio di Niynawimana, un villaggio situato nel nord del Rwanda, con annessa realizzazione di una moderna fattoria ( stalla, cisterne e magazzino di stoccaggio), né più né meno della medesima realizzazione portata a termine a partire dal 2004 dall’Associazione Kwizera, come documentato nella nostra pubblicazione Kwizera Rwanda del 2011, a partire da pag 119. L'intervento era stato attuato, appoggiandosi su referenti locali, don Paolo Gahutu, allora responsabile dell'Economato diocesano e fratel Francois, esperto in opere di terrazzamento, e seguendo i lavori dall'Italia, secondo modalità operative  messe in campo dall’associazione nella realizzazione dei propri progetti in terra ruandese. Modalità molto semplici: seguire ogni singolo progetto con propri uomini di fiducia sul campo, dall'iniziale fase progettuale, agli stati di avanzamento fino alla sua realizzazione, dal budget di spesa al rendiconto finale. Perché raccontiamo questo episodio? Lo raccontiamo perché abbiamo letto nei giorni scorsi l'intervento dell'africanista Anna Bono sul La Nuova Bussola Quotidiana in cui si paventava che un piano Marshall per l'Africa possa comportare il rischio che i fondi che i governi occidentali stanziano per interventi in Africa possano andare ad ingrassare le autocrazie locali invece che a finanziare reali progetti di sviluppo. Se è lecito portare la piccola esperienza di una realtà dalle dimensioni contenute come l'Ass. Kwizera, che ha pur sempre realizzato in Rwanda  progetti per oltre un milione e mezzo di euro negli ultimi 15 anni, possiamo dire che la malversazione dei fondi degli aiuti può essere evitata se il donatore si fa carico di seguire e realizzare direttamente  i progetti che intende finanziare, avvalendosi di propri fiduciari in zona. Nel momento in cui si applicano queste prassi la possibilità che i fondi dei donatori siano utilizzati  in maniera fraudolenta per altri fini  o piuttosto che vadano a finanziare figurativamente progetti che sono già stati finanziati da altri donatori, come nel caso illustrato, si riduce drasticamente. Quindi se il donatore si fa carico di seguire localmente l'individuazione, con le autorità locali, dell'opera da finanziare, di richiedere i relativi budget a realtà locali, confrontandoli tra loro e  con i prezzi di mercato esistenti su piazza, il rischio di malversazione sui fondi dei donatori si riducono effettivamente al minimo, anche se sicuramente anche qualche euro dall'Associazione sarà finito impropriamente in qualche tasca dove non doveva arrivare per qualche costo gonfiato, ma la grossa parte dei fondi stanziati si sono concretizzati nei relativi progetti. Volendo trasferire questa piccola esperienza ad una realtà più grande come quella governativa si potrebbe pensare che gli stanziamenti governativi a favore di un paese africano possono concretizzarsi in realizzazione di opere strutturali, nei più vari campi, effettuate direttamente dal donatore, piuttosto che farli transitare dalle mani delle varie autorità locali, perché non succeda, nel migliore dei casi, quello che è successo con la Ong straniera che aveva sì mandato proprio i fondi in Rwanda, non seguendone però il conseguente utilizzo, salvo vedersi riconosciuto la realizzazione del progetto,  realizzato e finanziato da altri, con il conseguente dirottamento dei fondi stanziati ad altre finalità più o meno nobili. Se poi l'esperienza di una piccola realtà associativa non risultasse convincente, forse andrebbero studiate le politiche messe in atto dalla Cina  in Africa, certo non sempre convincenti e condivisibili sotto diversi aspetti, ma che comunque difficilmente si prestano alle malversazione paventate dalla brava, anche se un po' pessimista, professoressa Bono.