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sabato 11 marzo 2023

Il card. Kambanda interviene sui migranti inviati in Rwanda dalla Gran Bretagna

Dall'intervista rilasciata dal card. Antoine Kambanda, Arcivescovo di Kigali, rilasciata all'Agenzia Fides, riprendiamo questo passaggio relativo al problema migratorio ed in particolare al ruolo del Rwanda chiamato ad accoglire migranti respinti da altri Paesi.

D) Come è vista in Rwanda la politica di alcuni Stati, come ad esempio la Gran Bretagna, di deportare nel vostro Paese i richiedenti asilo?

CARDINALE KAMBANDA: Il Rwanda è molto sensibile al problema dei profughi e dei migranti anche perché abbiamo dei dirigenti che sono stati profughi e sanno cosa significa. Hanno quindi simpatia nei confronti dei richiedenti asilo. Tutto è cominciato quando sono emersi in Libia i casi dei migranti tenuti in ostaggio dai gruppi criminali costringendoli a chiedere denaro ai propri familiari per essere liberati. Queste persone nella speranza di giungere in Europa si mettono nelle mani di veri e propri clan mafiosi che spesso abusano di loro. Questo problema è stato sollevato in una riunione dei Capi di Stato dell’Unione Africana che si sono detti “è una vergogna. Questi sono i nostri figli. Cosa facciamo?”. Il Rwanda si è detto disponibile ad accoglierli in collaborazione con l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati. Spesso sono giovani onesti che hanno una formazione professionale. Una volta giunti in Rwanda vengono presentati a Paesi che hanno bisogno di manodopera (Canada, Norvegia, Svezia, Danimarca e altri) dove vengono accolti con un contratto di lavoro. Circa tre quarti dei migranti provenienti dalla Libia sono partiti per i loro nuovi Paesi d’accoglienza. La Gran Bretagna vuole probabilmente collegarsi a questo meccanismo già in opera. Quello che importante è contrastare i gruppi criminali che gestiscono le migrazioni clandestine, creando canali regolari per chi vuole farsi una vita all’estero. (L.M.) (Agenzia Fides 10/3/2023)

venerdì 3 marzo 2023

C'era una volta il Progetto Mikan...perchè non rilanciarlo?

Era l’agosto 2018, quando a Nyagahanga, da dove tutto era partito nove anni prima, il Progetto Mikan dell’Associazione Kwizera visse un momento particolare quale quello di raggiungere l’obiettivo, 5.000 capre distribuite ad altrettante famiglie, che mai i promotori dell’idea avrebbero immaginato possibile. Era, infatti, il marzo del 2009, quando l’incontro tra due giovani sposi, che volevano ricordare il giorno del loro matrimonio con un gesto di generosità, e i bisogni di coppie meno fortunate, quali quelle africane, aveva dato origine a un circuito virtuoso che aveva portato a dare avvio al Progetto Mikan. Alla ricerca di qualcosa che consentisse di condividere la propria gioia con persone meno fortunate, scartate le iniziative di cui erano a conoscenza ( invio di un vaccino o di un'offerta a persone bisognose di paesi in via di sviluppo) ebbero l’idea di assegnare a un certo numero di giovani famiglie ruandesi una piccola capra. Così in un gemellaggio ideale, una quarantina di giovani coppie della parrocchia di Nyagahanga ricevettero, nel marzo del 2009, una capretta con l’impegno di donare, in una ideale catena di solidarietà, il primo capretto a un'altra famiglia trattenendosi la capra originaria. Da allora il Progetto Mikan, acronimo dei nomi della coppia promotrice dell’idea, Michele e Anna, e di Kwizera, ne ha fatta di strada: inanzitutto, strutturandosi come un vero e proprio progetto, dandosi quindi un’organizzazione fatta di formazione, supportata da un agile manualetto, e di regole di funzionamento, ma soprattutto diventando uno strumento della pastorale familiare della diocesi di Byumba.Proprio per questa sua valenza pastorale, al raggiungimento della cinquemila capre distribuite nell’ambito del Progetto ad altrettante coppie, suddivise in gruppi di 25 coppie cadauno, il Progetto Mikan passò definitivamente dalla gestione diretta dell’Associazione Kwizera a quella della diocesi, nella persona dell’incaricato della pastorale familiare diocesana, al tempo don Isidoro. Quota 5.000 è era stata raggiunta negli anni attraverso i frutti di quelle 40 capre iniziali cui se ne sono aggiunte altre messe a disposizione direttamente dall’ass. Kwizera.

Nel momento in cui la gestione del Progetto Mikan passava alle dirette dipendenze della Diocesi, erano 50 i gruppi attivi, così distribuiti nelle varie parrocchie della diocesi, che avrebbero dovuto proseguire in questa ideale catena di solidarietà tra coppie.

Se oggi ci rivolgessimo ai vari parroci ne troveremmo ancora traccia?Per rispondere a questa domanda, ma , soprattutto, per tentare di rivitalizzare un Progetto che aveva dato così buoni frutti, abbiamo deciso, per la verità senza troppe illusioni, di fare una ricognizione sulle varie parrocchie per vedere se mai sia rimasta traccia di questa esperienza. Per questo ci rivolgiamo a tutti i parroci delle parrocchie dove erano attivi gruppi del Progetto Mikan per chiedere loro di fare una verifica e, se possibile, recuperare e rilanciare quell’esperienza. Ci aspettiamo che qualche parroco possa confermarci la sopravvivenza in parrocchia di un gruppo attivo oppure di avere la possibilità di avviare un nuovo gruppo fornendo ad ogni coppia una capretta recuperata presso i vecchi beneficiari che non avevano adempiuto al loro impegno di consegnare il primo nato ad un’altra coppia. Ad ogni parroco che ci darà un riscontro positivo a questa nostra richiesta siamo intenzionati di riconoscere un premio personale. Restiamo in fiduciosa attesa.