Suor Yvette con F. Simonini di Kwizera |
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domenica 30 giugno 2013
Suor Yvette lascia il Centro di sanita' di Bungwe dopo 39 anni
sabato 29 giugno 2013
Ferrovie e oleodotti per i paesi dell'EAC
Ha avuto una grande eco il recente incontro tra i tre presidenti di Uganda, Kenia e Rwanda, paesi facenti parte dell'East African Community-EAC, Yoweri Museveni, Uhuru Kenyatta e Paul Kagame, riuniti a Nairobi dove hanno annunciato la firma di un memorandum d’intesa che prevede una serie di progetti da ultimare entro tre anni. I tre hanno concordato l’estensione del già esistente oleodotto – che collega Mombasa ad Eldoret – fino a Kampala e Kigali, strutturandolo in modo da avere un doppio meccanismo di andata e ritorno, cosi' da poter pompare indietro i prodotti, una volta raffinati.Un secondo oleodotto, invece, collegherà il porto di Lamu, in Kenia, a Uganda e Sud Sudan, ricco di giacimenti petroliferi ma privo di infrastrutture. Il progetto si collega anche alla costruzione in Uganda della prima raffineria della regione che dovrebbe produrre carburanti per il mercato nazionale e internazionale. L’intesa prevede inoltre la costruzione – sulla linea Mombasa – Kampala – Kigali – di una ferrovia su cui far transitare le merci, abbattendo i costi del trasporto su ruota, dispendioso e complicato.Per quanto riguarda la costruzione della ferrovia non si dice come il progetto s'integrerà con quello previsto da tempo e in fase avanzata di progettazione che prevede il collegamento di Kigali con Dar es Salaam in Tanzania.E' infatti difficile pensare alla contemporanea realizzazione di due progetti richiedenti investimenti importanti e che per il Rwanda hanno pressoché analogo scopo: arrivare ai porti della costa orientale.I tre capi di Stato hanno concordato infine di accelerare sui programmi di integrazione regionale, come la Carta di identità comune, per i cittadini dell’Africa orientale, e il visto turistico unificato, gia' annunciato in passato.
martedì 25 giugno 2013
Ministero degli Esteri: Viaggiare sicuri..ma anche correttamente informati
Ricordiamo ai funzionari della nostra ambasciata a Kampala, competente anche per il Rwanda, di aggiornare il dato della popolazione del Rwanda, vecchio di qualche anno, che compare sul sito Viaggiare sicuri del Ministero degli Esteri.. Infatti, dai dati emersi nell'ultimo censimento tenutosi nel 2012, la popolazione rwandese ammonta a 10.537.222 abitanti, ben due milioni in più di quelli citati; vedi nostro post del 30 novembre del 2012.Con l'occasione non sarebbe male rivedere anche il dato relativo alle religioni, in quanto, magari anche solo per una ragione di ordine alfabetico, si colloca la religione musulmana subito dopo quella cattolica, dando la sensazione che arrivando in Rwanda ci si imbatta in un paese con una consistente presenza musulmana. In realtà, i musulmani non vanno al di là del 3% della popolazione, essendo i protestanti almeno dieci volte più numerosi ( vedi post).
Dati del paese
domenica 23 giugno 2013
"E vai" inno alla donna africana di madre Elisa Kidane'
Nella giornata della donna riproponiamo questo post del giugno 2013
Questa splendida poesia ci viene segnalata dal silenzio claustrale di un monastero di benedettine. E' l'inno alla donna africana scritto da Elisa Kidane', una suora comboniana di origine eritrea. La poesia viene qui riproposta, in un video ripreso da You tube, sulla musica del Padre nostro in swahili con una dedica particolare a tutte le mamme dei Paesi in guerra e in particolare alle madri del Kivu che con amore e coraggio continuano a donare e custodire la vita dagli orrori della guerra avvolgendola nei colori dei loro pagnes in un abbraccio di ostinata speranza.
Qui di seguito il testo della poesia.
sabato 22 giugno 2013
A fine giugno cessa lo status di profugo per i rwandesi ancora in esilio
Profughi rwandesi 1994 ( foto di S. Salgado) |
Il 20 giugno scorso si è
celebrata la giornata mondiale del rifugiato. La celebrazione si colloca in un
momento particolare per gli oltre 100mila rwandesi che ancora vivono da
rifugiati in diversi paesi africani. Infatti, il prossimo 30 giugno cesserà per
i profughi rwandesi, rimasti in esilio o che hanno dovuto abbandonare il paese
fino al 31 dicembre 1998, lo status di rifugiato politico poiché secondo quanto previsto dalla Convenzione sui rifugiati del 1951 e dall'Organization of African Unity Refugee Convention del 1969 sarebbero venuti meno i presupposti essendosi determinanti cambiamenti durevoli nel rispettivo paese di origine e con la cessazione delle circostanze che hanno portato a suo tempo alla fuga. I fatti del 1994 e le sue conseguenze e i successivi scontri armati
nel nord-ovest del Rwanda nel 1997 e nel 1998 - l'ultima volta che il
paese conobbe la violenza generalizzata – avrebbero prodotto più di 3,5
milioni di rifugiati rwandesi. La maggior parte hanno fatto ritorno in Rwanda,
anche di recente, 12.000 principalmente dalla Repubblica Democratica del Congo. L'Agenzia dell'ONU per i rifugiati (UNCHR) stima però che circa 100.000 rifugiati rwandesi rimangano ancora in esilio. La materia è stata presa in esame in un'apposita riunione ministeriale tenutasi a Pretoria, nell’aprile scorso, cui hanno partecipato le delegazioni del Burundi, Repubblica Democratica del Congo,
Kenya, Malawi, Mozambico, Repubblica del Congo, Rwanda, Sud Africa, Uganda,
Zambia e Zimbabwe. Nella riunione si è preso atto dei progressi nella
promozione del rimpatrio volontario e nel reinserimento dei rifugiati rwandesi, ma si è dovuto anche constatare come non pochi dei rifugiati ancora presenti non abbiano alcuna voglia di rientare nel paese d'origine nonostante le spinte del Rwanda ad agevolare quanto più possibile il rientro dei rifugiati nel paese come segno dell’ormai raggiunta e consolidata pacificazione nazionale. Di fronte però alle resistenze di molti profughi a rientrare in Rwanda nonostante le rassicurazione delle autorità di Kigali, alcuni dei paesi ospitanti hanno confermato la loro disponibili a valutare forme alternative di integrazione per i rifugiati nei paesi di asilo, tra cui la concessione della cittadinanza per naturalizzazione. A questi ultimi le autorità rwandesi, come ultimo gesto per non interrompere totalmente i legami con la madre patria, sarebbero disponibili a concedere il passaporto rwandese.
mercoledì 19 giugno 2013
Il Rwanda promuove Kibeho come meta turistico-religiosa
Santuario di Kibeho |
Il Dipartimento del turismo rwandese ha individuato in Kibeho un possibile polo per lo sviluppo di un turismo religioso sensibile al richiamo di un luogo testimone dell'apparizione della Madonna, analogamente a quanto avviene in numerosi santuari mariani del vecchio continente. Infatti, Kibeho, un piccolo e sperduto villaggio situato nel sud del Rwanda a una trentina di kilometri da Butare, è stato teatro, a partire dal novembre 1981 fino al 1989, di una serie di apparizioni della Madonna ad alcune giovani del luogo, la cui storia è ampiamente illustrata nel nostro post del 4 settembre 2012 . Tali apparizioni sono state ufficialmente riconosciute come
autentiche dalla Chiesa nel 2001, dopo un approfondito esame grazie alla preziosa
e appassionata opera del compianto vescovo di Gikongoro, mons Augustin
Misago.Nonostante tale riconoscimento, pochi al di fuori del Rwanda conoscono
questa realtà. Anche l’afflusso dei pellegrini rwandesi è abbastanza contenuto,
salvo alcune occasioni particolari. Personalmente abbiamo visitato
il santuario costruito sui luoghi delle apparizioni incontrando sulla grande
spianata antistante la Chiesa solo una decina di persone e pochi altri
pellegrini all’interno. Eppure siamo in presenza dell’unica apparizione
riconosciuta nell’intero continente africano. Per questo si può ben comprendere
l’interesse delle autorità rwandesi a promuovere Kibeho come luogo di richiamo
turistico, di un turismo del tutto particolare, così come auspicato
dall’attuale vescovo di Gikongoro ' Kibeho diventi un
luogo di pellegrinaggio e di incontro per tutti coloro che cercano Cristo e che
vengono qui per pregare, un centro fondamentale della conversione, di
riparazione per i peccati del mondo e di riconciliazione, un punto di incontro
per 'tutti coloro che erano dispersi', come per coloro che aspirano ai valori
della compassione e fratellanza senza confini, un centro fondamentale che
richiama la Vangelo della Croce '. Per gli operatori turistici Kibeho
potrebbe diventare un ulteriore polo di richiamo da affiancare alle
destinazioni ormai affermate a livello mondiale come i gorilla del parco dei
Virunga, piuttosto che la foresta di Nyunge o il parco savana dell’Akagera,
peraltro piuttosto modesto rispetto agli altri parchi africani.Dopo il lancio
ufficiale, ai turisti che arriveranno in Rwanda per visitare le richiamate
attrazioni tristiche verrà offerta la possibilità anche di questo
nuovo itinerario religioso, fornendo
loro informazioni sugli eventi degli anni ottanta, sul successivo processo
di riconoscimento formale delle apparizioni, consentendo soprattutto una pausa
religiosa nell’accogliente santuario mariano, con le annesse prime
strutture ricettive, che non attende altro che ospitare un numero sempre
maggiore di pellegrini alla ricerca di una pausa di spiritualità nella
casa della Nostra Signora dei dolori, come è conosciuta la Madonna di Kibeho.
sabato 15 giugno 2013
L'ex primo ministro Twagiramungu decide di rientrare in Rwanda dopo diciotto anni
L'ex primo
ministro rwandese, Faustin Twagiramungu, ha annunciato che il prossimo
21 giugno farà ritorno in Rwanda dopo 18 anni trascorsi "in esilio" lontano dal
paese, con l'eccezione di una breve partecipazione nelle elezioni
presidenziali del 2003.Twagiramungu, un "hutu moderato", che è stato
capo del governo del Rwanda dal 1994 fino alle sue dimissioni nel 1995, ha
spiegato alla BBC Africa che la ragione principale che lo ha
spinto a questo passo è il suo desiderio di promuovere la libertà e la
riconciliazione nel suo paese.
Gli sviluppi che conseguiranno alla decisione dell'ex primo ministro andranno seguiti con molta attenzione, tenuto
conto anche del momento particolare in cui viene a cadere. Da come questo gesto
sarà accolto dall'attuale leadership rwandese, difficilmente all'oscuro e
totalmente estranea, si potranno trarre segnali importanti sulle future dinamiche
democratiche della giovane repubblica africana.Un'accoglienza soft potrebbe rappresentare un piccolo segnale di apertura da non sottovalutare sulla strada dell'auspicata riconciliazione.
Si
può leggere il testo in francese dell'intervista concessa alla BBC Africa cliccando
qui.
mercoledì 12 giugno 2013
Il latte di capra non è più tabù
Ovunque
nel mondo, l’allevamento della capra è abbinato anche
alla produzione del latte le cui caratteristiche nutrizionali sono
particolarmente apprezzate; infatti, la sua alta assimilabilità e il
basso livello di lattosio lo rende adatto anche per le persone
con problemi di digestione del lattosio, mentre la sua composizione
molto simile al latte umano ne fa un importante surrogato al latte materno
nell'allatamento degli infanti. Non è così in Rwanda, dove le capre locali sono
destinate semplicemente alla macellazione per finire sulle tavole sotto forma
di gustose brochettes, e dove il consumo di latte di capra non rientra tra gli
alimenti tradizionalmente graditi dalla popolazione; anzi, bere latte di capra
è giudicato quasi una vergogna. Per questo le numerosissime capre che si
incontrano nei villaggi sono destinate al mero consumo, essendo di una razza
non lattifera così come richiesto dal mercato locale.Di recente sono state però
introdotte in Rwanda anche razze lattifere da parte dell’Ong americana Heiffer,
con l’intento originario di aiutare gli ammalati di Aids, tenuto
conto dei valori riconosciuti al latte di capra quale integratore della dieta
di questi pazienti. Con un programma molto simile al Progetto Mikan,
questa ong ha promosso una cooperativa, la Cooperativa
Kairu (Cooperativa di allevatori di capre di Rukira), nella
regione orientale, che è arrivata a coinvolgere ben 372 persone. Con l’aumento
degli allevatori inseriti nel programma è andato via via aumentando anche il
consumo del latte di capra, tanto da superare i tabù culturali che
riconoscevano come unico latte quello di mucca, relegando il consumo del latte
di capra ai soggetti dei gruppi sociali più emarginati. Dopo la scoperta che il
latte di capra valeva quello di mucca i più intraprendenti si
sono lanciati nell’allevamento di capre lattifere. Ben presto gli
allevatori si sono accorti che oltre all’autoconsumo, il latte poteva
essere commercializzato e quindi con l’aumento della
domanda, l’allevamento di capre lattifere è stato individuato come un
possibile business anche perché sono cominciate ad arrivare
richieste anche dalla capitale e un litro di latte sconta un prezzo
sul mercato doppio rispetto a quello delle mucche, oltre Frw 300 al litro
contro Frw 150. Rimane il problema di reperimento della nuova
razza di capre e il suo costo, decisamente superiore a quello delle caprette da
carne attualmente diffuse in Rwanda. Ritorneremo in argomento non appena avremo
conferma dai nostri amici rwandesi circa prezzi applicati sui
mercati locali a queste nuove capre ( secondo l'agenzia Syfia si parla di $200
a capo, una cifra quasi dieci volte superiore al prezzo di una capra
autoctona)) che potrebbero essere proficuamente inserite nel Progetto
Mikan promosso dall'Ass. Kwizera nella diocesi di Byumba.
venerdì 7 giugno 2013
Italy meets Rwanda
Si terrà il prossimo 13 giugno a Milano un Workshop di presentazione delle opportunità di business e di investimento in Rwanda, organizzato dal Rwanda Development Board, con Promos, Assolombarda e ISPI. L'appuntamento fa seguito a quello tenutosi l'anno scorso. Saranno presenti per il Rwanda, l'ambasciatore a Parigi, Jacques KABALE, e il Ceo del Rwandan Development Board, Clare AKAMANZI, mentre per la parte italiana interverranno Gianluca MAGISTRI della Sace, Eugenio BETTELLA, Partner dello studio Rödl & Partner e il prof Gian Paolo CALCHI NOVATI dell'International Politics Studies (ISPI).
L'incontro si rivolge a operatori interessati a conoscere le opportunità offerte dal mercato rwandese in settori quali l'energia, le infrastrutture, l'agricoltura e il turismo.Un mercato in cui l'Italia è quasi totalmente assente se non per le attività riconducibili alle numerose organizzazioni italiane del volontariato presenti sul territorio.
giovedì 6 giugno 2013
I vecchi capi villaggio vanno in pensione
Dall'inizio dell'anno, i capi villaggio sono praticamente stati pensionati dall'autorita governativa che ha affidato i loro compiti amministrativi ai segretari esecutivi della cellule (SEC), l'unità amministrativa di base in cui e' suddiviso il paese. Il passaggio di consegne non sembra aver creato problemi alla popolazione abbastanza stanca di dover attendere le lungaggini del capo villaggio nell'espletamento di una pratica di competenza, dalle semplici certificazioni anagrafiche alle autenticazioni dei passaggi di proprieta', e nel dover sottostare alle richieste corruttive degli stessi capi villaggio che non percependo alcun compenso erano piu' o meno costretti a pretendere qualche forma di compenso dai loro amministrati, magari anche solo una birra assunta al bar facente la funzione di ufficio pubblico. Con la nuova struttura burocratica queste pratiche sembrano essere cessate, anche se ogni tanto si legge di qualche caso di concussione e/o corruzione prontamente sanzionato. Ai vecchi capi villaggio rimane la memoria storica del villaggio e dei suoi abitanti tanto che non e' infrequente che il nuovo segretario esecutivo debba far ancora loro ricorso per identificare una persona che si ripresenta per una certificazione. Il nuovo modello amministrativo consente alle autorita' di perseguire, oltre che uno svecchiamento dell'apparato burocratico, di creare sul territorio una rete di funzionari fidati.Per molti vecchi capi villaggio rimarra' comunque un ruolo personale, correlato all'autorevolezza acquisita negli anni, che nessun provvedimento potra' intaccare e ad essi gli abitanti del villaggio continueranno a fare ricorso per risolvere i piccoli o grandi problemi che mai mancano all'interno di una comunita'.
sabato 1 giugno 2013
Il messaggio evangelico come fattore di sviluppo nel libro di padre Gheddo
“Meno male che Cristo c’è - Vangelo, Sviluppo e Felicità dell'Uomo” di Padre Piero Gheddo ( ed. Lindau , Torino, 326 pp.€ 19) è una lettura particolarmente stimolante, soprattutto per chi è impegnato, nelle forme più diverse, a favore delle popolazioni dei paesi del sud del mondo. Per questo segnaliamo questa ampia recensione di Omar Ebrahime apparsa sul sito dell'Osservatorio internazionale Cardinal Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa, che offre un
assaggio dei temi trattati da Padre Gheddo, in particolare di quello centrale: la significativa capacità degli annunciatori del Vangelo a farsi anche promotori di sviluppo nei paesi di missione, forti del messaggio evangelico e di quei valori in esso contenuti che hanno ispirato in maniera positiva anche le dinamiche della società civile nel vecchio continente. Proprio questo assunto, ampiamente documentato dall'autore attraverso molteplici esempi attinti a tutte le latitudini del mondo, potrebbe suggerire più di una riflessione anche con riferimento alla realtà rwandese. A mero titolo di stimolo ne avanziamo qui alcune.
assaggio dei temi trattati da Padre Gheddo, in particolare di quello centrale: la significativa capacità degli annunciatori del Vangelo a farsi anche promotori di sviluppo nei paesi di missione, forti del messaggio evangelico e di quei valori in esso contenuti che hanno ispirato in maniera positiva anche le dinamiche della società civile nel vecchio continente. Proprio questo assunto, ampiamente documentato dall'autore attraverso molteplici esempi attinti a tutte le latitudini del mondo, potrebbe suggerire più di una riflessione anche con riferimento alla realtà rwandese. A mero titolo di stimolo ne avanziamo qui alcune.